Hans Christian Andersen

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Hans Christian Andersen nel 1869

Hans Christian Andersen (1805 – 1875), scrittore danese.

Citazioni di Hans Christian Andersen[modifica]

  • "Ci sputo sopra io, al mondo. Non merita nulla: non è affar mio. Continua a dar rose tu, se vuoi: tu non puoi fare di meglio. E diano i nocciuoli il loro frutto, e le mucche e le pecore il latte; essi hanno il loro pubblico; ma io ho il mio, dentro di me. Io rientro in me, e vi rimango: il mondo per me è meno di nulla."
    E così dicendo, la chiocciola, rientrò nella sua casetta e si chiuse l'uscio dietro.[1]
  • [...] ci stabilimmo a Santa Lucia, il mare era di fronte, il Vesuvio lampeggiava; erano splendide serate, notti di luna, era come se il cielo fosse stato alzato e le stelle si fossero allontanate. Che effetti di luce! Al Nord la luna spande argento sull'acqua, qui era oro; la lanterna girevole del faro ora mostrava la luce accesa, ora sembrava del tutto spenta. Le lampade delle barche da pesca gettavano il loro fascio di luce a forma di obelisco sulla superficie dell'acqua, oppure la barca le nascondeva come un'ombra sotto la quale erano illuminate le profondità del mare, sembrava di vedere il fondo, dove si muovevano pesci e piante. Sulla strada ardevano migliaia di luci davanti ai negozi; arrivò una schiera di bambini con le candele e andarono in processione fino alla chiesa di Santa Lucia; un paio dei più piccoli inciamparono e caddero con la candela e nel frattempo, sopra tutto questo, come un eroe nel grande dramma di luce, c'era il Vesuvio con le sue fiamme rosso sangue e le nubi di fumo illuminate.[2]
  • [Il Lago di Nemi] Il lago giaceva immobile giù in fondo al cratere rotondo da dove una volta zampilli di fuoco si erano lanciati verso le nuvole. Scendemmo per il pendio a forma di anfiteatro attraverso vaste vigne e fitti boschi di platani dove i tralci delle viti si snodavano tra i rami. Sul versante opposto c'era Nemi che si specchiava nel lago azzurro. Camminando preparavamo le ghirlande: i rami verde scuro degli ulivi e i tralci più chiari delle viti venivano intrecciati alle gialle violacciocche selvatiche. Il lago azzurro sotto di noi e il cielo sereno al disopra ora venivano nascosti dai rami fitti delle viti, ora riapparivano per formare un'unica infinita chiazza di azzurro. Tutto era per me nuovo e splendido. La mia anima palpitava di silenziosa beatitudine. Vi sono ancora momenti in cui il ricordo fa riaffiorare in me le sensazioni di allora, come i bei pezzi di mosaico di una città sommersa.[3]
  • Non importa essere nati nel cortile delle anatre quando si è usciti da un uovo di cigno![4]
  • Quando sarò morto tornerò a Napoli a fare il fantasma, perché qui la notte è indicibilmente bella.[5]

La favola della mia vita[modifica]

  • Lo stesso amore che il montanaro porta ai suoi monti abbiamo innegabilmente noi danesi per il mare. Contemplai dal mio balcone quella distesa azzurro cupa, nuova eppur conosciuta da sempre. (p. 156)
  • La sera dovevo andare a teatro [il Carlo Felice], nella via principale, l'unica che Genova possiede; si trattava di un grosso edificio pubblico, perciò avrei dovuto trovarlo facilmente, ma non fu così; i palazzi stavano a fianco a fianco uno più splendido dell'altro, ma infine un maestoso Apollo di marmo, candido come la neve contro il cielo azzurro, mi indicò il luogo. (p. 156)
  • Per la prima giornata, il viaggio da Genova verso sud, lungo il mare, è uno dei più belli che si possano fare. Genova poi sorge sulle colline, in mezzo ad oliveti verdi-azzurri. Nei giardini crescevano aranci e melograni, e i lucenti limoni verde pallido facevano pensare alla primavera, proprio allora che noi scandinavi ci approssimiamo all'inverno. I temi degni d'un quadro succedevano l'uno all'altro; per me tutto era nuovo e indimenticabile, e vedo ancora adesso gli antichi ponti ricoperti d'edera, i cappuccini per la strada e le schiere di pescatori genovesi con i berretti rossi in testa. La costa era tutto uno splendore, con le belle ville e il mare costellato di velieri e vapori dai camini fumanti [...] (pp. 157-158)
  • Raggiungemmo Napoli, proprio mentre il Vesuvio era in piena attività: la lava scendeva dal monte oscuro, tracciando radici di fuoco al pino di fumo. Andai a vedere l'eruzione con Hertz e qualche altro scandinavo: la strada sale tra i vigneti e oltrepassa edifici isolati. Ben presto la vegetazione diede luogo ad arboscelli non più grandi di giunchi, e il crepuscolo era una meraviglia per gli occhi.[6]
  • Tra i monti viola dorme | Napoli bianco vestita, | Ischia sul mare fluttua | Come nube purpurea; | La neve tra i crepacci | Sta come studio candido di cigni; | Il nero Vesuvio leva il capo | Cinto di rossi riccioli.[6]
  • Il tempo era calmo e bellissimo: la lava splendeva contro il suolo buio come un'immensa costellazione, e la luna diffondeva più luce che al Nord il mezzogiorno in una giornata coperta d'autunno.[6]

Incipit di alcune opere[modifica]

I cigni selvatici[modifica]

Anna Cambieri[modifica]

Molto lontano da qui, dove le rondini volano quando qui viene l'inverno, viveva un re con undici figli e una figlia, Elisa. Gli undici fratelli, che erano principi, andavano a scuola con la stella sul petto e la spada al fianco; scrivevano su una lavagna d'oro usando punte di diamante e sapevano leggere bene i libri e recitare a memoria: si capiva subito che erano principi. La loro sorella, Elisa, stava seduta su uno sgabellino di cristallo e guardava un libro di figure che valeva metà del regno.
Oh! quei bambini stavano proprio bene, ma la loro felicità non poteva durare per sempre!
Il padre, re dell'intero paese, si risposò con una principessa cattiva che non amava affatto quei poveri bambini, e loro dovettero accorgersene fin dal primo giorno.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, Mondadori, traduzione di Anna Cambieri]

Marcella Rinaldi[modifica]

Molto lontano di qui, dove volano le rondini quando da noi è inverno, abitava un re, che aveva undici figli e una figlia, Elisa. Gli undici fratelli, che erano principi, andavano a scuola con la stella sul petto e la spada al fianco; scrivevano con mine di diamante sulla lavagna d'oro, e sapevano leggere nei libri e altrettanto bene sapevano recitare a memoria: si capiva subito, ascoltandoli, che erano veri principi. Seduta su un piccolo sgabello di cristallo, la sorellina Elisa sfogliava un libro illustrato, che valeva quanto la metà del regno.
Questi fanciulli stavano tanto bene, ma la loro felicità non doveva durare a lungo!
Il padre loro, che era re dell'intero paese, si risposò con una regina malvagia che non era affatto buona verso i poveri bambini; e loro se ne accorsero fin dal primo giorno.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, traduzione di Alda Manghi e Marcella Rinaldi, Einaudi, 1954]

Il brutto anatroccolo[modifica]

Anna Cambieri[modifica]

Era così bello in campagna, era estate! Il grano era bello giallo, l'avena era verde e il fieno era stato ammucchiato nei prati; la cicogna passeggiava sulle sue slanciate zampe rosa e parlava egiziano, perché aveva imparato quella lingua da sua madre. Intorno ai campi e al prato c'erano grandi boschi, e in mezzo ai boschi si trovavano laghi profondi; era proprio bello in campagna! Esposto al sole si trovava un vecchio maniero circondato da profondi canali, e tra il muro e l'acqua crescevano grosse foglie di farfaraccio, e erano così alte che i bambini più piccoli potevano stare dritti all'ombra delle più grandi. Quel luogo era selvaggio come un profondo bosco; lì si trovava un'anatra col suo nido.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, Mondadori, traduzione di Anna Cambieri]

Marcella Rinaldi[modifica]

Com'era bello, fuori, in campagna! Era estate! Il grano era giallo, l'avena verde, il fieno era stato raccolto in mucchi nei prati, dove la cicogna passeggiava con le sue lunghe zampe rosse biascicando egiziano, la lingua che le aveva insegnato sua madre. Intorno ai campi e al prato c'erano grandi boschi, e in mezzo ai boschi, laghi profondi; certo, la campagna era d'una meravigliosa bellezza. C'era là un vecchio castello, bagnato dal sole, circondato di profondi fossati, e tra il muro fin giù nell'acqua crescevano grandi piante di farfaraccio, così alte che i bambini piccoli potevano stare in piedi sotto le foglie più alte. Quel luogo era selvaggio come un fitto bosco, e lì stava un'anatra sul nido.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, traduzione di Alda Manghi e Marcella Rinaldi, Einaudi, 1954]

Maria Pezzé-Pascolato[modifica]

Che bellezza, fuori, in campagna! Piena estate: il grano tutto giallo come l'oro, l'avena verde; il fieno ammucchiato già nei prati, e la cicogna dalle lunghe gambe rosse che gli passeggia attorno, chiacchierando in Egiziano... — perché l'Egiziano è la lingua che le ha insegnato mamma Cicogna. — Di là dai campi e dai prati, ecco i boschi folti e neri; e in mezzo ai boschi, i bei laghi azzurri e profondi. Oh, fuori, in campagna, è una vera bellezza!
Sotto al sole caldo, c'era una volta un vecchio castello, circondato da profondi fossati; e dal muro di cinta giù giù sino all'acqua crescevano alte le bardane, così alte e folte, che un bambino sarebbe potuto star ritto sotto alle foglie più grandi. Pareva d'essere nel cuore della foresta, là sotto. E là appunto stava un'anitra, nel nido, a covare i suoi piccoli.
[Hans Christian Andersen, Il brutto anatroccolo, in "40 Novelle", traduzione di Maria Pezzé-Pascolato, Ulrico Hoepli, 1941]

La piccola fiammiferaia[modifica]

Anna Cambieri[modifica]

C'era un freddo terribile, nevicava e cominciava a diventare buio; e era la sera dell'ultimo dell'anno. Nel buio e nel freddo una povera bambina, scalza e a capo scoperto, camminava per la strada; aveva le ciabatte quando era uscita da casa, ma a che cosa le sarebbero servite? erano troppo grandi per lei, tanto grandi che negli ultimi tempi le aveva usate la mamma. E ora la piccola le aveva perdute subito, quando due carri che passavano a forte velocità l'avevano costretta a attraversare la strada di corsa. Una ciabatta non riuscì più a ritrovarla, e l'altra se la prese un ragazzo, dicendo che l'avrebbe usata come culla quando avesse avuto dei figli.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, Mondadori, traduzione di Anna Cambieri]

Marcella Rinaldi[modifica]

Faceva un freddo tremendo; nevicava, e saliva la buia notte; era anche l'ultima sera dell'anno, la vigilia di Capodanno. In quell'oscurità e con quel freddo, una bambina povera camminava per la strada, col capo scoperto e i piedi nudi; a dire il vero, aveva le pantofole quando era uscita di casa; ma a che servivano! Erano pantofole enormi, che fino a poco tempo prima usava sua madre, erano larghissime, e la piccola le aveva perdute attraversando in fretta la strada, mentre due carri passavano a corsa pazza; una ciabatta non si trovò più, e un ragazzo era scappato via con l'altra, dicendo che ne avrebbe fatto una culla per quando gli fossero nati dei bambini.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, traduzione di Alda Manghi e Marcella Rinaldi, Einaudi, 1954[7]]

Maria Pezzé-Pascolato[modifica]

Faceva un freddo terribile, nevicava e calava la sera — l'ultima sera dell'anno, per l'appunto, la sera di San Silvestro. In quel freddo, in quel buio, una povera bambinetta girava per le vie, a capo scoperto, a piedi nudi. Veramente, quand'era uscita di casa, aveva certe babbucce; ma a che le eran servite? Erano grandi grandi — prima erano appartenute a sua madre, — e così larghe e sgangherate, che la bimba le aveva perdute, traversando in fretta la via, per iscansare due carrozze, che s'incrociavano con tanta furia... Una non s'era più trovata, e l'altra se l'era presa un monello, dicendo che ne avrebbe fatto una culla per il suo primo figliuolo.
[Hans Christian Andersen, La piccina dei fiammiferi, in "40 Novelle", traduzione di Maria Pezzé-Pascolato, Ulrico Hoepli, 1941]

La principessa sul pisello[modifica]

Anna Cambieri[modifica]

C'era una volta un principe che voleva avere per sé una principessa, ma doveva essere una vera principessa. Perciò viaggiò per tutto il mondo per trovarne una, ma ogni volta c'era qualcosa di strano: di principesse ce n'erano molte, ma non poteva mai essere certo che fossero vere principesse; infatti sempre qualcosa andava storto. Così se ne tornò a casa e era veramente molto triste, perché desiderava di cuore trovare una vera principessa.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, Mondadori, traduzione di Anna Cambieri]

Alda Manghi[modifica]

C'era una volta un principe che voleva sposare una principessa, ma doveva essere una vera principessa. Girò così tutto il mondo in lungo e in largo per trovarne una, ma dovunque c'era sempre un non so che di poco convincente; le principesse non mancavano davvero, ma se poi fossero principesse vere non riusciva mai a saperlo con sicurezza; c'era sempre qualcosa che lo lasciava perplesso. Così tornò a casa sua, ma era molto triste, dato che gli sarebbe tanto piaciuto di trovare una principessa vera.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, traduzione di Alda Manghi e Marcella Rinaldi, Einaudi, 1954]

Maria Pezzé-Pascolato[modifica]

C'era una volta un principe, che voleva sposare una principessa; ma aveva ad essere proprio una principessa vera. Fece dunque il giro del mondo per trovarla: — né di principesse c'era penuria: ma non poteva mai sincerarsi se fossero vere principesse; sempre qualche cosa in esse gli pareva sospetto. E così se ne tornò a casa, afflittissimo per non aver trovato quello che desiderava.
[Hans Christian Andersen, La principessina sul pisello, in "40 Novelle", traduzione di Maria Pezzé-Pascolato, Ulrico Hoepli, 1941]

La pulce e il professore[modifica]

C'era una volta un aeronauta: gli andò a finir male, il pallone crepò, lui cadde giù, e andò in pezzi.[8]

La sirenetta[modifica]

Anna Cambieri[modifica]

In mezzo al mare l'acqua è azzurra come i petali dei più bei fiordalisi e trasparente come il cristallo più puro; ma è molto profonda, così profonda che un'anfora non potrebbe raggiungere il fondo; bisognerebbe mettere molti campanili, uno sull'altro, per arrivare dal fondo fino alla superficie. Laggiù abitano le genti del mare.
Non si deve credere che ci sia solo sabbia bianca, no! Crescono alberi stranissimi, e piante con gli steli e i petali così sottili che si muovono al minimo movimento dell'acqua, come fossero esseri viventi. Tutti i pesci, grandi e piccoli, nuotano tra i rami, proprio come fanno gli uccelli nell'aria.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, Mondadori, traduzione di Anna Cambieri]

Piero Malvano[modifica]

Lontano, al largo dell'oceano, dove è azzurra come il più bello dei fiordalisi e limpida come cristallo, l'acqua è profondissima... così profonda che in realtà nessuna sonda può raggiungerla: occorrerebbero dal fondo molti campanili l'uno sull'altro per arrivare alla superficie dell'acqua sovrastante. Laggiù vive Re Mare, come pure i suoi sudditi.
Non dobbiamo immaginare che in fondo al mare non ci sia nient'altro che nuda sabbia gialla. No, là in realtà crescono i fiori e le piante più singolari, le cui foglie e gemme sono così flessibili che il più lieve agitarsi dell'acqua le fa muovere quasi fossero vive, come degli uccellini qui sulla terra. Pesci, sia grandi che piccoli, guizzano in mezzo ai rami.
[Hans Christian Andersen, La Sirenetta seguita dalla Piccola Fiammiferaia, traduzione di Piero Malvano, Edizioni Angolo Manzoni, 2012. ISBN 9788862041164]

Maria Pezzé-Pascolato[modifica]

Lontano lontano, in alto mare, l'acqua è azzurra come i petali del più bel fiordaliso, e limpida come il più puro cristallo. Ma è molto profonda, più profonda di ogni scandaglio; bisognerebbe mettere molti e molti campanili l'uno sopra l'altro per arrivare dal fondo sino alla superficie dell'acqua. E laggiù, nel fondo, vive la gente del mare.
Ma non dovete già credere che laggiù non ci sia altro che la nuda sabbia; no, là crescono le più strane piante, dal fusto, dal fogliame così flessibile, che si agitano al più lieve moto dell'acqua, come se fossero vive; e tutti i pesci, grandi e piccini, guizzano tra i rami come da noi fanno gli uccelli tra gli alberi. [Hans Christian Andersen, La sirenetta, in "40 Novelle", traduzione di Maria Pezzé-Pascolato, Ulrico Hoepli, 1941]

Marcella Rinaldi[modifica]

Lontano, in alto mare, l'acqua è azzurra come petali di bellissimi fiordalisi e trasparente come cristallo purissimo, ma è molto profonda, così profonda che un'anfora non potrebbe mai toccarne il fondo, e bisognerebbe mettere uno sopra l'altro molti campanili prima di arrivare alla superficie. Laggiù abitano le genti del mare.
Non si deve pensare, ora, che vi sia soltanto nuda sabbia bianca da vedere! Oh, no! Alberi stupendi vi crescono, e piante con foglie e steli talmente flessibili che tremano come esseri viventi al più piccolo moto dell'acqua. Tutti i pesci, piccoli e grandi, guizzano tra i rami, come, qui da noi, gli uccelli dell'aria.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, traduzione di Alda Manghi e Marcella Rinaldi, Einaudi, 1954]

Le scarpette rosse[modifica]

Anna Cambieri[modifica]

C'era una volta una bambina tanto graziosa e delicata, ma che d'estate andava in giro sempre a piedi nudi, perché era povera, e d'inverno calzava zoccoli di legno così grandi che il collo dei suoi piedini diventava tutto rosso e faceva pena a guardarlo.
Nel centro della città abitava la vecchia madre del calzolaio, che cucì, come meglio poté, un paio di scarpette con vecchie strisce di cuoio rosso. Le scarpe erano un po' goffe, ma l'intenzione era buona: le avrebbe date alla bambina, che si chiamava Karen.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, Mondadori, traduzione di Anna Cambieri]

Alda Manghi[modifica]

C'era una volta una bambina molto graziosa e sottile, che d'estate doveva sempre andare a piedi nudi, perché era povera, e d'inverno portava degli zoccoloni di legno, così che il collo dei suoi poveri piedini delicati diventava rosso rosso che faceva pena a vederlo.
Sulla piazza del villaggio abitava la vecchia calzolaia, che seduta al suo deschetto mise assieme, meglio che poteva, un paio di scarpette, cucendo delle vecchie strisce di panno rosso; erano un po' goffe, ma l'intenzione era buona: le avrebbe date alla piccola. Essa si chiamava Karen.
[Hans Christian Andersen, Fiabe, traduzione di Alda Manghi e Marcella Rinaldi, Einaudi, 1954]

Note[modifica]

  1. Da La chiocciola e il rosaio.
  2. Da La fiaba della mia vita, Donzelli Editore, Roma, 2015, p. 305. ISBN 9788868434427
  3. Da L'improvvisatore, a cura di Bruno Berni, traduzione e introduzione di Alda Castagnoli Manghi, postfazione di Riccardo Reim, Elliot, Roma, 2013, pp. 73-74. ISBN 9788861926486
  4. Da Il brutto anatroccolo, in Fiabe e storie.
  5. Citato in Antonio Emanuele Piedimonte e Anna Scognamiglio, Napoli. Uomini, luoghi e storie della città smarrita Intra Moenia, Napoli, 2013, p. 359. ISBN 978-88-95178-77-6
  6. a b c Citato in Il Vesuvio, Pierro Gruppo Editori Riuniti Campani, Napoli, 2000.
  7. Nella versione Einaudi il titolo della fiaba è "La bambina dei fiammiferi".
  8. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Hans Christian Andersen, La favola della mia vita, traduzione di Mario Carpitella, Edizioni Paoline, Milano, 1959
  • Hans Christian Andersen, Fiabe e storie, traduzione e cura di Bruno Berni, Feltrinelli, Milano, 2012.

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