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Il massacro di Fort Apache

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Il massacro di Fort Apache

Immagine Eiganotomo-fortapache-nov1952.jpg.
Titolo originale

Fort Apache

Lingua originale inglese
Paese Stati Uniti d'America
Anno 1948
Genere western
Regia John Ford
Soggetto James Warner Bellah
Sceneggiatura Frank S. Nugent
Produttore Merian C. Cooper, John Ford
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Il massacro di Fort Apache, film statunitense del 1948 con John Wayne e Henry Fonda, regia di John Ford.

Dialoghi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Kirby York: Col suo permesso, colonnello, gli indiani Apache sono tutt'altro che codardi.
    Oswald Turner: Spero che non vorrà paragonarli con i Sioux, capitano.
    Kirby York: No, colonnello. I Sioux una volta invasero le terre degli Apache e per molti anni le linee delle loro ritirate rimasero tracciate dalle ossa dei loro morti.
    Oswald Turner: Debbo dedurne che gli Apache abbiano degenerato da allora, a giudicare dai pochi esemplari che ho incontrato durante il mio viaggio.
    Kirby York: Se è riuscito a vederli, colonnello, non erano Apache.
  • Michele O'Rourke: Come va il mio ragazzo?
    Festus Mulcahy: Andrebbe bene, Michele. C'è il guaio che è un ufficiale ed un gentiluomo, e qui il gentiluomo è di troppo.
  • Kirby York: Intende scortare la squadra?
    Oswald Turner: A lunga distanza. Collingwood, ricorda quello che insegnava il capitano Lee alla scuola di guerra, circa l'esca come stratagemma di guerra? Io non condivido l'opinione corrente circa la genialità dell'ex capitano Lee nel campo tattico, ma quella volta mi colpì.
  • Sam Collingwood: Nell'esca ci sei cascato tu stavolta.
    Oswald Turner: Le mie scuse, Collingwood. Sergente maggiore O'Rourke, le mie scuse.
    Michele O'Rourke: Può tenerle da parte per i nostri pronipoti.
  • Cronista: Eh già, il destino degli umili: tutti ricordano Turner e gli altri sono dimenticati.
    Kirby York: Lei si sbaglia. Nessuno li dimentica perché non sono morti. Essi vivono: eccoli lì, Collingwood e gli altri, e continueranno a vivere finché vivrà il Reggimento. La loro paga è di trenta dollari al mese e la razione di carne e gallette, ma mangeranno la biada dei cavalli se la campagna sarà lunga, litigheranno per una bottiglia di pessimo whisky ma poi si divideranno l'ultima goccia. I loro visi cambiano, e anche i nomi, ma sono loro: sono il Reggimento, con le sue tradizioni, ora come fra cinquant'anni.

Citazioni su Il massacro di Fort Apache[modifica]

  • Attraverso la finzione romanzesca Ford e il suo sceneggiatore Frank S. Nugent alludono a Custer e alla disfatta di Little Big Horn. Delizioso nella descrizione della vita in un forte, dialettico nella contrapposizione ideologica dei vari modi di concepire l'onore, la disciplina e gli altri caratteri della vita militare. (il Morandini)
  • È considerato uno dei capolavori western di Ford, superato forse soltanto da Ombre rosse e da Sfida infernale. Henry Fonda fa il colonnello e toglie quasi tutto lo spazio a Wayne, relegato in una parte quasi da caratterista. Ruolo determinante ha invece la famosa "Valle dei monumenti". (il Farinotti)
  • Epico e ancora appassionante western in bianco e nero di John Ford, il primo di una celebre trilogia (seguiranno I cavalieri del Nord-Ovest e Rio Bravo), che monta in sella alla retorica patriottarda, contrapponendo l'eroe buono al soldato testardamente anti-indiano. L'ex bambolina Shirley Temple è un prodigio di melensaggine. (Massimo Bertarelli)
  • La sana morale del West, incarnata da Wayne (burbera e grezza ma sostanzialmente positiva, come dimostra l'eroismo suicida dei sottufficiali ubriaconi), si inchina comunque alla leggenda, come succederà anche in L'uomo che uccise Liberty Valance. Ford mostra una certa sensibilità, per l'epoca, nel trattamento degli indiani. Ma il suo elogio dello spirito della cavalleria è meno convincente che nei film successivi – causa anche la frammentazione narrativa e l'innesto forzoso di una love story tra John Agar e l'ex bimba prodigio Shirley Temple. (Il Mereghetti)
  • Un film cerniera, il film con cui il grande John Ford [...] racconta la storia di un massacro vedendolo in tutta la sua follia – e si dice cerniera perché indica il passaggio dall'epopea alla visione critica. (Irene Bignardi)

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