Isocrate

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Isocrate

Isocrate (436 a.C. – 338 a.C.), oratore greco antico.

Citazioni di Isocrate[modifica]

  • Di tanto [...] la nostra città ha superato le altre per il pensiero e per la parola, che i suoi discepoli sono divenuti maestri degli altri, e il nome dei Greci non è più il nome della stirpe ma quello della civiltà, sì che Greci sono chiamati quelli che partecipano della nostra cultura più che quelli che hanno la nostra stessa origine...[1]
  • Non bisogna contentarsi di lodare gli uomini dabbene ma bisogna imitarli.[2]

Avvertimenti morali a Demonico[modifica]

Incipit[modifica]

In molte cose, o Demonico, si vede essere non piccola varietà dai pensieri degli uomini buoni e d'assai a quelli delle persone triste e da poco, ma molto più si discorda l'una dall'altra gente nell'uso dell'amicizia. Perocché questi si sforzano di fare onore agli amici allora solamente che gli hanno dinanzi, quelli anco da lontano gli amano; e le familiarità dei tristi in piccolo tempo si sciolgono, ma le amicizie dei buoni nessuno spazio di tempo è bastevole a scancellarle.

Citazioni[modifica]

  • [...] quelle cose che sono vergogna a farle non sono anche oneste a dirle.
  • Non isperar mai, commessa un'azione brutta, che ella abbia a restare occulta. Imperocché quando ella rimanesse nascosta a tutti gli altri, sarebbe pur manifesta a te medesimo.
  • [...] il piacere accompagnato coll'onesto è cosa ottima, altrimenti è la peggior cosa del mondo.
  • [...] non men brutta cosa è a non apprendere un buono ammaestramento che tu abbi udito, che a non accettare un dono che ti sia pòrto da un amico.
  • [...] di tutti gli averi, solo la sapienza non è sottoposta a potersi perdere.
  • [...] si conosce l'oro nel fuoco e gli amici nelle avversità.
  • Delibera adagio ed eseguisci spacciatamente.
  • Cosa grandissima, contenuta in una picciolissima, si è in un corpo umano una mente buona.
  • [...] tutti parimente ci condannò il fato a morire, ma solo ai valorosi e buoni assegnò la natura un fine onorato.

De' doveri del sovrano[modifica]

Incipit[modifica]

Coloro, o Nicocle, i quali sono soliti presentare voi Rè di vesti, danaro, oro lavorato o altrettali delle quali cose essi abbisognano, voi poi avete copia, sempre in vero mi si appalesarono non donatori, ma mercanti che vendono con arte più squisita de' trecconi. Io però pensai che sarei per offrire a te dono assai splendido ed utilissimo, degno certamente di me che l'offro e di te che il ricevi, se riuscissi determinare quali mezzi adoperando, da quali abborrendo tu valessi governare felicemente la città ed il regno. Imperocché molte cose servono di acconcia istruzione all'uomo in privata condizione, e principalmente il non versare nell'agiatezza che l'animo o snerva, o corrompe, e quel giornaliero pesante bisogno di procacciarsi il sostentamento.

Citazioni[modifica]

  • Gli affari cui non puoi per te stesso sopraintendere commetti agli altri, sempre però pensando che quanto faranno sarà a te attribuito.
  • I calunniatori assoggetta alla pena stessa che sarebbe stata inflitta al calunniato.
  • In ogni tua azione ricordati che sei Rè affinché tu non possa mai concepire una idea indegna di sì sublime dignità.
  • Intendi potentemente a lasciare ai figli in retaggio più la riputazione di onestà che grandi ricchezze, poiché queste sono caduche e mortali, quella per volgere di anni e di fortuna non viene meno.
  • Non giudicare poi magnanimo chi si spinge ad imprese oltre il possibile, ma chi si limita alle mediocri e le compie.
  • Nulla imprendere nell'esaltamento della collera, ma fa vista di esserne dominato quando l'occasione utilmente il richieda.
  • Osserva la religione che dagli avi ti fu tramandata, ma pensa essere splendidissimo sagrificio ed il più grande dei culti mostrarsi ottimo e giustissimo: poiché è più credibile che Dio immortale accolga i voti dell'uomo fornito di tali qualità di quello che di chi tutta la religione fa dipendere da pingui sagrificii.
  • Rifletti pria di parlare e di giudicare, onde fuggire, quanto è possibile, l'errore.
  • Tieni fedeli non quelli che sono presti a lodare ogni tua azione o parola, ma chi ha il coraggio di redarguirti degli errori e dei vizii.

Incipit di Encomio di Elena[modifica]

Sonovi alcuni, che molto s'insuperbiscono, se un argomento inusitato, e fuori della comune opinione trattato avendo, arrivano a dir qualche cosa tollerabilmente intorno al medesimo, e vanno invecchiandosi, altri col dire, che non è mai possibile proferir menzogna, senza che sia contrastata[3], né poter darsi intorno allo stesso subbietto due ragionamenti diversi: altri affermando, che la fortezza d'animo,[4] la sapienza, e l'equità sono una sola, e medesima cosa; e che nessuna di queste virtù abbiamo dalla natura, ma che l'arte sola per ogni cosa richiedesi; altri fra risse totalmente s'esercitano, le quali siccome a niente giovano, così agli Uditori solamente capaci sono di recar pregiudizio.

Citazioni su Isocrate[modifica]

  • Mi sembra che in quanto a doni di natura [Isocrate] sia troppo dotato per essere paragonato alla retorica di Lisia e mi pare inoltre che abbia un temperamento più nobile. Pertanto non ci sarebbe per nulla da meravigliarsi se col procedere dell'età, negli stessi discorsi di cui si occupa ora, superasse più facilmente di quanto farebbe con dei fanciulli chiunque abbia mai posto mano alla retorica. E ancora, non ci sarebbe per nulla da meravigliarsi se ciò non gli bastasse, e uno slancio più divino lo portasse a traguardi più elevati; infatti, mio caro, nella mente di quell'uomo è insita per natura una certa qual filosofia. (Platone)

Note[modifica]

  1. Dal Panegirico, traduzione di A e G. Maddalena, in Francesco Pedrina, Musa Greca, traduzione di A. Presta, Casa Editrice Luigi Trevisini, Milano5, p. 684.
  2. Citato in G. B. Garassini e Carla Morini, Gemme, classe 5 maschile, Sandron, Milano [post. 1911].
  3. Tal opinione sentendo Socrate, lepidamente rispose: ἰδοὺ ἐγὼ ἀντιλέγω ecco io vi contrasto.
  4. A proposito Cicerone 5. de Finibus. Servari justitia nisi a forti viro, nisi a Sapiente non potest.... Atque haec conjunctio confusioque virtutum, tamen a philosophis ratione quadam distinguitur. Nam cum ita copulatae, connexaeque sint, ut omnes omnium participes sint, nec alia ab alia possit separari, tamen proprium suum cuiusque munus est, ut fortitudo in laboribus periculisque cernatur, temperantia in praetermittendis voluptatibus, prudentia in delectu bonorum et malorum, justitia in suo cuique tribuendo.

Bibliografia[modifica]

  • Isocrate, Avvertimenti morali a Demonico, in Operette morali d'Isocrate, traduzione di Giacomo Leopardi, in Tutte le opere, a cura di Lucio Felici, Lexis Progetti Editoriali, Roma, 1998. ISBN 88-87083-04-5.
  • Isocrate, De' doveri del sovrano, traduzione di Agatone De Luca Tronchet, Tipografia Laccasafsi, Fermo, 1848.
  • Isocrate, Encomio di Elena, traduzione di Angelo Teodoro Villa, in "Il rapimento d'Elena" del poeta Coluto di Licopoli nella Tebaide, Milano, 1758-

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