L'ebreo errante (film 1948)

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L'ebreo errante

Descrizione di questa immagine nella legenda seguente.

Valentina Cortese e Vittorio Gassman nel film

Titolo originale

L'ebreo errante

Paese Italia
Anno 1948
Genere drammatico
Regia Goffredo Alessandrini
Soggetto Eugène Sue (romanzo), Giovanni Battista Angioletti
Sceneggiatura Goffredo Alessandrini, Ennio De Concini, Flaminio Bollini, Anton Giulio Majano, Aldo Bizzarri
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali

L'ebreo errante, film italiano del 1948 con Vittorio Gassman, regia di Goffredo Alessandrini.

Frasi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Cercate di sentirvi uomo fra gli uomini, di condividere le loro speranze, le loro ansie; di soffrire delle loro angosce, dei loro dolori. E allora, forse, troverete la pace che invocate; e amerete la vita. (Epstein)
  • C'è un miracolo in cui io credo: la fratellanza umana. (Epstein)
  • Quella salvezza la troverai in te stesso, ma solo attraverso l'amore per tutti gli uomini. (Epstein)
  • I conquistatori, tutti uguali! Credono di stampare le loro orme nella pietra e non si accorgono di camminare sulla sabbia. (Matteo)
  • La scienza deve tendere solo a due scopi in tempo di guerra: a sopprimere più in fretta e con più umanità i nostri nemici, ma anche e soprattutto a salvare il maggior numero di uomini combattenti. (Comandante del campo)

Citazioni su L'ebreo errante[modifica]

  • La leggenda dell'ebreo errante aggiornata all'olocausto. [...] porta l'impronta del soggettista Giovan Battista Angioletti, responsabile dello squilibrio tra le due parti del film, dove dal mitico si passa alla minuziosa descrizione delle brutalità naziste, narrate però con partecipata passione. (Il Mereghetti)
  • Risulta molto poco accettabile l'unico film italiano che tra il 1945 e il 1957 parla di Auschwitz, L'ebreo errante di Goffredo Alessandrini (1948), nel quale il protagonista [...] è il leggendario Ebreo Errante, cioè colui che – secondo la vulgata antigiudaica – schernì Gesù sul Golgota e fu condannato da Gesù stesso a vagare ramingo per secoli senza trovare mai pace. [...] Per tagliare corto, l'ebreo viene deportato ad Auschwitz – in versione edulcorata – dove per la prima volta conosce la pietà e viene così redento. Ciò che urta maggiormente in questo film è la chiave falsa e banalizzante con cui esso spiega (o addirittura giustifica) la Shoah, presentandola come un lavacro, quasi una punizione divina, come da stereotipo antigiudaico. (Valentina Pisanty)

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