Vai al contenuto

Enrico Brizzi

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
(Reindirizzamento da L'inattesa piega degli eventi)
Enrico Brizzi (2007)

Enrico Brizzi (1974 – vivente), scrittore italiano.

Citazioni di Enrico Brizzi

[modifica]
  • Frusciante è rientrato nel gruppo e tutto va bene. Personaggio notevolissimo, peraltro: conosciuto dal vivo, mi ha dato l'impressione di avere il fuoco dentro pur restando un tipo tranquillo e piacevole, uno di quegli uomini con cui è piacevole andarsi a bere una birra, consapevoli che non si resterà a corto di argomenti.[1]
  • [Sui Red Hot Chili Peppers] Quando li conobbi avevo 17 anni. Erano la nave pirata, il gruppo perfetto. Avevano appena realizzato Blood Sugar Sex Magik. Con loro c'era un produttore come Rick Rubin. Fu "il disco" da ascoltare per un sacco di tempo. Poi è arrivato One Hot Minute, un album per niente riuscito. Fu la caduta dei miei eroi. Doveva per forza ritornare nel gruppo uno come Frusciante per ristabilire le sorti della band. E così è stato. Grazie a Frusciante, sono riusciti a tirarsi fuori da una situazione stagnante, in cui ormai erano gonfi di stile. Oggi, quindi, sono entrati a tutti gli effetti nella lista dei gruppi che rispetto, insieme a gente come i Beastie Boys, i Sonic Youth e i Jane's Addiction. Sono arrivati in un posto preciso, quello in cui tocchi il successo, e hanno deciso di restarci nel modo adatto, rinnovandosi, diventando rabdomanti e sensitivi.[2]

Jack Frusciante è uscito dal gruppo

[modifica]

presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio e il vecchio Alex si sentiva profondamente infelice ma in modo distaccato, come se la sua vita appartenesse – sensazione fin troppo tipica e cruda ne convengo – a qualcun altro
ma non ghignate, per favore, poiché all'epoca il vecchio Alex non aveva ancora compiuto diciott'anni e in quei giorni il cielo di Bologna era espressivo come un blocco di ghisa sorda e da simili espressività non avreste potuto aspettarvi nulla d'esaltante, neppure uno di quei bei temporaloni definitivi che lavano le strade e da quasi due settimane la città giaceva tramortita sotto una pioggia esangue senza nome
quale conoscente del vecchio Alex e persona informata dei fatti mi limiterò ad aggiungere che una certa storia con una ragazza gli appariva ormai sfumata nel ricordo, gualcita dallo squallore sbalorditivo della vita di tutti i giorni:
essere stato terribilmente felice con lei per quattro mesi gli sembrava – ecco un'altra delle sue sensazioni più crude – non fosse servito a niente

Citazioni

[modifica]
John Frusciante e la sua uscita dai Red Hot Chili Peppers nel 1992 ispirarono il soprannome del protagonista del romanzo
  • Delle decine e decine di ragazzi con cui aveva diviso la sua vita di acidi ed autostrade si era presentato solo uno, camicia azzurra e mercedes targata Verona. Ma sembrava a disagio..è andato via prima della fine. (Alex, sul funerale di Martino)
  • Per dirla come il vecchio Alex, c'erano stati dei pomeriggi in cui l'aveva desiderata con una rabbia capace di fargli male questa Adelaide, ma lui s'era ben guardato anche solo capirete.
  • E tutta la domenica seguente. Alex forte, Alex incazzato, Alex che se ne frega, era rimasto pesto sul letto a leggersi Il gabbiano, mio Dio, Jonathan Livingstone che gli aveva prestato proprio Aidi. Alex inutile e triste come la birra senz'alcool.
  • Come in quella canzone incredibile dei Cure dove lei è bellissima e il povero la guarda ammirato e lei si sente offesa e Robert Smith dice "Ecco perché ti odio".
  • Vedere da lontano Aidi coloratissima mentre parlava con le altre carlotte in bianco e nero, stendere a gomitate tutti quelli sulla traiettoria, arrivarle vicino, chiederle solo PERCHÈ e poi ricominciare tutto daccapo.
  • È meglio scegliere dall'inizio chi sta veramente con te, se per sovvertire questo stato di cose ti vanno bene anche individui a cui sputeresti in facci non puoi venire a dire che è colpa vostra, siamo divisi, troppi stronzi qui fra noi e tu lo sai, isolarsi può aiutare a far scoprire gli infami in mezzo a noi.
  • Ti sento dentro Alex, ti capisco, e mi piace... Splendido. Datemi solo delle revolverate un po' all'impazzata, qui. Grazie. Tipo My Way di Vicious. Fate fuoco quando volete.
  • Ciò che dobbiamo fare adesso è trovare tutti e due un posto fuori dal libro. Come dice la volpe al piccolo principe, quando mancherà un'ora al nostro appuntamento io comincerò ad essere felice, e sempre più impaziente...
  • (Erano i silenzi più lenti e maledettamente intensi che il vecchio Alex avesse mai ascoltato)
  • Guardare in silenzio le labbra, i capelli, le mani di Aidi alla luce di quella candela, era un'emozione maesosa come sdraiarsi sui binari e fermare una locomotiva con la sola forza delle gambe o nuotare in apnea, per ore, in un mare -perdonatelo- di tè fresco alla pèsca. Ma di tutto questo, il vecchio Alex si sarebbe accorto più tardi, poiché in quei giorni sentiva solo un misto portentoso di felicità e inquietudine mai provato prima. Aidi gli sembrava una fata luminosa e un'Entità imperscrutabile.
  • Se niente li avesse separati fino al momento della partenza, sarebbe stato come Ricky Cunningham presidente degli Stati Uniti o come suonare l'attacco di Foxy Lady con la Strato in fiamme uguale preciso all'attacco su disco del vecchio Hendrix. Sì. Il nostro diavolo d'un uomo ci avrebbe creduto. Ci avrebbe creduto tutti i giorni, e per sempre.
  • Ti al di là è una cosa che non tanto suona male ma toglie un pochino il fiato, e personalmente, okay, sono anch'io a pezzi. Ma la storia è questa, non un'altra.
  • Adelaide l'aveva colpito con un pugno finto, un bel momento, ma a lui era venuta voglia di baciarla seriamente, e poi di morderla un po' e legarla a sé e non lasciar gocciolare via neanche un istante del tempo che restava.
  • Sono io disposto a mettermi coscienza e controcoscienza sotto le suole delle scarpe e cercare solo quel che mi fa essere felice, che mi fa star bene, che mi fa ridere, per sentirmi vivo sul serio? Sì, sono io disposto.
  • E allora, perché cavolo i suoi occhi sono così – come dire – sono così lustri, mentre per l'ultima volta scende come un Girardengo appena appena più basso e rock per la via Codivilla?
  • Comunque, no, mica piange. Ha solo gli occhi un pochino lustri per via dell'enorme velocità, è chiaro. Okay. È anche perché quel figlio di puttana del piccolo principe ha addomesticato la volpe. E poi, forse, perché magari sta pensando che dei due pirati, adesso, qualcosa è come stesse andando un po' via per sempre. Sapete come ragionano certi ciclisti sentimentali, alle volte. Magari sta giusto pensando che determinate cose, nella vita dell'Uomo, possono succedere una volta sola. Sì, insomma, potrebbe farlo.
  • Comunque no, non piange mica. E poi è un Girardengo, kazzo…
  • Bisogna avere molta cautela, con chi è felice.
  • E intorno tutto va come è sempre andato, e forse andrà sempre così. Tutto è prevedibilissimo, l'ho già vissuto in cento film tutti uguali e mi sento il personaggio di un libro che non mi piace e odio l'autore che mi fa fare queste cose che detesto e non mi fanno minimamente sentire felice e...
  • Nelle serate più luminose, invece, si volevano bene come in certi romanzi straordinari, e parlavano del Caulfield e della vecchia Jane, ed erano raggiantissimi solo stringendosi la mano. In quelle sere di primavera, seduti al tavolo di cucina coi libri sparsi un po' in giro, la musica a basso volume e la candela accesa, Alex cominciava a capire cosa fosse la felicità;
  • Alla fine l'equilibrio interiore non è che da cercare. Forse ce l'abbiamo già, e più ci muoviamo o agitiamo o altro, e più ce ne allontaniamo.
  • Era come se lui fosse finalmente riuscito ad abbracciare il verso dei Beatles, lo strano verso che dice "Happiness is a warm gun", che fino a quel momento gli era parso una specie di metafora un po' pittoresca o uno spunto buono per un manifesto pubblicitario..
  • Voglio dire: e i cazzi di sette e mezzo in latino, per esempio, che da semplici strumenti sono diventati una specie di fine ultimo? .. Insomma, a quanto ne so dovrei studiare per strappare un titolo di studio che a sua volta mi permetta di strappare un buon lavoro che a sua volta mi consenta di strappare abbastanza soldi per strappare una qualche cavolo di serenità. [...] Cioè uno dei fini ultimi è questa cavolo di serenità martoriata. E allora perché dovrei sacrificare i momenti di serenità che mi vengono incontro spontaneamente lungo la strada? La realtà è che mi trovo costretto a sacrificare il me diciassettenne felice di oggi pomeriggio a un eventuale me stesso calvo e sovrappeso, cinquantenne soddisfatto.
  • Nessun posto è lontano. Se desiderate essere accanto a qualcuno che amate forse non ci siete già?[3]
  • E lui non aveva mai amato così tanto, poiché si ama davvero forse solo nel ricordo.[4].
  • Alla fine ognuno cerca di far muovere gli altri nel suo personale teatrino. Il peggio è che io farò precisamente tutte queste cose, tutto quello che si aspettano da me, un gesto dopo l'altro, in fila, per vivere anche nelle loro scenette squallide o banali o tragiche e poi riderne da solo, ma farò tutto quel che vogliono, perché è l'unico modo che ho di sentirmi vivo è cambiare continuamente e fare sempre delle cavolo di recite.

Bastogne

[modifica]

Lui non ha mai saputo come Cousin Jerry avesse previsto tutto quel che è poi successo. Non ha mai capito perché se ne andasse in giro col passaporto sempre in tasca, quasi fosse già pronto a spiccare il gran salto. Di una sola cosa è certo, che se gliel'avesse chiesto, il vecchio Jerry avrebbe richiamato in superficie la migliore delle sue espressioni strafottenti, detto una frase da mezzo adulto, tipo: «Se stavi attento, Ermanno, capivi tutto anche tu».

Citazioni

[modifica]
  • Ha l'impressione di trovarsi dentro uno di quei momenti meravigliosi in cui non vuoi essere tu a scegliere e c'è solo la consapevolezza che qualunque cosa accada cavalcherai volentieri la situazione.
  • Ermanno e Cousin Jerry cominciano a ballare. Fichissimi. Molto compresi nel ruolo di pipistrelli from the outer space appena appena fuori di testa.
  • I cari consigli da migliore amica. Ma occhi-blu è indipendente, occhi-blu sa come gira il mondo, occhi-blu ha polso da vendere... Occhi-blu è un coniglietto da sventrare...
  • Erano quei giorni di primavera in cui l'aria spinge ai baci e il colore della città si fa rosa e giallo mentre il sole temporeggia volentieri sui tetti fino a tardi. Erano quei giorni dell'anno in cui le emozioni si fissano meglio nel ricordo e si è come il siamese Pentothal, senza pace, in corsa da un posto all'altro, ansiosi di vedere e di fare, sicuri che nessun autunno toglierà più determinate voglie profondissime.
  • A casa, in definitiva, preferivi restarci il meno possibile, e solo la desideravi davvero quando nella bruma dell'alba tornavi sconvolto e all'improvviso ti sembrava di aver perduto le chiavi. Dovevi frugarti, ispezionare le tasche secondarie. Pregavi di trovarle, le kazzo di chiavi, per salire a farti un tè buonissimo, lavarti, prima di cappottare sul letto. Desideravi come nient'altro rientrare sano e salvo a casa tua.
  • Ogni centimetro quadrato di questa città è un luogo di conflitto.
  • I vecchi muoiono, i giovani crescono, le mamme imbiancano, i bambini rompono i coglioni...
  • La dolcezza che sentivo per Colombina era un amore sciocco.

Lennon, Guevara, Bugatti

[modifica]
  • "La follia fa paura soltanto al potere."
    [...] "E sai perché? Perché il potere sa spiegare la nevrosi, con la psicanalisi e i calmanti, ma non sa cosa rispondere alla follia."
  • Sentii con una certa esattezza che quell'altalenare tra ragione e follia era l'unico modo possibile di essere.

Tre ragazzi immaginari

[modifica]
  • Tutti, gioventù che eravamo, si sussurrava che il futuro dovevi aggredirlo appena affacciato il muso preoccupato fuori dalla tana.
  • Che tragedia aspettare i diciott'anni per ammainare la bandiera nera e chiedere asilo tra gli stronzi.
  • Ed in definitiva chi eri tu, a vent'anni, e chi erano i tuoi amici, ciascuno con la sua maschera, i comportamenti stilizzati. Le interpretazioni della vita al posto della vita vera, i patti di fratellanza che potevano essere violati, se solo riuscivano a tenerti abbastanza le canottiere a costine delle ragazze, o il lampo verdazzurro di uno sguardo che richiamando ti teneva indietro in un teatrino d'ombre, alla fine, in cui non c'era più posto per i giusti sogni, per immaginare qualcuno come un cigno e solo si bruciava di incazzature, e rabbie e seduzioni, in strade e discorsi sempre più poveri, davanti cui ci si sforzava, disperati e matti, di conferirlo a noialtri, un senso, intanto che il passo fluviale del mondo tutti quanti noi, ciechi e sordi, ci trascinava.
  • Dialoga col tuo dolore. [...] Dialoga con esso, e il tuo dolore ti risponderà.
  • "Facevamo dei sogni strani una volta! Volevamo una vita in stile moderno! Essere senza radici!"
    "È vero! Ci sono spuntate, poi, a furia di negarle! Si sono insinuate sotto la terra mentre progettavamo di andarcene!"
    "Si! Si! È venuto giù tutto dritto nel solito modo! E alla fine ci siamo ritrovati inchiodati! Siamo diventati, o fratelli, dei bersagli un po' facili!"
  • L'infamia è da tutti meglio veduta che da coloro che la portano addosso.
  • Chiudo gli occhi e li tengo stretti, spaventato da quel che porta il mattino, aspettando un domani che non arriva mai. Nel profondo di me, ciò che mi lascia la notte è la sensazione del vuoto e tre ragazzi immaginari che cantano nel mio sonno dolce di bambino.

Elogio di Oscar Firman e del suo impeccabile stile

[modifica]

L'onesto pomeriggio ventoso in cui cominciò questa storia, Oscar Firmian, l'uomo che sulle sue spalle avrebbe dovuto traghettarmi nel nuovo millennio, sedeva all'indiana sul nuovo letto di tek, la schiena poggiata contro il massiccio della testiera.
Il materasso a due piazze era invaso di polaroid scattate nel retropalco del rocker Aldo Ardito, dagherrotipi della flottiglia di scooter che Oscar aveva cavalcato dai quindici ai venticinque, foto ricordo d'un locale di Londra in cui lui sfoggiava una giacchetta da mod, e vedute di spiagge secondo me ingiustamente oscurate dai primi piani reward di fidanzate secondarie disperse.

Citazioni

[modifica]
  • L'eco stessa di quel che diceva gli galleggiava in testa, quasi ascoltasse le sue parole pronunciate da un altro, quasi, lo credereste? Non fosse lui a parlare. Poi guardava gli occhi di Martina e si diceva: "Magari è così che va, quando sei costretto a dire quel che provi da un posto in cui non eri mai stato."
  • Nella sua testa ora, c'erano solo rabbia e questo sciocco vuoto da dove premeva il dolore.

Nessuno lo saprà

[modifica]

Ma adesso eri sposato. Eri sposato da quindici mesi, e avevi un figlio.
Avevi un figlio, e con tua moglie una serie di cose cominciavano a perdere quota.
Avevate vissuto insieme tre anni, prima di sposarvi, ma adesso quella stessa ragazza non si ricordava più tanto bene chi eri, e pure con il lavoro le cose non procedevano a meraviglia.
Era un mondo molto piccolo, quello del tuo lavoro, e lo era ancora di più da quando era arrivato il bambino. La stanza in cui lavoravi era adesso la sua cameretta, e tu eri ormai confinato, col computer e il po' di libri che vi trovavano spazio, in quello che prima insieme a Dina chiamavate "il ripostiglio grande". Era un ambiente appena meno angusto del ventre dell'armadio a muro che presidiava il corridoio, e ogni volta che volevi fumare dovevi abbandonare la postazione e trasferirti sul balconcino del soggiorno.

Citazioni

[modifica]
  • Stavo pensando che la civiltà è tutta una sfida fra l'uomo e la natura.
  • Unica è la terra e unico l'amore, mentre gli uomini, presi uno ad uno, sono molto meno unici ed insostituibili di come credevi a 17 anni.
  • [...] E non sei partito per conoscerti meglio, o conoscere meglio i tuoi amici.
    Volevi disconoscerti, semmai. Dimenticare il tuo nome e restare nudo con la fatica e la gioia, vicino a qualcuno di cui potevi fidarti, e alle cose essenziali che conoscevi da sempre.

L'inattesa piega degli eventi

[modifica]
  • All'improvviso, mi sembrava di aver riconosciuto il treno giusto e di esserci salito sopra al volo.
  • Voglio che tiri fuori la tua dannata testa di struzzo da sottoterra, amico mio. Spetta una briciola di rischio a ogniuno se vogliamo cambiare il mondo.
  • "Dice il mio direttore che la gente normale non esiste. Secondo lui ci dividiamo in pazzi innocui e pazzi pericolosi. Tu sei fra questi, amico."
    "No, Lorenzo. La gente si divide in un altro modo. La grande maggioranza sta a guardare la storia scorrere, e di solito la chiama destino. Poi ci sono i pochi che tentano di cambiarla."
  • "Alle persone ragionevoli fa benissimo incontrare ogni tanto gente che non ha paura di morire e di rinascere", proseguì mentre l'ascensore rallentava. "È grazie a noi matti, come dici tu, se il mondo ogni tanto si riscuote e migliora per tutti."
  • Il passo più lungo del viaggio è quello per uscire di casa.

La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio

[modifica]
Silvio Berlusconi e il berlusconismo fanno da filo conduttore al racconto di Brizzi
  • [...] era evidente che i nuovi schermi dal «colore sempre vivo», combinati ai nuovi standard audio, rapivano i sensi delle persone in maniera ben diversa rispetto ai televisori degli anni Settanta: vista e udito dello spettatore erano saturati, il tatto inibito dalla posizione immobile. Dei cinque sensi restavano liberi solo l'olfatto e il gusto, problema tecnico al quale si ovviava mangiando davanti allo schermo acceso: così l'idea di casa e protezione divennero un tutt'uno con la tivù e i suoi programmi, versione fredda e moderna del focolare domestico. (cap. Prima Repubblica, p. 26)
  • [Sull'esperienza da giurato al Festival di Sanremo 1999] [...] arrivi in ritardo, e farsi largo nel mare di teste e schiene fra gli stucchi del foyer non è un gioco da ragazzi. Occhieggiano colletti alla Wellington alti sei dita, nel cuore cieco della folla, risplendono chiome rese barocche da schiume e spray, e simili a scogli si profilano svariate scollature semplicemente inaggirabili. Hai un bel sventolare il pass da giurato, in mezzo agli spettatori che hanno pagato un milione a poltrona. Ci sono le famiglie numerose — i ragazzini conciati da cresima e nonna, un turbante da rajah in testa, portata a braccia. Ci tiene tanto, poverina, a non perdersi il ritorno della Vanoni. Ci sono i terzetti d'amiche zitelle vestite come le caramelle Rossana. Ci sono spaventose matrone del profondo Nord che portano al collo svariati stipendi d'operaio e per mano mariti imprenditori ricchissimi e nani. Sei sul punto di rinunciare, oh sì. La folla è troppa e tumultuosa. Stai proprio per rinunciare. [...] a tratti biascicando scuse, a tratti simulando orrendi accessi di tosse degni di un personaggio dickensiano, riesci a farti largo anche fra i gruppi più gagliardi nel mantenere un'intima compattezza. «Sono il giurato Enrico Brizzi», mormori alla hostess che veglia alla base della scala che conduce ai palchi. All'inizio, ne sei quasi sicuro, ti guarda come una donna decisa a chiamare aiuto. «Mi segua», soffia piegandosi in modo appena percettibile verso di te. «Si stavano chiedendo tutti dove accipicchia si era cacciato.» (cap. Seconda Repubblica, pp. 145-146)
  • Cos'era, poi, 'sto Grande Fratello che faceva impazzire tutti? Edizione italiana del format olandese Big Brother, a prima vista lo spettacolo [...] si basava su un radicale ribaltamento di ruoli: sostituire ai volti noti della televisione dei semplici sconosciuti, che avrebbero occupato gli schermi tanto a lungo da diventare essi stessi volti noti. La Casa era, insomma, una fabbrica di celebrità, e questo aizzava migliaia [...] desiderosi di migrare dall'anonimato alla fama, e da una vita lavorativa senza speranze al bel mondo di attori, veline e calciatori. Non tutti, però, seguivano il Grande Fratello sperando di finire nella Casa. Ai più bastava spiare [...]. Avevo spiato anch'io, e quel che avevo visto non mi era piaciuto: non mi riferivo ai concorrenti, ma alla mia immagine riflessa nello schermo della televisione. All'improvviso mi ero visto come un secondino, un controllore o, contando che si poteva contribuire ad eliminare i concorrenti tramite un'onerosa telefonata, un giovane boia a metà dell'apprendistato. Chiudere delle persone in uno spazio limitato, sottoporle a prove e non perderle mai di vista non era forse un'attività di routine, nelle carceri? Cos'eravamo diventati, per divertirci a vedere gli altri — quelli stessi che ci eravamo disabituati a salutare per la strada — chiusi in una galera televisiva, e scommettere sulle loro reazioni? Inutile domandare in giro: la gente era troppo occupata a domandarsi se le privazioni inflitte agli inquilini della Casa fossero dure come sembravano in video o se invece, ogni tanto, qualcuno allungava di nascosto ai ragazzi un wafer o una sigaretta. Si discuteva se il carcere fosse carino o no, non se fosse giusto spiare chi ci stava dentro. Per seguire le evoluzioni dei detenuti volontari, o forse in segno di solidarietà, si autocarceravano un po' tutti, ciascuno davanti al proprio televisore [...]. (cap. Il ritorno del Silvio, pp. 167-168)
  • Cosa ne sapeva, l'80% degli italiani che s'informava esclusivamente attraverso la televisione, delle lotte al coltello all'interno dei partiti, dell'inquietudine che, in Vaticano, accompagnava gli ultimi mesi di passione di papa Wojtyla, o delle segrete manovre ordite per infangare Prodi e Fassino nell'ambito del caso-bufala Telekom Serbia? Ne percepivano solo un'eco lontana, dottamente analizzata dai telegiornali e da Bruno Vespa, celebrata dalle consegne dei Tapiri d'oro e oscurata senza pietà dai veri appuntamenti irrinunciabili della vita nazionale: i quiz di Pupo, La vita in diretta, e una quantità di altri programmi che non si capiva più se fossero della Rai o di Mediaset. Anche gli omicidi li tenevano molto occupati, almeno quelli graditi alla televisione. Non tutti, infatti, risultavano popolari come il giallo di Cogne. Si parlò pochissimo, ad esempio, della fine senza un perché de diciottenne Federico Aldrovandi, pestato a morte su un marciapiede di Ferrara durante un controllo di polizia. Ci sarebbero voluti il delitto di Perugia e quello di Garlasco, per consentire alla patria informazione di scatenarsi a piacimento: quelli sì che erano omicidi interessanti, con belle ragazze coinvolte e tanta tanta morbosità da riversare sui dettagli delle indagini. Mica ci si scaldava più con poco. Ormai al pubblico non bastava un poliziotto che spara attraverso l'autostrada, o un nero ammazzato di botte sulla pubblica via. Quelli erano casi estremi, sgradevoli, inadatti ai format; il pubblico a casa voleva soprattutto immedesimarsi, foss'anche nei delitti, e ne pretendeva di sempre più complessi, pruriginosi e — a loro modo — pop: i più richiesti avevano al centro i segreti di una giovane coppia, e possibilmente dovevano accadere in una casa normale ma ariosa, come quella del Grande Fratello, che gli attrezzisti di Vespa potessero ricostruire senza troppe difficoltà. (cap. Il ritorno del Silvio, pp. 180-181)

In piedi sui pedali

[modifica]
  • Arriva sempre, nella vita delle persone, un momento nel quale si scollina: le rampe della salita che si riteneva senza fine lasciano il posto a un breve falsopiano, e ci si ritrova a pedalare lassù, increduli di poter vedere una nuova porzione di mondo. Non c'è neppure il tempo di rifiatare e abituarsi alla prospettiva aerea, però, che già la strada inclina verso il basso. Da qui in avanti, per arrivare al traguardo, diventano inutili le doti del grimpeur: per governare la discesa servono animo saldo e concentrazione, ché bisogna pennellare le traiettorie d'istinto ed essere pronti a correggerle in un batter di ciglia, senza farsi prendere dal panico neppure se la ruota salta su qualche ostacolo imprevisto, e mantenere l'equilibrio diventa la più difficile delle imprese.
  • Nutrivo la segreta speranza di veder spuntare da Via San Mamolo un bus inglese a due piani, come quello della canzone degli Smiths, per risolvere quel grumo di sentimenti contraddittori in uno schianto: allora lei, avvertita delle mie condizioni, si sarebbe precipitata a tenermi la mano mentre la vita fuggiva da me, e non avrei saputo immaginare un più bel morire.
  • Come sempre, però, si ama davvero solo chi non è più fra noi e, per un effetto ottico dovuto all'enorme distanza, le stelle ormai spente appaiono nel nostro firmamento più luminose di quante ancora ardono.

Vincere o morire

[modifica]
  • [Sul licenziamento di Carlo Carcano dalla Juventus nel dicembre 1934] Una delle cause più frequenti di licenziamento d'un allenatore va ricercata nelle rivolte di spogliatoio, magari capeggiate da qualche nuova stella che rompe gli equilibri in essere. Neppure questa ipotesi, però, sembrava tenere: gli uomini agli ordini di Carcano erano i fedelissimi che aveva saputo portare alla vittoria per un quadriennio filato. Cosa, allora? I giornali non ne scrissero una riga, ma pian piano venne fuori che l'allontanamento del tecnico era legato ad aspetti della sua vita privata, giudicati incompatibili con la serena conduzione della squadra. Cosa mai poteva avere combinato, per minarsi all'improvviso la reputazione dalla mattina alla sera? E come mai questi misteriosi aspetti della vita privata, sino a quel giorno, non avevano dato fastidio a nessuno e anzi erano andati bene persino al quadrato Vittorio Pozzo? La verità restava appannaggio del diretto interessato, di Edoardo Agnelli, del barone Mazzonis e di pochi altri consiglieri, e presto qualcuno se la sarebbe portata nella tomba. Solo a parecchi anni di distanza chi indagava sul giallo dell'esonero avrebbe trovato qualche timido indizio, basato non su confessioni ma su spifferi di corridoio, ai quali le personalità coinvolte non avevano alcun interesse a dar credito. La direzione nella quale indagare, si suggerì, era quella delle preferenze sessuali del mister. Non l'avevano notato, come era attento alla forma e all'eleganza? Con quale vezzo, già arrivato alla mezz'età, indossava ancora il suo giacchetto di daino?

Incipit di alcune opere

[modifica]

La nostra guerra

[modifica]

Nel giugno del '42, anno XX dell'era fascista, l'Italia sembrava immune dall'incendio che divampava ai quattro angoli del mondo.
Il Paese approvava la prudente neutralità in cui ci eravamo ritirati, e la popolarità del Duce era alle stelle. Le sanzioni erano solo un brutto ricordo: la Società delle Nazioni ci aveva riammesso da tempo fra i suoi ranghi, la benevola Albione aveva riconosciuto le nostre ambizioni mediterranee, e l'incauto patto di amicizia italo-germanico era finito nel cestino della carta straccia.

O la va o la spacca

[modifica]

I due vecchi custodi aspettavano da un momento all'altro il rientro della signora.
Lui era in giardino, intento a censire per l'ennesima volta ami e galleggianti della sua vasta dotazione da pesca. Carezzava l'idea di spingersi al Lago di Valle Romita, la domenica a venire, e vide solo all'ultimo momento le due figure vestite di nero che gli arrivavano incontro attraverso il giardino della villa. sembravano passeggiare con noncuranza, ma in testa portavano due passamontagna.

Note

[modifica]
  1. Da un post sul profilo ufficiale instagram.com, 16 dicembre 2019.
  2. Citato in Gian Paolo Giabini, Parla Brizzi: «Per fortuna John è tornato...», Tutto Musica, luglio 2002, p. 31.
  3. La citazione riprende Richard Bach: «Se tu desideri essere da Rae, / non ci sei forse già?» (da Nessun luogo è lontano, Milano, Rizzoli, 2019, p. 15)
  4. La citazione rielabora due versi di Gianni D'Elia: «ed io non ho mai amato come ora / perché si ama davvero forse solo nel ricordo / / di chi non ha altra misura che se stesso» (da 1977, Ancona, Il lavoro editoriale, 1986, p. 60)

Bibliografia

[modifica]
  • Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Ancona, Transeuropa, 1994.
  • Enrico Brizzi, Bastogne, Mondadori, Milano, 1996. ISBN 8804454628
  • Enrico Brizzi, Sauro Ciantini, Lennon, Guevara, Bugatti, Comix, 1997.
  • Enrico Brizzi, Tre ragazzi immaginari, Milano, Baldini & Castoldi, 1998. ISBN 88-8089-455-2
  • Enrico Brizzi, Elogio di Oscar Firmian e del suo impeccabile stile, Milano, Baldini & Castoldi, 1999. ISBN 8880897519
  • Enrico Brizzi, Nessuno lo saprà, Milano, Mondadori, 2005.
  • Enrico Brizzi, L'inattesa piega degli eventi, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2008.
  • Enrico Brizzi, La nostra guerra, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2009. ISBN 9788860730411
  • Enrico Brizzi, La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio, Bari, Laterza, 2010. ISBN 9788842094333
  • Enrico Brizzi, O la va o la spacca. Una commedia nera, Siena, Barbera, 2013. ISBN 9788878996076
  • Enrico Brizzi, In piedi sui pedali, Milano, Mondadori, 2014.
  • Enrico Brizzi, Vincere o morire. Gli assi del calcio in camicia nera. 1926-1938, Roma; Bari, Laterza, 2016. ISBN 9788858123836

Altri progetti

[modifica]