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Leonardo Fioravanti (medico)

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Leonardo Fioravanti

Leonardo Fioravanti (1517 – post 1583), medico italiano.

Citato in Piero Camporesi, Camminare il mondo

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  • [...] ho caminato in varie e diverse provincie, sempre essercitando l'arte dove mi son trovato, né mai mi son stancato di studiare e andar cercando bellissimi esperimenti, così di dottissimi medici come ancora di simplici empirici e d'ogni altra sorte di gente, come villani, pastori, soldati, religiosi, donnicciole e d'ogni altra qualità; e la medicina e cirugia, quale era divisa infra tante sorti di persone, io con molti stenti e fatiche la sono andata raccogliendo insieme e, raccolta, ho voluto metterla in teorica con mille belle ragioni, e questo acciò che il mondo ne possi godere. (p. 9)
  • Il divino messer Ulisse Aldrovando bolognese dottor eccellentissimo di filosofia e medicina... è uomo ch'a questa nostra età ha superato tutti gli altri di tal professione. Lui è il vero possessore di tutte tre le parti della medicina, cioè di quella che consiste ne' vegetali, animali e minerali. E che ciò sia il vero, questo dottore eccellentissimo ha vera cognizione di più di quattro milia cose come di piante, animali e pietre, le quali possiede e ha nelle sue mani e ogn'uno che le vorrà vedere, da lui saranno mostrate con somma diligenza e cortesia percioché esso dottore è uomo molto piacevole e amator di virtuosi e molto desideroso d'insegnare le sue virtù a tutti. (p. 12)
  • Volendo noi osservare questa regola, la prima cosa da fare dev'essere quello che ci insegnano i medici razionali che sono i cani, i gatti, e infiniti altri animali che hanno la medicina per dono della natura, che quando si sentono gravati di alcuna infermità, ricorrono al vomito e mangiano alcune sorte di erbe che li fanno vomitare ed ancor evacuare per secesso e con tal rimedio si sanano senza altro; e così noi ad imitazione di questi medici della natura dovessimo avere questo specchio davanti gli occhi ed osservare questa regola santa: cioè di far sempre vomitare gli amalati prima che li facessimo altro rimedio. Io per me osservo questo ordine e sempre veggio miracoli in tutte le infermità. (p. 27)
  • [...] allora facevano credere alle genti tutto quello che loro volevano, perché in quei tempi era grandissima carestia di libri e come uno sapeva un poco parlare per bus e per bas veniva adorato come un profeta e gli era creduto ciò che egli diceva: ma dipoi che questa benedetta stampa è venuta in luce, i libri sono multiplicati di sorte tale che ogni uno può studiare e massime che la maggior parte si stampano in lingua nostra materna: e così i gattisini hanno aperti gli occhi perché ciascuno può vedere e intendere il fatto suo, in modo che noi altri medici non possiamo più cacciar carotte alle genti, come facevano quei primi nostri antecessori, che facevano credere a gli infermi che gli asini volassero e il tutto era loro creduto. (p. 64)
  • L'anno 1555, alli 21 di febrario, mi partì dalla gloriosa città di Napoli del Reame per andar nella santa città di Roma, e così circa il mezo giorno mi imbarcai con grandissimo dispiacer de gli amici miei. E per riconsolarne alquanti vi lasciai il sapientissimo e prudentissimo giovane messer Ioseffo Moleto Messinese... in quel tempo mio discepolo, acciò ne medicasse alcuni che erano vessati da diverse infermità. E così col nome di Dio e di san Domenico mio protettore e advocato, mi partì da Napoli e andai a Roma. (p. 127)
  • E questo si chiama M. Ferrante Imperato uomo litteratissimo e dottissimo in tal professione [l'aromatario] ed è facoltosissimo. Percioché oltra l'altre sue facoltà, ha un bellissimo palazzo in Napoli a Santa Chiara, dove tiene una superbissima botega di speciarie aromatarie. E in esso palazzo ha uno studio con tante cose diverse, che è cosa da stupire il mondo in vedere tante erbe, tante pietre, tanti animali che è numero senza fine. E ha scritto, questo eccellentissimo uomo, sopra la teriaca e il mitridato ed è uomo il più conosciuto di quanti se ne trovino di tal professione. E chi va a Napoli e si parte senza vedere questo virtuoso e sue cose rarissime, si può dire non aver visto cosa degna di memoria. (p. 261)

Citazioni su Leonardo Fioravanti

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  • Leonardo Fioravante, espertissimo empirico, la dava [la pietra lazula] per far vomitare liberando perciò molti dalle quartane. Nelle febri maligne la calcinava e dopo l'estingueva in acqua vita finissima, nella quale dice solversi mirabilmente e dava essa soluzione; liberava anche da molti morbi, riducendo ancora in buonissimo stato, quasi miracolosamente, l'ulcere, benché maligne; cavava anche da essa pietra l'oglio, col quale conciliava il sonno, inducendo riposo. E facendone ungere il capo e il ventricolo toglieva l'infiammazione e il dolore delle podagre. (Giuseppe Donzelli)
  • A Venezia, «centro d'Italia», aveva infatti intrecciato una serie di relazioni con noti personaggi del milieu culturale lagunare: da Ludovico Dolce versatile compositore di tragedie, commedie, rime, al poliedrico e irrequieto Girolamo Ruscelli, «lume e splendore di molte scienze e gran professore delle lettere ebraiche, greche, latine e toscane», che fu, fra mille altre cose, «segretista» di successo nonché esperto di fuochi artificiali e d'artiglieria nei Precetti della militia moderna, tanto per mare quanto per terra; al suo fraterno compare Dionigi Atanagi, revisore dell'Amadigi di Bernardo Tasso, poligrafo occupato in una miriade di attività, correttore anche delle opere di Fioravanti.
  • Anche Francesco di Lorena, duca di Guisa, il grande capitano detto le Balafré (lo Sfregiato), sceso in Italia alla guida di un esercito francese a difesa dello Stato della Chiesa invaso dagli spagnoli di Filippo II, subiva il fascino dei «secreti». Feritosi accidentalmente mentre scendeva da cavallo e curato da Fioravanti, incuriosito dai suoi medicamenti, non solo volle per sé le ricette seguendone personalmente la preparazione, ma molto liberalmente gli passò anche certi segreti medicinali patrimonio geloso della sua casata. Dal racconto che ne diede Fioravanti viene fuori un aspetto discutibile e piuttosto ciarlatanesco di questo medico che sfrutta con molta disinvoltura le nuove acquisizioni del suo patrimonio terapeutico, vantandone la nobilissima origine, l'aristocratico valore aggiunto. Venivano da una famiglia d'altissimo lignaggio imparentata per di più con gli unti del Signore, coi discendenti di quei re taumaturghi, famosi guaritori di scrofole.
  • Anche quando scrive rivolgendosi ai colleghi (o fingendo che siano loro i destinatari dei suoi pungenti avvertimenti) non resiste alla tentazione d'abbandonarsi a graffianti considerazioni tali da mandare in bestia i destinatari delle sue frecciate. I dottori togati e i medici collegiati – c'era da aspettarselo – lo fecero tribolare tutta la vita, a Roma, a Venezia, a Milano dove nel 1573 riuscirono perfino a buttarlo in carcere sotto la falsa accusa d'esercizio abusivo della professione. Per il "cavaliere aurato" Fioravanti la rabbia e l'umiliazione dovettero essere smisurate.
  • Eppure era proprio fra le calli e i canali del labirinto veneziano che si acquattavano i suoi più velenosi nemici. Fioravanti sentiva che qualcosa si stava preparando contro di lui, lo fiutava nell'aria densa di salsedine e di aromi che impregnava campielli e sestieri. Sapeva che molti medici diffidavano di lui, che molti speziali lo odiavano a morte pronti a qualunque calunnia pur di eliminare un medico che disprezzava la teriaca, la panacea universale che impinguava i forzieri delle loro botteghe rinomate in tutto il mondo.
  • La lettera-dedicatoria ad Alfonso Ulloa (1529-1570?) posta subito dopo quella indirizzata al futuro duca d'Urbino Francesco Maria della Rovere, costituisce un significativo omaggio allo storico e poligrafo spagnolo che a Venezia aveva trovato la sua seconda patria. Indefesso traduttore (fra l'altro voltò in castigliano anche l'Orlando Furioso e il Canzoniere di Petrarca) fu particolarmente attivo nello scambio culturale fra le due penisole. Il pubblico riconoscimento rivoltogli da Fioravanti sottolinea proprio questo aspetto dell'attività di Ulloa, grande importatore e diffusore di cultura iberica fra i lettori italiani. Il Signor Alfonso, cui si rivolge Fioravanti con deferente familiarità, era da lui personalmente conosciuto e frequentava quel circolo di letterati (Ruscelli, Dolce, Atanagi, Borgarucci...) che aveva accolto anche il medico bolognese.
  • Nella nuova «cosmografia dell'uomo» tracciata da Leonardo Fioravanti, il professionista delle tecniche empiriche e sperimentali della salute e del corpo, il conoscitore dei segreti dell'arte chimica e distillatoria (lo spaginico) e soprattutto delle proprietà delle erbe, diventa il protagonista emergente della nuova medicina. Per questo, accanto al divino Paracelso e all'incomparabile principe della botanica rinascimentale, Pietro Andrea Mattioli, maestro «unico e raro al mondo» che «nella medicina ha passato di gran lunga tutti gli altri» e «in materia dell'erbe – riconosceva Fioravanti nella Fisica – ha dato vita la vera luce del mondo» e «ha mostrato al mondo la vera arte di medicare e di destillare», trovano onorevole posto le umili, misconosciute, anonime figure di «semplici empirici», di villani, di pastori, di donnicciole.
  • Nemmeno nei momenti di maggior successo e di presumibile agiatezza, Fioravanti aveva voluto acquistare una casa di sua proprietà a Venezia. [...] Non è chiaro se si recasse anche a Siviglia dove abitava il più esperto conoscitore delle meraviglie naturali che affluivano dal Nuovo Mondo, ma è certo che la lettura delle opere fresche di stampa del dottor Nicolas Bautista Monardes e in particolare della Historia medicinal de las cosas que se traen de nuestras Indias Occidentales, que sirven en medicina, uscita a Siviglia nel 1574 (rapidamente tradotta in italiano da Amilcare Briganti da Chieti e pubblicata a Venezia nel 1576), insieme alla possibilità d'incontrare indiani e testimoni oculari provenienti dai paesi d'oltreatlantico stimolò la sua sempre accesa curiosità invitandolo a un serrato confronto fra la farmacopea italiana e quella americana.
  • Salpando verso la Sicilia Leonardo Fioravanti sapeva molto bene d'andare incontro all'avventura: seguiva le orme e la tradizione d'innumerevoli chirurghi che fiutavano il sangue da lontano, di ciarlatani erranti e d'empirici girovaghi che passavano di piazza in piazza, di terra in terra, intraprendenti, abili maestri della seduzione orale e teatrale. Geniali talvolta e colti, sempre consumati incantatori e spericolati commedianti. Spiccava tra questi un personaggio d'eccezione, Iacopo Coppa, altrimenti detto Iacopo Modenese o il Modanese tout court.
  • Se nel Nord Tomaso Garzoni aveva in verso e in prosa esaltato il «glorioso Fioravanti da i miracoli» per i suoi spericolati interventi chirurgici, per l'«angelico e divino Elixir Fioravanti», perla della sua irraggiungibile perizia terapeutica, anche nel Sud si era alzata la voce di Marco Aurelio Severino (1580-1656) a elogiare il «Fioravanti Bolognese» per i suoi «medicamenti policresti» nella Trimembris chirurgia, e a difenderlo dai detrattori.
  • Tarda, confusa, orecchiata e di seconda mano fu la conoscenza che Leonardo Fioravanti ebbe di Paracelso e delle sue opere. Anche se non mancò di elogiare il geniale terapeuta-alchimista-chirurgo elvetico, la sua formazione passò per altre strade. [...] Anche Fioravanti riteneva i medici "audiutori della natura e non maestri" ma non arrivò mai a condannare in blocco con lo sprezzante disdegno dell'elvetico la letteratura dottorale antica e moderna. Condivise con Paracelso la convinzione profonda della superiorità dell'esperienza sulla teoria astratta e la necessità dell'esperimento; del vedere e del fare, più che del leggere; l'umiltà del medico, bisognoso d'apprendere anche dagli indotti e dagli analfabeti; la necessità di conoscere le arti manuali per completare il curriculum policentrico dei saperi umani; la scarsa fiducia, se non la disistima, dell'anatomia.

Bibliografia

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  • Piero Camporesi, Camminare il mondo Vita e avventure di Leonardo Fioravanti medico del Cinquecento, Garzanti, Milano, 1997. ISBN 88-11-69274-1

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