Miguel Gotor
Miguel Gotor (1971 – vivente), politico, saggista e storico italiano.
L'Italia del Novecento. Dalla sconfitta di Adua alla vittoria di Amazon
[modifica]Il 10 marzo 1896, alle luci dell'alba che investivano con il loro chiarore le alture di Chidane Meret, iniziò a consumarsi la disfatta di Adua, «non piú una pugna, ma un macello» secondo il ricordo di un soldato sopravvissuto. Quella decisiva battaglia, nel corso della guerra di Abissinia, e la cocente umiliazione che seguì alla sconfitta, segnarono la fine della politica imperialista di Francesco Crispi in Africa e provocarono la caduta del suo governo, in carica dal 1893.
Citazioni
[modifica]- Il bandito Giuliano realizzò materialmente l'attentato [Strage di Portella della Ginestra], potendo godere, come è stato ormai accertato, di un collegamento con la mafia e dopo essere stato finanziato, armato e addestrato alla guerriglia da agenti provocatori fascisti della X Mas, inviati in Sicilia agli ordini del principe Borghese sin dall'estate 1944, quando ancora combattevano in funzione antialleata per restaurare il fascismo in Italia. (p. 163)
- I due protagonisti [de Il sorpasso di Dino Risi], Jean-Louis Trintignant (Roberto) e Vittorio Gassman (Bruno), all'unisono raffiguravano la sfaccettata unità dell'Italia giunta a un nuovo pericoloso incrocio della sua storia. Il primo, quello onesto, ingenuo, cerebrale, colto moriva, mentre l'altro, lo sbruffone, il cialtrone, il gaudente, il cinico sopravviveva alla fine tragica di quell'allegorico viaggio nazionale, lungo l'arteria [via Aurelia] del miracolo economico italiano, che metaforicamente segnava l'incerto tramonto di un'illusione. L'inganno che potesse esistere per davvero un benessere generalizzato, equamente distribuito tra ricchi e poveri, campagna e città, in cui il progresso e lo sviluppo sarebbero riusciti a viaggiare insieme, gocciolando dall'alto in basso della piramide sociale. Senza incidenti né conflitti, un colpo di clacson e di corna dopo l'altro, sino all'ultima curva. Quella fatale. (p. 187)
- Il manager pubblico italiano [Enrico Mattei] morì nell'ottobre 1962 mentre rientrava dalla Sicilia con un aereo privato che precipitò in provincia di Pavia in circostanze rimaste per oltre trent'anni oscure. Tuttavia, la riapertura dell'inchiesta giudiziaria nel 1997, che ha contemplato la riesumazione del cadavere di Mattei e la possibilità di utilizzare nuove tecnologie di indagine sul suo anello e orologio da polso, ha stabilito che il velivolo dell'Eni precipitò a causa di una microcarica, collocata dietro il cruscotto del pilota, a meno di dieci centimetri dalla mano sinistra dell'imprenditore. Secondo le ammissioni del boss Tommaso Buscetta e di altri due pentiti, il sabotaggio sarebbe stato realizzato dalla mafia siciliana «su richiesta di "Cosa nostra" americana perché, con la sua politica, aveva danneggiato importanti interessi economici americani in Medioriente». (p. 199)
- Una nuova parola, «austerità», cominciò tra il 1973 e il 1974 a circolare sulla bocca degli italiani e nel 1976 il regista Nanni Moretti volle intitolare significativamente Io sono un autarchico il suo film di esordio, in cui il protagonista, dopo essere stato abbandonato dalla moglie, viveva mantenuto dal padre provando a fare teatro in uno scenario di frustrata e scalcinata desolazione generazionale. (p. 285)
- Forse non a caso, nel 1985, il successo della critica e del pubblico arrise a un film di Nanni Moretti, che raccontava la solitudine esistenziale di un prete missionario rientrato in una Roma scalcinata, dove tutto nel frattempo era cambiato, perché – cosí s’intitolava la pellicola – La messa è finita, ossia la rivoluzione, con le sue speranze, le sue ambiguità, le sue tragedie: nessuno, però, se ne era andato in pace. (p. 370)
- Una canzone del 1991 del cantautore Battiato, intitolata Povera patria, riuscí a cogliere in anticipo lo spirito dei tempi. L’Italia vi era rappresentata «schiacciata dagli abusi del potere | di gente infame che non sa cos’è il pudore», abitata da «governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!», ma «la primavera tarda ad arrivare […] non cambierà, non cambierà, | no cambierà, forse cambierà». Dalla canzone Viva l’Italia del 1979 di De Gregori, in cui era orgogliosamente rivendicata, con esplicito riferimento alla strage di piazza Fontana, «l’Italia del 12 dicembre, | l’Italia con le bandiere, l’Italia nuda come sempre, | l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste, | viva l’Italia, l’Italia che resiste», erano trascorsi soltanto dodici anni, ma quelle parole sembravano provenire da un’altra epoca. La percezione di questa sfasatura temporale derivava dal fatto che la canzone di De Gregori illuminava il passato della nazione mentre quella di Battiato il suo futuro: come se in quell’arco di tempo sospeso e improvvisamente dilatato, l’Italia fosse stata presa in un vortice, sollevata da un turbine e poi precipitata giú. (p. 415)
Le scorgo all'improvviso in piena luce e lei mi sorride, i denti larghi, non ancora stretti dal morso della vita, che lasciano passare un filo di giusta e libera speranza tra il fiore rosso delle labbra. Di credere, di lottare, di sognare, di sbagliare. Proprio in quel momento mi volto di scatto per cercare l'ultimo sole, già uno spicchio infuocato oltre la linea dell'orizzonte, e come per incanto mi appare baluginante l'alba della sconfitta di Adua, da dove tutto forse è cominciato.
Non so perché, ma in quest'attimo fuggente, ormai rudere esausto tra ruderi, «me duele Italia».
Bibliografia
[modifica]- Miguel Gotor, L'Italia del Novecento. Dalla sconfitta di Adua alla vittoria di Amazon, Collana Passaggi, Einaudi, Torino, 2019. ISBN 978-88-062-4274-9
Altri progetti
[modifica]- Wikipedia contiene una voce riguardante Miguel Gotor
- Wikisource contiene una pagina dedicata a Miguel Gotor
- Commons contiene immagini o altri file su Miguel Gotor