Pietrangelo Buttafuoco
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Pietrangelo Buttafuoco (1963 – vivente), giornalista e scrittore italiano.
Citazioni di Pietrangelo Buttafuoco
[modifica]- [Sul giudizio espresso dai comici luinesi sulla propria città natale in un servizio di la Repubblica] Descrivere Luino senza mai parlare del lievito di cotanta commedia, Piero Chiara, tra i più smaglianti monumenti della letteratura contemporanea, è ben più che un lapsus, è il segno di quella rimozione attraverso cui l’Italia diventa ciò che s’è ridotta a essere: la tana dell’oblio.[1]
- [Su Paolo Isotta] È napoletano del Reame e continuatore della lingua poetica del "dolce stil novo" ottocentesco e adopera perciò parole giammai sconciate dall'inabilità dello spirito ma sempre vive di timbro e prodigio.[2]
- I reazionari risolti – questo per dire che Visconti e Togliatti altro non erano che reazionari irrisolti – al "Gattopardo" preferivano "La Casa della vita" di Mario Praz.[3]
- Il libro che leggo sempre a Natale è Calendario di Alfredo Cattabiani. Ha la profondità spirituale delle radici solide cui trarre linfa per meglio volare nei cieli della bellezza e della metafisica.[4]
- [Su Franco Franchi] Intorno a loro, accalcata davanti ai Magazzini Florio in attesa di comprare un passaggio sul vapore, gente senza più casa: miriadi di facce, grugni e mascheroni su cui scivolavano senza requie scatti d'impazienza smaniosa e smarrimento. Poi, d'un tratto, da quel ristagno di mestizia si aprì intorno a un guitto bambino lo squarcio di una radura spensierata, una rumorosa nuvola di risate: i capelli arruffati sulla faccia di gomma, una logora giacca militare calata sulle spalle striminzite, il piccolo Franco Benenato si esibiva nell'imitazione di Adolfo Hitler, con l'immancabile baffo di indice e medio stampati per traverso sopra il labbro. «Eins, zwei, drei» ringhiava il Führer palermitano mimando il passo dell'oca con le gambette scheletriche; e il ringhio si faceva abbaiata secca quando passava dalla marcia alla minaccia, dalla parata alla sfida ridanciana, in un travolgente crescendo di mimica che culminava in raffiche di «Fucilazionen!» e «Kaputt!» sventagliati sul pubblico divertito.[5]
- La Sicilia è il luogo dell'universale. Non è mai riuscita ad essere neppure adesso, che sta vivendo la sua crisi più profonda, a scrollarsi da tale considerazione. Non è mai stato un mondo chiuso, anzi, tutto il mondo si è dato appuntamento in Sicilia nei momenti epocali: se pensiamo all'ultimo conflitto mondiale o, andando ancora più indietro, allo splendore dell'anno Mille, il cosiddetto "periodo arabo". La Sicilia è stata il luogo dell'universale dove, da qualunque parte del mondo, ci si sentiva a casa.[6]
- La Sicilia? È un'isola inutile. Siamo grandi come Israele, ma non abbiamo il senso e la dignità di una nazione, di un popolo che dà allo spazio pubblico, l'importanza che merita. [7]
- Leggenda vuole che Berto se ne partì un giorno da Conegliano, con la sua automobile, per non tornare ma trovò la Calabria e si fermò. Mi sono fatto l'idea che da quella postazione Berto divinasse, al modo degli oracoli. Indovinò la notte. Dove affogò la vanità di una fuga.[8]
- Per i siciliani è sempre una fatica spiegarsi. Eva Riccobono questa sfacchinata d'identità me la spiegò così: "A me piacerebbe interpretare Santa Rosalia ma nessuno mi vuole dare quel ruolo. Hai voglia a spiegare che la Santuzza era alta, bionda, magra, con gli occhi azzurri e senza minne. Proprio come me. Invece niente. Ma è colpa mia se i registi sono ignoranti?".[9]
- Solo noi abbiamo potuto permettere che la nostra Parigi [Napoli] venisse fagocitata da un centro minore [Torino].[7]
Paolo Bracalini, Il Giornale, 5 febbraio 2009.
- La maggior parte dei giornalisti non fa altro che copiare e incollare da internet.[10]
- Per fare un’enciclopedia ci vogliono 80 lauree. Quella è un’autostrada per la diffamazione.
- Come dice il grande Roger Scruton: [Internet] può essere considerato una fortuna perché stai sicuro che tutti i depravati sono seduti al computer e non per strada.
ilFoglio.it, 4 dicembre 2013.
- L'ho dunque visto, il film [La mafia uccide solo d'estate] il cui titolo è come quello del libro di Angelino Alfano, già preparato. Anzi, già mutriato grazie a Licata rispetto all'esercizio di memoria e debbo dire che me ne sono uscito da quel cinema con la consapevolezza di una pellicola commovente ma antiretorica, dolcissima ma dura, surreale e realissima al punto che la gente – e mi trovavo all'Alhambra di Roma, non dunque al Cinema Diana di Leonforte – batteva le mani e piangeva, piangeva e batteva le mani [...].
- Nonostante la mafia sia diventata, nel frattempo, un pretesto di retorica, il film [La mafia uccide solo d'estate] – perfetta nel ruolo anche Cristiana Capotondi, coprotagonista con Pif – profuma di sapienza critica. Ho visto il film, dunque, con la testa felicemente imbrogliata dai racconti di Licata. Avevo fresche le cronache minori tutte di parolacce nere e messe in fila nella prosa di quel libro – così teatrante e così giornalistico, così remoto perfino – e m'incamminavo ripetendo il finalmente. Finalmente un film senza muffa, un film – sazio di cronache e d'inserti documentari [...].
- Un film [La mafia uccide solo d'estate] che deve avere di sicuro attinto a Licata, a L'Ora, a Peppino Sottile che in "Nostra Signora della Necessità" (Einaudi-Stile libero) svelò il racconto della mafia vista con gli occhi di un ragazzo; un film, infine, dove quella memoria – bravo, bravissimo Pif – non scivola come l'acqua sul marmo, nell'indifferenza, ma nutre, dimora e rinnova di vita la storia.
- Il tallone d'Achille della mafia è il culo. E di essere presa per il culo, dove Pif, la prende, non vuole saperne punto. La mafia, specie se sotto i riflettori della denuncia, cresce in mitologia. La mafia, poi, nutrita d'antimafia giganteggia per negazione restituendo a certi professionisti l'agio sociale di un'invincibilità etica che riduce tutto a protocollo.
Ilfoglio.it, 27 febbraio 2018.
- Puoi baciare lo sposo, dicono allo sposo. È un film in uscita, uno dove la commedia italiana si presta alla pedagogia obbligatoria.
- Nei cartigli del canovaccio comico svetta un Dino Abbrescia che sembra Michel Serrault nel Vizietto che fu. In Puoi baciare lo sposo, [..] Abbrescia che interpreta il ruolo di un uomo cui piace tantissimo vestirsi da donna, pur da una posizione laterale, si prende tutta la scena.
- Figlio di un poliziotto, Abbrescia che è stato uno dei protagonisti di Squadra Antimafia, dedicando al padre più che il mestiere dell'imitazione, l'immedesimazione, è uno di quegli attori forgiati nella viva fornace del teatro.
- [Su Dino Abbrescia] Con una canottiera addosso, in un solo fotogramma squaderna rabbia, commozione, corruzione e amore.
Note
[modifica]- ↑ Citato in Dimenticare Piero Chiara, parlando di Luino, il Foglio.it, 16 febbraio 2017.
- ↑ Da un articolo de il Foglio; citato in Spassosa intervista a Paolo Isotta: "Nisciuno me può cchiammà 'Gay'. Io so' ricchione", Dagospia.com, 2 luglio 2013.
- ↑ Da Compagno Gattopardo, il Foglio.it, 6 aprile 2013.
- ↑ Citato in Stefania Vitulli, Sotto l'albero mettete questi titoli, il Giornale.it, 21 dicembre 2012.
- ↑ Da Le uova del drago: una storia vera al teatro dei pupi, Mondadori, I miti, Milano, 2007, p. 335. ISBN 978-88-04-56705-9
- ↑ Da Pietrangelo Buttafuoco, "La Sicilia è il luogo dell'universale, anche se oggi vive il suo momento più basso", Libreriamo.it, 20 giugno 2014.
- ↑ a b Citato in Buttafuoco: La Sicilia? È un'isola inutile, Ragusanews.it, 6 agosto 2015.
- ↑ Da Riempitivo, il Foglio.it, 22 giugno 2013.
- ↑ Da Che fatica spiegare la Buttanissima nella botola del luogo comune, Live Sicilia.it, 16 agosto 2015.
- ↑ Dall'intervista di Paolo Bracalini, [https://www.ilgiornale.it/news/io-nazista-colpa-wikipedia.html «Io, “nazista” per colpa di Wikipedia», Il Giornale, 5 febbraio 2009.
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