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Crisi degli ostaggi in Kizljar-Pervomajskoje

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Citazioni sulla crisi degli ostaggi in Kizljar-Pervomajskoje.

Citazioni[modifica]

  • Dobbiamo convincere i guerriglieri a liberare gli ostaggi e concludere pacificamente questa crisi. Dopodiché, i servizi segreti e l'esercito dovrebbero immediatamente prendere iniziative per sopprimere le gang di banditi ceceni. Non capisco l'atteggiamento del governo, che non ha fatto nulla per combattere il banditismo nel nostro paese. Se dovesse aver luogo uno scambio di ostaggi, Eltsin e il primo ministro Cernomyrdin dovrebbero consegnarsi volontariamente ai ceceni in cambio di tutti gli altri ostaggi, visto che non sono stati capaci di garantire la sicurezza del paese. (Gennadij Zjuganov)
  • No, io non mi presterei a uno scambio con gli ostaggi. Mi offro invece di assumere il comando delle forze russe in Cecenia. E dopo aver ricevuto piena autorità, sono pronto a raggiungere Pervomajskoe in un'ora e a prendermi la responsabilità della vita degli ostaggi. (Aleksandr Ivanovič Lebed')
  • Non si può dire cosa sia stato peggio: se l'incapacità, la violenza o la menzogna. (Egor Timurovič Gajdar)
  • Se Boris Eltsin non distrugge tutti i combattenti ceceni nel giro di un mese, se non brucia le loro basi col napalm, perderà le elezioni presidenziali del 16 giugno. E allora i ceceni li sistemerò io a partire dal primo luglio, dopo aver vinto le presidenziali. (Vladimir Žirinovskij)
  • Se c'è una possibilità di liberare gli ostaggi con uno scambio, sarebbe un peccato mortale non coglierla. Sono pronto a volare immediatamente a Pervomajskoe e ad offrirmi come prigioniero e "scudo umano" per i ceceni. (Egor Timurovič Gajdar)
  • Sono disposto a diventare mediatore e garante nei negoziati con i guerriglieri. Sono convinto che ci sia lo spazio per trattare, se lo si vuole veramente. (Grigorij Javlinskij)

Giulietto Chiesa[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • L'attacco è cominciato alle 9 del mattino dopo due ultimatum in extremis lanciati dalle forze federali. Attacco dall'alto, con missili lanciati da una squadriglia di 12 elicotteri MI-26. Dopo dieci minuti il villaggio era un inferno di fuoco.
  • L'operazione Pervomajskaja sta diventando una cloaca i cui miasmi finiranno per asfissiare più d'un generale. Già è saltata la testa di Aleksandr Mikhailov, portavoce dell'Fsb. È tutta una ricerca di capri espiatori, uno scaricabarile. Si salvi chi può! Ma certo mandare in una zona di guerra dei vigili urbani! Che pensata. E scoprire un colonnello dell'Omon che si confessa in un posto telefonico pubblico perché non ha altro mezzo di collegamento con il suo superiore diretto...
    Situazioni che spiegano quasi tutto del disastro in cui si trovano le cosiddette forze dell'ordine in Russia. E si capisce perché tremila uomini, potentemente appoggiati dall'aviazione, con missili Grad, cannoni, carri armati, decine di blindati, hanno impiegato quattro giorni per aver ragione di circa 300 guerriglieri, equipaggiati soltanto con armi leggere. Per poi lasciarsene sfuggire quasi la metà, incluso il comandante in capo, con una sessantina di ostaggi.
  • Non vale a nulla la scusa adottata dai due massimi responsabili militari di questa tragica pagliacciata (Barsukov e Kulikov, rispettivamente direttore dell'Fsb e ministro degl'Interni) secondo cui sarebbe stata la presenza degli ostaggi a imporre una certa cautela. Chi ha visto lo stato in cui hanno ridotto Pervomajskaja, rasa al suolo, capisce perfettamente che non c'è stata alcuna cautela, che si è bombardato indiscriminatamente senza curarsi affatto se a morire in quei 500 metri quadrati sarebbero stati i guerriglieri ceceni o gli ostaggi.
  • I morti russi, le centinaia di feriti (adesso emerge che la cifra ufficiale di 96 è di gran lunga inferiore al vero) sono ancora una volta poveri ragazzi ventenni mandati a fronteggiare guerrieri motivati, decisi a tutto, ormai temprati da un anno intero di combattimenti. Ecco perché neppure un rapporto di uno a dieci è riuscito a garantire la vittoria ai russi.

Aleksandr Goldfarb[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Marina non credé alle proprie orecchie quando udì la storia di Saša. Il suo gruppo, un mucchio di oper di città dell'FSB, era stato gettato in mezzo a un'operazione militare senza alcun equipaggiamento, senza giubbotti antiproiettile e senza nemmeno un adeguato rifornimento di cibo e di acqua. Era stato loro ordinato di attaccare il villaggio percorrendo a piedi l'aperta campagna, ma avevano dovuto ritirarsi quando si erano ritrovati esposti al fuoco amico di alcuni lanciarazzi. Avevano dormito in un autobus privo di riscaldamento in un gelido freddo. Avevano del cibo in scatola, ma non cucchiai, forchette né coltelli per aprire i barattoli. Erano rimasti due giorni nell'autobus senza ordini né comunicazioni da nessuno.
  • Saša era tra il pubblico alla conferenza stampa del direttore dell'FSB, Michail Barsukov, trasmessa dal Daghestan il 20 gennaio 1996, a livello nazionale, dall'ORT. Sentì il suo capo dire: «Abbiamo usato lanciarazzi Grad soprattutto per esercitare una pressione psicologica [...] in modo che la popolazione locale, compresi i ceceni, potesse capire [...] C'erano tre lanciarazzi, ma ne usammo uno solo. Bombardavamo un area di un chilometro e mezzo dal villaggio e sull'altra sponda del [fiume] Terek, sul territorio ceceno, laddove i ribelli che erano venuti ad aiutare i banditi avrebbero potuto concentrarsi».
    Saša poté solo imprecare a mezza voce. Quando aveva percorso a passo di corsa i campi fangosi che portavano alla città, quei razzi Grad erano esplosi tutt'intorno a lui, uccidendo due suoi amici. Come poteva il suo capo mentire in quel modo davanti al mondo intero?
  • Quell'esperienza scosse la fiducia di Saša nel sistema, ma era ancora perfettamente convinto che si dovesse vincere la guerra. Non odiava i ceceni, ma era un patriota. Non poteva accettare di essere sonfitto da loro.

Anna Zafesova[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Tremila ostaggi è un'intera città in mano ai guerriglieri ceceni. Questo è stato per i russi il risveglio dalle festività natalizie. A sette mesi dalla tragedia di Budionnovsk, che aveva troncato 150 vite e scosso l'intero Paese, tutto si ripete nei dettagli in un'altra città russa, fino all'altro ieri sconosciuta. (10 gennaio 1996)
  • In tarda mattinata finalmente il capo dei terroristi si è messo in contatto con le truppe russe: «Sono arrivati i "lupi"». Poi si è presentato: Salman Raduev, 28 anni, comandante del battaglione «Lupo solitario» noto per il suo fanatismo e la sua crudeltà, ex prefetto di Gudermes, e soprattutto genero del presidente ceceno Dzhokar Dudaev. Ha avanzato una sola richiesta: il ritiro immediato delle truppe russe dalla Cecenia e da tutto il Caucaso. In caso contrario Raduev ha promesso di uccidere uno a uno i 3 mila ostaggi in mano sua. E nel pomeriggio ha tenuto fede alla parola uccidendone due. (10 gennaio 1996)
  • Stavolta sembra chiaro che Boris Eltsin non scenderà a trattare con i ribelli, come aveva fatto il premier Cernomyrdin all'epoca di Budionnovsk. A pochi mesi dalle elezioni il Presidente russo non può permettersi debolezze. (10 gennaio 1996)
  • In effetti, è difficile spiegare come 400 uomini armati abbiano potuto superare decine di posti di blocco in una zona che pullula di truppe russe. [...] Lo spionaggio militare russo ha fatto una rivelazione inquietante: il 23 dicembre tutti gli organi competenti russi erano stati informati che i «lupi» stavano preparando l'assalto a Kizliar. Nessuno ha mosso un dito. (10 gennaio 1996)
  • È tuttora un mistero chi e perché abbia ordinato di bloccare il convoglio, gettando nuovo olio sul fuoco. Le trattative sono arrivate a un punto morto. I ceceni non si fidano più dei russi, i russi dei ceceni. Per giunta gli accordi raggiunti con i dirigenti del Daghestan, sul tragitto del convoglio e le garanzie di sicurezza, vengono subito smentite dal comando federale. (12 gennaio 1996)
  • A un certo punto Raduev, esasperato, si è rifiutato di parlare con i negoziatori locali, pretendendo un contatto diretto con il premier russo Cernomyrdin, che aveva risolto con la cornetta in mano l'analoga crisi di Budionnovsk, 7 mesi fa. Ma Mosca ha detto di no. (12 gennaio 1996)
  • Il comandante dei terroristi è apparso alla tv russa per dettare le sue condizioni: via libera per i suoi 250 uomini, scortati da giornalisti stranieri, da rappresentanti della Croce rossa e deputati della Duma. [...] Ma quello che appariva sullo schermo non era più un temibile guerrigliero che decide la vita e la morte di centinaia di persone, ma un uomo evidentemente spaventato. (12 gennaio 1996)
  • La parte svolta da Mosca in questa drammatica storia si fa sempre più misteriosa. A Pervomajskaja a trattare con i terroristi non è arrivato nessun responsabile federale con poteri sufficienti a prendere decisioni importanti. Tutta la responsabilità per la vita e la morte degli ostaggi grava sui dirigenti locali del Daghestan, che però non possono parlare a nome dei militari russi e dare garanzie sufficienti a Raduev. (13 gennaio 1996)
  • Secondo il complesso e rigido codice d'onore dei popoli caucasici, il capo dei terroristi con il suo raid nel territorio daghestano e il sequestro non solo dei comuni nemici russi, ma anche di caucasici, ha offeso un popolo imparentato con quello ceceno. Molti abitanti del Daghestan sostengono la causa dell'indipendenza cecena, ma non vogliono un massacro sulla propria terra. (14 gennaio 1996)
  • Raduev aveva anche chiesto di sostituire gli ostaggi con alcuni politici, tra cui Javlinskij, Gaidar e il generale Alexandr Lebed, il quale ieri ha fatto una controproposta. Il generale, uno dei favoriti alle prossime presidenziali, vuole avere da Eltsin il comando di tutte le truppe concentrate attorno a Pervomajskaja e carta bianca per agire. In cambio promette di risolvere il problema. In altre parole, di fare Raduev a pezzi. Eltsin per ora non ha accettato i servigi del generale. (14 gennaio 1996)
  • Raduev è in trappola e se ne rende conto. Anche se torna sano e salvo a casa, non lo aspetta una coron d'alloro. Ieri il comandante delle forze di Dudaev, Aslan Maskhadov, ha promesso che il comandante dei terroristi verrà processato secondo le leggi dell'Islam per la sua maldestra e tragica sortita. (14 gennaio 1996)
  • Oltre al prezzo delle vite umane ci sarà da pagare anche il prezzo politico: manifestazioni in tutto il Daghestan, chiedendo di rinunciare all'assalto per salvare gli ostaggi, tra i quali ci sono numerosi daghestani. Se moriranno nella battaglia il Cremlino potrebbe farsi un altro nemico nel Caucaso. (15 gennaio 1996)
  • L'operazione militare - anzi, ormai si può parlare di distruzione - di Pervomajskoe è stata ordinata in nome loro, per la loro salvezza. Ma loro, gli ostaggi, non la volevano. Ormai temevano più i soldati che sarebbero venuti a liberarli, che i terroristi di Salman Raduev. (16 gennaio 1996)
  • Sei giorni e sei notti a morire di paura e di freddo. Fame no, gli abitanti di Pervomajskoe avevano fatto le scorte per l'inverno e le cantine erano piene di ogni ben di Dio. Ma il freddo della steppa coperta dalla neve (nei giorni scorsi la temperatura si è mantenuta attorno ai 10 gradi sotto zero) era onnipresente. Le donne e i bambini - una ventina in tutto - trascorrevano la notte nella moschea locale, stesi per terra. Gli uomini invece dormivano nei pullman, con il vento che soffiava dai finestrini rotti, e le bombe dei terroristi sotto i sedili. I ceceni li tenevano pronti a funzionare come «scudi umani», facendoli scendere al minimo segno di pericolo. (16 gennaio 1996)
  • Domenica sera, quando hanno capito che l'assalto era imminente, gli ostaggi si sono cinti la testa con foulard bianchi, per farsi riconoscere nel buio. Ma i terroristi hanno rinunciato allo «scudo umano» e hanno messo i loro prigionieri nei sotterranei delle case. Al sicuro dalle pallottole, ma non dalle bombe. (16 gennaio 1996)
  • Si è scoperto [...] che l'uso dei missili multipli «Grad», che hanno raso al suolo il villaggio, serviva soprattutto a «scopo psicologico» In questo modo, ha spiegato orgogliosamente Barsukov tra le risa dei giornalisti, i ceceni «avrebbero saputo che avevamo a disposizione armi potenti». (21 gennaio 1996)
  • Kulikov ha difeso la scelta di usare la forza con il pretesto che i ceceni avevano cominciato a fucilare gli ostaggi. Ma alla domanda quanti ne sono stati fucilati e da chi, ha risposto che le esecuzioni «non hanno trovato conferma». (21 gennaio 1996)
  • Gli ostaggi [...] avevano già capito che per i russi sterminare i guerriglieri era più importante che salvare loro e hanno preferito seguire i ceceni. Ma non sono complici dei terroristi, come aveva insinuato sabato il generale Barsukov, comandante dell'operazione, parlando di presunti ostaggi che avrebbero seguito Raduev «con entusiasmo». (22 gennaio 1996)

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