Grigorij Javlinskij

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Grigorij Javlinskij nel 2018

Grigorij Alekseevič Javlinskij (1952 – vivente), economista e politico russo.

Citazioni di Grigorij Javlinski[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

«Solo il disastro ci unisce»

Intervista di Enrico Singer, La Stampa, 25 gennaio 1992.

  • Noi non stiamo tentando una riforma per migliorare l'economia: dobbiamo crearla da zero. Peggio, dalle macerie del sistema comunista e da soli non ce la faremo.
  • Non sono né ottimista né pessimista. Sono due atteggiamenti sbagliati: gli ottimisti si bloccano al primo ostacolo, i pessimisti sono già paralizzati in partenza.
  • Il governo di Eltsin sta realizzando quello che avevo proposto nel piano del 500 giorni, ma lo fa senza rispettare l'ordine degli interventi.
  • La piramide burocratica è stata decapitata, ma tutti i gradini intermedi sono rimasti: l'iniziativa privata non è ancora in grado di muoversi liberamente, mancano le leggi, mancano le banche che possono finanziare i neoimprenditori. C'è molto disordine. Questo mi spaventa e credo che spaventi anche gli investitori stranieri che vogliamo attirare.
  • Oggi i leader dei nuovi Stati indipendenti sono attratti più dal nazionalismo. Lo considerano il cemento del loro potere e questo impedisce degli accordi seri. La Comunità degli Stati Indipendenti? Di comune c'è solo il disastro economico.

«Dopo l'Urss scomparirà anche la Russia»

Intervista di Fabio Squillante, La Stampa, 16 settembre 1992.

  • Il potere centrale ed i rapporti all'interno del Paese sono cambiati in modo radicale. Il centro non ha nessun meccanismo per esercitare il proprio potere, non ha un apparato, e nn è in grado di realizzare le riforme. Le sue decisioni non vengono applicate, e infine non dispone più di risorse finanziarie da distribuire, per condurre una politica di investimenti e di difesa sociale. Ad affrontare i cittadini sono i poteri locali, e se quello centrale è impotente, sono loro, lo vogliano o no, a doversi assumere questi compiti.
  • La Russia non è mai stata un organismo monolitico, bensì un enorme Paese che si compone di tanti Paesi diversi. Da una regione dove bene o male funzionano i tribunali, in un'ora di volo si arriva in un posto dove la gente non viene processata ma frustata. Abbiamo i cosacchi, e la loro punizione è la frusta: ti tolgono i pantaloni, prendono una cintura e ti frustano. È uno scherzo, ovviamente, anche se è la verità, ma quello che voglio dire è che, una volta crollato il regime totalitario, sono emerse a valanga le differenze da sempre compresse.
  • Le faccio notare il singolare destino della Russia: vi esplode sempre quello che si è accumulato in tutto il mondo. Ed è qui che si devono cercare soluzioni in prospettiva.
  • [«Se Eltsin non le darà ascolto, quali saranno le conseguenze?»] La disintegrazione completa e irreversibile della Russia. È una prospettiva reale di un anno o massimo due. Abbiamo già due repubbliche che ufficialmente non fanno parte della Russia, il Tatarstan e la Cecenia. Cos'altro vuole? Questo è l'inizio, eccolo.
  • Quando loro sono arrivati al potere avevamo il 6% di inflazione al mese, un calo della produzione del 15% annuo e il dollaro a 60 rubli. Oggi, dopo 9 mesi di riforma, abbiamo il 30% d'inflazione, il 15% di calo di produzione e il dollaro a 220 rubli. Perché le cose sono andate così? Perché l'obiettivo che si è posto Gaidar era assurdo: in un Paese che non esiste, con 15 parlamenti ed altrettanti presidenti Gaidar ha tentato di stabilizzare la moneta delle 15 repubbliche ex-sovietiche, mentre loro non avevano concordato nulla e facevano di questo rublo quello che gli pareva.

Se Eltsin cerca alleati per il suo governo ora dovrà scegliere una politica chiara

Intervista di Sergio Sergi, L'Unità, 15 dicembre 1993.

  • [Su Vladimir Žirinovskij] Ha vinto ma non posso dire che si tratta di un fatto clamoroso e sensazionale perché si doveva aspettare una reazione più o meno simile della popolazione alle condizioni di vita degli ultimi due anni.
  • I nostri poteri non accettano un'opposizione democratica e costruttiva. [...] E visto che non si desidera un'opposizione democratica, abbiamo avuto un'opposizione nazional-socialista.
  • Per tutta la campagna non hanno fatto altro che dire che eravamo tutti uguali, umomini e programmi. Mentre l'opposizione ha differenziato i propri obiettivi: i comunisti su una strada, gli agrari sull'altra, l'Unione delle donne, e così via...
  • Non si può costruire una coalizione solo per fare una coalizione. [...] Ci vuole una coalizione se i partner hanno non dico una visione unitaria ma almeno comune.
  • [«Qual è stato l'errore di cui si pente?»] Di non essere riuscito a convincere gli elettori che è possibile un'alternativa democratica. Non parlo, come fa Zhirinovskij, dell'accesso all'oceano indiano, ma di un altro modo di fare le riforme nel nostro paese. Senza sangue, senza scontri, con grandi difficoltà ma con un chiaro futuro e passi trasparenti.

Loro barano

Intervista di Giulietto Chiesa, La Stampa, 17 dicembre 1995.

  • [Su Gennadij Zjuganov] Dietro di lui ci sono forze revansciste diverse, ben più temibili.
  • Quello che mi preoccupa è che i comunisti dicono delle cose e ne pensano delle altre. Insomma fanno grande tattica, ma non rivelano la loro strategia.
  • Il guaio è che i comunisti russi sono speciali, non sono socialdemocratici, sono bolscevichi. E non accettano alleanze con nessuno che non sia uguale a loro.
  • Ha un'idea di quello che succede in Cecenia? E se si restaurerà l'Urss in Ucraina sarà la stessa cosa, ma mille volte peggio.

Ma il Pc crescerà ancora

Intervista di Giulietto Chiesa, La Stampa, 5 luglio 1996.

  • Su Eltsin e Cernomyrdin non ho cambiato opinione. Gli errori sono stati "macro" in tutti i sensi. Non solo macroeconomici. Trilioni di salari non pagati, una crisi finanziaria paurosa, disastro nelle privatizzazioni, un budget che fa acqua da tutte le parti, nessuno paga le tasse.
  • Penso che a ministri comunisti non si debbano affidare ministeri economici, né ministeri connessi con la sicurezza del Paese.
  • [Sulla prima guerra cecena] Il mio programma è chiaro: ritiro delle truppe in cambio della tegua. Negoziati. Referendum sull'autonomia. Non parteciperei a un governo che continuasse la guerra in Cecenia.

Se il Paese ha bisogno di me, eccomi

Intervista di Anna Zafesova, La Stampa, 24 marzo 1998.

  • Che Cernomyrdin prima o poi sarebbe stato licenziato, questa non è certo una sorpresa. Semmai lascia interdetti il modo in cui il Presidente ha gestito l'operazione. Nessuno ha pensato alle conseguenze, alla reazione inevitabile dei mercati.
  • Non capite, questo sistema è una corte. E la corte di un re vive secondo le proprie regole. Qualcuno potrebbe anche rimanere al proprio posto, altri potrebbero essere graziati, ma vedersi assegnare cariche che non contano niente.
  • È ormai sotto gli occhi di tutti che la politica in Russia si fa d'impulso.

È l'ultima chance per la democrazia

Intervista di Giulietto Chiesa e Anna Zafesova, La Stampa, 19 dicembre 1999.

  • Temo che la Russia possa insegnare al mondo che la democrazia è solo un veicolo. Con la democrazia si può giungere al fascismo, al nazionalismo o alla società aperta. Dipende da quello che la gente ha in testa.
  • [Sulla seconda guerra cecena] Tutta la struttura politica russa oggi poggia sulla guerra. La sconfitta non significherà solo una disfatta militare, ma il collasso di tutta la politica russa.
  • Questa non è l'Urss, potete curiosare dove volete. Ma qui arrivano turisti politici. Gli osservatori occidentali dopo le 6 di sera andranno a bere birra. Secondo loro, se nei seggi non ci sono soldati con Kalashnikov puntati, è tutto in regola.
  • Perché le riforme economiche nell'Est europeo sono riuscite, e in Russia no? Perché lì c'è stata una rivoluzione democratica, qui invece un termidoro della nomenclatura comunista, che ha solo cambiato veste.

La nomenklatura tornerà a occupare il potere

Intervista di Giulietto Chiesa, La Stampa, 26 marzo 2000.

  • Facevo l'elenco delle calunnie che mi hanno rovesciato addosso. Dalla operazione segreta di plastica al volto, al cambiamento di sesso che avrei avuto qualche anno fa, all'uso abituale di narcotici, al mio vergognoso impegno a favore delle minoranze sessuali, ai milioni di dllari che ho preso da Soros, da tutte le fondazioni culturali tedesche etc. A propostio, anche lei mi ha dato qualche lira per comprarmi il gelato?
  • È vero, il prestigio della Russia è basso, ma lo si innalza non con la demagogia. Bisogna elevare il tenore di vita della gente, riportare alla gratuità l'assistenza sanitaria, costruire un esercito che difende davvero le frontiere, costruire uno stato democratico. Inceve Putin usa una retorica da grande potenza che rappresenta solo un pericolo: per l'interno e per l'esterno.
  • Io so che esiste una specie di sindrome di Versailles, tra i russi. Perché davvero sono stati umiliati, violentati, derubati. Ma la domanda è: chi l'ha creata? Proprio loro, i residui della nomenklatura comunista che sono stati al potere in questi anni. Putin è stato portato al potere da loro.
  • [Sulla seconda guerra cecena] La Russia uscirà indebolita e niente affatto rafforzata. Putin dice che la Russia si sente più forte. Forse, ma perché è stata ingannata.
  • L'Occidente è uno spettatore che siede in platea mentre si rappresenta "Guerra e pace". Solo che ho l'impressione che il teatro di cui stiamo parlando si trovi a Yalta.

I kamikaze vogliono parlare solo col Presidente

Intervista di Anna Zafesova sulla crisi del teatro Dubrovka, La Stampa, 26 ottobre 2002.

  • Stiamo tentando il possibile, ma per ora i guerriglieri vogliono parlare solo con Putin o con un suo diretto emissario. [...] Se avessero l'interlocutore che vogliono, si potrebbe trattare anche una soluzione intermedia.
  • Un blitz da parte del potere federale? Non è in preparazione niente del genere. È da dentro il teatro che potrebbe partire una crisi. È lì che la situazione potrebbe esplodere.
  • Non c'è prezzo che non si possa pagare per 700 vite umane, per qualsiasi vita umana.
  • [«Come sono questi terroristi?»] Molto giovani. Sono dei ragazzi cresciuti in guerra, in un'atroce guerra, e non sanno che esistono altre realtà. Sono dei kamikaze.

La guerra fra Stato e oligarchi sta distruggendo la Russia

Intervista di Anna Zafesova, La Stampa, 21 luglio 2003.

  • È probabile che Mikhail Khodorkovskij avesse ambizioni politiche. Gli oligarchi credono che il potere è il migliore business. E i miliardari che vogliono fare politica sono considerati una minaccia allo Stato.
  • Come ogni regime totalitario ambisce la bomba atomica, ogni oligarca desidera il potere.
  • Qualcuno li considera la locomotiva che porterà la Russia verso il futuro, a me sembrano piuttosto il prodotto del sistema del passato.
  • Il potere e il business sono gemelli siamesi: il secondo non può realizzarsi senza l'aiuto del primo, che a sua volta mangia la mano degli imprenditori.
  • Il problema è che i riformatori degli anni '90 si dichiaravano anticomunisti, ma partivano da due presupposti fondamentalmente marxisti: uno, ogni accumulazione primigenia è criminale, due, l'economia creerà, in modo più o meno automatico, la nuova società. Questo ha generato un sistema perennemente tentato di avviare una ripartizione della ricchezza.
  • Oggi abbiamo quello che io chiamo "capitalismo periferico": fortemente monopolizzato, regolato da rapporti informali e non dal diritto, senza garanzie, che mischia capitalismo e tradizione, diritto e violenza, repressione politica e impunità per i corrotti. Attenzione: non è un sistema marcio, possiede una logica, è perfino capace di modernizzarsi fino a un certo punto. Ma non può dare alla Russia un futuro.
  • Un terzo dei russi vive in miseria, con la risorsa medievale dell'orto privato. La distanza tra rapporti trionfalistici e una crisi devastante può essere coperta in pochi mesi.
  • Se noi come popolo ci rassegniamo alla corruzione, alle città rase al suolo nel Caucaso, alla xenofobia crescente, all'assenza di giustizia, un'alternativa allo zar buono non esiste.

Dall'intervista di Anna Politkovskaja

25 novembre 2003; citato in Anna Politkovskaja, Diario russo. 2003-2005 (2007), traduzione di Claudia Zonghetti, Adelphi Edizioni, Milano, 2022, ISBN 978-88-459-3711-8.

  • [Sulla seconda guerra cecena] Ho detto che è un crimine, sotto ogni punto di vista. Che il numero delle vittime recenti supera quello dei morti negli ultimi tre anni. E che i politici inclini a vedere nella guerra cecena la "rinascita dell'esercito russo" devono rispondere politicamente e personalmente di quanto detto e fatto.
  • È mia convinzione che l'Unione delle forze di destra sia stata determinante in questo conflitto. Era l'unica forza che poteva dirsi civile e democratica, e invece ha sostenuto che in Cecenia l'esercito sarebbe rinato a nuova vita e che chi la pensava diversamente era un traditore e pugnalava alle spalle le nostre truppe.
  • I presidenti sanno sempre tutto. Non c'è speranza di rivelare loro una qualche novità, è pura utopia.
  • Non ci sono altri partiti di massa. Non esistono. Dopo il 1996 una reale opposizione politica è impossibile. La prima ragione è che non esiste un sistema giudiziario indipendente, laddove l'opposizione può appellarsi solo ed esclusivamente a una giustizia senza padroni. La seconda è che mancano dei mass media indipendenti a carattere nazionale, e ho in mente la televisione, il Primo e il Secondo canale. La terza ragione è che mancano finanziamenti indipendenti. Non esistono. In assenza di questi tre fondamenti è praticamente impossibile creare un'opposizione politica attiva. Ed è una dimostrazione lampante del fatto che in Russia non c'è democrazia. Perché non c'è democrazia senza opposizione.
  • Il mio partito è un essere vivente. Se lo uccidono, nessuno metterà più al primo posto i diritti umani, la libertà, il rispetto delle persone. Non so se sopravviveremmo nel caso in cui non dovessimo entrare in parlamento...

L'economista della Perestrojka

Intervista di Martina Napolitano, rivistailmulino.it, 17 dicembre 2021.

  • Il sistema economico sovietico era molto inefficiente, funzionava male, non c’erano prospettive. [...] Cercai più volte di spiegare nel dettaglio al premier Nikolaj Ryžkov che fosse necessario un sistema economico del tutto diverso, dato che quello allora esistente non avrebbe mai funzionato. C’erano sempre nuovi problemi e i dirigenti non sapevano che fare. Anche comprendendo i principi di un sistema alternativo, era impossibile per loro capire cosa fare e come. Vidi con i miei occhi che lo stesso premier non sapeva come rivolgersi ai propri ministeri: non sapeva cosa chiedere, che domande porre. L’economia di mercato e quella pianificata erano così differenti tra loro che Ryžkov, che aveva lavorato tutta la vita in un sistema pianificato, non aveva idea di cosa significasse passare al sistema di mercato.
  • [Sul Programma 500 giorni] Alla fine del programma l’Unione Sovietica non sarebbe dovuta diventare la Svizzera, non era previsto. Il programma intendeva gettare delle prime basi per l’attuazione di una serie di riforme, e non costruire da zero una nuova economia. In sostanza si puntava a creare la proprietà privata, a far nascere una classe media, una piccola e media imprenditoria che, sulla base dei risparmi accumulati nel periodo sovietico dai cittadini, potesse andare a bilanciare domanda e offerta. La cosa essenziale era porre le basi di un nuovo sistema politico basato su persone libere con una loro proprietà privata, un sistema che permettesse la nascita di una classe media.
  • Sia El’cin che Gorbaciov non attuarono il programma perché, in primo luogo, non ne comprendevano il contenuto e poi perché erano molto presi dalla competizione politica e non vollero realizzarlo per ragioni politiche.
  • La perestrojka era di per sé un fenomeno piuttosto eterogeneo, comprendeva cose molto diverse tra loro. Uno dei suoi tratti principali era la libertà di parola. Gorbaciov decise che le persone potevano dire quello che pensavano e che per questo non sarebbero state escluse dal partito, licenziate dal lavoro, fucilate o condannate in alcun modo. Di fatto tutte le forme di repressione della libertà di pensiero furono abolite e si ebbe un’autentica libertà di parola in Urss. Credo che questo sia stato l’evento principale della perestrojka, nonché lo strumento che cambiò ogni cosa e portò al collasso dell’Urss.
  • Per quanto riguarda il programma dei 500 giorni, questo intendeva creare la proprietà privata in Urss. In questo senso andava oltre la perestrojka che invece non considerava la proprietà privata e il mercato libero come basi essenziali dell’economia. Il programma dei 500 giorni instillava il rispetto di se stessi nelle persone. Non garantiva la sopravvivenza dell’Urss, ma gettava un fondamento per l’integrazione economica tra le repubbliche sovietiche e per un mercato unico secondo un modello simile a quello dell’Unione europea; quest’integrazione avrebbe potuto garantire uno scenario futuro molto interessante per tutto lo spazio post-sovietico.
  • Oggi in Russia vige un capitalismo di Stato. Non c’è né privatizzazione, né riduzione della spesa pubblica, né un aumento del ruolo del settore privato, manca un vero libero commercio, manca una deregolamentazione, mentre cresce il controllo statale sull’economia. La quota delle proprietà statali nell’economia è di oltre il 75%, la concorrenza è estremamente limitata, i gruppi oligarchici si espandono e sono loro a determinare la formazione del governo, l’indirizzo degli investimenti e della spesa pubblica. Una spesa pubblica enorme, un budget immenso destinato al settore militare, l’ampliamento dei monopoli sono tutte caratteristiche dell’attuale sistema economico russo, un sistema di capitalismo statale-monopolistico.
  • La politica putiniana sta portando la Russia verso un vicolo cieco. La Russia ha bisogno di un vettore di sviluppo europeo: deve sviluppare la propria economia, la propria politica interna ed estera indirizzandole verso l’Europa. Invece avviene l’esatto contrario: la politica di Putin è una politica di isolamento, di avvicinamento alla Cina, una politica — come disse lo stesso Putin — di una «civiltà a se stante». È un grave errore.
  • In Russia non c’è libertà di parola e non ci sono elezioni veramente competitive. Ampi strati della popolazione non conoscono affatto le nostre idee e principi. Chi ci conosce, è grazie a internet. Si tratta di circa un milione di persone che continua a votarci, ma è un numero piccolo nelle nostre circostanze elettorali. Se ci dessero l’opportunità di spiegare alla televisione, sul primo canale o su altri, che siano di Stato o privati, nel giusto formato, per cosa lottiamo, per quale tipo di politica, non ho dubbi che non avremmo soltanto un milione di elettori, ma almeno dieci, mi pare evidente. Ci hanno tappato la bocca.
  • [Sulla crisi russo-ucraina del 2021-2022] Oggi mi preoccupa la possibilità di scontro reale con l’Ucraina, di guerra aperta con l’obiettivo di sottrarle la sovranità, un conflitto che può nascere oggi da qualsiasi provocazione deliberata o anche da qualche evento involontario visto il continuo sferragliare di armi.
  • Per me e in generale per il partito la politica di Naval’nyj è del tutto inaccettabile. [...] Provo compassione per lui come persona, ma la sua politica, tanto quella di un tempo quanto quella attuale, non è per me in alcun modo condivisibile.

Grigorij Yavlinskij: «Navalny è stato ucciso da un regime brutale. Le elezioni? Inutili. E i russi sono terrorizzati»

Intervista di Marco Imarisio sulla morte di Aleksej Naval'nyj, corriere.it, 23 febbraio 2024.

  • Qualunque sia la causa della morte, è stato vittima di una brutale repressione politica. Le condizioni della sua detenzione non sono state altro che una forma di tortura fisica e psicologica.
  • A un certo punto le nostre differenze di vedute sono diventate insanabili. Abbiamo discusso in pubblico e ci siamo spesso criticati con durezza. Ma questo non sminuisce certo l’orrore di un sistema dove le autorità non si fermano davanti a nulla per sopprimere il libero pensiero di un oppositore.
  • [Sulle elezioni presidenziali in Russia del 2024] Non sono elezioni, ma una semplice procedura burocratica senza alternativa, sotto il pieno controllo delle autorità.
  • [Sulle elezioni presidenziali in Russia del 2024] Non mi aspetto niente da queste elezioni. Vi partecipano in qualità di candidati solo tre strenui sostenitori di Putin, che appoggiano pienamente la sua politica, compresa la guerra con l’Ucraina. Non sapremo mai quanta gente andrà ai seggi. Tanto più che una parte notevole della votazione sarà elettronica.
  • [«Come sarà la Russia dei prossimi anni sotto Putin?»] Le prospettive sono molto preoccupanti. In un futuro prossimo potrebbero avvenire scontri interetnici oppure interreligiosi. Potrebbe rialzare la testa l’ala ultranazionalista. Potrebbero ampliarsi le repressioni politiche. Tuttavia, sono sicuro che prima o poi avremo di nuovo una possibilità per diventare un Paese moderno e democratico. Ma quando e come ciò accadrà, non lo sa ancora nessuno.

Citazioni su Grigorij Javlinskij[modifica]

  • Non c'era bisogno di pregarlo perché venisse alle nostre serate, solo che appena arrivava cominciava il suo eterno, infinito, narcisistico monologo. E già dopo dieci minuti della famosa aria "Javlinskij su Javlinskij con amore" cominciavamo ad addormentarci un po' tutti, cercando solo di non russare per salvare le apparenze. (Elena Tregubova)

Anna Stepanovna Politkovskaja[modifica]

  • Cos'è che Putin non perdona a Yavlinski? Le sue critiche sul comportamento dell'armata federale in Cecenia. Il suo sostegno ai rifugiati ceceni. Il suo rifiuto di dividere la Russia in cittadini di serie A e cittadini di serie B. Il suo rifiuto verso la politica dello stato forte e del razzismo.
  • È per abitudine che ascolto quel che dice Javlinskij. Gli altri lo ignorano.
  • Javlinskij fa sempre e solo l'offeso.
  • La gente ha «mandato giù il rospo» e ha accettato di viverre non tanto senza Javlinskij, ma senza democrazia. Ha accettato di passare per idiota.
  • Non appare assolutamente sui media, come se non esistesse. Il paese non lo vede e crede che abbia abbandonato la scena politica (alcune lettere dei nostri lettori lo testimoniano). Solo i più curiosi lo sentono qualche volta alla radio o lo leggono su certi periodici che si permettono ancora qualche velleità di indipendenza.

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