Francesco Mario Pagano

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Francesco Mario Pagano

Francesco Mario Pagano (1748 – 1799), giurista, filosofo e politico italiano.

Citazioni di Francesco Mario Pagano[modifica]

  • La confessione, estorta tra i tormenti, è l'espressione del dolore, non già l'indizio della verità. (da Considerazioni sul processo criminale, 1797)

Attribuite[modifica]

  • Due generazioni di vittime e di carnefici si succederanno, ma l'Italia, o signori, si farà.[1]

Principj del Codice Penale e Logica de' Probabili[modifica]

Incipit[modifica]

Il delitto è la violazione di un dritto o naturale, o civile dell'uomo: ovvero una mancanza dell'adempimento dell'obbligazione o naturale, o civile. Esso è una commissione di ciò che non devesi fare, o l'omissione di ciò che convien fare.
La pena per l'opposto è la perdita di un dritto per un diritto violato, o per un dovere omesso: perdita di un dritto che toglie al reo la legge, e per essa i magistrati suoi esecutori. E però la pena pubblica vindicta fu da' romani giureconsulti chiamata: avvegnacchè quella vendetta: che nello stato di natura apportò il privato braccio dell'offeso, nella città arreca la pubblica autorità de' magistrati.
Essendo il delitto la violazione di un dritto, la divisione de' delitti segue la partizione de' dritti. Quindi i delitti naturali sono le violazioni de' naturali dritti, o l'omissione de' naturali doveri: delitti civili, le offese de' dritti nati colla società. I delitti tutti sono benanche pubblici o privati, come offendono o i pubblici o i privati dritti.

Citazioni[modifica]

  • La giurisprudenza è la scienza delle leggi siano divine, siano umane.
    Ella dicesi prudenza, poiché il giureconsulto, come tutti coloro che hanno per oggetto la pratica, deve adattare le teorie a' casi particolari; ciò ch'è l'opera del buon senso, vale a dire della prudenza. (citato in Introduzione, p. 5)
  • Saggiamente l'immortale Ugon Grozio chiamò il dritto positivo diritto naturale ipotetico, poiché egli è il dritto medesimo della natura, che viene stabilito dalla medesima, dato un fatto, cioè stabilire la società. Ed elegantemente il dritto civile vien chiamato la ragion civile, poiché è una derivazione di quella eterna ed immutabile ragione, della quale partecipano gli uomini, e sviluppano gli umani legislatori, quando stabiliscono le leggi positive. (p. 7)
  • Le leggi criminali fissando le convenevoli pene ai diversi delitti che turbano l'ordine sociale, producono quella tranquillità, ch'è il principale oggetto della società. (p. 7)
  • In questo secolo la face della filosofia incominciò a rischiarare le tenebre del foro. Il primo si fu l'autore dello Spirito delle leggi, cioè il celebre Presidente di Montesquieu a gittare lo sguardo filosofico sulla giurisprudenza criminale. Il celebre Marchese Beccaria ex proposito nel libro De' delitti, e delle pene molto famoso in Europa, richiamò ad esame molte dottrine ciecamente seguite nel foro. Una folla di scrittori seguirono le orme di questi valentuomini. Ma a dire il vero, benché molte vedute piene di filosofia e di umanità si scorgano nelle opere loro; tuttavolta non mostrano sempre molta cognizione delle leggi, e del foro, e sovente la di loro analisi non è molto esatta né molto profonda. (p. 9)
  • Niuno ha paragonato le leggi e gli usi del foro colle teorie della ragione. (p. 9)
  • Il delitto non è la sola, ma bensì la dolosa violazione de' dritti altrui. Quindi fa d'uopo, che per l'esistenza del delitto due qualità concorrano insieme, l'anima e l'effetto, vale a dire fa di mestieri che siasi recato un danno, e ciò non per caso o necessita, ma per gravità e dolo. Quindi la gravezza del delitto devesi misurare secondo il doppio aspetto e del danno recato, e del dolo del delinquente. (p. 11)
  • Il delinquente non soltanto nuoce col danno che reca, ma benanche coll'esempio che porge. (p. 12)
  • I grandi che delinquono animano più al delitto, che le persone dappoco. (p. 12)
  • La lingua della filosofia parla soltanto agli animi elevati, la voce delle leggi deve intuonar benanche l'orecchio della feccia del popolo. Quindi i filosofi colla bilancia dell'orafo, i legislatori con quella del mugnajo, come i Toscani dicono, pesano le azioni degli uomini. (p. 13)
  • Niuno debba del nudo pensiero soffrir la pena, essendo il delitto un fatto dannevole alla società. E quando sia manifestato nelle semplici parole, può meritar correzione soltanto. Quindi i pensieri soggetti alle divine, sono esenti dalle umane pene. (p. 13)
  • Lo spirito umano quando per riflessione e per ragionamento opera, allora soltanto volontariamente opera: perché allora determina se stesso. Ma quando operi per passione, il principio dell'azione è nell'esterno oggetto, che facendo impressione[2]su i nostri sensi, genera una sensazione o piacevole o dolorosa, dalla quale scaturisce l'appetito che sospinge od operare. (p. 14)
  • Chi non intende affatto ciocché opera; per ignoranza opera; e perciò l'azione imputar non se gli deve, non avendoci avuta la volontà parte alcuna. (p. 15)
  • L'errore di fatti è un ignoranza di quello che é, ed una cognizione di ciocché non è, la quale cognizione equivale al niente. Quegli che credono di ammazzare una fiera, dia la morte all'uomo, che capricciosamente vada errando pel bosco coperto di pelle ferina non è per certo reo: perciocché avendo nell'errore operato, può dire con quel poeta latino: At bene si quaeras fortunae crimen in illo, | Non scelus invenies: quod enim scelus error habebit? Ovid. Metam. Lib. III. (p. 16)
  • Coloro che commettono delitti nel sonno non soffrono alcuna pena. (p. 16)

[Francesco Mario Pagano, Principj del Codice Penale e Logica de' Probabili, Da' Torchi di Raffaello Di Napoli, Napoli 1828]

Costituzione Napoletana dell'anno 1799[modifica]

Incipit[modifica]

Cittadini rappresentanti!

Una Costituzione, che assicuri la pubblica Libertà, e che slanciando lo sguardo nella incertezza de' secoli avvenire, guardi a suffogare i germi della corruzione e del dispotismo, è l'opera la più difficile a cui possa aspirare l'arditezza dell'umano ingegno. I Filosofi dell'antichità, che tanto elevarono l'umana ragione, ne presentarono i principi soltanto, e le antiche Repubbliche, le più celebri e sagge, ne supplirono in più cose la mancanza colla purità de' costumi, e colla energia de l'anime, che ispirò loro una sublime educazione. Gran passi avea già dati l'America in questa, diremo, nuova scienza, formando le Costituzioni de' suoi liberi Stati. Novellamente la Francia, che ha contestato straordinario amore di Libertà con prodigi di valore, ha data fuori altresì una delle migliori Costituzioni, che siansi prodotte sinora. Il Comitato di Legislazione del Governo Provvisorio autorizzato dal Generale in capo Championnet ha terminato il suo lavoro, e vi presenta un progetto di Costituzione, che sottomette al vostro disame.

Citazioni[modifica]

  • La libertà è la facoltà dell'Uomo di valersi di tutte le sue forze morali e fisiche come gli piace, colla sola limitazione di non impedir agli altri di far lo stesso. (p. 54-55)
  • La libertà non si conquista che col ferro, e non si mantiene che col coraggio. (p. 62)
  • È obbligato ogni uomo d'illuminare e d'istruire gli altri. (p. 67)

[Antonio Cavagna Sangiuliani di Gualdana, Raccolta di costituzioni italiane, Tip. Economica, Torino, 1852]

Citazioni su Francesco Mario Pagano[modifica]

  • Aveva tutte le qualità per farsi amare: egli si guadagnava i cuori col primo aspetto della persona, e per la sua piacevolezza di parole e di maniere esercitava un poter magico sugli animi di tutti. Accoppiando a sublime intelletto la più felice memoria, spargea ne' suoi discorsi una variata erudizione, che li rendea brillanti. (Giuseppe Maria Bozzoli)
  • Godeva di una grande reputazione e la meritava sotto tutti i rapporti. [...] La dolcezza della sua parola, la soavità della sua morale l'avea fatto soprannominare il Platone campano, ancora giovane aveva scritto la giurisdizione criminale opera che fu tradotta in tutte le lingue, e che fu menzionata dall'assemblea nazionale francese. (Alexandre Dumas)
  • Il Pagano, ripigliando felicemente l'opera incompresa del Vico, alla scienza del grande maestro accoppiò un ardore entusiasta per le idee del suo tempo: idee di libertà, di riforma e di civile democrazia; ed alla acutezza e originalità del pensiero, alla forza della meditazione, congiunse quella lucidezza aliena da ogni astruseria, che era propria del suo intelletto esperto di tutte le necessità della pratica applicazione. (Giuseppe Zanardelli)
  • Il suo nome vale un elogio il suo processo criminale è tradotto in tutte le lingue, ed è ancora uno delli migliori libri che si abbia su tale oggetto. Nella carriera sublime della storia eterna del genere umano voi non rinvenite che l'orme di Pagano che vi possano servir di guida per raggiungere i voli di Vico. (Vincenzo Cuoco)
  • Mario Pagano al quale tutta la generazione risguardava con amore, e con rispetto, fu mandato al patibolo dei primi: era visso innocente, visso desideroso di bene; né filosofo più acuto, né filantropo più benevolo di lui mai si pose a voler migliorare quest'umana razza, e consolar la terra. (Carlo Botta)
  • Quegli, che non avea altro scampo che nella frode e nell'inganno, non osava aver ricorso a lui, ché la virtù di Pagano era sì imponente che nessuno ardiva cimentarla; ma colui che cercava nel talento del difensore un asilo, gli s'indirigea[3]. (Giuseppe Maria Bozzoli)
  • Uno dei maggiori scrittori e martiri dell'illuminismo meridionale. (Franco Venturi)

Note[modifica]

  1. citato in Saverio Cilibrizzi, I grandi Lucani nella storia della nuova Italia, Conte, 1956, p. 75.
    La frase è stata riportata da Giuseppe Poerio, membro della Repubblica Napoletana, pronunciata da Pagano mentre saliva sul patibolo.
  2. Impresione nella fonte.
  3. Da indirìgere; si dirigeva verso di lui, si rivolgeva a lui.

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