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Herbert Marcuse

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Herbert Marcuse nel 1955

Herbert Marcuse (1898 – 1979), filosofo, sociologo e politologo tedesco naturalizzato statunitense.

Citazioni di Herbert Marcuse

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  • Distruggete tutto ciò in cui avete creduto finora, buttate a mare tutto ciò che fino ad ieri rappresentava il basamento della vostra vita: vi sembrava granito e non era che pietra pomice, vi sembrava eterno ed è invece friabile e inutile.[1]
  • È solo a favore dei senza speranza che ci è stata data la speranza.[2]
  • [Bob Dylan e Bertolt Brecht] Entrambi hanno un messaggio: mettere fine alle cose come sono. Perfino in assenza di un qualsiasi contesto politico, le loro opere evocano, per un fuggevole momento, l'immagine di un mondo liberato e il dolore di un mondo alienato.[3]
  • Il centro culturale sta diventando parte integrante del centro commerciale.[4]
  • Il «principio del piacere» assorbe il «il principio della realtà», la sessualità sembra venir liberata, mentre viene semplicemente liberalizzata ed amministrata come strumento di adattamento passivo dalla logica del sistema. Cadono gli stupidi arcaici tabù sul sesso in vigore presso società in preda alla scarsità, ma non per questo il sesso libera sé stesso trasfigurandosi in Eros.[1]
  • Io sono consapevole, del tutto consapevole di far parte del sistema e cerco di cavarne il meglio possibile usando la libertà di cui dispongo per dare il mio contributo ad un miglioramento ed avanzamento dell'attuale situazione.[1]
  • La gente, efficacemente manipolata ed organizzata, è libera: ignoranza, impotenza ed eteronomia introiettata costituiscono il prezzo della sua libertà.[5]
  • La libertà intellettuale equivarrebbe alla restaurazione del pensiero individuale, ora assorbito dalla comunicazione e dall'indottrinamento di massa.[6]
  • Questa società cambia tutto ciò che tocca in una fonte potenziale di progresso e di sfruttamento, di fatica miserabile e di soddisfazione, di libertà e d'oppressione. La sessualità non fa eccezione.[1]
  • Vivere nella realtà significa per la società borghese avere soltanto piaceri limitati e differenti ed ottenere sicurezza in cambio d'infelicità e di continue inibizioni.[1]

L'uomo a una dimensione

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La minaccia di una catastrofe atomica, che potrebbe spazzar via la razza umana, non serve nel medesimo tempo a proteggere le stesse forze che perpetuano tale pericolo? Gli sforzi per prevenire una simile catastrofe pongono in ombra la ricerca delle sue cause potenziali nella società industriale contemporanea. Queste cause rimangono non identificate, non chiarite, non soggette ad attacchi del pubblico, poiché si trovano spinte in secondo piano dinanzi alla troppo ovvia minaccia dall'esterno.

Citazioni

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  • I bisogni che perpetuano la fatica, l'aggressività, la miseria e l'ingiustizia [...] può essere che l'individuo trovi estremo piacere nel soddisfarli, ma questa felicità non è una condizione che debba essere conservata e protetta. [Essa infatti arresta] lo sviluppo della capacità (sua e di altri) di riconoscere la malattia dell'insieme e afferrare le possibilità che si offrono per curarla. Il risultato è pertanto un'euforia nel mezzo dell'infelicità. (cap. 1, p. 19)
  • Le persone si riconoscono nelle loro merci; trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell'attrezzatura della cucina. Lo stesso meccanismo che lega l'individuo alla sua società è mutato, e il controllo sociale è radicato nei nuovi bisogni che esso ha prodotto. (cap. 1, p. 23)
  • I classici sono usciti dal mausoleo e sono tornati in vita... ma... tornano in vita come altri da sé, privati della loro forza antagonistica.
The classics have left the mausoleum and come to life [...] but [...] they come to life as other than themselves; they are deprived of their antagonistic force. (da One-Dimensional Man, 1964, p. 64)
  • Il "principio del piacere" assorbe il principio di realtà; la sessualità viene liberata in forme socialmente costruttive. Questa nozione implica che vi sono modi repressivi di de-sublimazione, a confronto dei quali gli impulsi e gli scopi sublimati contengono una maggior dose di deviazione, di libertà e di rifiuto di dar retta ai tabù sociali. Sembra che tale de-sublimazione repressiva operi davvero nella sfera sessuale, ed alla pari di quanto avviene nella de-sublimazione dell'alta cultura essa opera qui come sottoprodotto dei controlli sociali attivati dalla realtà tecnologica, che diffonde la libertà mentre intensifica il dominio. Il nesso tra de-sublimazione e società tecnologica può forse essere meglio illuminato se si esamina il mutamento avvenuto nell'uso sociale dell'energia istintuale. (cap. 3, p. 85)
  • Il risultato è l'atrofia degli organi mentali necessari per afferrare contraddizioni ed alternative, e nella sola dimensione che rimane, quella della razionalità tecnologica, la "coscienza felice" giunge a prevalere. Essa riflette la credenza che il reale è razionale, e che il sistema stabilito, nonostante tutto, mantiene le promesse. Gli individui sono portati a scorgere nell'apparato produttivo l'agente effettivo del pensiero e dell'azione, a cui pensiero e dazione del singolo possono e debbono cedere il passo. Nel cambio, l'apparato assume pure il ruolo di un agente morale. La coscienza è assolta dalla reificazione, dalla generale necessità delle cose. (cap. 3, p. 92)
  • Nella filosofia greca classica, la Ragione è la facoltà cognitiva atta a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, nella misura in cui verità sono in primo luogo una condizione dell'Essere, della Realtà – e solo su questa base sono una proprietà di proposizioni. Il discorso vero, la logica, rivela ed esprime ciò che realmente è, in quanto distinto da ciò che appare (reale). In virtù di tale equazione tra Verità ed Essere (reale) la Verità è un valore, poiché Essere è meglio che Non-Essere. (cap. 5, p. 134)
  • Noi viviamo e moriamo in un mondo razionale e produttivo. Noi sappiamo che la distruzione è il prezzo del progresso, così come la morte è il prezzo della vita; che rinuncia e fatica sono condizioni necessarie del piacere e della gioia; che l'attività economica deve proseguire, e che le alternative sono utopiche. Questa ideologia appartiene all'apparato stabilito della società: è un requisito del suo regolare funzionamento, fa parte della sua razionalità. (cap. 6, p. 153)
  • Quel che sto cercando di dire è che la scienza, in virtù del suo metodo e dei suoi concetti, ha progettato e promosso un universo in cui il dominio della natura è rimasto legato al dominio dell'uomo – legame che rischia di essere fatale a questo universo intero. La Natura, scientificamente compresa e dominata, ricompare nell'apparato tecnico di produzione e distruzione che sostiene e migliora la vita degli individui nel mentre li assoggetta ai padroni dell'apparato. Così la gerarchia razionale si fonde con quella sociale. Se le cose stanno veramente così, allora un cambiamento in direzione progressista, tale da poter tagliare questo vincolo fatale, influirebbe anche sulla struttura propria della scienza, sul progetto scientifico. Le sue ipotesi, senza perdere nulla del loro carattere razionale, si svilupperebbero in un contesto sperimentale essenzialmente diverso (quello di un mondo pacificato); di conseguenza, la scienza giungerebbe a formulare concetti di natura essenzialmente diversi e a stabilire fatti essenzialmente differenti. La società razionale sovverte l'idea di Ragione. (cap. 6, p. 173)
  • Questa descrizione ha precisamente quel carattere metafisico che l'analisi positivista desidera eliminare mediante traduzione, ma la traduzione elimina ciò che era da definire. Ci sono varie definizioni tecniche della bellezza in estetica, più o meno soddisfacenti, ma sembra essercene soltanto una che serba il contenuto di esperienza della bellezza ed è perciò la definizione meno esatta: la bellezza come promessa di felicità. Essa coglie il riferimento ad una condizione di uomini e di cose, a una relazione tra uomini e cose che si manifesta momentaneamente mentre svanisce, che compare in tante forme differenti quanti sono gli individui e che, nello svanire, manifesta ciò che può essere. (cap. 8, p. 216)
  • Per prendere un altro esempio, il concetto filosofico uomo allude alle facoltà umane pienamente sviluppate che lo distinguono, e che appaiono come possibilità realizzabili a partire dalle condizioni in cui gli uomini vivono realmente. Il concetto esprime le qualità che sono considerate tipicamente umane. La frase imprecisa può servire a spiegare l'ambiguità di simili definizioni filosofiche; vale a dire, esse riuniscono le qualità che appartengono a tutti gli uomini in contrasto con altri esseri viventi, e che, al tempo stesso, sono rivendicate come la più adeguata o la più alta realizzazione dell'uomo. (cap. 8, p. 219)
  • È mai possibile tracciare una vera distinzione tra i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di informazione e di divertimento, e come agenti di manipolazione e di indottrinamento?
  • Il Nemico è il denominatore comune di tutto ciò che si fa e non si fa. Ed esso non si identifica con il comunismo o il capitalismo quali sono in realtà; nei confronti dell'uno come dell'altro, il Nemico è lo spettro reale della liberazione.
  • Ripeto: la follia del tutto giustifica le follie particolari e trasforma i delitti contro l'umanità in un'impresa razionale. Quando il popolo, stimolato ad arte dalle autorità pubbliche e private, si prepara a vivere in regime di mobilitazione generale, esso mostra d'esser ragionevole non soltanto a causa della presenza del Nemico, ma pure a causa delle possibilità di investimento e d'occupazione offerte dall'industria e dalle attività di divertimento. Anche i calcoli più folli appaiono razionali: annientare cinque milioni di persone è preferibile che non annientarne dieci milioni, o venti, e così via. È futile obbiettare che una civiltà che giustifica la propria difesa con un calcolo del genere proclama la propria fine.

All'inizio dell'era fascista, Walter Benjamin ebbe a scrivere: Nur um der Hoffnungslosen willen ist uns die Hoffnung gegeben. (È solo a favore dei disperati che ci è data la speranza).

Ragione e rivoluzione

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L'idealismo tedesco è stato considerato come la teoria della Rivoluzione francese. Ciò non implica che Kant, Fichte, Schelling e Hegel abbiamo dato un'interpretazione teoretica della Rivoluzione francese, ma piuttosto che i loro sistemi filosofici costituirono una risposta alla sfida da parte della Francia di riconoscere lo stato e la società su di una base razionale, così che le istituzioni sociali e politiche potessero essere in armonia con la libertà e gli interessi dell'individuo. Nonostante la loro violenta critica del Terrore, gli idealisti tedeschi considerano tutti la rivoluzione positivamente, definendola l'alba di una nuova era e collegando i princìpi fondamentali delle loro concezioni filosofiche agli ideali che essa sosteneva.

Citazioni

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  • Hegel vide che il risultato della Rivoluzione francese non fu la realizzazione della libertà, ma lo stabilirsi di un nuovo dispotismo. Tuttavia egli interpretò il corso e il risultato della rivoluzione non come un fatto storico accidentale, ma come uno sviluppo necessario. Il processo di emancipazione dell'individuo fintanto che è portato innanzi da singoli individui contro lo Stato, e non dallo Stato stesso, conduce necessariamente al terrore e alla distruzione. Solo lo Stato può provvedere all'emancipazione dell'individuo, sebbene non possa raggiungere la perfetta verità e la perfetta libertà. Queste ultime si possono trovare solo nel regno dello spirito, nella moralità, nella religione e nella filosofia. (Parte prima, IV, p. 112)
  • Kierkegaard si rifà all'originaria funzione della religione, al suo appello all'individuo impotente e tormentato. Egli restituisce così al Cristianesimo la sua forza combattiva e rivoluzionaria. L'avvento di Dio assume di nuovo il terrificante aspetto di un evento storico che si fa strada improvvisamente in una società in decadenza. L'eternità assume un aspetto temporale, mentre la realizzazione della felicità diviene un immediato e vitale problema della vita di tutti i giorni. (Parte seconda, I.2, p. 297)
  • Il punto di partenza di Feuerbach è costituito dal fatto che Kierkegaard non era riuscito a vedere: nell'era contemporanea il contenuto umano della religione può essere salvato solo abbandonando la sua forma religiosa in senso trascendente. La realizzazione della religione richiede la sua negazione. Lo studio di Dio (teologia) deve essere trasformato in studio dell'uomo (antropologia). L'eterna felicità avrà inizio con la trasformazione del regno dei cieli in una repubblica terrena. (Parte seconda, I.3, pp. 299-300)
  • Marx basò la sua teoria sul processo del lavoro e in tal modo sostenne il principio della dialettica hegeliana secondo cui la struttura del contenuto (realtà) determina la struttura della teoria, e ne trasse le estreme conseguenze. Egli considerò le basi della società civile come le basi della teoria della società civile. Tale società opera sulla base del principio del lavoro universale: in essa il processo del lavoro è decisivo per la totalità dell'esistenza umana; il lavoro determina il valore di tutte le cose. (Parte seconda, I.4, pp. 299-300)
  • Saint-Simon, come Hegel, si basa sull'asserzione secondo cui l'ordine sociale creato dalla Rivoluzione francese dimostra che l'umanità aveva raggiunto lo stadio della maturità. Contrariamente a Hegel, tuttavia, egli descrisse questo stadio principalmente in termini economici: nel nuovo ordine sociale il processo industriale era l'unico fattore integrativo. (Parte seconda, II.2, p. 365)
  • La filosofia di Stahl propose un compromesso a coloro che erano in favore dell'assolutismo individuale e alle blande richieste della classe media tedesca; propose, cioè, un sistema costituzionale basato sulla rappresentanza (sebbene non del popolo nel suo insieme, ma solo degli stati provinciali), garanzie legali dei diritti civili, l'inalienabilità della libertà personale, l'eguaglianza dinnanzi alla legge, e un sistema giuridico razionale. Stahl si sforzò in tutti i modi di distinguere con cura il suo conservatorismo monarchico da ogni tentativo di difesa dell'assolutismo basato sull'arbitrio. (Parte seconda, II.5, p. 401)
  • L'importanza della filosofia di Stah consiste senza dubbio nel suo tentativo di adattare l'autoritarismo antirazionalistico allo sviluppo sociale della classe media. Per esempio, Stahl riallaccia la teoria della proprietà basata sul lavoro con la dottrina feudale secondo cui ogni proprietà è, in ultima analisi, dovuta a una assegnazione da parte delle autorità. Egli propone il Rechtsstaat, ma subordina la sua garanzia dei diritti civili all'autorità sovrana del monarca. Stahl era antiliberale, tuttavia non era il portavoce solo del passato feudale, ma anche di quel periodo storico a venire in cui la stessa classe media divenne antiliberale. Il suo nemico principale non era la classe media, ma la rivoluzione che minacciava tale classe, la nobiltà, e lo stato monarchico allo stesso tempo. Il suo antirazionalismo servì la causa di un'aristocrazia al potere che ostacolava il progresso razionale, così come servì gli interessi di ogni forma di potere che non potesse essere giustificata su base razionale. (Parte seconda, II.5, pp. 401-402)
  • La rivoluzione, ebbe a dichiarare Stahl, è «l'infamia della storia mondiale del nostro tempo. Essa vorrebbe fondare tutto lo stato sulla volontà dell'uomo anzi che sul comandamento e sull'ordine di Dio». È molto significativo che il principio secondo cui lo stato si basa sulla volontà degli uomini era proprio quello asserito dalla classe media in ascesa nella sua lotta contro l'assolutismo feudale. La dottrina di Stahl respinse tutta la filosofia del razionalismo occidentale che si accompagnò a tale lotta. Egli condannò il razionalismo moderno come la matrice della rivoluzione: tale filosofia, egli disse, è nella «sfera interiore e religiosa ciò che la rivoluzione è nella sfera esterna e politica», cioè «l'allontanarsi dell'uomo da Dio». (Parte seconda, II.5, p. 402)
  • Il movimento dialettico della società civile nell'opera di von Stein appare molto più come movimento di cose (capitale, proprietà, lavoro) che non come movimento di uomini. Lo sviluppo sociale è retto da leggi naturali piuttosto che dall'azione umana. Von Stein considera questo stato di cose non come il prodotto della reificazione del capitalismo, ma come la condizione «naturale» della società moderna. La reificazione è considerata come una legge naturale alla quale la teoria e la prassi sociale si devono necessariamente conformare. La dialettica diviene parte di uno studio obiettivo e imparziale della società. (Parte seconda, II.5, p. 418)
  • L'antagonismo tra stato e società costituisce l'idea fondamentale della sociologia di Stein. Stato e società rappresentano in concreto due princìpi totalmente diversi. (Parte seconda, II.5, p. 420)

La teoria sociale e politica a cui va attribuita la responsabilità dello sviluppo del fascismo tedesco fu dunque in rapporto con l'hegelismo in senso del tutto negativo. Tale teoria fu antihegeliana in tutte le sue mete e in tutti i suoi princìpi. Non esiste testimone di ciò migliore dell'unico teorico politico serio del nazionalsocialismo: Carl Schmitt. La prima edizione della sua opera Begriff des Politischen pone il problema di quanto a lungo visse a Berlino «lo spirito di Hegel» e afferma che «in ogni caso, la scuola che divenne autoritaria in Prussia dopo il 1840 preferì abbracciare la filosofia di tipo conservatore di F. J. Stahl, mentre Hegel passava da Karl Marx a Lenin e a Mosca». Egli riassume l'intero processo affermando senza esitazione che il giorno in cui Hitler salì al potere «Hegel, per così dire, morì».

Citazioni su Herbert Marcuse

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  • Dopo essere stato sulla cresta dell'onda nel radioso maggio del '68, H. Marcuse ha dato più delusioni che conforto ai professionisti della rivoluzione. (Marcello Camilucci)
  • Marcuse ha esaurito gran parte della sua carica eversiva e non riesce più ad adeguatamente connotare la sua presenza e la sua azione entro la dialettica passato-avvenire. Di più, alcune delle sue analisi «rivoluzionarie» potrebbero benissimo, nelle mani della destra, convertirsi in altrettanti strategie «reazionarie». (Marcello Camilucci)

Note

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  1. a b c d e Citato in Ester Dinacci, Realtà della Germania, Edizioni Scientifiche Italiane (ESI), Napoli, 1970.
  2. Citato in Vittorio Messori, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino 1976, p. 289.
  3. Citato in Corriere della sera, 15 luglio 2006.
  4. Citato in AA.VV., Il libro della sociologia, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 185. ISBN 9788858015827
  5. Da Eros e civiltà, Prefazione politica, 1966.
  6. Citato in AA.VV., Il libro della sociologia, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 187. ISBN 9788858015827

Bibliografia

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Altri progetti

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Opere

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