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Leo Valiani

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Leo Valiani

Leo Valiani, nato Leo Weiczen (1909 – 1999), giornalista, antifascista, politico e storico italiano.

Citazioni di Leo Valiani

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Guido Vergani, la Repubblica, 8 novembre 1985.

  • Il paragone [Tra Yasser Arafat e Giuseppe Mazzini] non regge. Mazzini era contrario ai progetti terroristici di alcune fazioni della Carboneria. Anzi, in generale, disapprovava la Carboneria; e ruppe con essa. È un suo merito storico. Volle un'associazione, la "Giovine Italia", che facesse appello alla lotta politica aperta. Questa prevedeva anche l'uso delle armi contro governi assolutisti e tirannici che non permettevano alcuna libertà. Ma si trattava di una lotta armata con finalità di mobilitazione dell'opinione pubblica, non con finalità di soppressione fisica degli avversari.
  • Quelli erano soltanto degli idealisti. Oltre a un'organizzazione politica, Arafat amministra grossi interessi finanziari sotto le bandiere dei petrodollari, degli sceicchi e, in generale, di Stati arabi tutt'altro che democratici. Israele lo è assai di più.
  • Certo, farebbe bene a evacuare i territori occupati con la guerra del 1967, fatta eccezione per Gerusalemme, che è un caso a parte. Ma non si può pretenderlo, se in questi territori s'installa un'organizzazione che pratica il terrorismo contro Israele e la cui finalità è la distruzione di quello Stato. Il suicidio non può essere chiesto a nessuno.
  • Sono il primo a criticare la politica israeliana in Cisgiordania, gli insediamenti, le limitazioni alle libertà democratiche, tutto ciò che c'è di reazionario, di repressivo. Critico la permanenza stessa di Israele in quei territori. Ma non pretendo il suo suicidio.
  • Israele non è l'Austria che teneva sotto il tallone il Lombardo-Veneto. È come l'Austria ormai costituzionale del 1867 che aveva aperto il proprio Parlamento anche alle minoranze, agli italiani di Trento, di Trieste, di Pola. Nessuno nega ai palestinesi che vivono nei territori occupati il diritto all'irredentismo. Lo riconosco in pieno. Ma sotto quell'Austria, gli irredentisti italiani avrebbero fatto bene a ricorrere al terrorismo? Anche a Trieste, molti presero le distanze dal progetto di regicidio di Oberdan. Il suo tentativo avrebbe avuto conseguenze drammatiche, se fosse stato portato a termine.
  • Per risolvere il dramma mediorientale, occorre moderazione. Oggi come oggi, l'Olp è un ostacolo alla pace. Se non rinuncia alla lotta armata, al terrorismo, se non dà garanzie di sicurezza a Israele dentro frontiere concordate, deve essere scartato, dai negoziati di Hussein.

La filosofia della libertà

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Quando gli amici del «Mondo» mi hanno chiesto di prendere la parola a commemorazione di Benedetto Croce, dapprima ho esitato. «Ogni vera storia – ha confessato Croce, in una delle sue ultime grandi opere, Il carattere della filosofia moderna – è sempre autobiografiia». Degli scritti di Croce io ho preso conoscenza in carcere e al confino. La loro lettura mi ha rivelato il pensiero dialettico, storicistico. Sembrava, allora, che esso circolasse, meglio che in altre, nella filosofia della prassi, così come l'aveva interpretata il maestro di Croce, Antonio Labriola, e come la sviluppava la testa più alta dell'antifascismo rivoluzionario, Antonio Gramsci. Non a caso, a commento delle «Lettere dal carcere» di Gramsci, Croce stesso ha scritto che «come uomo di pensiero egli fu dei nostri».

Citazioni

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  • [...] il Croce si è sempre trovato a suo agio di fronte ad artisti pienamente «sliricati», totalmente aderenti a un motivo fondamentale, a uno stato d'animo unitario. Artisti come Ariosto e Verga parevano nati apposta per lui perché ogni loro pagina li contiene per intero. (p. 43)
  • Il Croce, per conto suo, fu meno crociano di molti suoi seguaci per il fatto che in lui il temperamento, il gusto, non furono quasi mai sopraffatti dai suoi schemi teorici. (p. 46)
  • Anni fa si svolse in Inghilterra un curioso dibattito: il poeta Eliot si chiedeva come mai si potesse ammirare l'opera di un poeta (nella fattispecie Goethe) di cui non si accettassero le idee, la concezione della vita. E il problema era dichiarato insolubile. Eppure il problema era già stato risolto da Marx, ammiratore della tragedia greca, sorta da una struttura sociale e da una concezione del mondo che non era certo la sua. Ed anche Nietzsche non negava l'arte di Wagner quando dichiarava che «I maestri cantori» erano un attentato alla civiltà, e non si poneva il problema perché riconosceva che tra l'ammirazione estetica e il consenso etico non c'è necessario rapporto di causa a effetto. In ogni modo un simile problema non si può porre in Italia perché in Italia è passato Croce. (p. 51)
  • Un romanziere della fama internazionale di Koestler, il cui libro più diffuso si guadagnò poi una recensione lusinghiera di Benedetto Croce, ha narrato in «Schiuma della terra» come la filosofia crociana fosse il nostro argomento di conversazione quotidiana anche in campo di concentramento. (p. 59)
  • Le carceri sono luoghi favorevoli alla lettura dei testi di filosofia. Silvio Spaventa, zio di Croce, spese, e spese bene, gli anni dell'ergastolo nella meditazione delle opere di Hegel. (p. 61)
  • Sovente, gli uomini trovano di aver interesse a non pensare o non hanno l'energia e la costanza intellettuale occorrenti per pensare sul serio. Ma se pensano, vincendo gli ostacoli pratici che si frappongono al pensare, possono giungere al vero. (p. 67)
  • Se il pensiero è verità, esso, ove non incontrasse ostacoli, consisterebbe nella contemplazione di se medesimo. (p. 68)
  • Carlo Antoni ha notato, nei suoi saggi sul Croce, che il travaglio sulla distinzione fra attività, e fra prassi etica ed economico-politica, mutava dapprima inavvertitamente dal suo autore, la prospettiva di tutto l'edificio. Volgendosi, nella Filosofia della pratica, con interessi ancora solo speculativi, alla considerazione della politica, Croce era critico, soprattutto, della democrazia umanitaria, illuministica, egualitaria. (p. 72)

Terrore a porte chiuse

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  • Fra i marinai e gli operai di Kronstadt, insorti al principio del 1921 contro la dittatura del partito, fattasi totalitaria, erano numerosi quelli che, all'inizio della rivoluzione sovietica, avevano combattuto nelle file dei bolscevichi. Trotzki, che guidò la feroce repressione di questa ribellione, riuscì, tuttavia, a farli passare per strumenti della controrivoluzione. (pp. 104-105)
  • Come capo dell'armata rossa vittoriosa, e come travolgente oratore di folla, nonché brillante scrittore, Trotzki, che prima di aderire, nel 1917, al bolscevismo, era stato un socialista di sinistra indipendente, godeva infatti di molta popolarità. Gli mancavano, però, le attitudini alle manovre dietro le quinte, al raggruppamento di fazioni, all'intrigo, alla furbizia, che, soprattutto in una dittatura, in cui il dissenso aperto e la polemica politica pubblica sono proibiti, contavano più di tutto.
    Doti, se così si possono chiamare, che il segretario generale del partito, Stalin, aveva in sommo grado. (p. 105)
  • Il programma economico Stalin l'improvvisò, con la pianificazione dall'alto di un'industrializzazione a tappe forzate e con la collettivizzazione coatta delle campagne, accompagnata dalla liquidazione fisica di milioni di contadini riluttanti. Fu una nuova guerra civile vinta dallo stato totalitario, che una propaganda tanto falsa quanto efficace, definì realizzazione immediata del socialismo, suscitando ondate di autentico entusiasmo fra i più giovani e, nello stesso tempo, con misure di coercizione di una brutalità illimitata. (p. 106)

Bibliografia

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  • Vittorio de Caprariis, Eugenio Montale, Leo Valiani, Benedetto Croce, Edizioni di Comunità, 1963.
  • Leo Valiani, Terrore a porte chiuse, in Storia illustrata, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, n. 339, febbraio 1986, pp. 104-112.

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