Luc de Clapiers de Vauvenargues

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Luc de Clapiers de Vauvenargues

Luc de Clapiers, marchese di Vauvenargues (1715 – 1747), scrittore e saggista francese.

Pensieri diversi[modifica]

  • Gli uomini non si capiscono a vicenda. Ci sono meno pazzi di quanti si creda.[1]
  • Il pubblico non ha l'obbligo di essere grato alle persone senza talento della fatica che fanno a scrivere.[1]
  • La chiarezza è la buona fede dei filosofi.[2]
  • Per sapere se un pensiero è nuovo, non c'è che un mezzo: esprimerlo con la massima semplicità.[1]

Riflessioni e massime[modifica]

  • Bisogna mantenere le forze del corpo per conservare quelle della mente. (1989)
  • Chi è nato per obbedire obbedirebbe anche sul trono. (1923)
  • Chi sa tutto soffrire può tutto osare. (1923)
  • Come sono inutili anche i migliori consigli, quando le nostre stesse esperienze ci insegnano così poco!
  • Criticare uno scrittore è facile. Il difficile è apprezzarlo. (1923)
  • Disprezza i grandi progetti chi si sente incapace di grandi successi. (1923)
  • Disprezziamo molte cose per non disprezzare noi stessi. (1923)
  • È forse contro ragione o contro giustizia amare se stessi? E perché mai vogliamo che l'amor proprio sia sempre un vizio?[3]
  • È più facile dire cose nuove che mettere d'accordo quelle che sono state già dette. (1923)
  • È un grande segno di mediocrità lodare sempre moderatamente. (1923)
  • È un errore creder di aver fatto fortuna quando non si sa goderne. (1923)
  • Finisce col dire poche cose importanti, chi cerca di dirne sempre di importantissime. (1923)
  • I consigli ritenuti più saggi sono sempre quelli meno adatti alla nostra situazione. (1923)
  • I grandi pensieri vengono dal cuore. (1989)
  • I grandi uomini intraprendono le grandi imprese, perché le sanno tali; i pazzi perché le credono facili. (1923)
  • I pigri hanno sempre voglia di far qualcosa. (1923)
  • Il commercio è la scuola della frode. (1923)
  • Il difficile non è essere intelligenti, ma sembrarlo. (1923)
  • Il frutto del lavoro è il più dolce dei piaceri. (1923)
  • Il pretesto con cui per l'ordinario si giustifica chi è causa dell'infelicità di un altro è che gli voleva bene. (1923)
  • L'abitudine è tutto, persino nell'amore.[4]
  • L'arte di piacere è l'arte di ingannare. (1923)
  • L'incredulità ha i suoi entusiasti, come la superstizione.[2]
  • L'ingratitudine più odiosa, ma più antica e più comune di tutte, è quella dei figli verso i loro genitori. (1923)
  • L'odio dei deboli non è così pericoloso come la loro amicizia. (1923)
  • L'orgoglio è il conforto dei deboli. (1923)
  • La buona tavola è il primo vincolo della buona società. (1923)
  • La chiarezza adorna i pensieri profondi. (1923)
  • La clemenza vale più della giustizia. (1923)
  • La costanza è la chimera dell'amore. (1923)
  • La mediocrità di spirito e la pigrizia producono più filosofi che non la riflessione. (1923)
  • La pazienza è l'arte di sperare. (1923)
  • La schiavitù invilisce gli uomini a tal punto che se ne fa amare. (1923)
  • La solitudine mette a dura prova la castità. (1923)
  • Le massime degli uomini scoprono il loro cuore.
  • Le tempeste della giovinezza sono circondate di giorni brillanti. (1923)
  • Molti uomini vivono felici senza saperlo. (1923)
  • Nell'infanzia di tutti i popoli, come in quella dei singoli individui, il sentimento ha sempre preceduto la riflessione ed è stato il suo primo maestro. (1989)
  • Nessuna cosa di lunga durata è molto piacevole, nemmeno la vita; tuttavia l'amiamo. (1923)
  • Nessuno, quanto gli sciocchi, si crede capace di ingannare le persone intelligenti. (1923)
  • Noi trascuriamo spesso le persone su cui la natura ci dà un certo ascendente; e sono pur quelle che dovremmo attaccare a noi e quasi incorporarci, le altre non attenendo a noi che col vincolo dell'interesse, che è il più mutevole oggetto che ci sia. (1989, n. 54)
  • Non ci sono persone più acide di quelle che son dolci per interesse.[1]
  • Non è nato per la gloria chi non conosce il valore del tempo. (1923)
  • Per operare grandi cose, bisogna vivere come se non si dovesse mai morire. (1923)
  • Quando riceviamo qualche favore dai nostri amici, subito pensiamo che in virtù dell'amicizia essi son pur tenuti a ciò, ma non pensiamo affatto che non sono punto tenuti ad esserci amici. (1989, n. 179)
  • Quando un'innovazione è troppo difficile da introdurre è segno che non è punto necessaria. (1923)
  • Sappiamo più cose inutili di quante ne ignoriamo necessarie. (1923)
  • Se è vero che le nostre gioie sono brevi, nemmeno la maggior parte delle nostre afflizioni sono lunghe. (1923)
  • Se non si scrive perché si pensa, è inutile pensare per scrivere. (1923)
  • Si rivolta un pensiero come un abito, per servirsene parecchie volte. (1923)
  • Sono più le grandi fortune che i grandi ingegni. (1923)
  • Talvolta amiamo anche le lodi che non crediamo sincere. (1923)
  • Tutti gli uomini nascono sinceri e muoiono bugiardi. (1923)
  • Un principe è grande e degno d'amore quando ha le virtù di un re e i difetti di un privato cittadino. (1923)
  • Una massima che abbia bisogno di essere spiegata non vale niente. (1923)
  • Vi sono persone che senza i loro difetti mai avrebbero fatto conoscere le loro buone qualità. (1923)

Note[modifica]

  1. a b c d Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  2. a b Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  3. Citato in Aa. Vv., Moralisti francesi. Classici e contemporanei, a cura di Adriano Marchetti, Andrea Bedeschi, Davide Monda, BUR, 2012.
  4. Citato in Fernando Palazzi, Silvio Spaventa Filippi, Il libro dei mille savi, Hoepli, Milano, 2022, n. 31. ISBN 978-88-203-3911-1

Bibliografia[modifica]

  • Luc de Clapiers de Vauvenargues, Riflessioni e massime, traduzione di Paolo Serini, Sansoni, Firenze, 1923.
  • Luc de Clapiers de Vauvenargues, Riflessioni e massime, traduzione di Ugo Bernasconi, TEA, Milano, 1989.

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