Rally

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Un passaggio del Rally Serras de Fafe 2017

Citazioni sui rally.

Citazioni[modifica]

  • [«Per lei i rally sono stati anche scuola di vita?»] Certamente sì. I rally mi hanno insegnato la disciplina perché a un certo punto della mia gioventù mi sono detto "Voglio diventare il numero uno dei rally mondiali". E per arrivare a questo risultato ho dovuto sacrificare tutto il resto, osservando una ferrea disciplina. Ho capito fin dalle prime gare che il successo non cadeva da cielo per magia ma invece il risultato di una serie di elementi complessi: uno di questi era il rigore. (Walter Röhrl)
  • [«Gli anni 70/80 sono stati probabilmente la Golden era dei Rally [...]»] Gare lunghissime, una valanga di piloti professionisti al via, una grande varietà di vetture ufficiali, coupé, spider, berline grosse e piccole, motori a 2, 4, 6 e 8 cilindri, trazione anteriore, posteriore, integrale e gomme di tanti costruttori diversi; poi il giorno e la notte, vetture che si rompevano e pneumatici che si bucavano. Bisognava prima di tutto arrivare in fondo e dopo essere anche più veloci degli avversari. Erano corse più umane, pur nella loro disumanità di fondo. (Carlo Cavicchi)
  • I rally invitano al cameratismo ed alla solidarietà tra pilota, direttori, meccanici ed anche rivali, perché alla fine si viveva assieme per lunghi periodi, ci si ritrovava in alberghetti dove non si poteva non fraternizzare. (Claudio Lombardi)
  • [«[...] Non sembri essere attratta dalle piste, dalla velocità [...]»] La pista, vedi, mi annoia. Non mi piace passare e ripassare trenta, quaranta volte nello stesso posto [...]. E poi non mi attira neppure la bagarre: in un rally corro soprattutto contro me stessa più che contro gli altri. (Michèle Mouton)
  • Per me il Costruttori nei rally è il titolo, in quanto i rally nascono per i costruttori, il titolo piloti è nato molto dopo. Il Campionato del Mondo Sport Prototipi e il Mondiale rally nascono per i costruttori. Poi con l'avvento degli inglesi si è cercato di scimmiottare la Formula 1 e spostare l'attenzione sui piloti. Posso capirlo ma per me il campionato del mondo rally è il titolo Costruttori. Si è sempre parlato delle lotte Ford e Fiat, Alpine contro Fulvia, le Lancia contro Toyota e Subaru, per me il titolo rimane quello. (Andrea Adamo)
  • [Nel 2006, «che cosa hanno perduto i rally moderni rispetto a quelli della sua stagione sportiva?»] Quattro cose: la neve, la notte, la lunghezza e la fatica. Oggi sono gare sprint. Io ho guidato anche per quaranta ore consecutive. Inoltre venti o trenta anni fa le auto non erano affidabili come quelle di oggi. E in quelle gare massacranti bisognava preoccuparsi sempre dell'auto per portarla a casa. (Walter Röhrl)

Cesare Fiorio[modifica]

  • A metà degli anni '80 dirigevo ancora la squadra corse Lancia e la specialità rally era all'apice della popolarità, generando un grande impatto mediatico, al punto che il Tg1 apriva l'edizione della sera annunciando i risultati delle gare, così come la Gazzetta dello Sport, in prima pagina il lunedi, dedicava titoli importanti al rally di Monte Carlo.
  • [Nel 1974] Il pilota-rally deve essere un personaggio assoluto perché è il protagonista assoluto della competizione. Io, infatti, quando si cominciò a parlare di un Mondiale Rally, la prima proposta che avevo mandato [...] era come Campionato Mondiale Piloti, non Marche. Per me sarebbe giusto che ci fosse un campione del mondo rally piloti. Poi c'erano state varie opposizioni e alla fine era diventato un Campionato Marche. Io ritengo che debba essere un campionato piloti.
  • Purtroppo oggi la grande passione per i rally si è affievolita, dato che anziché gareggiare tre giorni e tre notti, si parte alle nove del mattino, all'una si entra in parco assistenza, poi la sera si va a dormire. Un tempo si stava tre giorni e tre notti al seguito dei concorrenti, le assistenze erano a bordo strada, in mezzo al pubblico, e non nei parchi assistenza, assolutamente vietati agli appassionati. E anziché addentare qualche panino, ci si siede nei mezzi posteggiati nei parchi assistenza a mangiare i manicaretti preparati da qualche chef. Questo ha allontanato il grande pubblico. E poi vi erano, fra i primi, una macchina italiana e dei piloti italiani...

Sandro Munari[modifica]

  • I rally non sono migliori delle competizioni automobilistiche di altro tipo. Sono diversi. Secondo me, la differenza maggiore consiste nel fatto che nei primi il pilota, l'uomo, conta di più. Un esempio: nelle corse di velocità una sensibile differenza di potenza fra una macchina e l'altra è determinante per il risultato. Nel rally invece questo non accade e più di una volta una macchina meno potente si è potuta affermare proprio grazie all'abilità e all'intelligenza del conduttore. Ancora: in un gran premio ci può essere una curva che un pilota affronta a velocità limite. A questo punto, tutti gli altri devono fare la medesima cosa se non vogliono essere tagliati fuori dalla possibilità della vittoria. In un rally perdere un paio di secondi in una curva non vuol dir niente, perché c'è sempre il tempo e il modo di recuperarli. Mi sembra che questo non sia molto umano. Il pilota da rally non deve essere un fenomeno, né un superman della guida, ma soltanto un uomo nel quale le qualità dell'automobilista sono sviluppate ad altissimo grado.
  • La parola rally è inflazionata e fraintesa. Il rally non è una gara di regolarità, né un raduno. È una marcia al limite delle possibilità fisiche e meccaniche su strade tracciate quando l'automobile apparteneva ancora alla fantasia. È un mondo che rilancia indietro [...] ricreando le condizioni ambientali e soprattutto lo spirito del primo automobilismo; è un corpo a corpo della "carrozza senza cavalli" con la natura.
  • Mi dispiace molto che dei rally si parli soltanto in queste circostanze [gli incidenti mortali]. Si dimentica invece che proprio grazie ai rally tanti elementi della tecnologia sono stati applicati anche sulle macchine che usiamo tutti i giorni, e questo è un aspetto che tutti dovremmo tenere a mente.
  • Nei rally mondiali dei miei tempi era importante pensare anche alla tattica da adottare, visto la lunghezza e la durezza delle prove, se si voleva ottenere dei risultati. Non era sufficiente solo andare più forte ovunque, anche perché bisognava fare i conti con l'affidabilità della vettura. Non dimentichiamo che si correva con vetture derivate dalla grande produzione, adattate e rinforzate per affrontare prove veramente durissime in qualsiasi angolo della terra ed in tutte le condizioni climatiche. [...] era necessario preparare una tattica che consentisse di "misurare" la propria forza, ma anche quella degli avversari. A questo proposito, quando iniziai a correre, mi adeguai a quello che dettava il buon senso e a quello che facevano tutti; ossia risparmiare la vettura all'inizio per conservarla in buona "salute" per le fasi finali. Dopo alcune gare però, mi accorsi che non era la soluzione ideale. Era vero che si risparmiava la vettura e quindi si poteva spingere di più, poi, ma era altrettanto vero che io non ero così fresco per sfruttarla al meglio. Così pensai ad altre alternative e cambiai decisamente atteggiamento, contrariamente a quello che continuavano a fare gli altri. Rivoluzionando così quello che in teoria sembrava essere l'unica maniera per affrontare gare così impegnative. Da allora misi in atto la "Tattica del Drago" che consisteva nell'anticipare le ostilità. Mi preparavo molto bene nelle prime prove speciali, così potevo attaccare subito al massimo, sorprendendo tutti. In questo modo sfruttavo al meglio le ancora intatte potenzialità della vettura e la mia freschezza e lucidità. Quando raggiungevo un margine di vantaggio che mi garantisse una certa tranquillità, mi limitavo a controllare gli avversari. Ovviamente esistevano sempre gli imprevisti [...]. In quei casi lì devi mandare a monte tutte le strategie, rimboccarti le maniche, tirare fuori la grinta ed attaccare di nuovo come se fossi stato all'inizio. Questa tattica inizialmente diede i suoi frutti, poi anche gli altri si "convertirono", ma nel frattempo arrivò la Stratos ed allora...
  • Per quanto riguarda il mondo dei rally, devo dire che lo stravolgimento dei concetti tecnici e regolamentari non sono stati così evidenti come in F1. Ciò nonostante il solo impiego delle quattro ruote motrici avvenuto negli anni '80, per merito o colpa dell'Audi, ha contribuito non poco a livellare i valori umani. [...] Il primo esempio che faccio a supporto di quanto sto dicendo, riguarda un pilota donna, certa Michelle Mouton. Anche qui, vi prego, non taciatemi di maschilismo, anche perché lei era la donna più forte che sia apparsa nella scena rallistica mondiale. Tuttavia, fino a quel momento, non era riuscita ad andare oltre a dei pur significativi ed importanti piazzamenti, sopravanzando spesso ottimi piloti maschi. Quando invece è salita sull'Audi quattro, addirittura ha vinto un rally mondiale, quindi...
  • Un tempo le discipline sportive erano regolamentate da norme ben precise atte a tutelare gli interessi di tutti gli atleti appartenenti a qualsiasi sport. Quindi esisteva un potere sportivo che sovrintendeva in maniera assoluta su tutto e su tutti. Oggi non è più così, i poteri sportivi hanno abdicato nel nome del solo unico ed assoluto potere, impersonato dal dio televisione. Fenomeno che si sta allargando sempre di più e che condiziona qualsiasi atleta di qualunque disciplina di appartenenza. A questa regola ovviamente non sfuggono nemmeno i rally. [...] Spero mi sia consentito fare una netta distinzione, tra ora ed il passato. [...] Spero di non essere tacciato di retorica; ma solo chi ha effettivamente corso e anche chi semplicemente ha assistito e vissuto appassionatamente nella nostra epoca, può capire cosa fossero i Rally veri. Dove piloti e navigatori tenaci, sprezzanti del pericolo e della fatica restavano seduti nell'abitacolo (non da fermi) per giorni e notti senza soste, sfidando il fango, o la polvere nel torrido caldo africano, o la neve della Svezia a temperature di 42 gradi sotto zero, con prove lunghe centinaia di chilometri e anche migliaia. Questi erano i Rally.

Voci correlate[modifica]

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