Carlo Cavicchi

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Carlo Cavicchi (2011)

Carlo Cavicchi (1947 – vivente), giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Carlo Cavicchi[modifica]

  • [Su Daniele Audetto] Il più grande attore che Hollywood si sia mai fatta scappare.[1]
  • [Sulla Citroën 2CV] [...] sarei anche pronto a decantarne gli enormi meriti, il peso che questa geniale vettura ha avuto nel tessuto sociale di un Paese come la Francia, l'immagine sbarazzina che l'ha accompagnata per oltre quattro decenni, sempre attuale anche quando ormai la sua tecnologia faceva tenerezza. Non lo faccio perché altri lo faranno molto meglio di me. Mi limito però a sintetizzarne un pregio che è virtù di poche cose buone nel mondo: tutti, nessuno escluso, quando ne vedono passare una sorridono. È la prova di qualche cosa che prima che nel cervello ha saputo entrare nel cuore.[2]

Citazioni tratte da articoli[modifica]

  • [...] il [Rally di] Sanremo rientra tra quelle gare all'antica in cui vedere il traguardo è già una vittoria.[3]

la Repubblica[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Dovevate essere al Salone di Francoforte nelle giornate riservate agli addetti ai lavori, cioè a quella gente che con le auto ci ha a che fare tutti i giorni e oramai non si emoziona più per nulla. O quasi per nulla, perché erano tutti allo stand italiano dove faceva bella mostra il prototipo Fulvia Coupé, una stupenda rivisitazione dell'auto che ha emozionato la generazione che ha fatto prima il '68 e poi il diavolo a quattro per potersela permettere. Non si impazzisce per una vettura di trenta anni fa, per quanto ottimamente attualizzata, se dietro non c'è una storia con tanto di anima annessa.[4]
  • [...] I lancisti sono un popolo educato e mite, che ne ha sopportate tante perché, prima, aveva goduto tanto sia nel lusso che nell'innovazione o nello sport.[4]
  • Ci mancava solo l'autoalcova, così adesso noi vecchi delle quattro ruote possiamo dire di aver visto tutto. È arrivata con un nome riduttivo, Forfour, che starebbe per quattro posti mentre in realtà ci si può stare anche in cinque senza incorrere in sanzioni, visto che ci sono cinque cinture di sicurezza a testimoniarlo. Beh, certo, vista da fuori questa microcar di poco più di tre metri e mezzo sembrerebbe fatta apposta per due, invece no, ti frega perché dentro è proprio grande al punto che ci si può stare persino distesi se non proprio sdraiati. La trovata, e da qui il concetto di vetturaalcova, è tutta nei sedili anteriori che si ripiegano in avanti e poi scorrono indietro allo stesso livello di quelli posteriori. Il risultato è una grande lettone dall'aspetto galeotto. Dai, l'occasione faceva l'uomo ladro anche quando non c'erano nemmeno i ribaltabili, figuriamoci con un metro quadro e mezzo.[5]
  • [Nel 2003, sul futuro dello stile automobilistico] [...] sembra che la traccia sia già netta: le auto di domani in gran parte saranno dolci da guidare e rotonde da ammirare. Tranne poche eccezioni, i più suggeriscono il rifiuto degli spigoli salvo che per una loro presenza furbetta proprio per accentuare l'armonia morbida dell'insieme. La ruga come il neo, insomma, per attirare l'attenzione e far apprezzare tutto il resto.[6]
  • [Su Pininfarina] C'è stato un momento [...] che dall'atelier torinese uscivano esclusivamente capolavori. Il mondo dell'auto era continuamente a bocca aperta e c’era la fila dei costruttori che sognavano di avere almeno una loro vettura disegnata, se non addirittura direttamente fabbricata, dalla carrozzeria torinese. Le Ferrari prima di tutto, ma non soltanto. Le spider Alfa Romeo Giulietta e la Duetto, le Fiat 124 spider e la Dino Spider, la Lancia Flavia Coupé oppure la strepitosa Peugeot 406 Coupé sono tra le figurine più belle dell'album, ma non le sole. Non importava il cliente, la soluzione era sempre magica.[7]

Interviste[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [«Gli anni 70/80 sono stati probabilmente la Golden era dei Rally [...]»] Gare lunghissime, una valanga di piloti professionisti al via, una grande varietà di vetture ufficiali, coupé, spider, berline grosse e piccole, motori a 2, 4, 6 e 8 cilindri, trazione anteriore, posteriore, integrale e gomme di tanti costruttori diversi; poi il giorno e la notte, vetture che si rompevano e pneumatici che si bucavano. Bisognava prima di tutto arrivare in fondo e dopo essere anche più veloci degli avversari. Erano corse più umane, pur nella loro disumanità di fondo.[8]
  • Sono stato molto fortunato e di momenti belli ne ho collezionati tanti. La chiamata alla direzione di Autosprint a soli 37 anni ne è un esempio. Non mi davano che 3 mesi di... vita sul ponte di comando, invece ci sono rimasto per 15 anni con risultati di vendite strepitosi pur con una Ferrari che le buscava sempre. Poi certo, la direzione di Quattroruote è stata la mia vera consacrazione professionale.[8]
  • Gli appassionati di rally hanno anche una buona cultura del passato, quindi il ricordo di [Henri] Toivonen è ancora fulgido perché è un pilota che in tutta Europa ha impressionato come nessun altro per la sua velocità. [...] nell'età d'oro tra gli anni '60 e i primi anni '90 Henri è stato sicuramente il pilota più veloce tra quelli di alto livello. Aveva un rapporto davvero unico con la velocità e soprattutto è l'unico pilota che riusciva a superare la "paura" di guidare la [Lancia] Delta S4, mentre altri grandi campioni erano terrorizzati all'idea di doverci salire. Lui riusciva a stupire tutti alla guida, quella macchina era difficilissima da gestire, non c'era elettronica...[9]
  • Attilio [Bettega] andava fortissimo ma ha sempre corso in squadra con piloti straordinari. E soprattutto era una persona estremamente onesta, dal punto di vista intellettuale: ricordo che al termine di una prova speciale lunghissima, in Grecia, Markku Alén e Walter Röhrl fecero un tempo simile mentre Attilio si prese circa 10 secondi, su mezzora di tempo; [Cesare] Fiorio gli chiese cos'era successo e Bettega rispose che era andato semplicemente più piano. Fiorio, da lui, si aspettava le prestazioni di Röhrl e Alén. Generalmente sarebbe stata un'ottima prova, ma quelle parole erano indice sia della stima che Fiorio aveva per Bettega, sia dell'onestà di Attilio. Avrebbe potuto inventarsi qualsiasi scusa, ma era troppo onesto. Anche in quel Rally di Corsica che se lo portò via stava andando forte. Un grande dispiacere di Attilio, e ne parlammo all'inizio di quel 1985, era quello di non avere vinto nulla: è stato messo subito nella squadra ufficiale del mondiale, contro i numeri uno, dove vincere era molto faticoso, ma ad esempio non lo hanno mai fatto correre nel campionato italiano o nell'europeo, dove invece avrebbe stravinto come i vari Tabaton, Cerrato e Biasion. Proprio nel 1985 aveva iniziato anche l'europeo con il team Tre Gazzelle [...], con l'obiettivo di vincerlo. Lui era bravo, aveva fatto dei podi, lottava con i migliori del mondo, ma alla fine aveva vinto solo il Trofeo 112 Abarth nel 1977.[9]

Tra Osca, giornalismo, F1 e Rally

Intervista di Andrea Ettori, p300.it, 26 febbraio 2020.

  • La Osca la gente l'ha dimenticata ma è stata una casa che in vent'anni ha vinto praticamente tutto; ci hanno corso piloti grandissimi, da Moss che ha vinto a Sebring a Castellotti, Scarfiotti, Behra, Farina, Chiron, Villoresi, Fagioli. Nonostante avessero motori piccolissimi battevano le Ferrari, le Maserati, le Aston Martin, le Connaught, insomma le grandi macchine dell'epoca.
  • [«Lei fa parte dei grandi maestri che hanno raccontato la storia del motorsport, che consiglio darebbe ad un giovane che vuole intraprendere la carriera da giornalista nel mondo di oggi?»] Oggi è veramente difficile perché il mondo è molto liquido. Una volta un giornale era un punto di arrivo, un riferimento. Oggi abbiamo un'informazione che gira per mille canali, non sempre accurata ma comunque immediata. Questo ha portato a svilire il lavoro della ricerca: è difficile crescere la gente perché oggi basta dire, urlare, arrivare prima. Allora succede che i giornali, quelli più importanti, che ancora tengono un po' di testa, sono restii a prendere chi non sa, perché devono allevarlo e non c'è tempo di allevare la gente. Gli altri li sfruttano e spesso non li pagano. Il vero problema della vostra generazione, dei giovani, è che è arrivata l'era digitale. Che non è un male, anzi, per tanti aspetti è un bene; ma mentre prima il mestiere del giornalista ti assicurava una vita serena, una famiglia da tirare su – se eri bravo facevi carriera, se lo eri meno restavi con un livello economico che ti permetteva di vivere dignitosamente – l'era digitale ha sostituito il vecchio giornalismo ma non ne ha presi i vantaggi economici, uccidendolo. I ragazzi sono sfruttati nella maggioranza dei casi. La rete ha insegnato che deve essere tutto gratis per forza e quindi c'è tanta gente che si offre volontaria e va avanti così finché ce la fa; poi deve trovarsi un altro lavoro e lascia il posto ad altri volontari. Non c'è la scuola, non ci sono i passaggi: io scrivevo qualcosa, un altro me lo leggeva, poi c'era un capo servizio o un capo redattore che lo leggeva ancora e poi finiva in pagina. Adesso bisogna andare fuori subito, chi scrive va direttamente su un sito. La scuola non c'è più, in questo senso è finita. Onestamente non saprei consigliare, anzi, mi verrebbe da dire cambia lavoro, che è brutto detto da chi ha fatto sempre questo.
  • [...] le macchine di oggi vanno più forte ma, parlando in generale, erano meno potenti in assoluto delle Gruppo B: quelle erano inguidabili perché non c'era l'elettronica, per cui i piloti avevano paura a guidare. Le reazioni erano lente, la potenza era esagerata, la macchina non aveva tutti quegli ausili che permettevano il controllo. A parte l'eccezione di Toivonen, che riusciva a guidare la [Lancia Delta] S4 in una maniera che agli altri, anche i grandi campioni, metteva terrore, oggi invece tutti guidano senza timore.
  • Quando tutti fanno lo stesso tempo chi è il più bravo? [«Forse chi ha la macchina migliore»] Ma è sempre così nelle corse. La macchina migliore è fondamentale perché se tu, la macchina migliore, non la dai al pilota migliore, è molto difficile che vinca. Poi capitano le eccezioni come Vettel a Monza, Damon Hill a Spa ma sono situazioni che rimangono nella memoria. Se Hamilton guida tutte le gare la Toro Rosso non vince. Potrebbe vincere delle gare ma mai un campionato. La macchina nelle corse c'è sempre stata, non lamentiamoci. Oggi le gare sono molto più vivaci di un tempo, un tempo erano molto più noiose ma è tutto annegato nelle emozioni. Una volta il pilota era il cavaliere del rischio.

Via Mazzocchi 2.0 – blog[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Gli anni di Gilles [Villeneuve] li ho vissuti davvero da vicino, [...] lavoravo ad Autosprint e poi a Rombo sempre con il grande Marcello Sabbatini come direttore che con Villeneuve aveva un rapporto unico e aveva contribuito tantissimo a costruirne il mito. Fu Sabbatini ad avere l'idea di promuovere la "febbre Villeneuve" oppure a imbastire la celebre sfida F.1 contro aereo da caccia sulla pista d'atterraggio di Istrana. Erano anni in cui accadevano cose incredibili, ad esempio con la Polstrada che ti invitava a farti da parte, fermandoti magari sulla corsia d'emergenza, sulla Ventimiglia-Genova perché stavano per arrivare Villeneuve e Pironi in corsa ravvicinata per arrivare per primo a Maranello. All'epoca c'era anche il doppio casello a Piacenza ma lì, sempre avvisato via radio dalla Stradale, il mitico Pupillo (casellante con il Cavallino impresso sul cuore) dava ordine di alzare le sbarre per non fare perdere tempo a nessuno dei due contendenti... Robe che a raccontarle adesso nessuno ci crede. Ma a Villeneuve era concesso di tutto, e ci si aspettava da lui proprio di tutto. Mio padre, buonanima, anche se Gilles a due giri dal traguardo era staccato di un giro diceva: "cosa c'entra? Con quello lì può sempre succedere che vinca...". Ovviamente non era vero, però nell'immaginario collettivo era così.[10]
  • Sono un lancista di vecchissima data, uno di quelli che in gioventù si divideva in clan, quelli della Fulvia Coupé da una parte e quelli dell'Alfa Romeo Gt Junior dall'altra. Con la Lancia ho corso a lungo e mi sono divertito un sacco. E come tutti i lancisti di vecchia data ho visto sempre questo marchio glorioso soffrire (negli anni 50 ero troppo piccolo e prima della guerra non c'ero). Ricordo bene che ne parlai a lungo con Vittorio Ghidella, probabilmente era il 1980, a un rally dei Mille Laghi in Finlandia dov’era venuto con la moglie. Proprio il manager forse più "automobilaro" della storia Fiat mi parlò preoccupato della difficoltà di imporre questo marchio al di fuori dei confini italiani. "Io ce la metterò tutta, può scommetterci — mi disse quasi a tranquillizzarmi, anche se non ero certamente io il suo problema — ma la Fiat deve pensare in grande e nel grande la Lancia farà sempre fatica". Io riportai su Autosprint quelle parole, con il mio indimenticato direttore, Marcello Sabbatini, che ci fece un titolo impietoso "Ghidella non vede un futuro per la Lancia". Allora arrivano molte lettere in redazione (le mail erano una cosa inimmaginabile) e in tutte c'era un livore incredibile contro in capo della Fiat che, peraltro, a breve andava sfornando il meglio del marchio, la Thema, la Delta e la Prisma. Riporto questo episodio per sottolineare come la Lancia sia stata sempre un cruccio per tutti gli uomini sul ponte di comando del Gruppo. Il suo limite stava sempre nell'inesistente penetrazione sui mercati esteri, e questo anche quando la Stratos e poi la Delta vincevano tutto nei rally.[11]
  • [Nel 2013, sulla crisi del coupé] [...] è proprio questa concezione di vettura ad essere uscita dagli schemi mentali dei nuovi automobilisti, che a parole sognano bolidi accessibili, ma nell'intimo privilegiano altre necessità. Se oggi si vendono soltanto SUV oppure, in minor quantità, le piccole monovolume, significa che a vincere sono esigenze pratiche. L'acquisto di un'auto comporta un impegnativo investimento di denaro ed è finita l'epoca del piacere emozionale che non è più la prima motivazione d'acquisto e nemmeno la seconda e probabilmente nemmeno la terza. I più avanti nell'età sognano sempre un ritorno delle Gta, delle Fulvia Coupé, delle Clio Williams, ma al dunque sono poi i primi a orientarsi su altri modelli, meno fascinosi ma più coerenti con gli odierni stili di vita. Un peccato, perché se uno si fa un giretto su una GT86 o su una BRZ poi non vorrebbe più scendere in quanto, anche andando pianissimo, si riscopre il gusto dell'adrenalina alle stelle. Però s'è definitivamente chiusa una porta, e probabilmente i costruttori non ci cascheranno più. Il tempo delle coupé dal prezzo abbordabile pare proprio finito.[12]
  • Da quanto tempo non si vedeva sui media di tutta Europa tanto entusiasmo per una vettura derivata dalle corse come la Toyota GR Yaris che tanto ricorda l'indimenticata Lancia Delta Integrale? Oggigiorno di solito le vetture "cattive" non suscitano più scalpore, non generano commenti entusiastici, scivolano via come l'acqua sulla pietra. Invece con la GR Yaris è successo il contrario: ne hanno parlato tutti con ampio spazio e sempre giudizi molto lusinghieri. Significa che in Toyota hanno colpito nel segno se anche i pantofolai della comunicazione si sono improvvisamente riaccesi. Sarà che la GR Yaris è piccola ma promette prestazioni esagerate, sarà che costa tutto sommato poco per quello che propone e per quello che lascia immaginare [...], sarà infine che un passaggio al contrario non si era preparati a vederlo (da un'auto da corsa a una di serie...) fatto sta che la scommessa dei giapponesi potrebbe aver centrato l'obiettivo vincendo anche lo scetticismo degli ultimi avversori del motore 3 cilindri. [...] Invidio chi, più giovane di me, potrà farci un pensiero. Soprattutto chi può vivere fuori dai grandi centri e magari vicino a colline e montagne di cui il nostro Paese è pieno. Lontano dal traffico, guidarla promette un piacere assoluto, attaccandosi al cambio manuale come nel bel tempo che fu e godendo di reazioni cui non si è più abituati. Viene da una vettura che domina nel mondiale rally e già questo è un biglietto da visita niente male, se poi guidandola si potrà godere di prestazioni da vera supercar approfittando al contempo di dimensioni contenute e di un peso vettura attorno ai 1300 chili (anche qui come una volta, che bel passo indietro...) con un assetto rigido che ti fa credere di essere un pilota vero, bé c'è da brindare con bollicine di marca, altroché. Ma sì, una volta tanto, parliamo di adrenalina e non di infotainment, di differenziali autobloccanti e pure di sedili che ti stringono il bacino e ti obbligano a una postura vera: non eravamo più abituati a tanto ben di Dio![13]
  • [Sulla Smart] Ricordo bene tutte le difficoltà degli inizi, con la voglia della Swatch di mettere per strada una vettura che fosse rivoluzionaria come lo erano i suoi orologi di plastica che stavano spopolando, irriverenti, sul mercato mondiale. Purtroppo per i fabbricanti di orologi progettare una vettura è molto più complesso perché se da un lato ci può essere il rischio di sbagliare l'ora, con le auto si possono mettere a rischio delle vite. Così ci volle l'alleanza con la Mercedes, che le auto da sempre le ha sapute costruire al meglio, per arrivare all'impertinente creazione comune con un nome facile da capire ma impossibile da brevettare perché smart è un aggettivo che può essere tradotto dall'inglese in rapido, veloce, abile, acuto, brillante, sveglio, intelligente, ma anche alla moda ed elegante. E un aggettivo non è mai brevettabile al contrario di un nome proprio, meglio ancora se inventato. Così nacque il simil acronimo S.M.art che stava per Swatch Mercedes Art, sintetizzando il concetto che era un colpo d'ingegno delle due case. L'oggetto che venne fuori fu un vero shock per un mondo bigotto quale è sempre stato quello dell'auto, e impiegò tanto tempo ad imporsi perché sì va bene la colorazione sempre esagerata, le prestazioni subito sorprendenti e la sicurezza della cellula che proteggeva gli occupanti, però era una cosetta così piccola e così strana che non si poteva digerire. In Italia ci volle l'intuito di un grande dirigente come Maurizio Alagna a segnarne il destino di successo. S'inventò mille trovate geniali tanto che, nel rapporto tra grandi città presenti sul territorio e le vendite di Smart, nessun mercato al mondo ha visto un successo paragonabile a quello italiano. A Roma, dove più che in qualsiasi altro posto le due posti tedesche sono finite nel traffico cittadino, la moda del parcheggio ortogonale rispetto al senso di marcia è diventata una regola.[14]
  • [Nel 2022] È incredibile l'interesse che suscitano sempre le auto del biscione al di là di quelli che sono poi i dati di vendita. [...] È evidente che il marchio Alfa possiede ancora, e verrebbe da dire nonostante tutto, un fascino unico sulla gente, figlio di radici lontane che ci portiamo dentro magari senza nemmeno sapere bene perché. Il passato di storia e gloria è dimenticato da un pezzo, però il brand resta appiccicato addosso e si trasferisce di padre in figlio. Da mezzo secolo le Alfa Romeo sono vetture che faticano a imporsi sul mercato con poche eccezioni, [...] tanto che la frase "Le Alfa sono come la bella Cecilia: tutti le vogliono e nessuno le piglia" ha tenuto banco tra gli addetti ai lavori. Però il fascino resiste [...][15]
  • [Nel 2022] In un mercato dove i listini, trainati dai costi all'acquisto delle vetture elettriche, sono saliti alle stelle tanto tutti i costruttori li hanno alzati senza ritegno perché le auto tradizionali costano comunque poco rispetto alle vetture alla spina che dovrebbero essere il futuro imposto dai Governi, succede che anche le utilitarie diventano inaccessibili. [...] Questo ci deve far capire quello che succederà negli anni a venire quando l'imposizione forzata delle auto elettriche, i cui prezzi non caleranno troppo (meglio non farsi esagerate illusioni), vedrà un fiorire di oggetti di pseudo lusso pressoché inarrivabili, con la massa che allora troverà sfogo nell'arrivo di proposte cinesi queste sì con listini accettabili. Il mercato della Grande Muraglia già oggi è fitto di vetture a batteria che costano poco e quando si decideranno ad esportarle, dopo anni di esperienza in loco, lo faranno con listini aggressivi. Saranno vetture di bassa qualità, di scarse prestazioni e con una sicurezza molto elementare ma saranno alla portata di tante tasche altrimenti escluse dalla mobilità privata. I grandi marchi diventeranno di nicchia e noi regaleremo un secolo e passa di storia e di gloria ai nuovi invasori. Come la chiama Grillo? La decrescita felice. Eccola alle porte.[16]
  • [Nel 2022] Voi da che parte state, siete per il lavoro o per l'ambiente? La domanda è in apparenza provocatoria, ma è quello che ha portato a sua giustificazione la Ford per mettere a casa tremila dipendenti al fine di ridistribuire le risorse e destinarle alla costosissima svolta elettrica. [...] Gli americani, sul lavoro, sono estremamente pragmatici, e questo modo di operare li ha sempre caratterizzati. Al contrario che in Europa, dove in genere gli Stati intervengono dando soldi per evitare i licenziamenti, negli States il Governo mette fuori i quattrini se il piano aziendale contempla sacrifici ma rimette a posto i conti di una azienda. [...] In sintesi Ford dice che i costi per sviluppare le nuove vetture elettriche sono enormi e ci vorrà molto tempo per avere un ritorno economico, quindi non ci sono alternative: se si vuole un mondo più pulito bisogna fare sacrifici. [...] Insomma, stiamo arrivando al nocciolo della questione elettrica: la transizione sarà molto crudele anche se per adesso tanti governanti non se ne stanno rendendo conto. I sindacati e le varie associazioni di categoria lo stanno denunciando da anni: in Italia sono a rischio almeno 70 mila posti, un'intera città di media grandezza. Ma la questione ambientale [...] viene sempre prima del lavoro, fa più effetto, piace di più ai giovani che sono già rassegnati a non trovarlo il lavoro. Il tema è invece centrale per quanto scomodo, si tratta di scegliere da che parte stare ed è una questione estremamente seria che potrebbe in fretta rivelarsi drammatica. Perché non la si affronta invece che far finta che il problema non sia a un passo dal materializzarsi?[17]
  • Se un ubriaco va fuori strada e ammazza un povero innocente la prima reazione di chi amministra le città è di intervenire riducendo i limiti di velocità sulle strade e magari aumentando le sanzioni. Il problema è che la stragrande maggioranza degli automobilisti si muove usando la testa, ma sarà quella che ne pagherà direttamente le conseguenze: limiti di velocità a 30 all'ora in città [...], dissuasori sulla strada, autovelox fissi e mobili, peso delle contravvenzioni aumentato. Tolleranza zero, insomma, così io che viaggio rispettando i limiti attuali dovrò sorbirmi la tortura di troppi dissuasori, quasi sempre fuori norma, per colpa di ubriacone se non peggio di un drogato. Probabilmente rischierò anche di essere multato per un eccesso di velocità minimo ma pagando una multa superiore a quelle già alte che sono in vigore. Il tutto senza arrivare alla soluzione perché quei delinquenti che guidano ubriachi, o peggio ancora impippati e spesso senza patente di guida, non si fermeranno certo se i limiti sono più bassi. Loro i limiti non li rispetteranno mai ma a pagarne le conseguenze saremo noi rispettosi delle regole. [...] Il risultato è quello del vecchio cartello degli anni 50: per colpa di qualcuno non si farà più credito a nessuno. Finiremo incolonnati e viaggeremo come lumache col risultato che ci attaccheremo al più famoso apparecchio di distrazione di massa esistente, il telefonino, e peggioreremo ancora di più la situazione. Così dopo si stringeranno ancora di più i limiti fino a che non ci si potrà più spostare. Anzi no, i disgraziati non patentati ed ebbri o fatti continueranno a colpire vigliaccamente gli innocenti a bordo strada e chissà se allora si capirà che se al posto di vessare quelli ligi al codice della strada sarebbe stato meglio fermare quelli fuori regola. Non tutti, perché non è ovviamente possibile, ma un bel po' di più quello sì.[18]

Note[modifica]

  1. Da Destra 3 lunga chiude. Quando i rally avevano un'anima, Vimodrone, Giorgio Nada Editore, 2016, ISBN 9788879116664; citato in Lorenzo Rondelli, Destra 3 lunga chiude, automotivespace.it, 21 settembre 2020.
  2. Citato in Vincenzo Borgomeo, 101 storie sulla Citroën 2CV che non ti hanno mai raccontato, Roma, Newton Compton Editori, 2016, ISBN 978-88-227-0148-0
  3. Da Tony e... fulmini (inutili) di Rohrl, Autosprint, 1979.
  4. a b Da Lancia, finalmente rispunta l'orgoglio, Repubblica Automotori, supplemento a la Repubblica, 21 ottobre 2003, p. 20; citato in repubblica.it.
  5. Da Forfour, l'auto alcova. E la Smart raddoppia, Repubblica Automotori, supplemento a la Repubblica, 21 ottobre 2003, p. 26; citato in repubblica.it.
  6. Da Tonde al primo sguardo e così dolci da guidare, Repubblica Automotori, supplemento a la Repubblica, 21 ottobre 2003, p. 32; citato in repubblica.it.
  7. Da Pininfarina, 90 anni e non sentirli, repubblica.it, 29 gennaio 2020.
  8. a b Da Alessandro Secchi, F1 | Intervista a Carlo Cavicchi, p300.it, 19 febbraio 2016.
  9. a b Dall'intervista di Andrea Ettori, Corsica nera: Carlo Cavicchi ci racconta Henri Toivonen, Sergio Cresto e Attilio Bettega, p300.it, 2 maggio 2020.
  10. Da Gilles e quella prima intervista..., blog.quattroruote.it, 7 maggio 2012.
  11. Da La Lancia, il cuore e la ragione, blog.quattroruote.it, 4 novembre 2012.
  12. Da Le coupé davvero non piacciono più, blog.quattroruote.it, 30 luglio 2013.
  13. Da L'indimenticabile Delta è rinata, ma è una Toyota!, blog.quattroruote.it, 4 dicembre 2020.
  14. Da Aiuto! Dov'è finita la Smart che abbiamo nel cuore?, blog.quattroruote.it, 6 maggio 2022.
  15. Da Il fascino delle Alfa sulla gente sorprende sempre, blog.quattroruote.it, 3 giugno 2022.
  16. Da Il meritato successo della DR ci fa capire che futuro ci aspetta, blog.quattroruote.it, 15 luglio 2022.
  17. Da Ambiente o lavoro, scelta drammatica, blog.quattroruote.it, 26 agosto 2022.
  18. Da Per colpa di qualcuno pagheremo tutti, blog.quattroruote.it, 4 novembre 2022.

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