Tutte le ragazze avanti!
Tutte le ragazze avanti!, libro del 2018 di Giusi Marchetta, Marzia D'Amico, Giulia Gianni, Giulia Perona, Giulia Cavaliere, Maria Marchese, Lucia Brandoli, Marta Corato, Marina Pierri, Claudia Durastanti, Giulia Sagramola e Giulia Blasi.
Ho pensato questo libro per te, perché ti sia utile, e per me, perché avevo bisogno di perdonarmi.
Il ricordo più vivo che ho della mia infanzia è che non volevo essere una bambina. Mi sembrava che ci fosse qualcosa di diverso nel mio modo di stare al mondo rispetto a quello di mio fratello e dei suoi amici maschi: c'erano più regole sull'andare in giro da sola e più servizi da fare in casa; muri spessi separavano i piatti da lavare, i pavimenti e i panni sporchi dagli uomini come mio padre e mio nonno: per questo non li vedevano e non se ne occupavano. E poi c'erano parole solo per le ragazze, quelle che servivano per indicare chi metteva gonne troppo corte, rideva troppo forte, rincasava troppo tardi.
Dall'altra parte invece esisteva un mondo che mi pareva senza confini: per i maschi nulla era troppo.
Citazioni
[modifica]- Così, all'università, quando ho cominciato a lavorare ai miei primi racconti mi sono calata nella parte dell'intrusa e se dicevano che scrivevo come un maschio mi sembrava un complimento, di più, un augurio: un giorno forse sarei potuta entrare anch'io nella schiera degli scrittori che parlavano al mondo in modo oggettivo, raccontando storie che comprendevano tutti, non solo le donne. (Giusi Marchetta, p. 9)
- Per me essere femminista vuole dire prima di tutto migliorare me stessa. Rappresenta la mia scelta e la mia possibilità di mettermi in discussione: rivedere come elaboro le cose che il mondo mi offre, cambiando la mia percezione delle stesse e poi andare nel mondo per cambiarne l'orientamento. Significa prima di tutto elasticità mentale, e fatica. La lotta non è mai solitaria se si impara a guardarsi intorno, e quindi femminismo vuole dire anche collettività. È una maniera di lavorare sulla mia persona in contatto con le altre (virtualmente, fisicamente); una volta che ho capito questo, che femminismo vuole dire sorellanza – partecipazione, libertà –, non è stato più facile battagliare, però è stato più bello. (Marzia D'Amico, p. 21)
- Mi riconoscevo nel genere femminile ma mi sembrava avvilente abbracciarlo, perché percepivo il femminile come una categoria povera. Non volevo essere una femmina come le altre. Volevo essere una femmina come gli altri. (Marzia D'Amico, p. 25)
- Quella che pare una rinuncia alla leggerezza, è in realtà una liberazione: significa darsi la possibilità di essere la versione sempre migliore di sé stessi. (Marzia D'Amico, p.35)
- L'obiettivo del femminismo è costituire un nuovo tessuto sociale attraverso le pratiche di lotta nel nome dell'eguaglianza e della solidarietà. (Marzia D'Amico, p. 36)
- Il femminismo intersezionale combatte perché non si cancellino le diverse identità marginalizzate, imponendosi di lottare per una liberazione totale e non gerarchica. Il femminismo intersezionale ci invita all'autodeterminazione, ma anche alla consapevolezza della propria posizione nel mondo, e ci insegna a dare altrettanto valore alle condizioni ed esperienze altrui. Ci indica che l'oppressione non si ferma a quella che subiamo noi, e solo noi, nell'immediato, e ci sprona a combattere nella direzione della liberazione trasversale da ogni oppressione. Ma ci insegna, soprattutto, a non prevaricare. (Marzia D'Amico, p. 37)
- Credo in un mondo che non sia della differenza ma delle differenze. Un mondo di coesistenza e apprezzamento dell'unicità di ogni singolo, anziché di rifiuto di chi non si omologa alla norma. Questo sarebbe possibile se ci educassimo tutti ad apprezzare l'apporto che ognuno dà gratuitamente alla società grazie alla sua specificità, invece che fossilizzarci sul sistema odierno (sessista, razzista, classista in cui a salvarti dalla marginalizzazione è, forse, solo – tristemente – la produttività, unico valore trasversale). (Marzia D'Amico, p. 42)
- Soprattutto credo sia molto importante non avere paura di stare scomodi, di essere messi in difficoltà: sbagliare è umano e lecito, ma rifiutare il confronto e l'insegnamento che il prossimo può offrirci è un atto irrispettoso per noi stessi e per il mondo. (Marzia D'Amico, p. 42)
- Non ho paura della rabbia [...], e anzi è uno strumento utile ad alimentare un sentimento più ampio di rivolta; è una passione, la rabbia, e come tale va usata: può distrarre dall'argomentare con consapevolezza le proprie posizioni, quindi non bisogna affidarsi a questa ciecamente, ma non va neanche eliminata. Non trovo sbagliato, in un mondo che ci costringe a bisbigliare, urlare. È liberatorio, sconvolge tutto il corpo: bisogna superare i preconcetti sul giusto comportamento per potersi concedere di urlare di rabbia. (Marzia D'Amico, p. 44)
- Di uomini che hanno tentato di spiegarmi cose, anche riguardanti il lavoro, la musica, l'arte ne ho trovati tanti.
Il problema è incontrare uomini che spiegano ma non ascoltano, che non considerano chi hanno di fronte un essere parimenti dotato di capacità, conoscenza, amore.
La grande differenza sta tra chi ti spiega e chi discute con te, che è come la differenza tra chi ti molesta e chi ci prova, in qualche modo.
Sia sempre benvenuto, e nel mio caso amato, adorato e desiderato, l'uomo che parla, discute, si confronta con te, l'uomo che ti insegna ad amare ciò che non conosci e quello che desidera imparare da te: scambiarsi le conoscenze e le passioni, in fondo, è una delle cose più importanti ed eccitanti della relazione tra due esseri umani. (Giulia Cavaliere, pp. 74-75) - La figura di David Bowie è stata fondamentale per la mia apertura mentale rispetto al concetto di maschile e femminile, quando ho incontrato Ziggy Stardust la prima volta non avevo neppure compiuto 13 anni: ho imparato da lui che siamo tutti maschi e femmine, che abbiamo infinite anime intercambiabili, che siamo molte cose e soprattutto, finché siamo da queste parti, possiamo essere ciò che desideriamo. (Giulia Cavaliere, p. 78)
- Direi anche un'altra cosa a queste ragazze, una cosa che mia madre mi ha sempre detto a sua volta: non esistete in funzione di un uomo, o in funzione di averne uno, di sposarvi e di procreare; fate quello che volete e cercate di riempire la vostra vita di cose che amate, di emanciparvi attraverso l'amore per ciò che voi siete nel pianeta mentre state vivendo. Che sia da soli o con qualcuno non è il nodo della questione. (Giulia Cavaliere, pp. 81-82)
- Cos'altro è il femminismo, se non il permesso che ci diamo di vincere la paura, di vivere a prescindere dai condizionamenti sociali? Si dice spesso che "siamo tutti persone", poi scopriamo che per "persona" si intende quasi sempre un uomo bianco, di ceto medio, presuntamente eterosessuale. (Maria Marchese, p. 88)
- Io mi sono prefissata di non fare niente che non voglia davvero, quindi appena la situazione si fa scomoda mi dileguo, scongiurando possibili molestie, ma rinunciando anche al progetto. Questo mi ha insegnato qualcosa sull'argomentazione per cui "le donne molestate potrebbero anche scegliere di non cedere". Non ci si rende conto che è un falso aut/aut, se "non cedere" ha come conseguenza rinunciare a un lavoro che hai sognato tutta la vita. (Maria Marchese, p. 93)
- La parola magica, laddove ce ne sia la possibilità, è sempre "scelta". Io scelgo di ribadire all'altra persona che non sono tenuta ad adeguarmi ai suoi immaginari sulle donne. (Maria Marchese, p. 95)
- Non basta dire, bisogna saper dire. Una volta trovata la propria dimensione, occorre anche imparare a esistervi. (Marina Pierri, p. 135)
- Come espressione della contemporaneità, non dobbiamo dimenticare le nostre madri, le nostre nonne e le nostre trisnonne. Come esseri umani, non dobbiamo temere di lasciare un'impronta sulla realtà. Come donne, dobbiamo parlare. Recitare. Contraddire. Asserire. Insistere. Emergere. Lasciare un segno pure nelle piccole cose e nelle grandi. Anche quando, come nel caso di Frida Kahlo, il prezzo da pagare è alto. Dobbiamo dunque evitare, a ogni costo, che la nostra voce venga cancellata o elisa. Come femmine, dobbiamo puntare a essere rappresentate e rappresentare il nostro punto di vista. (Marina Pierri, pp. 136-137)
- Ognuna di noi arriva al femminismo con la sua storia particolare, con i suoi desideri, con la sua rabbia e il suo senso di giustizia. Tenere insieme questi vissuti con un progetto politico può essere complicato, lo è, ma non più di quanto lo sia tenere insieme un progetto politico di sinistra. E questa differenza interna al movimento, che viene catalogata come «femministe che si fanno la guerra tra loro», «donne incapaci di far fronte comune» mi avvilisce. Perché da un intellettuale o politico maschio ci aspettiamo che sia in conflitto con i suoi colleghi, e che questo conflitto e questa divergenza di opinioni possa essere esercitata con correttezza. Anzi, la «differenza» tra intellettuali maschi passa anche come merito, come segno di ambizione. (Claudia Durastanti, pp. 148-149)
- Mi ero scelta il ruolo dell'intellettuale androgina, pur avendo un fisico che non me lo permetteva, e credevo davvero che avrei avuto tanto più potere quanto più avessi ignorato il fatto di avere un seno. (Claudia Durastanti, p. 151)
- Quando leggo Clarice Lispector o Susan Sontag e soprattutto Joan Didion, provo un'ammirazione feroce per come sono riuscite a preservare la consapevolezza della loro vita, delle loro esperienze necessariamente influenzate dal genere, ma anche a trascenderla, non in nome di un universale che fosse appetibile a un maschio bianco eterosessuale, ma in direzione di un umanesimo ambiguo, contraddittorio, che si rinnova ogni volta che lo leggo, quasi pansessuale. (Claudia Durastanti, pp. 159-160)
- Non voglio che a un universale maschio e bianco si sostituisca un altro universale. Voglio che gli si sostituisca una serie di universi. (Claudia Durastanti, p. 166)
- È venuto il momento di parlare con gli uomini però da pari. Questo può significare "rompergli le palle", quando serve. Ci siamo preoccupate veramente troppo a lungo di cosa pensavano gli uomini. Abbiamo messo per troppo tempo la loro sofferenza e il loro disagio sopra la nostra sofferenza e il nostro disagio. (Giulia Blasi, p. 180)
- Se noi sottraiamo il giudizio morale dalla percezione del corpo ci vediamo più belli e vediamo più belli gli altri e la vita è oggettivamente migliore. (Giulia Blasi, p.184)
- Il potere politico ha una percezione decorativa dei diritti delle donne, vuole soltanto che si sentano coinvolte. Perché le uniche leader politiche che questo Paese accetta sono quelle che rispondono alle logiche del patriarcato; se parlano con la voce del patriarcato vanno bene se parlano con la voce delle donne e con la voce dei diritti vengono attaccate. (Giulia Blasi, p. 185)
- Il femminismo non è una guerra ma sicuramente è una battaglia. E c'è anche della gioia, in questa battaglia, perché il più delle volte c'è la sensazione di non lasciarsi schiacciare dalla storia e perché c'è la solidarietà, non solo tra ragazze. Quindi ecco cos'è il femminismo: una grande solidarietà tra ragazze e nei confronti di quelli che non sono attratti sessualmente dalle ragazze, o lo sono ma non mettono le mani sulle gambe a tutte; solidarietà nei confronti di quelli che sono diversi dagli altri per qualsiasi motivo, solidarietà nei confronti delle differenze, tutte le differenze. (Giulia Blasi, pp. 186-187)
- Non c'è libertà nel dover decidere cosa fare quando si subisce un ricatto. La libertà sarebbe non essere costrette a passare da quella porta. La libertà è quella di non dover andare o meno davanti al guardiano a pagare il pizzo. (Giulia Blasi, p.189)
- Piano piano la curva della Storia tende alla giustizia; non è veloce come vogliamo, ma è più veloce quanta più gente collabora, è chiaro: se tu pensi non cambierà mai niente, non fai nulla, il mondo rimane così. Se tu fai una cosa anche piccola, il mondo è già un po' cambiato, se tu influenzi anche solo una persona nella tua vita, il mondo è già cambiato, se tu sei stato influenzato da una persona e hai fatto qualcosa di positivo per gli altri, il mondo è già cambiato, quindi il mondo cambia eccome. (Giulia Blasi, p. 190)
- Ognuno di noi a questo mondo ha il diritto di avere il suo spazio, ognuno di noi ha il diritto di avere la sua vita quindi bisogna smettere di pensarsi come funzionali ai ragazzi e cominciare a pensarsi intere.
Le ragazze devono cominciare a lavorare per la propria felicità.
Se prenderti il tuo spazio ti fa perdere il ragazzo attuale con cui stai, pazienza.
È brutto da dire, ma si sopravvive lo stesso. In futuro troverai una persona che non ti vuole docile ma ti vuole intera. (Giulia Blasi, p. 193)
Bibliografia
[modifica]- Giusi Marchetta (a cura di), Tutte le ragazze avanti!, Add editore, Torino, 2018. ISBN 9788867832149