Umberto Boccioni

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Umberto Boccioni, autoritratto

Umberto Boccioni (1882 – 1916), pittore e scultore italiano.

Citazioni di Umberto Boccioni[modifica]

  • Dichiaro come sempre brutalmente che è impossibile per un artista veramente moderno di vivere nel fetore pestilenziale degli ateliers. Peggio se questi ateliers sono collettivi, cioè Accademie private o governative. Per noi che vogliamo vivere nella concezione dinamica della vita, il trasportare la propria sensibilità di un luogo fisso e chiuso per studiare durante lunghi anni ciò che ha formato la verità di altre epoche è un errore bestiale che ci ripugna come un suicidio sistematico.[1]
  • “E non sorridete [...] quando vedete un artista che tenta una nuova espressione. Pensate che chi cerca il nuovo soffre, soffre intensamente, prova delle emozioni dolorosissime. Sappiate ammirare un tentativo anche se è rimasto tale, perché profondamente degno di rispetto chi cerca di aprirvi il suo cuore e dirvi la sua emozione con una parola nuova, anche se non riesce completamente ad esprimersi[2].
  • Il denaro!... La posizione sicura!... ecco il germe di tutte le vigliaccherie artistiche italiane! Aver delle commissioni, degli incarichi governativi, essere influenti, decorati, e incassar quattrini... Vigliacchi! vigliacchi! vigliacchi![3]
  • [Sul dipinto La strada entra nella casa] La sensazione dominante è quella che si può avere aprendo una finestra: tutta la vita, i rumori della strada, irrompono contemporaneamente come il movimento e la realtà degli oggetti fuori. Il pittore non si deve limitare a ciò che vede nel riquadro della finestra, come farebbe un semplice fotografo, ma riproduce ciò che può vedere fuori, in ogni direzione, dal balcone.[4]
  • Una benché lontana parentela con la fotografia l'abbiamo sempre respinta con disgusto e con disprezzo perché fuori dall'arte. La fotografia in questo ha valore: in quanto riproduce ed imita oggettivamente, ed è giunta con la sua perfezione a liberare l'artista dalla catena della riproduzione esatta del vero. (da Il dinamismo futurista e la pittura francese, Lacerba, 1° agosto 1913[5])

Manifesto tecnico della scultura futurista[modifica]

Per approfondire, vedi: Manifesti futuristi.

Incipit[modifica]

La scultura nei monumenti e nelle esposizioni di tutte le città d'Europa offre uno spettacolo così compassionevole di barbarie, di goffaggine e di monotona imitazione, che il mio occhio futurista se ne ritrae con profondo disgusto!

Citazioni[modifica]

  • Noi dobbiamo partire dal nucleo centrale dell'oggetto che si vuol creare, per scoprire le nuove leggi, cioè le nuove forme che lo legano invisibilmente ma matematicamente all'infinito plastico apparente e all'infinito plastico interiore.
  • In scultura come in pittura non si può rinnovare se non cercando lo stile del movimento, cioè rendendo sistematico e definitivo come sintesi quello che l'impressionismo ha dato come frammentario, accidentale, quindi analitico. E questa sistematizzazione delle vibrazioni delle luci e delle compenetrazioni dei piani produrrà la scultura futurista.
  • Naturalmente noi daremo una scultura d'ambiente. Una composizione scultoria futurista avrà in sé i meravigliosi elementi matematici e geometrici che […] saranno incastrati nelle linee muscolari di un corpo.
  • Rovesciamo tutto, dunque, e proclamiamo l'assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa. Spalanchiamo la figura e chiudiamo in essa l'ambiente [:] che il marciapiede può salire sulla vostra tavola e che […] la vostra lampada allaccia la sua ragnatela di raggi di gesso.
  • [T]utto il mondo apparente deve precipitarsi su di noi, amalgamandosi.
  • [N]ella scultura l'artista non deve indietreggiare davanti a nessun mezzo pur di ottenere una REALTÁ.
  • Nessuna paura è più stupida di quella che ci fa temere di uscire dall'arte che esercitiamo. Non v'è né pittura, né scultura, né musica, né poesia, non v'è che creazione!
  • Proclamare che la scultura si prefigge la ricostruzione astratta dei piani e dei volumi che determinano le forme, non il loro valore figurativo. (n.° 1)
  • Abolire in scultura come in qualsiasi altra arte il sublime tradizionale dei soggetti. (n.° 2)
  • [A]ffermare la necessità assoluta di servirsi di tutte le realtà per tornare agli elementi essenziali della sensibilità plastica. (n.° 3)
  • Distruggere la nobiltà tutta letteraria e tradizionale del marmo e del bronzo. (n.° 4)
  • Affermare che anche venti materie diverse possono concorrere in una sola opera allo scopo dell'emozione plastica. [Il concetto del "polimaterico"] (n.° 4)
  • Proclamare che nell'intersecazione dei piani di un libro con gli angoli d'una tavola, nelle rette di un fiammifero, nel telaio di una finestra, v'è più verità che in tutti i grovigli di muscoli, in tutti i seni e in tutte le natiche di eroi o di veneri che ispirano la moderna idiozia scultoria. (n.° 5)
  • Che solo una modernissima scelta di soggetti potrà portare alla scoperta di nuove idee plastiche. (n.° 6)
  • La cosa che si crea non è che il ponte tra l'infinito plastico esteriore e l'infinito plastico interiore, quindi gli oggetti non finiscono mai e si intersecano con infinite combinazioni di simpatia e urti di avversione. (n.° 9)
  • Bisogna distruggere il nudo sistematico, il concetto tradizionale della statua e del monumento! (n.° 10)

Explicit[modifica]

[Bisogna] rifiutare coraggiosamente qualsiasi lavoro, a qualsiasi prezzo, che non abbia in sé una pura costruzione di elementi plastici completamente rinnovati.

Pittura scultura futuriste[modifica]

Incipit[modifica]

Nelle innumerevoli discussioni e conferenze che ho fatte in Italia e all'Estero ho sempre trovato nei pittori, negli scultori, negli architetti e negli artisti in generale, la più completa ignoranza sulle finalità dell'opera d'arte, l' indifferenza più cieca sulla necessità di una stretta relazione storica col momento in cui essa appare. Per quasi tutti l'opera d'arte è un fatto isolato. Un fenomeno di esecuzione più o meno gradevole. Quasi tutti confondono l'atto di dipingere, scolpire o costruire con l'atto creativo. S'illudono che la lagrimetta versata su la prima sciocchezza che ci appare significhi ispirazione. I pittori per esempio, i nostri cari e scapigliati pittori, vogliono dipingere come sentono... poveretti, e tremano di terrore se debbono porre il più leggero controllo alle loro emozioni, e farne una selezione per elevarle. Tutti: artisti, dilettanti e pubblico, hanno un fardelletto di dolcissime abitudini sentimentali che difendono a morsi e a graffi per non separarsene neanche dinnanzi all'evidenza delle più elementari verità! I miserevoli ricordi cilestrini dell'infanzia, le influenze oscure dell'atavismo, i languori bianchi della pubertà... tutte le stupidaggini: l'educazione di famiglia l'imbecille rettorica classico-quarantottesca che i nostri genitori e i nostri professori ci hanno imposte per lunghi anni, formano per quasi tutti gli artisti con cui ho parlato una specie di morbido letticciuolo dal quale, crogiuolati nel tepore della loro viltà, osano volgere i timidi sguardi sul mondo.

Citazioni[modifica]

  • Non ho esitato a chiamare vigliaccheria mentale l'abitudine di gran parte della gioventù artistica italiana nel seguire ciecamente ciò che viene insegnato nei libri, nelle accademie o nei musei. È ridicolo lo spettacolo che dànno gli artisti nelle nostre esposizioni quando mostrano e difendono con una sordida ignoranza dialettale le loro impiastricciature romantico-commerciali, sempre plagiate dal museo o dalla produzione straniera di cinquant'anni fa. (p. 37)
  • La storia dell'arte che va dal secolo XV al secolo XIX è una lotta continua più o meno palese negli artisti francesi, fiamminghi, tedeschi, spagnuoli e inglesi per liberarsi dall'italianismo, che fu, come ognuno sa, secondo l'epoca o la moda o i temperamenti, fiorentino, romano, veneziano e bolognese. Il preraffaellismo inglese ne è stata forse l'ultima crisi. (p. 90)
  • Gli Impressionisti che ho chiamati, altrove, a causa del loro sperimentalismo, temperamenti scientifici, furono i veri iniziatori del grande distacco dal passato. E ciò perché la loro reazione segnava, per quanto rudimentale, un principio di identità tra la sensazione e la creazione. (p. 92)
  • Un quadro di Picasso non ha legge, non ha lirismo, non ha volontà. Presenta, svolge, sconvolge, sfaccetta, moltiplica i particolari dell'oggetto all'infinito. Lo spaccato dell'oggetto e la fantastica varietà d'aspetti che possono assumere nel suo quadro un violino, una chitarra, un bicchiere eccetera, creano una meraviglia analoga a quella che ci dà l'enumerazione scientifica dei componenti di un oggetto che fino ad oggi avevamo considerato, per ignoranza o per tradizione, nel suo insieme di unità. Era una scoperta fatale, necessaria nell'arte. È il portato prezioso di una elaborazione, ma non è ancora l'emozione o, per lo meno, è solo un lato dell'emozione. È l'analisi scientifica che studia la vita nel cadavere, che disseca i muscoli, le arterie, le vene, per studiarne le funzioni e scoprire le leggi della creazione. (pp. 119-120)
  • Alludo al genio di Medardo Rosso, a un italiano, al solo grande scultore moderno che abbia tentato di aprire alla scultura un campo più vasto, di rendere con la plastica le influenze d'un ambiente e i legami atmosferici che lo avvincono al soggetto. (pp. 397-398)
  • Constantin Meunier nulla ha portato di nuovo nella sensibilità scultoria. Le sue statue sono quasi sempre fusioni geniali dell'eroico greco con l'atletica umiltà dello scaricatore, del marinaio, del minatore. La sua concezione plastica e costruttiva della statua e del bassorilievo è ancora quella del Partenone o dell'eroe classico, pur avendo egli per la prima volta tentato di creare e divinizzare soggetti prima di lui disprezzati o lasciati alla bassa riproduzione veristica. (p. 398)
  • Bourdelle porta nel blocco scultorio una severità quasi rabbiosa di masse astrattamente architettoniche. Temperamento appassionato, torvo, sincero di cercatore, non sa purtroppo liberarsi da una certa influenza arcaica e da quella anonima di tutti i tagliapietra delle cattedrali gotiche. (p. 398)
  • Rodin è di una agilità spirituale più vasta [di Meunier e di Bourdelle] che gli permette di andare dall'impressionismo del Balzac all'incertezza dei Borghesi di Calais e a tutti gli altri peccati michelangioleschi. Egli porta nella sua scultura un'ispirazione inquieta un impeto lirico grandioso, che sarebbero veramente moderni se Michelangelo e Donatello non li avessero avuti, con le quasi identiche forme, quattrocento anni or sono e se servissero invece ad animare una realtà completamente ricreata. (p. 399)

Note[modifica]

  1. Da Estetica e arte futuriste, Casa editrice "Il balcone", Milano, 1946, p. 17.
  2. Citato in Conferenza Boccioni, Gazzetta di Mantova, 29 febbraio 1916.
  3. Da Estetica e arte futuriste, Casa editrice "Il balcone", Milano, 1946, p. 12.
  4. Citato in Enrico Crispolti, Storia e critica del Futurismo, Roma-Bari, Laterza, 1986, p. 163.
  5. Citato in Umbro Apollonio, Futurismo, Mazzotta, Milano, 1970, p. 160.

Bibliografia[modifica]

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