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Carlo Ginzburg

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Carlo Ginzburg

Carlo Ginzburg (1939 – vivente), storico, scrittore e saggista italiano.

Citazioni di Carlo Ginzburg

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  • Anziché di teologia politica preferisco parlare di "secolarizzazione", la quale è un processo tutt'altro che concluso e di esito non scontato, attraverso cui lo Stato si impadronisce delle armi della religione. In questa traiettoria, che ha radici molto antiche, Machiavelli ha avuto un'importanza decisiva.[1]

Miti emblemi spie. Morfologia e storia

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Citazioni

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  • Mauss approvava pienamente la connessione suggerita da Halévi tra bolscevismo da un lato e fascismo e nazismo dall'altro, segnalando l'importanza, in questo contesto, degli scritti di Sorel, a cui si erano richiamati Lenin, Mussolini e indirettamente (rifacendosi a Mussolini) anche Hitler. (p. 228)
  • In Mythes et dieux des Germains, che come abbiamo visto si richiamava esplicitamente all'insegnamento di Mauss, l'accostamento tra organizzazioni paramilitari naziste e "società di giovani" arcaiche veniva ripreso e sviluppato, ma in uno spirito completamente diverso. Tra le maglie del discorso di Dumézil affiorava a tratti, come ha ben visto Momigliano (e come si é cercato di dimostrare qui), malcelata simpatia ideologica per la cultura nazista.» (p. 229)
  • Nel 1937 nacque a Parigi il Collège de sociologie, singolarissimo innesto di temi maussiani su un'istituzione che, al di la dei richiami espliciti ai gruppi d'avanguardia (dada, surrealisti) si proponeva di resuscitare una società segreta o un ordine religioso. Ma più che di temi maussiani si può parlare di temi duméziliani. Uno dei principali animatori del Collège, Roger Caillois (l'altro era Georges Bataille) era allora in strettissimi rapporti di collaborazione e d'amicizia con Dumézil. Alle ricerche ancora inedite di Dumézil s'ispiravano vari contributi di Caillois all'attività del Collège, poi raccolti nel volume L'homme et le sacré, terzo di una collezione che era stata aperta da Mythes et Dieux des Germains. (p. 229)
  • Si riconoscono facilmente i temi delle ricerche di Dumézil, tradotti nelle preoccupazioni (o ossessioni) che dominavano i protagonisti del Collége, Bataille e Caillois. Schematizzando potremmo dire che per Bataile era il nesso tra la morte (e la sessualità) e il sacro, per Caillois quello tra il sacro e il potere. In entrambi, questi temi, implicavano un atteggiamento estremamente ambiguo nei confronti delle ideologie fasciste e naziste. (p. 230)
  • Le divagazioni di Caillois su una comunità aristocratica composta da individui spietati, tirannici, pronti ad affrontare i rigori di un'imminente età glaciale che avrebbe provocato una selezione implacabile, avevano un suono ancora più ecquivoco. Le connotazioni fascistizzanti di questi discorsi furono prontamente segnalate da critici di sinistra, socialisti e comunisti, nonché da un ascoltatore assiduo delle conferenze del Collège come Walter Benjamin. (p. 230)
  • Già in una lettera scritta a Raymond Queneau a Roma, nel 1934, subito dopo aver visitato la mostra sulla rivoluzione fascista, Bataille confessava il fascino esercitato su di lui da quell'esibizione di simboli mortuari, di drappi neri, di teschi, osservando che si trattava nonostante tutto di qualcosa di serio, che non doveva rimanere dominio esclusivo della propaganda fascista. In una conferenza su «Le pouvoir», tenuta al Collège da Bataille il 19 febbraio 1938, in sostituzione di Caillois ammalato, la fascinazione esercitata dalla simbologia fascista si traduceva addirittura nella contrapposizione tra il fascio effigiato in Italia «sur le ventre de toutes les locomotives» e il crocifisso collegato frazerianamente a una «représentation obsessionnelle de la mise à mort du roi». La scure littoria, commentava Bataille, in quanto strumento delle esecuzioni capitali, «est opposé ostensiblement à l'immage du roi supplicié». La stessa atmosfera torbida, intimamente colpevole attrazione per i riti mortuari del nazismo fa da sfondo[2] al romanzo Le blue du ciel, scritto nel 1935 e pubblicato più di vent'anni dopo. (p. 230)
  • Il testo della conferenza di Bataille su «Hitler et l'ordre teutonique» (24 gennaio 1939) non ci è rimasto: possiamo solo congetturare le sue probabili divergenze dalla lucidissima ricostruzione storica di Hans Mayer su «Les rites des associations politiques dans l'Allemagne romantique» (18 aprile 1939) e il loro rapporto con le associazioni protonaziste e naziste. (p. 231)
  • Alexandre Kojève, che pure tenne una conferenza al Collège su «Les conceptions hégéliennes», aveva osservato ironicamente che il programma di Bataille e Caillois era paragonabile al tentativo di un prestigiatore di credere alla magia attraverso i propri trucchi. (p. 231)
  • Di fatto nei due anni di attività del Collège (dal novembre 1937 al luglio 1939), tra la vigilia del patto di Monaco e la vigilia della guerra, apprendisti sciamani come Bataille e rigorosi sciamanologhi come Lewitzky, aspiranti fondatori di società segrete come Caillois e storici delle sette come Mayer, trovarono un terreno comune di discussione. Chi guarda retrospettivamente è colpito soprattutto dall'ambiguità della cornice e dall'eterogeneità dei partecipanti. È tuttavia l'equivoco progetto di una «sociologia sacra» delle realtà contemporanee, giustamente criticato da Leiris, aveva di che attrarre, in quel momento, anche osservatori distaccati, poco inclini alle confusioni misticheggianti e estetizzanti. (p. 231)

Il filo e le tracce

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  • L'atteggiamento di Joly nei confronti del regime di Napoleone III era decisamente ostile. Ma il Dialogo agli Inferi tra Machiavelli e Montesquieu è molto più di un pamphlet polemico. Joly attaccò Luigi Napoleone e l'uso cinico ch'egli faceva del potere, ma al tempo stesso cercò di comprendere un regime che gli appariva come una formazione storica senza precedenti. (p. 231)
  • Qualcuno ha scritto che nella classifica mondiale dei bestseller i Protocolli occupano il secondo posto, subito dopo la Bibbia. Si tratta probabilmente di un'esagerazione; certo è però che nuove edizioni dei Protocolli appaiono ogni anno, in Medio Oriente, nell'America Latina, in Giappone, in Europa (ricordo di averli visti nella vetrina di una libreria nel centro di Budapest). (p. 234)
  • Nel 1921 Philip Graves, corrispondente del Times da Istanbul, scrisse tre articoli dimostrando che i Protocolli erano un falso, dato che molti passi ricalcavano strettamente brani di un libro dimenticato, apparso più di mezzo secolo prima: il Dialogo agli Inferi tra Machiavelli e Montesquieu di Maurice Joly. Graves aveva saputo del nesso che legava i due testi da un personaggio che non nominava, un emigrato russo, più tardi identificato come Mikhail Raslovlev. Benché alcune "fonti" dei Protocolli fossero state segnalate in precedenza, gli articoli di Graves fecero scalpore. Ma la diffusione dei Protocolli continuò ininterrotta. (p. 234-235)
  • Chi confezionò i Protocolli utilizzò il Dialogo agli Inferi come un modello, spesso cadendo in qualche sciatteria, come mostra la ricomparsa in un altro capitolo dei Protocolli della metafora imperniata su Vishnu. Esiste una forte somiglianza strutturale tra le strategie che si propongono di controllare la società descritte, rispettivamente, dai Savi di Sion e dal Machiavelli di Joly: per esempio, si dice che l'antisemitismo finirà col rafforzare il potere occulto degli ebrei, così come gli oppositori politici avrebbero finito col diventare uno strumento del regime di Napoleone III. (p.235 )
  • Coloro che confezionarono i Protocolli riversarono i materiali tratti dallo scritto di Joly in uno stampo preesistente: il fantomatico complotto ebraico. Ma a quest'operazione contribuirono anche elementi che facevano parte del modello formale utilizzato da Joly. Ogni ambiguità scomparve. Una raffinata parabola politica si trasformò in una rozza falsificazione. (p. 241)

Note

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  1. Da intervista di Antonio Gnoli, "E' Machiavelli l'unico antidoto ai Gattopardi", Rep.repubblica.it, 23 novembre 2018.
  2. nota del coautore della voce: essendo stato, tale romanzo, da me letto, presento il fatto che, personalmente, tale atmosfera ed eventuali rapporti d'essa coi riti mortuari del nazismo può essere denotata verso la fine d'esso e non nella sua totalità. Ma questa può pur sempre essere un'impressione personale.

Bibliografia

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  • Carlo Ginzburg, Miti emblemi spie. Morfologia e storia, Einaudi, 1986, n.ed. 2000.
  • Carlo Ginzburg, Il filo e le tracce. Vero falso finto, Feltrinelli, 2006, ISBN 9788807886942

Voci correlate

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Altri progetti

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