Georg Wilhelm Friedrich Hegel

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Georg Wilhelm Friedrich Hegel

Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 – 1831), filosofo tedesco.

Citazioni di Georg Wilhelm Friedrich Hegel[modifica]

  • Ciascuna parte della filosofia è un intero filosofico, un circolo rotondo e completo in sé.[1]
  • Ciò che è noto, non è conosciuto. Nel processo della conoscenza, il modo più comune di ingannare sé e gli altri è di presupporre qualcosa come noto e di accettarlo come tale.[2]
  • Il compito della filosofia è capire ciò che è, perché la ragione è ciò che è.[3]
  • Il negativo, vale a dire la libertà, vale a dire il crimine.[4]
  • L'animale ha soprattutto sentimento (Gefühl) [...].[5]
  • L'Idea del dritto è la libertà; e per comprenderla esattamente bisogna riconoscerla nella sua nozione e nel suo Essere determinato.[6]
  • L'uomo non è altro che la serie delle sue azioni.[7]
  • La preghiera del mattino dell'uomo moderno è la lettura del giornale. Ci permette di situarci quotidianamente nel nostro mondo storico.[8]
  • La prova della verità religiosa, come tale, è caduta in discredito nel modo di pensare del nostro tempo, a tale punto che l'impossibilità di simili dimostrazioni è già divenuta un diffuso pregiudizio e ancor più è perfino considerato irreligioso confidare in una conoscenza di tal genere e cercare di convincere su Dio e la sua natura.[9]
  • La scienza è un cerchio chiuso su se stesso, un cerchio di cerchi.[10]
  • Lo spirito di Gesù, che si è innalzato oltre la moralità, si mostra immediatamente rivolto contro le leggi nel sermone della montagna, che è un tentativo, compiuto per mezzo di parecchi esempi sulle leggi, di sottrarre a queste l'elemento legale, la forma di legge; esso non predica rispetto per le leggi ma indica ciò che le porta a compimento, le elimina come leggi; predica dunque un qualcosa che è superiore all'ubbidienza alle leggi e che le rende superflue.[11]
  • Mentre la scienza e l'ordinario intelletto si davano così la mano per lavorare alla distruzione della metafisica, parve prodursi il singolare spettacolo di un popolo civile senza metafisica, — simile a un tempio riccamente ornato, ma privo di santuario.[12]
  • Nel complesso, bisogna ancora osservare [...] che è la zona temperata, per la precisione la zona temperata settentrionale, a formare il palcoscenico del teatro del mondo, giacché la terra è qui continentale, forma un ampio torso, mentre le formazioni verso sud terminano a punta, così che uomini e animali sono presenti in forme di volta in volta diverse e a sud, in generale, gli animali e le piante sono l'aspetto predominante. Qui si trovano anche i momenti della necessità. La differenziazione universale del pensiero acquisisce anche qui validità [e] diventa visibile. Con la divisione in molte classi zoologiche si suddivide parallelamente anche la terra.[13]
  • [...] non si era ancora scorto che l'uomo si basa sulla sua testa, cioè sul pensiero e costruisce la realtà conformemente a esso... Questa fu dunque una splendida aurora. Tutti gli esseri pensanti hanno celebrato concordi quest'epoca.[14]
  • Ogni uomo ha dita, e può aver pennelli e colori, ma non per questo è pittore. Val lo stesso del pensiero. Il pensiero del dritto non è un che alla portata di tutti: l'esatto pensiero sta nel conoscere e profondamente conoscere la cosa; il che non si può avere che per via scientifica.[15]
  • Ogni fase della storia mondiale è un momento necessario nell'idea dello Spirito del Mondo.[16]
  • Ognuno vuole e ritiene di essere migliore di questo suo mondo. Chi migliore è, esprime solo questo suo mondo meglio degli altri.[17]
Jeder will und meint besser zu sein als diese seine Welt. Wer besser ist, drückt nur diese seine Welt besser aus als andere.
  • Persino il pensiero criminale di un furfante è più grande e più sublime delle meraviglie del cielo.[18]
  • Se lo Stato viene confuso con la società civile e la destinazione di esso vien posta nella sicurezza e nella protezione della proprietà e della libertà personali, allora l'interesse degli individui come tali è lo scopo ultimo per il quale essi sono uniti, e ne segue parimenti che esser membro dello Stato è qualcosa che dipende dal proprio piacimento.[19]
  • Se un uomo è servo, solo la sua volontà ne è responsabile... l'errore della schiavitù sta alla pota non dei padroni o conquistatori, ma dei servi e dei conquistati.[20]

Attribuite[modifica]

  • Da un legno così storto com'è quello di cui è fatto l'uomo non si può ricavare nulla di perfettamente dritto.[21]
È in realtà una frase di Immanuel Kant, da Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, in Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto, a cura di N. Bobbio, L. Firpo, V. Mathieu, Utet, Torino, 1956.

Scritti giovanili[modifica]

  • S'innalza io mio sguardo alla volta del cielo eterno / verso di te, astro splendente della notte! / e di tutti i desideri, di tutte le speranze / cala l'oblio della tua eternità; / si perde il senso nel contemplare, / si dissolve quel che dicevo <<mio>>, ed io mi abbandono all'immenso[22][23]

Abbozzi[modifica]

  • La religione cristiana ha molti martiri, fatti eroi nel sopportare, ma non nell'agire. (p. 506)
  • Nei tempi antichi gli dèi vagavano tra gli uomini; quanto più poi andò crescendo la separazione, l'allontanamento, tanto più gli dèi si distaccarono dagli uomini, e tanti più sacrifici più incenso e culto ne ricevettero, tanto più furono temuti, finché la separazione giunse al punto di render possibile l'unione solo con la forza. L'amore può aver luogo solo nel porsi dinanzi ad un nostro eguale, dinanzi allo specchio e all'eco della nostra essenza. (p. 527)
  • Un popolo che disprezza tutti gli dèi stranieri deve covare in petto odio per tutto il genere umano. (p. 527)
  • L'amato non ci è opposto, è uno con la nostra essenza: in lui vediamo solo noi stessi, e tuttavia non è noi: miracolo che non siamo in grado di capire. (p. 528)
  • Negli amanti non vi è materia, essi sono un tutto vivente. (p. 530)

La fenomenologia dello spirito[modifica]

  • Il bocciolo dilegua nel dischiudersi del fiore, e si potrebbe dire che quello viene confutato da questo; allo stesso modo, la comparsa del frutto mette in chiaro che il fiore è un falso modo di esistere della pianta, e il frutto ne prende il posto come verità di essa. Queste forme non si limitano a essere differenti, ma, in quanto reciprocamente incompatibili, si rimuovono a vicenda. La loro natura fluida ne fa però, nel contempo, momenti dell'unità organica, in cui non soltanto esse non sono in contrasto, ma l'una non è meno indispensabile dell'altra: ed è solamente questa pari necessità a costituire la vita del tutto. (prefazione; 2008)
  • Spacciare il proprio assoluto [quello di Schelling] per la notte in cui, come si suol dire, tutte le vacche sono nere, è l'ingenuità dovuta alla vacuità di conoscenza. (prefazione; 2008)
  • Dell'assoluto, bisogna dire che è essenzialmente risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità; e appunto in questo consiste la sua natura: essere qualcosa di effettivo, soggetto, o divenire-se-stesso. (prefazione; 2008)
  • Contribuire al fatto che la filosofia si avvicini alla forma della scienza – alla meta in cui possa deporre il proprio nome di amore per il sapere per diventare sapere reale, – è ciò che io mi sono proposto. (prefazione; 2006)
  • Il vero è l'intero, e l'intero è un processo. (prefazione; 1973)
  • In generale [...] ciò che è noto, appunto in quanto noto, non è conosciuto. Il modo più comune di ingannare sé e gli altri consiste nell'introdurre nella conoscenza qualcosa di noto e di accettarlo così com'è [...] (prefazione)[24]
Das Bekannte überhaupt ist darum, weil es bekannt ist, nicht erkannt. Es ist die gewöhnlichste Selbsttäuschung wie Täuschung anderer, beim Erkennen etwas als bekannt vorauszusetzen, und es sich ebenso gefallen zu lassen [...][25]
  • La coscienza infelice è la coscienza di sé come dell'essenza duplicata e ancora del tutto impigliata nella contraddizione. Assistiamo così alla lotta contro un nemico, contro cui la vittoria è piuttosto una sottomissione: aver raggiunto un contrario significa piuttosto smarrirlo nel suo contrario. La coscienza della vita, la coscienza dell'esistere e dell'operare della vita stessa, è soltanto il dolore per questo esistere e per questo operare; quivi infatti come consapevolezza dell'essenza ha soltanto la consapevolezza del suo contrario, ed è quindi conscia della propria nullità. Da questa posizione essa inizia la sua ascesa verso l'intrasmutabile.
  • Il signore è la coscienza che è per sé; ma non più soltanto il concetto della coscienza per sé, anzi coscienza che è per sé, la quale è mediata con sé da un'altra coscienza.
  • La fenomenologia dello spirito è la storia romanzata della coscienza che via via si riconosce come spirito.
Die Phänomenologie des Geistes ist die romantisierte Geschichte des Bewusstseins, das sich mit der Zeit als Geist erkennt.
  • Questa coscienza infelice scissa entro se stessa è così costituita che, essendo tale contraddizione della sua essenza una coscienza, la sua prima coscienza deve sempre avere insieme anche l'altra. In tal modo, mentre essa ritiene di aver conseguito la vittoria e la quiete dell'unità, deve immediatamente venire cacciata da ciascuna delle due coscienze. (vol. I; 1973, p. 174)
  • Tale coscienza deve pertanto innalzare all'assoluto divenir-uno il rapporto inizialmente esteriore verso quell'intrasmutabile figurato, come fosse un'effettualità estranea. Il movimento nel quale la coscienza inessenziale si adopera a raggiungere questo esser-uno è un triplice movimento, secondo la triplice relazione che essa assumerà in rapporto al suo al di là che ha forma e figura: in primo luogo come coscienza pura, poi come essenza singola, comportantesi verso la effettualità come appetito e lavoro, e in terzo luogo come coscienza del suo essere-per-sé. (vol. I; 1973, pp. 178-179)
  • Il rapporto del quale si è qui sopra discusso, dell'organico con la natura degli elementi, non esprime l'essenza dell'organico stesso; questa essenza è invece contenuta nel concetto finalistico. Invero a questa coscienza osservativa quel concetto non è l'essenza propria dell'organico; anzi, a quella coscienza medesima il concetto cade fuori dell'essenza, e quindi è poi soltanto quell'estrinseco rapporto teleologico. Solamente, l'organico come testé fu determinato è esso stesso proprio il fine reale; infatti, poiché l'organico "conserva se stesso" pur nel rapporto ad Altro, esso viene appunto ad essere quella naturale essenza in cui la natura si riflette nel concetto, e in cui i momenti di causa e di effetto, di attivo e di passivo, che nella necessità sono posti l'uno di fronte all'altro, vengono contratti in unità. (vol. I; 1973, pp. 216-217)
  • L'individuo insomma sperimenta il doppio senso implicito nella sua attività, cioè nel fatto di essersi impossessato della propria vita: prendendo la vita, egli ha piuttosto afferrato la morte. (2008, p. 246)
  • La coscienza che propone la legge del suo cuore, avverte dunque resistenza da parte di altri, perché essa contraddice alle leggi altrettanto singole del cuore loro. (vol. I; 1973, p. 315)

Lezioni di estetica[modifica]

  • L’arte è il termine medio tra il pensiero puro, il mondo soprasensibile, e l’immediatezza, la sensazione presente, la quale regione sensibile viene posta dal pensiero in quanto tale come un aldilà. (p. 7)
  • […] noi dobbiamo osservare che, se abbiamo detto che l’arte è un modo per lo spirito di portare a coscienza i suoi interessi, l’arte, però, non è il modo più alto di esprimere la verità. (p. 8)
  • Il nostro mondo, la nostra religione e la nostra formazione razionale sono di un grado oltre l’arte come grado supremo per esprimere l’assoluto.l’opera d’arte non può soddisfare dunque il nostro ultimo, assoluto bisogno, non adoriamo più alcuna opera d’arte, il nostro rapporto con l’opera d’arte e di tipo più meditativo. (p. 8)
  • L’opera d’arte è dunque qualcosa di fatto dall’uomo affinché la coscienza divenga oggetto a se stessa. E questa è la grande necessità della razionalità dell’uomo. (p. 16)
  • Si chiama gusto, dunque, il sentire il bello, un recepire che rimane sentimento e attraverso l’educazione si mette in grado di trovare immediatamente il pelo dove e come che sia. (p. 18)
  • Nell'arte […] l'uomo non agisce sulla base del desiderio, e dunque non si rapporta a qualcosa di naturalmente concreto. Se qualcuno dicesse che i prodotti naturali sono superiori all'arte, perché sono organicamente viventi, bisognerebbe affermare invece che le opere d'arte, in quanto servono allo spirito e lo soddisfano, non appartengono affatto a questo terreno. Le opere d'arte non devono affatto essere prodotti naturali. È il desiderio a considerare superiori i prodotti naturali, perché non si può servire di quelli dell'arte. L'interesse artistico è privo di desiderio e perciò non si rapporta a quel che è sensibilmente concreto. D'altro canto le opere d'arte sono anche per l'intelligenza, per la considerazione spirituale, non per quella meramente sensibile. (p. 21)
  • Ma l'interesse dell'intelligenza consiste nell'abbracciare l'essenza, l'universale della cosa, il concetto dell'oggetto. Questo interesse l'arte non lo possiede, e perciò si differenzia dalla scienza. La scienza ha per scopo il pensiero, l'astratto universale, ha per oggetto qualcosa di diverso da ciò che le è dato immediatamente nelle cose: essa va dunque al di là dell'immediato. L'arte questo non lo fa, non va al di là del sensibile, che le è assegnato, anzi ha per oggetto il sensibile, così come esso è immediatamente. Per un verso quindi è il sensibile l'oggetto della considerazione artistica, ma in modo tale che la considerazione lo lascia libero, che esso non viene distrutto, come lo distrugge il desiderio; il sensibile è dunque per lo spirito ma non nel senso che per l'arte sia oggetto il pensiero di questo sensibile, la sua essenza, il suo interno. (p. 22)
  • L’arte dunque ha in sé il sensibile non come vivente concreto, solo come apparenza del sensibile, come superficie sensibile. Così l’arte sta nel mezzo tra il sensibile come tale e il puro pensiero. (p. 22)
  • L'opera d’arte può dunque limitarsi all’imitazione della natura, ma questa non è la sua determinazione essenziale, perché l’uomo ha nell’opera d’arte un interesse peculiare, a un contenuto e curiale, che porta presentazione. (p. 26)
  • A questo riguardo ci si chiede se l'artista debba in generale presentare la sua materia adeguandola al popolo e alla cultura dell'epoca dalla quale la materia stessa è tratta, così che la sua opera sia un quadro fedele di quell'epoca, oppure se il poeta abbia a rielaborare la sua materia in base ai nostri punti di vista, dunque in base a punti di vista che sono connessi alla particolarità del nostro tempo. Da questo lato il poeta deve far sì che noi ritroviamo il nostro presente in quella materia. Questa duplice esigenza può essere espressa in questo modo: la materia dovrebbe essere trattata oggettivamente oppure soggettivamente, con riguardo alla nostra cultura e alle nostre abitudini? Dovendo esprimerci in proposito più determinatamente, ci può venire in mente il contrasto tra ciò che i Tedeschi richiedono a un'opera d'arte e quel che richiedono da essa i Francesi. (p. 108)
  • L'inizio dell’arte coincide con la religione, poiché l'arte è dapprima l'unico modo di portare l'assoluto a coscienza. (p. 120)
  • Lo spirito è la manifestazione di sé stesso. La manifestazione dello spirito e la figura umana. (p. 152)
  • L'universale trasfigurazione artistica passa dalla quiete dell'ideale alla molteplicità della sua manifestazione, all'esposizione dettagliata degli accadimenti e delle azioni, che diviene umana, sempre più umana. Dal punto di vista del contenuto dunque l'arte passa alla singolarizzazione, da quello della forma al piacevole. Il piacevole è la trasfigurazione dell'esteriore in tutti i suoi punti in maniera tale che esso presenti ovunque una relazione con lo spettatore. L'arte trapassa in questo rapporto con l'esterno e quindi nel rapporto del piacere. In questa finitizzazione dell'esistenza è contenuta una più accentuata connessione con il soggetto in genere, che ora ritrova se stesso, così com'è, nell'opera d'arte. Quando comincia l'arte bella, la religione si corrompe. La devozione si accontenta di un'immagine qualsiasi. L'immagine più brutta le è sufficiente. Quando l'immagine si trasforma in una bella figura e la fantasia si libera, allora la severità della devozione comincia a scomparire e subentra, diventando oggetto della trasfigurazione, l'interesse dell'essere sensibile, dell'interno. Il significato, il sostanziale, permane; il concetto degli dei, il loro universale, non va innanzi, ma solo il loro lato esteriore, in rapporto alla relazione finita. Nella religione cristiana non sono le belle immagini quelle di cui i credenti vanno in cerca, ma le vecchie immagini rigide. Attraverso l'attrattiva dell'esistenza rappresentata si produce nel bello un allontanamento dal pensiero universale e ciò che soddisfa la devozione più profonda. Questa opposizione in generale è quella che fa il suo ingresso anche qui e fa tramontare il mondo bello degli dei. In luogo dell'arte classica deve subentrare l'arte romantica, cristiana. (pp. 170-171)
  • Il terreno dell’arte romantica e l’umanità esistente. […] Il contenuto dell’arte romantica appare ristretto per via di ciò; la natura è sdivinizzato; mare, montagne e valli, fiumi e sorgenti non possono più essere presi come divini perse. Anche i grandi fenomeni del divenire della natura, che sorge il passare nella loro universalità, il processo di tutte le cose, hanno qui perso il loro posto.le domande sulla provenienza, la destinazione è il perché del mondo e dell’umanità sono fatte mute e l'enigma ha ottenuto risposta. (pp. 177-178)
  • Altrettanto grande l’arte degli olandesi in rapporto all’apparenza dei colori. Singoli luminosi lampi di luce sono afferrati e fissati. E l’apparire, studiato nel modo più approfondito. Anche nei paesaggi il piacere è sempre il tono dell’animo, è lo stato d’animo che piace. Gli oggetti sono qui la cosa meno interessante, il sostanziale è fuggito ed è rimasto l’apparire. (p. 195)
  • L’arte, dunque, è legata a epoche determinate; un governo, un individuo, non può certo risvegliare un periodo aureo dell’arte. Per questo, si richiede l’intera condizione del mondo. (p. 198)
  • Gli Egizi possono essere considerati come quel popolo presso il quale lo spirituale si separa dal corporeo. Presso di loro comincia la negatività interna; la differenza dello spirito si fissa di contro al corporeo. Essi per primi affermarono che l'anima è immortale, si separa dal corpo. Questa separazione determina anche il rapporto dell'architettura, che ora diventa il corpo per quell'anima immortale. Le tombe racchiudono in sé questa separazione; l'architettonico si finalizza a qualcosa che è significativo per sé, per qualcosa di soggettivo. Qui hanno il loro luogo le tombe e le piramidi. Queste ultime sono cristalli, che albergano al loro interno uno spirito defunto. Hanno camere e corridoi, qualcosa di simbolico, che in parte rappresenta le strade che l'anima deve percorrere. Tali tombe possono essere considerate simili a quel che noi ci rappresentiamo come tempio: le tombe sono sempre venerate come santuario. (p. 211)
  • L’arte, nella sua serietà, è per noi qualcosa di passato. Per noi altre forme sono necessarie allo scopo di renderci oggetto divino. Noi abbiamo bisogno del pensiero. L’arte tuttavia è una guisa essenziale della presentazione del divino, e noi abbiamo il dovere di capire questa forma. Per oggetto essa non ha il piacevole, non l’abilità soggettiva: è l’aspetto veritiero quello che la filosofia deve considerare nell’arte. (pp. 301-302)

Incipit di Lezioni sulla filosofia della religione[modifica]

La questione da cui dobbiamo partire è questa: come cominciare?
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Lezioni sulla filosofia della storia[modifica]

Incipit[modifica]

Oggetto di questo corso di lezioni è la storia mondiale come storia filosofica, vale a dire non riflessioni generali sulla storia, ricavate da qui e da illustrare muovendo dal contenuto storico preso solo come esempio, bensì la storia mondiale stessa.

Citazioni[modifica]

  • La storia non è il terreno della felicità. I periodi di felicità sono in essa pagine vuote.
Die Weltgeschichte ist nicht der Boden des Glücks. Die Perioden des Glücks sind leere Blätter in ihr. (Introduzione generale, II, 2 a)
  • La storia come banco da mattatoio.
Geschichte als Schlachtbank. (III, 2, 24)
  • [...] il fondamento della schiavitù in genere è che l'uomo non abbia ancora coscienza della propria libertà e così decada a una cosa, a un'entità senza valore. (p. 84)
  • La schiavitù è in sé e per sé un'ingiustizia, poiché l'essenza dell'uomo è la libertà; tuttavia, bisogna che prima l'uomo divenga maturo per la libertà. Perciò l'abolizione graduale della schiavitù è qualcosa di più appropriato, di più corretto che non la sua cancellazione improvvisa. (p. 87)
  • [A proposito della rivoluzione francese] Da che il sole sta nel firmamento e i pianeti girano intorno a esso, non si era mai visto l'uomo mettersi sulla testa, ovverosia sul pensiero, e costruire la realtà a misura del pensiero. (p. 362)
[...] l'esistenza dell'uomo ha il suo centro nella testa, ossia nella ragione, per ispirazione della quale egli costruisce il mondo della realtà.[26]
  • La storia del mondo non è altro che il progresso della coscienza della libertà.[27]
  • Nulla di grande al mondo è stato compiuto senza passione. (2010)
  • La storia universale come processo evolutivo e reale divenire dello spirito, sotto il mutevole spettacolo delle sue storie − questa è la vera teodicea, la giustificazione di Dio nella storia.[28]

Lezioni sulla storia della filosofia[modifica]

  • Non c'è proposizione di Eraclito che io non abbia accolto nella mia Logica.
  • [...] essere spinoziani è l'inizio essenziale del filosofare. (vol. III, 2, pp. 109-110)
  • È [...] inesatto chiamare ateo Spinoza soltanto perché non distingue Dio dal mondo. Con altrettanta e più ragione lo spinozismo potrebbe piuttosto definirsi acosmismo, in quanto in esso non il sistema cosmico, l'essenza finita, l'universo, ma soltanto Dio è considerato sostanziale e gli si attribuisce vita perenne. Spinoza afferma che ciò che si chiama mondo non esiste affatto: è soltanto una forma di Dio, non è niente in sé e per sé. L'universo non ha vera realtà: tutto è gettato nell'abisso dell'unica identità. Non c'è quindi nulla nella realtà finita; questa non ha verità alcuna; secondo Spinoza, quello che è è soltanto Dio. È adunque vero tutto il contrario di quanto si sostiene da coloro che incolpano Spinoza di ateismo: semmai in lui c'è troppo Dio. (vol. III, 2, p. 137)
  • Spinoza è un punto talmente importante della filosofia moderna, che in realtà si può dire: o tu sei spinoziano, o non sei affatto filosofo. (vol. III, 2, p. 137)
  • Tutto ciò che è umano, comunque appaia, è umano soltanto perché vi opera e vi ha operato il pensiero.

Lineamenti di filosofia del diritto[modifica]

Prefazione[modifica]

  • Ciò che è razionale è reale;
    e ciò che è reale è razionale.
    (p. 14)
  • Comprendere ciò che è, è il compito della filosofia, poiché ciò che è, è la ragione. Per quel che concerne l'individuo, del resto, ciascuno è un figlio del suo tempo; così anche la filosofia, è il tempo di essa appreso in pensieri[29]. (p. 15)
  • Per dire ancora una parola a proposito del dare insegnamenti su come dev'essere il mondo, ebbene, per tali insegnamenti in in ogni caso la filosofia giunge sempre troppo tardi. In quanto pensiero del mondo essa appare soltanto dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione e s'è bell'e assestata. Questo, che il concetto insegna, mostra necessario parimenti la storia, che soltanto nella maturità della realtà l'ideale appare di fronte al reale e che quell'ideale si costrusce il medesimo mondo, appreso nella sostanza di esso, dandogli la figura d'un regno intellettuale. Quando la filosofia dipinge il suo grigio su grigio, allora una figura della vita è invecchiata, e con il grigio su grigio essa non si lascia ringiovanire, ma soltanto conoscere; la nottola di Minerva inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo. (p. 17)

Incipit[modifica]

La scienza filosofica del diritto ha per oggetto l'idea del diritto, il concetto del diritto e la realizzazione di esso.
La filosofia ha a che fare con idee, e perciò non con quel che si è soliti chiamare meri concetti, essa anzi mostra che unicamente il concetto (non ciò che si ode spesso denominare così, ma è soltanto un'astrazione determinata dell'intelletto) è ciò che ha realtà e precisamente in modo tale ch'esso si dà questa da se stesso. (§ 1, p. 19)

Citazioni[modifica]

  • Il matrimonio è essenzialmente monogamia, poiché è la personalità, l'immediata individualità esclusiva, che si abbandona e si pone in questo rapporto. (§ 167, p. 145)

Aggiunte redatte da Eduard Gans[modifica]

  • La pedagogia è l'arte di render l'uomo etico. (Al § 151, p. 331)
  • È l'incedere di Dio nel mondo, ciò che lo stato è. (Al § 258, p. 358)

Incipit di Scienza della logica[modifica]

Solo ai nostri giorni ci si è resi conto che trovare un cominciamento, in filosofia, costituisce una difficoltà particolare.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Vita di Gesù[modifica]

Incipit[modifica]

La ragione pura incapace di ogni limite è la divinità stessa. Il piano del mondo è dunque ordinato in generale secondo la ragione; essa è stata, sì, oscurata spesso ma mai spenta del tutto, persino nelle tenebre si è sempre conservato un suo barlume.
Tra gli ebrei fu Giovanni che richiamò l'attenzione degli uomini su questa loro dignità, che non dovrebbe essere per loro un qualcosa di estraneo, al contrario essi dovrebbero cercarla in se stessi, nel loro stesso animo [Selbst] e non nella loro filiazione, nell'inclinazione verso la felicità, nell'essere servitori di un uomo molto in vista, bensì nella cura della scintilla divina che è stata loro concessa e dà loro testimonianza del fatto che essi, in un senso sublime, discendono dalla divinità stessa. L'educazione della ragione è l'unica fonte di verità e di quiete, una fonte che Giovanni non diede a intendere di possedere in maniera esclusiva o come una rarità e che tutti gli uomini possono aprire in se stessi.
Molti ancora maggiori per il miglioramento delle massime corrotte degli uomini e per la conoscenza della vera moralità e di un'adorazione più pura [geläuterte] di Dio si è però acquisito Cristo.

Citazioni[modifica]

  • Dalla moltitudine dei sui uditori Gesù ne scelse dodici, ai quali fece l'onore di un insegnamento particolare, per renderli atti a sostenerli nella diffusione della sua dottrina e per avere alcuni a cui potere ispirare puro il suo spirito, poiché si rendeva conto troppo bene che la vita e la forza di un uomo non erano sufficienti per istruire alla moralità un'intera nazione. (p. 43)

Citazioni sul libro[modifica]

  • Il lettore del Leben Jesu si accorge subito di trovarsi di fronte a una forma di scrittura audace, che desacralizza e sdivinizza la persona di Gesù, riducendolo a maestro di morale sublime. (Paolo Miccoli)

Citazioni su Georg Wilhelm Friedrich Hegel[modifica]

  • Con Hegel la filosofia tedesca sembra conquistarsi il suo più vasto orizzonte. Sotterranee correnti del misticismo medievale e della Riforma luterana, motivi dello spirito nordico, rifioriti a contatto con la primavera classica e con lo spiritualismo cristiano, un fervore di vita possente che si costruisce da solo i propri limiti per la gioia di spezzarli, una coscienza sovrumana dell'intimo legame che unisce l'uomo al cosmos, l'individuo alla storia: tutto sembra condurre Hegel alla grande meta, all'universale armonia che risplendeva, come un irraggiungibile dono, nella chiarità notturna dell'anima gotica, nell'ansia secolare dell'individualismo germanico di imprigionare il cielo, di rinserrare nella volontà umana l'infinità dello spirito. (Enzo Paci)
  • È dall'hegelismo, sostiene Popper, che scaturiscono gli aspetti peggiori del marxismo; vale a dire lo storicismo e il totalitarismo. Non solo Hegel, ma anche Marx è un falso profeta. (Dario Antiseri)
  • Hegel considera Gesù più come l'uomo divenuto dio che come il dio divenuto uomo. Per lui la religione non è altro che "l'uomo che si eleva dal finito all'infinito". (Roger Garaudy)
  • Hegel ebbe molti ammiratori: Arthur Schopenhauer non era uno di loro. Anzi, pensava che Hegel non fosse neppure un filosofo, perché gli mancavano, secondo lui, serietà e sincerità nell'approccio alla materia. Per quanto lo riguardava, la filosofia di Hegel era una stupidaggine. Hegel, per parte sua, definì Schopenhauer «ripugnante e ignorante». (Nigel Warburton)
  • [Secondo Glenn Alexander Magee] Hegel è un pensatore ermetico: egli avrebbe sostituito il filosofo col sapiente e la filosofia con la teosofia, facendo tesoro della Kabala, dell'Alchimia, dei Rosacroce, della Gnosi e del filone ermetico, da Ermete Trismegisto in poi, in una linea ampia che va da Meister Eckhart a Böhme, da Agrippa a Lullo e a Paracelso, da Pico della Mirandola a Giordano Bruno, fino all'occultismo e allo spiritismo, all'astrologia e all'esoterismo della Massoneria. Hegel si riferisce a una Chiesa Invisibile nei suoi carteggi con Schelling e con Hölderlin... Ma Hegel resta cristiano e professore, non mago o esoterista. S'ispira più a Lutero che a Paracelso. (Marcello Veneziani)
  • Hegel non è un pensatore debole; eredita da Schelling l'occhio da Sibilla che guarda dentro gli abissi. (Hans Urs von Balthasar)
  • Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per cosí dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa. (Karl Marx)
  • Hegel, studioso di filosofia, si sente chiamato a lumeggiare «spiritualmente» la situazione storica del suo tempo e a porre le premesse di carattere razionale per l'avvento di un «ordine uguale di tutti gli spiriti». (Paolo Miccoli)
  • Il sistema filosofico dell'Hegel ha del vero e del sodo in alcune parti e argomenta nel suo artefice una rara finezza di speculazione. Ma avendo ricevute le prime mosse dal sensismo e psicologismo cartesiano (mediante le successive scuole dello Spinoza, del Kant e dei filosofi posteriori) ed essendo viziato di panteismo, racchiude i germi di ogni errore. (Vincenzo Gioberti)
  • In Hegel l'attante soggetto è uno – è Dio – e l'algoritmo dialettico, a senso unico, è denominato Storia. (Algirdas Julien Greimas)
  • L'arte è per Hegel l'autointuirsi sensibile dell'Idea divina come bellezza, ossia «come realtà configurata in conformità al proprio concetto». Il bello è quindi in generale la corrispondenza diretta dell'Idea con la propria raffigurazione artistica. (Vincenzo Cicero)
  • L'individuo con lui − Hegel − non è un fine in se stesso, ma un mezzo per la momentanea espressione dell'universale, e in lui l'universale è un Moloch rispetto all'individuo... Ho ragioni personali importanti per scagliarmi contro Hegel perché sento che gli ero stato fedele nel riconciliarmi con la realtà russa... Il destino dell'individuo in quanto persona è più importante dei destini del mondo intero e della salute dell'imperatore cinese (cioè, l'hegeliana Allgemeinheit)... Non voglio la felicità, nemmeno gratuitamente se non mi sento tranquillo sul destino di tutti i miei fratelli... Che mi importa del fatto di essere sicuro che la ragione vincerà, che il futuro sarà radioso, se il destino mi ha condannato ad essere testimone del trionfo del caso, dell'irrazionale, della forza bruta? (Vissarion Grigor'evič Belinskij)
  • Laddove la dialettica hegeliana non funziona, per me non c'è né pensiero né speranza di verità. (André Breton)
  • La fede nell'infinità del movimento; ecco il segreto del pensiero di Hegel. (Enzo Paci)
  • La filosofia di Hegel pel suo contenuto si riscontra con quella di Schelling. Entrambi professano una filosofia, il cui fondamento è l'identità del pensiero e dell'essere, dell'ideale e del reale, della ragione divina e della ragione umana. Se non che Schelling presenta il suo principio assoluto, come un'intuizione intellettuale, mentre Hegel lo presenta, come l'assoluto concetto, il puro pensiero. (Raffaele Conforti)
  • Nella misura in cui il fascismo dipende da una fonte filosofica, non è a Nietzsche, ma a Hegel che si ricollega[30]. Ci si rifaccia all'articolo che Mussolini stesso ha consacrato nell' Enciclopedia Italiana al movimento da lui fondato[31]: il lessico e, più ancora del lessico, lo spirito sono hegeliani, non nietzscheani; anche se Mussolini vi impiega due volte l'espressione «Volontà di potenza», non è a caso che questa volontà sia solo un attributo dell'idea che unifica la moltitudine...[32]
    L'agitatore rosso ha subito l'influenza di Nietzsche: il dittatore assoluto se n'è tenuto a distanza. Il regime stesso si è espresso sul problema. In un articolo su «Fascismo» del luglio 1933, Cimmino nega ogni filiazione ideologica fra Nietzsche e Mussolini. Solo la volontà di potenza costituirebbe un legame fra le loro dottrine. Ma la volontà di potenza di Mussolini «non è egoismo», essa è predicata a tutti gli italiani dei quali il duce «vuole fare dei superuomini» [sic.]. Perché, afferma l'autore, «qualora fossimo tutti superuomini saremmo soltanto tutti uomini. Che poi Nietzsche piaccia a Mussolini è naturale: vi è nel Nietzsche qualcosa che è stata sempre di tutti gli uomini di azione e volontà». La differenza profonda tra Nietzsche e Mussolini è «nel fatto che la potenza come volontà, la forza, l'azione sono fatti dell'istinto, direi quasi della natura fisica, e la possono avere le persone fra loro più opposte, servendosene per i più diversi scopi; mentre l'ideologia è fattore spirituale, ed è sempre una per tutti quelli che l'accettano». È inutile insistere sull'idealismo scoperto di questo testo che ha il merito dell'onesta, se lo si paragona con i testi tedeschi. È più importante notare come il duce venga assolto da una possibile accusa di egoismo nietzscheano. Le sfere dirigenti del fascismo sembrano essere rimaste all'interpretazione stirneriana di Nietzsche formulata intorno al 1908 dallo stesso Mussolini[33]. (Georges Bataille)
  • Non è un caso se il filosofo ispiratore di tutto il pensiero odierno è quello che ha scritto che solo la città moderna permette allo spirito di prendere coscienza di sé stesso e che è arrivato a dire che la natura è astratta e solo la ragione è concreta. Questo è infatti il punto di vista di Hegel, ed è il punto di partenza di un'immensa avventura dell'intelligenza, quella che finisce per uccidere tutto. Nel grande spettacolo della natura, questi spiriti ebbri non vedono altro che sé stessi. È la cecità estrema. (Albert Camus)
  • Per mezzo di Hegel la scienza dell'umanità ha fatto un grandissimo passo, avendo egli considerata la storia qual parte spirituale della fenomenologia cosmica, e quindi afferrata la legge del progresso precisamente là dove solamente poteva essere colta, cioè nell'essenza dell'ente potenziale. (Francesco Bertinaria)
  • Quando invece sto leggendo Hegel | mi concentro sono tutto preso | non da Hegel naturalmente | ma dal mio fascino di studioso. (Giorgio Gaber)
  • Questa conferenza. [Le concezioni Hegeliane tenuta da Kojève il 4 dicembre 1937 al Collège de Sociologie] ci sconvolse, non solo per il vigore intellettuale di Kojève, ma per le sue stesse conclusioni. Lei. [Lapouge] ricorderà che Hegel parla dell'uomo a cavallo che segna la fine della storia e della filosofia. Per Hegel, quell'uomo era Napoleone. Ebbene! Kojeve ci svelò quel giorno che Hegel, pur avendo avuto una giusta intuizione, si era sbagliato di un secolo: l'uomo della fine della storia non era Napoleone, ma Stalin». (Roger Caillois)
  • Sciupatore di carta, di tempo e di cervelli. (Arthur Schopenhauer)
  • Una lunga tradizione, che risale ai Greci antichi, collega in vari modi l'arte all'agire. Nell'epos omerico le imprese degli eroi costituiscono il contenuto dei poemi; nella tragedia l'azione si svolge alla presenza degli spettatori: tanto il primo quanto la seconda esercitano un effetto sui fruitori. Infine la stessa attività poetica, artistica e letteraria è stata spesso pensata come un operare, come un tipo particolare di azione talvolta più efficace che quella militare, politica o economica. Nel pensiero moderno è stato Hegel il filosofo che ha pensato con maggiore profondità il nesso che collega l'arte all'azione. (Mario Perniola)

Federigo Enriques[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Per chi non abbia mai letto alcuna cosa di Hegel (sono in questo caso anche dei filosofi ed avrebbero torto di considerare ingiuriosa questa affermazione) è indispensabile dir subito dello stile di lui e della psicologia che vi si connette.
    Gli hegeliani affermano che Hegel è difficile a comprendere perché è profondo e perché adopera uno speciale linguaggio tecnico. Ma tali caratteri appartengono pure a Newton, che non solleva nel pubblico scientifico l'accusa di essere incomprensibile. In verità il linguaggio di Hegel è tutto l'opposto di un linguaggio tecnico, se con questa parola si designa un linguaggio convenzionale atto a precisare l'espressione comune. È una lingua che sforza la forma volgare soltanto per promuovere associazioni indeterminate, a base di assonanze verbali o di vaghe analogie o d'immagini aventi un contenuto affettivo.
  • [Sul suo stile oscuro e poco comprensibile] Questo stile ci rivela già un aspetto fondamentale della psiche hegeliana, avversa al pensiero scientifico; l'incapacità ad inibire le associazioni, a determinare i concetti colla rigida astrazione. Insomma – a prescindere dalla straordinaria fantasia o genialità poetica e dalla coerenza delle ispirazioni sentimentali – Hegel si manifesta come un povero intelletto (intelletto è appunto la parola dispregiativa con cui egli designa la ragione del pensatore esatto!); e proprio in questa povertà, nel non senso di certe argomentazioni che si dànno per difficili, risiede spesso la pretesa profondità del mistero che si discopre soltanto agli iniziati, cui Dio ha largito in dono un particolar lume speculativo; i quali pur troppo non riescono a spiegare agli altri l'altissima verità di cui vantano il possesso, ma si fanno forti della riverenza verso un nome illustre per imporre alle anime deboli una prudente riserva.
  • Alla deficienza delle facoltà astratte e determinatrici dell'intelletto, fa riscontro in Hegel uno sviluppo immenso della facoltà associativa, che dà risalto e colorisce la sua grande fantasia; egli possiede in alto grado, ad esclusione dell'altro, uno dei due caratteri che formano lo spirito logico: lo spirito che tende ad unificare e coordinare le immagini, per contrapposto a quello che riesce a fissarle inibendo il corso delle associazioni. Ma questa fantasia è dominata da un'ispirazione affettiva, che si traduce di quando in quando nella prosa hegeliana e le conferisce una severa bellezza.

Note[modifica]

  1. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 183. ISBN 9788858014165
  2. Citato in Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, 2005.
  3. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 181. ISBN 9788858014165
  4. Citato in Edgar Morin, Lo spirito del tempo.
  5. Da Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, par. 351; citato in Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, p. 191. ISBN 88-85944-12-4
  6. Da Filosofia del diritto, p. 15.
  7. Da Enciclopedia delle scienze filosofiche, a cura di Alterto Bosi, UTET, Torino, 2013, § 140.
  8. Aphorismen aus Hegels Wastebook, Werke, 2, p. 547. (tr. it. Aforismi jenensi: Hegels Wastebook, 1803-1806, Milano, Feltrinelli, 1981.
  9. Da Lezioni sulle prove della esistenza di Dio, a cura di ‎Gaetano Borruso, Laterza, 1970, p. 24.
  10. Da La scienza della logica.
  11. Da Lo spirito del cristianesimo e il suo destino, in Scritti teologici giovanili, vol. 2°, p. 378.
  12. Dalla prefazione alla prima edizione di Scienza della logica, traduzione di Arturo Moni e Claudio Cesa, Laterza, Roma-Bari, 2004, vol. I, p. 4.
  13. Da Filosofia della storia universale, a cura di Karl Heinz Ilting, Karl Brehmer e Hoo Nam Seelmann, traduzione di Sergio Dellavalle, Einaudi, Torino, 2014. ISBN 9788858415535
  14. Citato in Roger Garaudy, Karl Marx (Clefs pour Karl Marx), traduzione di Marilena Feldbauer, Casa Editrice Sonzogno, Milano, 1974.
  15. Da Filosofia del diritto, prefazione, p. 5.
  16. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 184. ISBN 9788858014165
  17. Da Aforismi jenensi, n. 52.
  18. Citato in Donald Nicholl, Il pensiero contemporaneo.
  19. Citato in Ralf Dahrendorf, Erasmiani, traduzione di M. Sampaolo, p. 58.
  20. Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 159. ISBN 9788858019429
  21. Citato in Ralf Dahrendorf, Erasmiani, traduzione di M. Sampaolo, p. 59.
  22. G. W. F. Hegel, Scritti giovanili, Guida editori, Napoli, 1993, pagina 576, traduzione a cura di Edoardo Mirri.
    Estratto dal Carteggio col poeta romantico Friedrich Hölderlin.
  23. Marcello Veneziani, Fenomenologia dello Spirito magico. Ecco l'altro Hegel, su Il Giornale, 2 Dicembre 2013.
  24. Da Fenomenologia dello Spirito, a cura di Vincenzo Cicero, Bompiani, Milano, febbraio 2019, p. 85. ISBN 978-88-452-9002-2
  25. Ivi, p. 84.
  26. Citato in David McLellan, La concezione materialistica della storia, traduzione di Enrico Basaglia; in AA.VV., Storia del marxismo, a cura di Eric Hobsbawm, vol. 1 (Il marxismo ai tempi di Marx), Giulio Einaudi editore, Torino, p. 38.
  27. Citato in Come funziona la filosofia, a cura di Marcus Weeks, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2020, p. 72. ISBN 9788858025598
  28. Edizione La Nuova Italia; citato in Hans Küng, Essere cristiani, traduzione di Germano Re e Marco Beck, Mondadori, Milano, 1976, p. 485.
  29. Francesco Bacone, Novur Organum, I, 84.
  30. [Nota presente nel medesimo testo da cui è tratta la citazione] È noto che l'hegelismo, rappresentato da Gentile, è praticamente la filosofia ufficiale dell'Italia fascista.
  31. [Ibid. nota precedente] Sub verbo «Fascismo». L'articolo è stato tradottoo in apertura di B. Mussolini, Le Fascisme, Denoël et Steele.
  32. [Ibid. nota precedente] A proposito del popolo, Mussolini scrive: «Non razza, né regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un'idea, che è volontà di esistenza e di potenza [...]» [La dottrina del fascismo, Hoepli, Milano 1936, p. 23]
  33. [Ibid. nota precedente] In un articolo pubblicato allora da un giornale romagnolo, e riprodotto da Margherita G. Sarfatti, Mussolini, trad. fr. Albin Michel, 1927, pp. 117-21 (ed. orig. M.G. Sarfatti), Dux, Mondadori, Milano 1926, p. 101.]

Bibliografia[modifica]

  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Abbozzi, in Scritti teologici giovanili, vol. 2°, traduzione di N. Vaccaro e E. Mirri, Guida Editori, Napoli, 1977.
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Aforismi jenensi. Hegels Wastebook, 1803-1806, a c. di Carlo Vittone, Feltrinelli, Milano, 1981
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Fenomenologia dello spirito, traduzione di Enrico De Negri, La Nuova Italia, Firenze, 1973.
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Prefazione [alla Fenomenologia dello spirito], traduzione di Giuseppe Gembillo e Deborah Donato, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2006.
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, La fenomenologia dello spirito, traduzione di Gianluca Garelli, Einaudi, Torino, 2008.
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Filosofia del diritto, traduzione di A. Novelli, presso F. Rossi-Romano, Napoli, 1863.
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Lezioni di estetica, traduzione di Paolo d'Angelo, Laterza ISBN 978-88-420-5959-2, 2000.
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, La Nuova Italia, Firenze, 1967.
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia (Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte), a cura di Giovanni Bonacina e Livio Sichirollo, Laterza, Roma-Bari, 20034. ISBN 978-88-420-6724-5
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto. Diritto naturale e scienza dello stato in compendio con le Aggiunte di Eduard Gans (Grundlinien der philosophie des Rechts, 1821), a cura di Giuliano Marini, traduzione di Giuliano Marini e Barbara Henry, Gius. Laterza & Figli, Bari-Roma, 20168. ISBN 978-88-420-5768-0</ref>
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Vita di Gesù (Das Leben Jesu), traduzione di Anselmo Aportone, TEN 1993.

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