Ermes Ronchi

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Ermes Maria Ronchi (1947 – vivente), presbitero e teologo italiano dell'Ordine dei Servi di Maria.

Citazioni di Ermes Ronchi[modifica]

  • Avere un motivo per amare non è vero amore.[1]
  • Contemplare trasforma, l'uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore. L'uomo diventa ciò che ama, l'uomo diventa ciò che prega. La preghiera apre le porte della luce e la luce si rapprende sul volto degli oranti.[2]
  • [...] Dio non spreca la sua eternità in vendette, non spreca la sua onnipotenza in castighi, e non dobbiamo appiattirlo sul nostro moralismo. [...] Dio è compassione, futuro, approccio ardente, mano viva che tocca il cuore e lo apre, che porta luce e gioia, amore che fa ripartire la vita, luce. E il tuo cuore ti dirà che tu sei fatto per la luce.[3]
  • Dio non toglie vita. Dà la sua vita anche a coloro che gliela tolgono.[4]
  • [Sulla pesca miracolosa] I cristiani sono quelli che, come Simone, credono nell'amore di Dio (1Gv 4,16). E le reti si riempiono. Simone davanti al prodigio si sente stordito, inadeguato: Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore. Gesù risponde con una reazione bellissima, una meraviglia che m'incanta. Trasporta Simone su di un piano totalmente diverso, sovranamente indifferente al suo passato e ai suoi peccati, lui non si lascia impressionare dai difetti di nessuno, pronuncia e crea futuro: Non temere. Sarai pescatore di uomini. Li raccoglierai da quel fondo dove credono di vivere e non vivono; mostrerai loro che sono fatti per un altro respiro, un altro cielo, un'altra vita! Li raccoglierai per la vita. Quando si pescano dei pesci è per la morte. Ma per gli uomini no: pescare significa catturare vivi, è il verbo usato nella Bibbia per indicare coloro che in una battaglia sono salvati dalla morte e lasciati in vita (Gs 2,13; 6,25; 2Sam 8,2... ). Nella battaglia per la vita l'uomo sarà salvato, protetto dall'abisso dove rischia di cadere, portato alla luce.[5]
  • [Sul miracolo della risurrezione di Lazzaro] Il suo nome è: ospite, amico e fratello, insieme a quello coniato dalle sorelle: colui-che-Tu-ami, il nome di ognuno.
    A causa di Lazzaro sono giunte a noi due tra le parole più importanti del Vangelo: io sono la risurrezione e la vita. Non già: io sarò, in un lontano ultimo giorno, in un'altra vita, ma qui, adesso, io sono.
    Notiamo la disposizione delle parole: prima viene la risurrezione e poi la vita. Secondo logica dovrebbe essere il contrario. Invece no: io sono risurrezione delle vite spente, sono il risvegliarsi dell'umano, il rialzarsi della vita che si è arresa.
    Vivere è l'infinita pazienza di risorgere, di uscire fuori dalle nostre grotte buie, lasciare che siano sciolte le chiusure e le serrature che ci bloccano, tolte le bende dagli occhi e da vecchie ferite, e partire di nuovo nel sole: scioglietelo e lasciatelo andare. Verso cose che meritano di non morire, verso la Galilea del primo incontro.
    Io invidio Lazzaro, e non perché ritorna in vita, ma perché è circondato di gente che gli vuol bene fino alle lacrime. Perché la sua risurrezione? Per le lacrime di Gesù, per il suo amore fino al pianto.[6]
  • [Sul miracolo della camminata sulle acque] Pietro mostra che il miracolo non serve alla fede, non la rafforza. Egli cammina sul lago come nessuno ha mai fatto e già dubita. Vive un miracolo eppure la sua fede va in crisi: Signore, affondo!
    Pietro dubita e affonda; affonda e crede: Signore, salvami! Dubbio, fede, grido. Mi piace questo pescatore che ringrazio, uomo d'acqua e poi di roccia, per questo suo umanissimo oscillare tra fede grande, che sfida la tempesta, e fede piccola. Ed è proprio là che Gesù ci raggiunge, al centro della nostra mancanza di fede. Ci raggiunge e non punta il dito contro i nostri dubbi, ma stende la mano per afferrarci. Nei giorni della fede piccola arriva la mano forte che Dio non ha mai cessato di tendere. E il grido di paura diventa abbraccio tra l'uomo e il suo Dio.[7]
  • [Sulla cacciata dei mercanti dal tempio] Pochi minuti dopo, i mercanti di colombe avevano già rimesso in fila le loro gabbie, i cambiamonete avevano recuperato dal selciato anche l'ultimo spicciolo. Il denaro era pesato e contato di nuovo, era riciclato a norma di legge. Benedetto da tutti: pellegrini, sacerdoti, mercanti e mendicanti. Il gesto di Gesù sembra non avere conseguenze immediate, ma è profezia in azione. E il profeta ama la parola di Dio più ancora dei suoi risultati. Il profeta è il custode che veglia sulla feritoia per la quale entrano nel cuore speranza e libertà. Chi vuole pagare l'amore va contro la sua stessa natura e lo tratta da prostituta. Quando i profeti parlavano di prostituzione nel tempio, intendevano questo culto, tanto pio quanto offensivo di Dio, quando il fedele vuole gestire Dio: io ti do preghiere e sacrifici, tu mi dai sicurezza e salute. L'amore non si compra, non si mendica, non si impone, non si finge. Ma poi, se entrasse nella mia casa, che cosa mi chiederebbe di rovesciare in terra, tra i miei piccoli o grandi idoli? Tutto il superfluo...[8]
  • Il mondo appartiene a chi lo rende migliore.[9]
  • Il Paradiso è armonia con tutto ciò che vive.[10]
  • Il Regno che deve venire è il mondo come Dio lo sogna.[11]
  • L'ultimo posto non è un castigo: è il posto di Dio, infatti lì troviamo il Signore Gesù, venuto non per essere servito, ma per servire. Quando venne tra noi, non trovò posto se non nel legno di una mangiatoia. Quando se ne andò, trovò posto soltanto sul legno della Croce, quel poco di legno che bastava per morire. «Chi vuol essere il primo, sia il servo di tutti» [Mc. 10, 44]. L'ultimo posto è il posto di chi ama di più.[12]
  • La benedizione di Dio non è né ricchezza né salute né fortuna, ma semplicemente la luce: luce interiore, luce per camminare e scegliere, luce da gustare. Dio benedice con la luce: vale a dire ponendoti accanto persone dal volto e dal cuore di luce. Cui dire: mi basta vederti. Per sapere che Dio c'è, che Dio è luce. E il tuo cuore ti dirà che tu sei fatto per la luce. [13]
  • La conversione non è la causa della luce, ma l'effetto della tua notte toccata dall'allegria della luce, che apre la gioia come un fiore.[14]
  • La mia identità è in divenire perenne. Non ho un'identità da proteggere, ho un'identità da realizzare, un'identità che avanza, che cresce, che evolve. La mia identità di oggi non è più quella di ieri. Chi sono io? Sono le mie idee che ho cambiato, le emozioni che ho avuto, belle o brutte, sono la mia volontà. La mia identità è il comporsi di tutte queste cose, per cui sono braccia che si stendono, non sono radici immobili.[15]
  • Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio per presentarlo al Signore, ma non fanno nemmeno in tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna se lo contendono: Gesù non appartiene al tempio, egli appartiene all'uomo. È nostro, di tutti gli uomini e le donne assetati, di quelli che non smettono di cercare e sognare mai, come Simeone; di quelli che sanno vedere oltre, come Anna, e incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro. Gesù non è accolto dai sacerdoti, ma da un anziano e un'anziana senza ruolo, due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio. È la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l'eterna giovinezza di Dio.[16]
  • Mentre tutta la nostra storia sembra avanzare per esclusioni, separazioni, barriere, per deportazioni di nemici, il Regno di Dio è il sogno di un amore che non esclude nessuno.[10]
  • Mi domando: qual è stata la gioia più bella che io ho provato nella mia vita? E credo che la risposta sia: quando sono riuscito a fare felice qualcuno. Dona gioia a una persona e la ritroverai moltiplicata sul volto dell'altro.[12]
  • Se la Chiesa non è accogliente, non è Chiesa. Se io non ti accolgo, mi metto fuori dalla comunione. La comunione è rotta da chi non accoglie e non certo da chi non è accolto.[15]

Il canto del pane[modifica]

Incipit[modifica]

Io vivo
delle mie sorgenti.

In ogni epoca i cristiani hanno tentato di giungere all'essenza, al nocciolo del cristianesimo. Ebbene, il Vangelo stesso ce lo trasmette con il Padre Nostro. È in una preghiera, e non in una dottrina o in un insieme di dogmi, che è riassunto il messaggio di Gesù. E ciò è denso di significato: pregare è l'evangelo. Buona, lieta e umana notizia fatta risuonare in una cultura che ha perso la fiducia, piena di divinità irate e di miti sfiduciati. Preghiera è relazione. Il Vangelo non si riassume in una verità, bensì in una relazione.

Citazioni[modifica]

  • La storia dell'uomo è chiusa tra due parentesi che gli atei dicono di nulla, e che noi, con Gesù, diciamo di amore. Dio è colui di cui si può dire l'unica cosa che non si può dire dell'uomo: che è totalmente amore.
  • Ama la vita e darai lode a Dio. La nostra prima liturgia è la lode per la vita.
  • Hai bisogno di luce? Guarda la vita perché è la tua luce.
  • Il cielo dove Dio abita è il povero, il prossimo. L'altro è il cielo di Dio. Dio siede alla destra di ciascuno di noi.
  • Non c'è nessun maestro umano nella preghiera, come non c'è maestro nell'amore. Ad ognuno spetta edificare la sua preghiera, come ad ognuno tocca tessere il suo amore. Nessuno lo farà al posto nostro, nessuno lo farà meglio di noi.
  • Dio stesso è la patria della tua identità.
  • Pregare è aprire, nella trama del tempo, delle finestre su Dio.
  • Due persone che iniziano ad amarsi ripetono l'una il nome dell'altra e spesso tornano con il pensiero a dire e ridire quel nome. Perché il nome è più che una parola: invoca ed évoca la presenza.
  • Ciò che tu puoi fare è solo una goccia dell'oceano, ma è questa goccia che dà significato alla tua vita.
  • Noi continuiamo ad asciugare le lacrime anche se sappiamo che l'uomo continuerà a piangere. Ma un giorno ogni dolore sarà consumato e ogni lacrima sarà asciugata.
  • Ognuno è cosmo tessuto di caos e bellezza. E vivere è esercitarsi a dominare quegli oceani interiori che ci generano e ci minacciano.
  • Il Regno è dentro di me quando io scendo nei miei propri inferi, nelle zone non evangelizzate di me stesso, in quel mio profondo dove tumultuano le passioni e le ansie e lì porto orientamento, direzione, senso, e armonia. Quando scendo nelle mie zone di durezza, di indifferenza e lascio lievitare il richiamo della dolcezza. Quando oppongo alla logica profanante della violenza l'utopia della mitezza. E poi scendere agli inferi della storia dove sono i poveri, gli emarginati, gli sbandati, i perduti a portare solidarietà e portare creazione, che vuol dire vittoria sul deserto sanguinante che è la storia.
  • Dio non dà amore per riavere amore, sarebbe il grande narcisista, bisognoso come noi di gratificazioni. Dio ama in perdita, sempre. Con un paradosso luminoso si potrebbe dire che non è l'uomo che esiste per Dio, ma è Dio che esiste per l'uomo.
  • L'ideale di Dio è l'uomo.
  • Gesù è per il futuro, scommette sul futuro mio, tuo, di chiunque. Nessuno è mai perduto per sempre.
  • Volontà di Dio è la vittoria sulle solitudini.
  • Unica è la volontà di Dio, che io cresca a maggiore somiglianza con il mio creatore. [...] Allora pregare e dire "sia fatta la tua volontà" non sarà più l'eco dove si insinuano rassegnazione e pazienza, ma sarà sorgente di futuro che sale, che ascende, che lievita; parole ricche, germinali.
  • Volontà di Dio è servire la vita.
  • Se Dio ha una mania è quella di sperare nell'uomo.
  • L'uomo non coincide con il suo peccato, ma con le sue più alte possibilità. L'uomo non coincide con il suo male, ma con le sue potenzialità.
  • Ogni felicità se non è di tutti è rubata. Ogni felicità deve essere comunicata e condivisa o sfiorisce.
  • In tutte le religioni il Dio chiede dei sacrifici; il sacrificio consisteva nel distruggere qualcosa in onore del divino. Nella religione cristiana avviene il capovolgimento, non più un Dio che chiede di distruggere qualche cosa, ma invece un Dio che si distrugge per dare, che consuma se stesso per donare.
  • L'uomo non posside la vita, la riceve. E nel momento in cui cessa di trasmettere vita, in quel preciso momento la vita in lui si dissecca. La vita si alimenta di vita donata.
  • Se l'amore non è eccessivo non è amore.[17]
  • Vivere è l'infinita pazienza di ricominciare.[18]
  • Noi perdoniamo, ma in un angolo della nostra memoria conserviamo un po' di rancore. Noi perdoniamo ma in un angolo dell'anima diventiamo diffidenti verso quella persona. Perdoniamo, ma non riusciamo più a fidarci come prima. È difficilissimo perdonare di cuore. Bisogna scommettere sull'uomo. Ancora. Bisogna scommettere non come atto d'istinto ma come atto di fede. Bisogna dare credito all'altro, in base non al suo passato, ma in base al suo futuro. Bisogna dare credito non per un atto di intelligenza ma per un atto di speranza. Noi non riusciamo a perdonare di cuore. La nostra pace tante volte assomiglia alla tregua di due contendenti che si fermano a riprendere fiato. Tante volte noi perdoniamo, ma conserviamo le offese come munizioni pronte per la prossima contesa. Perdonare di cuore implica una purificazione, una verginità della memoria.
  • L'innocenza non è qualcosa che si conserva, è soprattutto qualcosa che si riconquista.
  • Il peccato non è rivelatore dell'uomo, non dice chi siamo veramente; non è dal male che emerge la nostra realtà. L'uomo non coincide col suo peccato, ma con le sue possibilità, con ciò che può diventare, con i semi di vita, con il buon grano che ha in sé. Solo il positivo rivela l'uomo, solo la bellezza. La tua bellezza è la tua verità. Per questo Gesù perdona, perché vede noi oltre noi, ci vede in un giardino di possibilità. E vede la nostra vita "d'ora in avanti", come una vita che va di inizio in inizio. Di primavera in primavera. L'argomento del giudizio universale, l'argomento del contendere cosmico con Dio, non sarà il male ma il bene. Dio non ci chiederà conto di quanto male abbiamo commesso, ma di quanto bene abbiamo compiuto.
  • Gesù non sopporta una sola categoria di persone: gli accusatori.
  • "Siate perfetti come il Padre vostro, siate misericordiosi come il Padre vostro" (Mt. 5,48; Lc. 6,36). Sovrapponendo queste due parole scopriamo che la perfezione di Dio è la sua misericordia. Allora anche l'uomo può essere perfetto se vive la misericordia; la perfezione dell'uomo è la conquista della misericordia, e la misericordia è la sintesi della lieta notizia. Misericordia: scandalo per la giustizia, follia per l'intelligenza, consolazione per noi debitori. Il debito di esistere, il debito di essere amati si paga solo con la misericordia.
  • Tentazione. Una parola non più di moda nella geografia dell'anima; una parola sempre più di moda nella pubblicità. E capovolta, ad indicare qualcosa di positivo, di allietante, di necessario. Eppure, se il peccato non esiste, tutto è indifferente. Se il peccato non esiste, l'anima stessa, più che un enigma, è un delitto. Se tutto si equivale, niente vale.
  • La grande tentazione, o prova, o apostasia della nostra epoca non è l'ateismo. Il ribelle cerca Dio a modo suo. Di fronte al dolore del mondo c'è un ateismo compassionevole che ripete, a modo suo: "Elì, Elì, lemà sabactàni"[19].
  • La tentazione è una scelta tra due amori, tra due valori.

Sciogliere le vele[modifica]

Incipit[modifica]

Sciogliere le vele

Io la vela, Dio il vento.
Questa bella immagine, colta in un'intervista al filosofo Norberto Bobbio, dice l'esperienza che tutti facciamo avvicinandoci alla parola di Dio: ne sentiamo l'energia, percepiamo che è già andata avanti, e che la nostra vocazione è diventare "vela", gente che accoglie il vento di Dio.

Citazioni[modifica]

  • Credo fermamente che nominare Cristo, nominarlo bene, equivalga a confortare la vita.
  • [...] non ci interessa un sacro che non sia fioritura d'umano, che non accada al centro della vita.
  • Viene il Signore come un ladro[20] che ha desiderio di qualcosa che è in te, nella tua casa. Perché tu hai qualcosa di prezioso ed egli lo vuole, ne ha bisogno. Io ho un tesoro, che è il desiderio di Dio. È la mia persona stessa, il fiume della mia esistenza che mescola insieme fango e pagliuzze d'oro, questo nulla fragile e glorioso cui però lui stesso ha donato un cuore.
  • L'incarnazione di Dio è la certezza che la nostra carne in qualche sua radice è santa, che la nostra storia in qualche sua pagina è sacra. E guardando il fratello nessuno potrà più dire: qui finisce Dio, qui comincia l'uomo, perché Creatore e creatura sono abbracciati. Finito e infinito sono dentro di noi in miscela prodigiosa per intensità di progetti, per vigore di trasformazione. Dio si è fatto uomo perché l'uomo si faccia Dio.
  • La storia vera è l'opera di chi si colloca là dove nessuno vorrebbe essere, nell'umiltà del servizio, nell'insignificanza apparente della bontà, nel silenzio degli uomini di buona volontà.
  • Cerchi luce? Ama la vita, prenditene cura, è la tenda del Verbo. Amala, con i suoi turbini e le sue tempeste, e sempre più spesso però con il suo sole e le sue rose. E poi vai a servizio amoroso là dove la vita langue e sembra prossima a spegnersi.
  • Dio non si dimostra, si mostra; la croce e la Pasqua non si dimostrano, si mostrano: con una vita pacificata e generosa, impegnata e accogliente; con una pienezza di umanità che sola mi permetterà di accedere al divino, e di lasciare traccia; coltivando tutte le virtù umane e qualcuna di quelle evangeliche.
  • L'amore non dà una spiegazione dell'universo, non è la giustificazione della storia, non fa sorgere scienziati e filosofi. Fa ben di più. Non giustifica, ma fa vivere; non spiega, ma guarisce. Chi gusta l'amore, anche se morto, può nascere.
  • L'uomo, come un vaso rotto, chiama Dio, lo obbliga a farsi vicino. È il cuore spezzato che costringe Dio a non ritirarsi nei suoi cieli perfetti e lontani.
  • Una leggenda ebraica racconta che ogni uomo viene sulla terra con una piccola fiammella sulla fronte, una stella accesa che gli cammina davanti. Quando due uomini si incontrano, le loro due stelle si fondono e si ravvivano, come due ceppi sul focolare. L'incontro è riserva di luce. Quando invece un uomo per molto tempo è privo di incontri, la sua stella, quella che gli splende in fronte, piano piano si appanna, si fa smorta, fino a che si spegne. E va, senza più una stella che gli cammini avanti. La nostra luce vive di incontri.
  • Se c'è un angelo nel cielo sopra Milano, chiedo che mi accompagni nell'ultimo viaggio oltre le porte dell'ombra, tenendomi per mano, e mi dica, in quell'ultimo tratto di cielo, solo questo: vieni, hai tentato di amare. Non chiedo altro. E che lo dica con un sorriso.
  • L'intera esistenza altro non è che la gioia e la fatica di liberare tutta la luce sepolta in noi.
  • È facile essere credenti senza bontà; è facile anche essere teologi e preti senza bontà. È facile ed è mortale. Funzionari delle regole e analfabeti del cuore. Difensori della sana dottrina e indifferenti al dolore. Ma è l'uomo la strada maestra della Chiesa, sempre.
  • Essere in croce è ciò che Dio deve nel suo amore all'uomo che è in croce. L'amore conosce molti doveri, ma il primo di questi doveri è di essere con l'amato. Solo un Dio sale sulla croce ed entra nella morte perché nella morte entra ogni suo amato. Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. Solo la croce toglie ogni dubbio. Qualunque uomo, qualunque re, se potesse, scenderebbe dalla croce. Solo un Dio non scende dal legno. La croce è l'abisso dove Dio diviene l'amante, genesi perfetta di Dio fra gli uomini. [...] Le braccia di Gesù, inchiodate e distese in un abbraccio che non può rinnegarsi, sono le porte dell'Eden spalancate per sempre, sono cuore dilatato fino a lacerarsi molto prima del colpo di lancia, sono accoglienza di ogni creatura, alleanza con tutto ciò che vive: genesi dell'uomo in Dio. Perché l'amato nasce dalle ferite del cuore di chi lo ama. L'uomo nasce dal cuore trafitto del suo Creatore. E capisce che la vita non è possesso o rapina, ma dono di sé; che Dio e la vita sono dono reciproco di sé. Allora la croce è davvero la gloria di Dio, l'ora gloriosa della vita.
  • Prima di risorgere egli è disceso agli inferi, nel fondo oscuro della storia e della materia, per darle energia e direzione verso la luce, l'amore, la libertà. Se io comincio a pensare che nelle profondità della materia e della mia carne, nelle parti più oscure del mio essere, egli è sceso per illuminare e trasfigurare, per risuscitare amore e bellezza, allora anch'io partecipo alla risurrezione di Cristo che risorge per l'eternità dal fondo del mio essere, energia che ascende, germe di vita, vita germinante.
  • Il Signore Gesù cammina per le strade del mondo perché il suo cielo è la terra, il suo cielo sono gli altri. Egli abita nei passi dei cercatori ed è seduto alla destra di ciascuno di noi.
  • Dio [...] dona eternità a tutto ciò che di più bello porti nel cuore.
  • Pensare di capire la Trinità attraverso le formule è come tentare di capire una parola analizzando il supporto, la carta su cui è scritta. Dio non è una definizione, ma un'esperienza. La Trinità non è un concetto da capire, ma una manifestazione da accogliere. In uno dei capolavori di Kieslowski sui Dieci Comandamenti, Decalogo I, il bambino protagonista sta giocando al computer. Improvvisamente si ferma e chiede alla zia: «Com'è Dio?». La zia lo guarda in silenzio, gli si avvicina, lo abbraccia, gli bacia i capelli e, tenendolo stretto a sé, sussurra: «Come ti senti, ora?». Pavel non vuole sciogliersi dall'abbraccio, alza gli occhi e risponde: «Bene, mi sento bene». E la zia: «Ecco, Pavel, Dio è così». Dio come un abbraccio: è il senso della Trinità. Dio non è in se stesso solitudine, ma comunione. L'oceano della sua essenza vibra in un infinito movimento d'amore. Se il nostro Dio non fosse Trinità, vale a dire incontro, relazione, comunione e dono reciproco, sarebbe un Dio da delusione, assente e distratto. Ma Dio è estasi, cioè un uscire-da-sé in cerca d'oggetti d'amore [...]
  • Se un giorno la sofferenza mi impedirà forse perfino di pregare, se saprò esprimere solo una muta paura, in quel momento Dio si farà vicino [...] E so che allora non importerà più merito o demerito; Dio non conterà i miei peccati, ma ad una ad una le mie lacrime.
  • Dio è una strada che ci porta gli uni verso gli altri. [...] Dio dona eternità a tutto ciò che di più bello hai seminato nel mondo.
  • Il contrario dell'amore non è l'odio, ma l'indifferenza. L'odio è spesso una variante impazzita dell'amore. L'indifferenza invece riduce a nulla l'altro, non lo vedi neppure, non esiste più. E nessuno ha il diritto di ridurre a nulla un uomo. L'indifferenza avvelena la terra, ruba vita agli altri, uccide e lascia morire; è la linfa segreta del male.
  • Questa è la strada contromano di Gesù: Dio non tiene il mondo ai suoi piedi, è ai piedi di tutti. Dio non è il padrone dei padroni, è il servitore che in Gesù lava i piedi ai discepoli. Non è il Signore della vita, è di più, il servo di ogni vita. I grandi del mondo si costruiscono troni di morti, Dio non ha troni, cinge un asciugamano e vorrebbe fasciare tutte le ferite della terra. Dio come un servo: che non esige, sostiene; non pretende, si prende cura; non rivendica diritti, risponde ai bisogni. Servitore ineguagliabile. [...] Servizio: questo è il nome nuovo, il nome segreto della civiltà, perché questo è lo stile di Dio.
  • Il crocifisso è l'icona più vera. Porta sulla terra il potere di Dio: quello di servire, non di asservire; quello di salvare, non di giudicare; quello di dare la vita, non di toglierla. Il crocifisso porta l'immagine vera dell'uomo. [...] Vero uomo è lui, capace del dono supremo, fratello di ognuno, che muore ostinatamente amando, gridando forte a Dio tutta la sua pena, ma per mettersi nelle sue mani.

Note[modifica]

  1. Da Le ragioni della speranza, Rai Uno, 8 gennaio 2011.
  2. Da Il volto dei volti: Cristo, a cura dell'Istituto Internazionale di Ricerca sul Volto di Cristo, Editrice Velar, Gorle, 2004, p. 85.
  3. Da Le ragioni della speranza, Rai Uno, 2 aprile 2011.
  4. Da Le ragioni della speranza, Rai Uno, 15 gennaio 2011.
  5. Da Come Pietro i cristiani credono nell'amore del Signore, avvenire.it, 4 febbraio 2016.
  6. Da Non è la vita che vince la morte, è l'amore, avvenire.it, 30 marzo 2017.
  7. Da Una mano tesa sull'abisso del dubbio, avvenire.it, 7 agosto 2008.
  8. Da I mercanti nel tempio e quelli nel nostro cuore, avvenire.it, 4 marzo 2021.
  9. Da Le ragioni della speranza, Rai Uno, 29 gennaio 2011.
  10. a b Da Le ragioni della speranza, Rai Uno, 20 novembre 2010.
  11. Da Le ragioni della speranza, Rai Uno, 24 luglio 2010.
  12. a b Da Le ragioni della speranza, Rai Uno, 28 agosto 2010.
  13. Da Il volto dei volti: Cristo, a cura dell'Istituto Internazionale di Ricerca sul Volto di Cristo, Editrice Velar, Gorle, 2004, p. 86.
  14. Da Le ragioni della speranza, Rai Uno, 22 gennaio 2011.
  15. a b Intervista a Ermes Ronchi, 16 ottobre 2009
  16. Da Gesù, la luce preparata per i popoli, avvenire.it, 13 gennaio 2014.
  17. Cfr. Roger de Bussy-Rabutin: «Quando non si ama troppo, non si ama abbastanza».
  18. Citato in Roberto Seregni, Ri-sorgere: e altri "ri" del Vangelo, prefazione di Luca Moscatelli, Àncora, Milano, 2017, p. 25. ISBN 978-88-514-1902-8
  19. "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt. 27, 46)
  20. "Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà." (Mt. 24, 42 – 44)

Bibliografia[modifica]

  • Ermes Ronchi, Il canto del pane, Edizioni San Paolo, 2006.
  • Ermes Ronchi, Sciogliere le vele. Commento ai vangeli festivi. Anno A, Edizioni San Paolo, 2004.

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