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Il divo

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Il divo

Immagine Il divo logo.svg.
Titolo originale

Il Divo

Lingua originale italiano
Paese Italia, Francia
Anno 2008
Genere biografico, drammatico
Regia Paolo Sorrentino
Sceneggiatura Paolo Sorrentino
Produttore Andrea Occhipinti
Interpreti e personaggi

Il divo, film italo-francese del 2008 con Toni Servillo, regia di Paolo Sorrentino.

GLOSSARIO ITALIANO

Organizzazione terroristica marxista-leninista nata nel 1970. Nel 1978 le B.R. sequestrarono il presidente della DC, Aldo Moro. Dopo 55 giorni, Moro sarà ucciso. I brigatisti hanno sempre sostenuto di aver agito in autonomia, ma le indagini per individuare la prigione di Moro possono essere state pregiudicate dalla loggia P2.

Partito d'ispirazione cristiana, fondato nel 1942 da Alcide De Gasperi. Organizzato in "correnti", ha governato l'Italia dal dopoguerra ai primi Anni Novanta, quando fu sciolto, travolto dalle inchieste su corruzione e finanziamento illecito dei partiti, comunemente chiamate "Tangentopoli". I maggiori leader sono stati Aldo Moro, Amintore Fanfani e Giulio Andreotti.

La loggia massonica "Propaganda due" è stata un'associazione segreta nata durante la Guerra Fredda in chiave anti-comunista. Gestita da Licio Gelli, si conoscono i nomi di 972 iscritti. Ha raccolto politici, giornalisti, uomini d'affari, delle Forze Armate e dei servizi segreti, con l'obiettivo di realizzare il "Piano di rinascita nazionale": un programma di trasformazione autoritaria dello Stato. Anche Silvio Berlusconi, poi presidente del Consiglio, è stato iscritto alla Loggia.

Statista, cinque volte capo del governo. Durante la prigionia, Moro scrisse centinaia di lettere per sollecitare una trattativa con le Brigate Rosse e la sua liberazione. Giulio Andreotti e Francesco Cossiga, interpreti principali della linea della fermezza, non vollero trattare. In quei 55 giorni, Moro scrisse anche un memoriale contenente giudizi durissimi su molti compagni di partito. Soprattutto su Andreotti.

(Testo in sovrimpressione)

Se non potete parlare bene di una persona, non parlatene. (Rosa Falasca Andreotti, madre di Giulio Andreotti) [Testo in sovrimpressione]

"Lei ha sei mesi di vita", mi disse l'ufficiale medico alla visita di leva. Anni dopo lo cercai, volevo fargli sapere che ero sopravvissuto, ma era morto lui. È andata sempre così: mi pronosticavano la fine, io sopravvivevo, sono morti loro. In compenso per tutta la vita ho combattuto contro atroci mal di testa. Ora sto provando questo rimedio cinese, ma ho provato di tutto. A suo tempo l'Optalidon accese molte speranze. Ne spedii un flacone pure ad un giornalista, Mino Pecorelli. Anche lui è morto. (Giulio Andreotti)

Frasi

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Citazioni in ordine temporale.

  • Guerre puniche a parte, mi hanno accusato di tutto quello che è successo in Italia. Nel corso degli anni mi hanno onorato di numerosi soprannomi: il Divo Giulio, la Prima-lettera-dell'-alfabeto, il Gobbo, la Volpe, il Moloch, la Salamandra, il Papa Nero, l'Eternità, l'Uomo-delle-tenebre, Belzebù. Ma non ho mai sporto querela, per un semplice motivo: possiedo il senso dell'umorismo. Un'altra cosa possiedo: un grande archivio, visto che non ho molta fantasia, e ogni volta che parlo di questo archivio chi deve tacere, come d'incanto, inizia a tacere. (Giulio Andreotti)
  • Che cosa ricordare di lei, onorevole Andreotti? Non è mia intenzione rievocare la sua grigia carriera, non è questa una colpa. Che cosa ricordare di lei? Un regista freddo, impenetrabile, senza dubbi, senza palpiti. Senza un momento di pietà umana. Che cosa ricordare di lei?
    Post Scriptum: Il papa ha fatto pochino. Forse ne avrà scrupolo. (Aldo Moro)
  • Io non ho mai creduto che si possa distinguere l'umanità in due categorie, angeli e diavoli, siamo tutti dei medi peccatori. Chi non vuol far sapere una cosa, in fondo non deve confidarla neanche a se stesso, perché non bisogna mai lasciare tracce. (Giulio Andreotti)
  • Mi creda, io so cos'è la solitudine; non è una gran bella cosa. Per il mio ruolo, per la mia storia, avrò conosciuto nella mia vita approssimativamente 300.000 persone. Lei crede che questa folla oceanica mi abbia fatto sentire meno solo? (Giulio Andreotti)
  • [Ai funerali di Salvo Lima]
    Mi rivolgo allo Stato, mi rivolgo agli inquirenti! Io vi chiedo di identificare e di castigare esemplarmente tanto gli esecutori come i mandanti, perché anche questa volta essi non rimangano, specialmente i mandanti, in una sconfortante indeterminatezza. L'opinione pubblica attende sempre che giustizia sia fatta e che non si possa nutrire il minimo dubbio sulla volontà efficace di giungere alla scoperta e alla dimostrazione della verità dei fatti. Guarda, Signore, e fissa lo sguardo perché sto diventando spregevole agli occhi di chi mi contempla. Guarda, Signore, e fissa lo sguardo perché sto diventando spregevole agli occhi di chi mi contempla! (Salvatore Pappalardo, Vescovo di Palermo)
  • Non ho mai baciato mia madre, mai. E d'altra parte sembra che Giuda baciasse tanto, e non era un sentimentale. A lei, che io fossi deputato o ministro, non faceva nessun effetto. Quando è morta ho pianto. Nel corso della vita ho pianto altre due volte: quando morì De Gasperi e la prima volta che fui nominato sottosegretario. Una volta invece ho fatto un fioretto, fu quando le Brigate Rosse rapirono Aldo Moro, mi ripromisi se si fosse salvato di non mangiare più gelati... Io sono molto goloso di gelati... Se in questo Paese ci fosse stata l'elezione diretta del Presidente della Repubblica io ce l'avrei fatta. (Giulio Andreotti)
  • Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso. Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. Lo stragismo per destabilizzare il Paese, provocare terrore, per isolare le parti politiche estreme e rafforzare i partiti di Centro come la Democrazia Cristiana l'hanno definita "Strategia della Tensione" – sarebbe più corretto dire "Strategia della Sopravvivenza". Roberto, Michele, Giorgio, Carlo Alberto, Giovanni, Mino, il caro Aldo, per vocazione o per necessità ma tutti irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa e lo so anch'io. (Giulio Andreotti)
  • Io so fin troppo bene, senatore, che nella vita ci sono cose che non bisogna vedere. (Signora Enea)
  • Se è vero che ogni buon cristiano deve sempre porgere l'altra guancia, allora è anche vero che Gesù Cristo, con molta intelligenza, di guance ce ne ha date soltanto due. (Giulio Andreotti)

Dialoghi

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Citazioni in ordine temporale.

  • Don Mario: A che ora ti sei svegliato, Giulio?
    Giulio Andreotti: Alle quattro e mezza.
    Don Mario: La Pira si svegliava alle tre e mezza.
    Giulio Andreotti: La Pira era un santo, io sono un peccatore.
    Don Mario: Quante volte, Giulio?
    Giulio Andreotti: Da oggi sette.
    Don Mario: Sette volte presidente del Consiglio e venticinque volte ministro. Mai avuto un parrocchiano così illustre.
    Giulio Andreotti: Siamo tutti illustri davanti a Dio.
    Don Mario: Montanelli diceva: «De Gasperi e Andreotti andavano insieme a messa e tutti credevano che facessero la stessa cosa. Ma non era così. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti con il prete».[1]
    Giulio Andreotti: I preti votano, Dio no.
  • Signora Enea: Presidente, stia dritto!
    Giulio Andreotti: Sto tanto comodo così.
  • Andreotti: Ditemi del mio cavallino preferito.
    Paolo Cirino Pomicino: Sbraitava, Craxi. Continuava a ripetere: "Piuttosto che subire il DC Mazza [Roberto Mazzotta] alla presidenza della banca, mi taglio le palle".
    Andreotti: E chi ha avuto la presidenza della banca?
    Paolo Cirino Pomicino: DC Mazza.
    Andreotti: E avete chiesto l'adempimento a Craxi?
  • Moglie dell'ambasciatore francese: Tutti dicono che è un uomo pericoloso.
    Signora Enea: Andreotti non è pericoloso, è spericolato, che è tutta un'altra cosa.
  • Paolo Cirino Pomicino: Andreotti, mi faccia essere franco, l'immobilismo del suo governo sta danneggiando noi e la sua corsa al Quirinale. Il governo cadrà presto, questo lo sappiamo, ma non deve cadere in questo modo qua.
    Giulio Andreotti: Meglio tirare a campare che tirare le cuoia.
    Paolo Cirino Pomicino: Ecco, mi permetta, ma lei è politicamente un ingenuo. Intendiamoci, ingenuità e intelligenza vanno sempre a braccetto.
    Giulio Andreotti: Mi stai dando dello stronzo?
  • Vincenzo Scotti: Devo dirti la verità... per quanto mi sforzi, e mi sono sforzato molto in tutti questi anni di militanza comune, di amicizia, ecco devo dirti che non ti capirò mai, che non ti conosco.
    Giulio Andreotti Quando rapirono Moro ebbi dei conati di vomito... una reazione incontrollabile. Ci imbarazzano, le reazioni incontrollate, ma in fondo ci rassicurano, perché ci dicono che siamo vivi. E umani.
  • [In confessionale con Don Mario]
    Don Mario: Da troppi anni c'erano questi sospetti su Lima come uomo legato alla Mafia; era troppo chiacchierato. E anche gli altri esponenti della tua corrente sono chiacchierati. Tutto questo non è bene.
    Andreotti: Anch'io sono chiacchierato.
    Don Mario: Ma tu sei Giulio Andreotti, loro no.
    Andreotti: Almeno questo non è colpa mia.
    Don Mario: Giulio, perché ti circondi di certa gente?
    Andreotti: La guerra si fa con i soldati che si hanno.
    Don Mario: I migliori possono scegliere i soldati migliori.
    Andreotti: Ma gli alberi per crescere hanno bisogno del concime.
    Don Mario: La tua ironia è atroce.
    Andreotti: L'ironia è la migliore cura per non morire e le cure per non morire sono sempre atroci.
    Don Mario: Soffri per Lima?
    Andreotti: Soffro per Moro. Tutto mi è sempre passato addosso senza lasciare segni ma Moro no. Non riesco a togliermelo dalla testa; è come una seconda emicrania, ancora più lancinante. Perché non presero me? Io sono forte, Moro no, Moro era un uomo debole.
    Don Mario: Non devi parlare così, questi sono sterili rimorsi.
    Andreotti: Volevano i segreti, le Brigate rosse. Con me potevano stare a parlare un anno, Moro certe cose non solo non le sapeva, non poteva neanche immaginare che esistessero. Sai, Mario, una volta [le BR] mi hanno chiamato a casa. Nessuno ha il mio numero di casa. Mi dissero che mi avrebbero ammazzato il 26 dicembre. Io gli risposi: "Grazie, cosi passerò il santo Natale in pace." Sono ancora qui. Si fecero scoraggiare da una battuta: queste erano le brigate rosse, gente troppo seriosa.
  • Paolo Cirino Pomicino: Cari ragazzi bisogna prenderla di petto; la situazione è fin troppo chiara. Ora che Cossiga ha nominato il "Fanciullo" senatore a vita bisogna capire che fine faranno i suoi 330mila voti.
    Vittorio Sbardella: Bravo! Ed è proprio per questo che mi sembra naturale che a fare il coordinatore di tutta la corrente, sia proprio io, no?
    Franco Evangelisti: Boni, state boni!
    Paolo Cirino Pomicino: Vitto', mi sfugge il senso della tua proposta, ma che cazzo vuoi coordinà? Abbiamo sempre fatto che il Lazio era vostro, la Campania mia, la Sicilia di Lima e il Piemonte di Cristofori.
    Franco Evangelisti: Boni, state boni!
    Vittorio Sbardella: A Fra'...che te serve?
    Paolo Cirino Pomicino: Fra', stiamo parlando di politica, se vuoi partecipare non c'è problema, ma non puoi dì ogni trenta secondi "Boni, state boni"...Urge un concetto, ce l'hai?
  • Paolo Cirino Pomicino: Senta, Andreotti, lo scopo di questa cena è chiaro. Noi della corrente pensiamo lei debba essere eletto Presidente della Repubblica e vorremmo svolgere tutte le attività possibili perché questo avvenga. Che cosa ne pensa?
    Giulio Andreotti: So di essere di media statura, ma... non vedo giganti intorno a me.
    Franco Evangelisti: Lo conosco troppo bene Giulio mio... ha appena detto "sì".
  • Franco Evangelisti: A Giù, quanto me fai penà a volerte bene!
    Andreotti: Non ti ho mai chiesto di volermi bene.
    Franco Evangelisti: Eh, lo so, ma io te ne voglio lo stesso. E tu in tutti questi anni mai un momento di affetto, mai!
    Andreotti: Ti ho sempre difeso politicamente, anche quando hai avuto delle uscite incongrue.
    Franco Evangelisti: Sì, ma non c'è solo la politica nella vita, Giù... io non sono intelligente come te, certo, avrò commesso delle cose incongrue però ti ho sempre coperto quella parte bassa che viene subito dopo il coccige! Sempre! Sempre. Non te lo dimenticare, Giù.
    Andreotti: Hai avuto un'altra uscita incongrua, Franco. Perché c'è solo la politica.
  • Paolo Cirino Pomicino: Senza troppi giri di parole, c'è da definire la Presidenza della Repubblica. Dobbiamo rimanere uniti per far eleggere un DC quindi, cari ragazzi, dovete mettervi d'accordo. Parlatene con franchezza.
    Andreotti: Se c'è la candidatura dell'amico Arnaldo, la mia non esiste.
    Forlani: Se c'è la candidatura dell'amico Giulio, la mia non esiste.
    Paolo Cirino Pomicino: Ho capito.
    Esponente DC: Com'è andata?
    Paolo Cirino Pomicino: Vogliono candidarsi tutti e due.
  • Andreotti: Io non ci credo al caso; io credo alla volontà di Dio.
    Scalfari: Dovrebbe invece. Dovrebbe crederci al caso. Dunque, presidente, è un caso che i familiari di alcune persone assassinate la odino? La odia il figlio del generale Dalla Chiesa: dice che c'è la sua mano nell'omicidio del padre. La odia la moglie di Aldo Moro che la ritiene uno dei responsabili della morte del marito. È un caso che la odi la moglie del banchiere Roberto Calvi? Dice che lei minacciò prima e ordinò poi l'omicidio di Calvi. Dice che non l'uccise lo Ior, ma due persone: Andreotti e Cosentino, che adesso è morto. E poi mi domando: è un caso che lei fosse ministro dell'Interno quando Pisciotta è stato assassinato con un caffè avvelenato? Si disse che Pisciotta avrebbe potuto rivelare i mandanti dell'omicidio del bandito Giuliano. È un caso che il banchiere Michele Sindona sia stato assassinato allo stesso modo? Anche lui, costretto in carcere, avrebbe potuto fare rivelazioni fastidiose. È un caso che tutti dicano che lei abbia ripetutamente protetto Sindona? È un caso che il suo luogotenente Evangelisti abbia incontrato Sindona da latitante, a New York, in un negozio di soldatini? È un caso quello che dice il magistrato Viola, che se lei non avesse protetto Sindona non sarebbe mai maturato il delitto Ambrosoli? E ancora: è un caso che lei annota tutto scrupolosamente nei suoi diari e dimentica di annotare del delitto Ambrosoli? Ed è un caso che nel triennio '76-'79, quando lei era presidente del Consiglio, tutti i vertici dei servizi segreti erano nelle mani della P2? È un caso che nei suoi ripetuti incontri con Licio Gelli, capo della P2, parlavate – solo ed esclusivamente – dei desaparecidos sudamericani? Così ha detto lei: "solo chiacchiere amichevoli". Infine, è un caso che lei sia stato tirato in ballo in quasi tutti gli scandali di questo paese? E tralascio tutti i sospetti che aleggiano sui suoi rapporti con la Mafia. Insomma – come ha detto Montanelli – delle due, l'una: o lei è il più grande, scaltro criminale di questo paese, perché l'ha sempre fatta franca; oppure è il più grande perseguitato della storia d'Italia. Allora le chiedo: tutte queste coincidenze sono frutto del caso o della volontà di Dio?
    Andreotti: È un caso che l'autorevole quotidiano, da lei fondato e diretto, sia stato salvato a suo tempo dal presidente del Consiglio? Quel presidente del Consiglio ero io. Il suo giornale stava per finire nelle mani di Silvio Berlusconi, un datore di lavoro a lei poco gradito. Io l'ho impedito, anche grazie alla mediazione del tanto vituperato Ciarrapico, consentendole così di riacquistare la sua autonomia e la sua libertà. Autonomia e libertà che le consentono di venire oggi qui a pormi domande sfrontate e capziose. È grazie a me se lei oggi può permettersi di essere così arrogante e presuntuoso e sospettoso nei miei confronti.
    Scalfari: Guardi che le cose non stanno esattamente così: la situazione era un po' più complessa.
    Andreotti: Ecco. Lei è abbastanza perspicace e l'ha capito da solo; la situazione era un po' più complessa. Ma questo non vale solo per la sua storia: vale anche per la mia.
  • Medico: Dovrebbe fare un po' di sport.
    Andreotti: Tutti i miei amici che facevano sport sono morti.
    Medico: È un caso.
    Andreotti: Io non ci credo al caso, io credo alla volontà di Dio.
  • Membro della Commissione Inquirente: De Gasperi diceva di lei: "E' un ragazzo talmente capace a tutto, che può diventare capace di tutto".
    Andreotti: Lasci stare De Gasperi!
  • Signora Enea: Come sta, Presidente?
    Andreotti: Così. E lei?
    Signora Enea: Sostanzialmente, mi annoio.
    Andreotti: Sostanzialmente, anch'io.
  • Livia Danese: Giulio, tu hai un po' di erudizione, la battuta pronta, perseveranza, capacità di concentrazione e resistenza. Basta, tutto qua. Ti dipingono furbo, colto, intelligentissimo: io dico che non è così.
    Giulio Andreotti: Cosa ti rende all'improvviso così critica?
    Livia Danese: Niente. Solo la necessità, ogni tanto, di ristabilire la verità. Necessità che tu non hai mai avuto.
    Giulio Andreotti: Si vive più a lungo senza necessità.
    Livia Danese: Un'altra battuta.

PROCESSO DI PALERMO

  • 23 OTTOBRE 1999: il Tribunale assolve Giulio Andreotti dall'accusa di associazione mafiosa, perché il fatto non sussiste.
  • 2 MAGGIO 2003: la Corte d'Appello di Palermo dichiara di non doversi procedere nei confronti di Giulio Andreotti in ordine al reato di associazione a delinquere, commesso fino alla primavera del 1980, in quanto estinto per prescrizione.
  • 15 OTTOBRE 2004: la seconda sezione penale della Corte di Cassazione conferma la sentenza della Corte d'Appello di Palermo.

PROCESSO PECORELLI

  • 30 APRILE 1999: i PM chiedono l'ergastolo per tutti gli imputati del processo: Andreotti, Vitalone, Badalamenti, Calò, come mandanti dell'omicidio e La Barbera e Carminati come esecutori materiali.
  • 24 SETTEMBRE 1999: la Corte d'Assise di Perugia assolve tutti gli imputati.
  • 16 NOVEMBRE 2002: la Corte d'Appello di Perugia condanna a 24 anni di reclusione Giulio Andreotti e Gaetano Badalamenti.
  • 30 OTTOBRE 2003: la Cassazione annulla senza rinvio la sentenza della Corte d'Appello. Giulio Andreotti e Gaetano Badalamenti sono assolti dall'accusa dell'omicidio.

(Testo in sovrimpressione)

Citazioni su Il divo

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  • Andreotti ha reagito in modo stizzito e questo è un buon risultato perché di solito lui è impassibile di fronte ad ogni avvenimento. La reazione mi conforta e mi conferma la forza del cinema rispetto ad altri strumenti critici della realtà. (Paolo Sorrentino)
  • È molto cattivo, è una mascalzonata, direi. Cerca di rivoltare la realtà facendomi parlare con persone che non ho mai conosciuto. (Giulio Andreotti)
  • Ha vinto [al Festival di Cannes] il film su di me? Se uno fa politica pare che essere ignorato sia peggio che essere criticato. Dunque... (Giulio Andreotti)

Note

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  1. Cfr. Indro Montanelli: «Andava anche, mi dicono, a messa insieme a lui, e tutti credevano che facessero la stessa cosa. Ma non era così. In chiesa, De Gasperi parlava con Dio; Andreotti col prete. Era una divisione di compiti perfetta».

Voci correlate

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