Giulio Andreotti

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Giulio Andreotti nel 1960

Giulio Andreotti (1919 – 2013), politico e scrittore italiano.

Citazioni di Giulio Andreotti[modifica]

  • A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente di tutto.[fonte 1]
  • [Dopo la caduta del muro di Berlino] Amo talmente tanto la Germania che ne preferivo due.[1][fonte 2]
  • Anche quest'anno ce l'abbiamo fatta, grazie a Dio. Tanti miei compagni di scuola non ci sono più. Io capisco e gli altri capiscono quello che io dico.[fonte 3]
  • [Sullo sciopero della fame della senatrice Franca Rame contro l'allargamento della base militare di Vicenza] Assicuro la gentile collega che può contare sulla mia solidarietà: tra un pasto e l'altro non prenderò cibo.[fonte 4]
  • [Su Giorgio Ambrosoli] Certo era una persona che in termini romaneschi, direi, se l'andava cercando.[fonte 5]
  • Considero il sopravvivere una grazia di Dio.[fonte 6]
  • Cosa vorrei sulla mia epigrafe? Data di nascita, data di morte. Punto. Le parole delle epigrafi sono tutte uguali. A leggerle uno si chiede: ma scusate, se sono tutti buoni, dov'è il cimitero dei cattivi?[fonte 7]
  • Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento [riferendosi alla condizione dei palestinesi] e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista.[fonte 8]
  • Di feste in mio onore ne riparleremo quando compirò cent'anni.[fonte 9][fonte 10]
  • Di Francesco Grisi critici esperti ricorderanno e valuteranno l'opera letteraria. Per me resterà un esempio di autentica libertà culturale e di assoluto disinteresse. Quando molti uomini di lettere, di scienza e delle arti si affannavano a firmare manifesti, appelli e proteste, ben oltre le proprie convinzioni personali, per assecondare le punte di una moda vociferante, Francesco si prodigò nella attivazione di un sindacato di liberi scrittori, orgogliosi di non appartenere a "giri" compiacenti. Fu una iniziativa coraggiosa ed esemplare.[fonte 11]
  • [In riferimento al disegno di legge sui DICO] E dire che noi abbiamo sudato lacrime e sangue per fare la riforma agraria e per dare la terra ai contadini. Invece, oggi vogliono dare il contadino al contadino.[fonte 12]
  • [Su Il divo] È molto cattivo, è una mascalzonata, direi. Cerca di rivoltare la realtà facendomi parlare con persone che non ho mai conosciuto.[fonte 13]
  • Essendo noi uomini medi, le vie di mezzo sono, per noi, le più congeniali.[fonte 14]
  • Forattini mi sembra eccezionale. Quanto a me ho un gran vantaggio. Nessuno, nemmeno Forattini, potrebbe imbruttirmi.[2]
  • Fui convocato da sua santità [Pio XII] a vedere un film [Cielo sulla palude] con lui a Castelgandolfo. Il film era su Santa Maria Goretti e il Papa fu profondamente turbato da una scena – perché qualcosa il regista doveva pur far vedere per giustificare l'aggressione sessuale – in cui tutto quello che si mostrava era una caviglia nuda... Niente di neanche lontanamente paragonabile al nudo che oggi ti tirano dietro dappertutto.[fonte 15]
  • [Su Il divo] Ha vinto [al Festival di Cannes] il film su di me? Se uno fa politica pare che essere ignorato sia peggio che essere criticato. Dunque...[fonte 16]
  • Ho visto nascere la Prima Repubblica, e forse anche la Seconda. Mi auguro di vedere la Terza.[fonte 17]
  • I miei amici che facevano sport sono morti da tempo.[fonte 17]
  • I pazzi si distinguono in due tipi: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di risanare le Ferrovie dello Stato.[fonte 18]
  • Il problema di De Sica come uomo è del tutto secondario nei confronti della sua produzione, ma siamo proprio contro la sua visione del mondo, contro il carattere e l'impostazione umana ed estetica dei suoi film, contro l'ambiente, le storie, i personaggi, i sentimenti, il linguaggio ai quali De Sica ha affidato in modo ormai irrevocabile, perché custodito nella storia, la sua altissima fama di artista e di italiano.[3]
  • Il sessantotto italiano, anche se con molte specificità, non esce del tutto dal quadro dell'onda lunga venuta dalla California e dal munizionamento maoista. L'abbandono comunista, dopo ventinove anni, dell'opposizione al governo aggregò fasce di antidemocristiani inguaribili, d'oltranzisti di sinistra e di borghesi a disagio; dando sostegno a posizioni fino a poco prima non immaginabili. La via rivoluzionaria al potere, il cui asfalto si era logorato tra compromessi storici e realismo di posizioni, riprese un vigore improvviso con il sostegno per così dire culturale di varia estrazione. Non esclusa quella di cattolici che si liberavano, ad esempio nel Veneto, da un tradizionalismo che continuava pigramente a vivere.[fonte 19]
  • In fondo, io sono postumo di me stesso.[fonte 6]
  • In politica i tempi del sole e della pioggia sono rapidamente cangianti.[fonte 20]
  • [Su Michele Sindona] Io cercavo di vedere con obiettività. Non sono mai stato sindoniano, non ho mai creduto che fosse il diavolo in persona. [Il fatto] che si occupasse sul piano internazionale dimostrava una competenza economico finanziaria che gli dava in mano una carta che altri non avevano. Se non c'erano motivi di ostilità, non si poteva che parlarne bene.[fonte 21]
  • L'operazione Iraq è motivata con il proposito di punire uno Stato canaglia. Ma con quale decorrenza Saddam Hussein è tra le canaglie? Fino alla sua provocatoria operazione del Kuwait il personaggio, che era sempre lo stesso, ha stoltamente ricevuto l'appoggio e il sostegno di molti Paesi oggi schierati in battaglia.[fonte 22]
  • Meglio tirare a campare che tirare le cuoia.[fonte 6]
  • Molti giovani universitari italiani sono come un fiume in perenne piena. Sono sempre fuori corso.[fonte 23]
  • Nella radicale polemica contro le tesi di Rousseau – autore di una sconvolgente introduzione di errori – de Maistre non risparmia colpi. Dalla convinzione che il suo avversario rimproverasse ogni giorno il Signore per non averlo fatto nascere nobile e duca lo bolla aspramente chiamandolo più volte plebeo. Ispirarsi oggi a Rousseau può non essere culturalmente – per tanti versi – molto illuminante. Ma nella rigidità del modello di de Maistre proprio non trovo spunti di approvazione. Né mi sembra entusiasmante quello che scrive sulla possibilità teorica di uccidere il tiranno, il quale per il resto è intoccabile totalmente super leges.[fonte 24]
  • Nessuna regola è infallibile. Ci sono solo errori da non commettere.[fonte 25]
  • Non basta avere ragione: bisogna avere anche qualcuno che te la dia.[fonte 26]
  • Non bisogna mai lasciare tracce.[fonte 27]
  • [Alla domanda se tra le dive di Cinecittà – Gina Lollobrigida, Sofia Loren, Anita Ekberg, Silvana Pampanini e Silvana Mangano – ce ne era una che incarnava il suo ideale di donna] Non ho difficoltà a dirlo, non sono il mio tipo. La mia passione è sempre stata Carla Del Poggio.[fonte 15]
  • [Sulla morte] Non sono pronto. Spero di morire il più tardi possibile. Ma se dovessi morire tra un minuto so che nell'aldilà non sarei chiamato a rispondere né di Pecorelli, né della mafia. Di altre cose sì. Ma su questo ho le carte in regola.[fonte 28]
  • Ormai [il nudo] ci viene propinato dappertutto, è esibito ovunque. Più che il corpo nudo ormai le attrici ti fanno vedere i raggi X, la risonanza magnetica.[fonte 15]
  • [Rispondendo a Giampaolo Pansa che gli aveva chiesto per quale motivo non era presente ai funerali di Carlo Alberto dalla Chiesa] Perché preferisco andare ai battesimi.[4][fonte 29]
  • Pio IX ha un'impostazione culturale tutta in difesa: vive ancora sotto l'attacco della Rivoluzione francese nel senso ampio dell'espressione e della carboneria che nel suo statuto si prefigge lo scopo, testuale, di "distruggere il cattolicesimo". Ha bisogno di serrare le file. Oggi il tutto è anacronistico, con un Papa [Giovanni Paolo II] che ammette la possibilità di cambiare religione se la persona ritiene giusto farlo.[fonte 30]
  • [In merito a Salvo Lima, dopo la sua morte] Persona di grandissima intelligenza. Non gli ho mai sentito perorare cause non giuste, l’ho sempre visto dalla parte della povera gente. Quindi lo ricordo non solo perché era un amico, ma obiettivamente con enorme rimpianto e con grande stima.[5]
  • Posso avere compiuto degli errori, non dei peccati.[fonte 31]
  • [Sull'omicidio di Giorgio Ambrosoli] Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l’andava cercando.[6]
  • Se fossi nato in un campo profughi del Libano, forse sarei diventato anch'io un terrorista.[fonte 32]
  • Sì, ero amico di Federico, moltissimo. Mi telefonava spesso, in occasione delle mie vicende giudiziarie, e da lui ho avuto le parole più belle di solidarietà e amicizia.[fonte 33]
  • Si fa bene a tenere un diario; ed è utile che tanta gente lo sappia.[fonte 34]
  • Sono di media statura, ma non vedo giganti attorno a me.[fonte 35]
  • Vorrei campare per vedere anche la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta: a differenza di Padre Pio ho avuto il piacere di conoscerla in vita.[fonte 36]

Dall'intervista di Edmondo Aroldi, 1977

Edmondo Aroldi, Intervista a Giulio Andreotti, La Lettura, maggio 1977

  • Austerità: costume di parsimonia nel comportamento e nell'utilizzo dei beni; tanto più meritevole se non imposta e strettamente necessaria.[fonte 37]
  • Chiederei di essere esentato dal parlare di contemporanei, molti dei quali seguo – nei limiti di tempo che mi sono consentiti – e apprezzo. Ma non vorrei assumere le funzioni di un giudice.
  • Chiudo un occhio sui peccati di gola purché non si consumino con troppi generi d'importazione danneggiando la bilancia commerciale. Almeno per l'attuale periodo perfezionerei un famoso detto popolare: «Moglie, cibi e buoi...», comprendendo in questi ultimi soprattutto quelli destinati a bistecche.
  • Clericalismo: la confusione abituale tra quel che è di Cesare e quel che è di Dio.
  • Credo fermamente ai ricorsi storici ed in qualche modo alla immutabilità della subcoscienza collettiva delle città e delle popolazioni.
  • Da studente, la lettura dei classici, che di solito si subisce come una tortura, a me piacque molto. È nata forse lì una mia simpatia per Cicerone, che mi portò fino a presiedere un istituto di studi sul grande Arpinate.
  • In quanto ai romanzi – se vogliamo trascurare una divertente parentesi giovanile per Wodehouse, ma che disillusione rileggerlo ora... – non ho avuto né ho particolari preferenze.
  • Quando scrivo un libro non mi estranio dal mio impegno politico anche se cerco di immedesimarmi a fondo nelle situazioni studiate e descritte, attualizzandole e prendendole in un certo senso a prestito.
  • Tra gli autori di ieri, a Fogazzaro va la mia convinta simpatia. Ma resta per me insuperata l'attrattiva verso la stupenda costruzione logica delle pagine di Biagio Pascal.

Dall'intervista di Roberto Gervaso, 1977

Roberto Gervaso, Il dito nell'occhio. Interviste coi contemporanei, Rusconi, Milano, 1977

  • Accanto alla falce e al martello, Berlinguer ha molti altri strumenti di lavoro, con una carica di realismo che mi sembra notevole. (p. 22)
  • Penso che Craxi abbia legittimamente nel suo zaino un'immagine di Mitterrand e di tanto in tanto la guardi con nostalgia e speranza. (p. 22)
  • In chiesa mi sento molto vicino al pubblicano della parabola.[7] (p. 23)
  • Organizzandosi, il tempo lo si trova sempre. (p. 28)

Dall'intervista di Roberto Gervaso, 1980

Roberto Gervaso, La mosca al naso. Interviste famose, Rizzoli, Milano, 1980

  • [«In politica, meglio veder lontano o vicino?»] Sia i miopi che i presbiti, in politica, sono pericolosissimi. (p. 10)
  • [«Nel marzo del '74 si definì conservatore. Si definirebbe tale anche oggi?»] Risponderò con Giovanni Paolo I: se conservatore vuol dire mantener intatta la propria fede, sono conservatore. (p. 11)
  • [«A cosa crede, oltre che a Dio?»] Fra l'altro, al ruolo benefico della gente senza grinta ma capace di sorridere. (p. 16)
Dall'intervista di Enzo Biagi, 1991
  • Io distinguerei i morali dai moralisti, perché molti di coloro che parlano di etica, a forza di discutere non hanno poi il tempo di praticarla. (p. 37)
  • Io credo che bisogna star molto attenti sia nel considerare le persone dei santi, e questo lo vedremo nell'altro mondo, sia quando si cerca di dare ad un piccolo gruppo la coda dei diavoletti, senza mai vedere veramente se poi lo sono davvero. Io, certamente, se le persone con cui lavoro non fanno il loro dovere, non mantengo i rapporti, ma non sono, però, così supponente da sentenziare: bah, siccome è uno di cui si dice male, devo prendere le distanze. Questo non mi pare giusto. (pp. 47-48)
  • La lealtà è molto importante, perché quando si sa che di uno ci si può fidare, allora si ha un legame straordinariamente fecondo. (p. 48)

Dall'intervento alla Camera dei deputati, 16 gennaio 1991

Resoconto stenografico 574. Seduta di mercoledì 16 gennaio 1991 (Continuata nella giornata di giovedì 17 gennaio 1991)

  • Le dodici risoluzioni del Consiglio di sicurezza, da quella del 2 agosto a quella del 28 novembre, hanno costituito il complesso coerente di misure con le quali, a partire dalla condanna espressa nella risoluzione 660, la comunità internazionale ha inteso esercitare crescenti pressioni sul Presidente iracheno per non lasciare dubbi sulla determinazione a non sottostare al fatto compiuto, consentendo nello stesso tempo a Bagdad una via di uscita onorevole. Al fine di garantire l'efficacia di tale impostazione e di dare adeguato sostegno all'iniziativa diplomatica si è reso necessario tenere sempre aperta la prospettiva dell'opzione militare.
  • Si è giunti, così, alla risoluzione 678, già ricordata, del 28 novembre che, fissando un termine di 45 giorni per procedere al ritiro, lasciava tutto lo spazio necessario perché Saddam Hussein avesse a convincersi dell'inanità di un approccio fino ad allora improntato ad inflessibilità assoluta, e l'opzione negoziale avesse a prevalere. Parlare di ultimatum di fronte ad un lasso di tempo così ampio è dunque del tutto improprio.
  • Le Nazioni Unite, la loro autorità politica e morale, la loro capacità di difendere l'ordine internazionale, sono oggi valori in gioco. Gli Stati Uniti, che pure avevano gli strumenti per una solitaria esibizione di forza accanto all'Arabia Saudita ed al Kuwait, hanno collegato il loro intervento ai princìpi ed alle regole della Carta delle Nazioni Unite. Un intervento conforme ad un'alta tradizione. Vorrei ricordare in particolare ai giovani che non vi era certo petrolio da salvaguardare in Europa quando gli Stati Uniti sono venuti qui a combattere ed a morire per contribuire in modo decisivo a liberarci dalla dittatura nazifascista [...]. La risposta odierna della comunità internazionale ha portato nella penisola arabica truppe di paesi lontani e diversi, sottolineando l'esistenza di una coesione mai registrata in questo dopoguerra. I paesi che hanno inviato forze nel Golfo sono stati 28, dei quali 13 arabi ed islamici, 12 occidentali e 3 dell'Est europeo.
  • La risoluzione 678 nel secondo paragrafo conferisce agli Stati, che, come l'Italia, cooperano nella penisola arabica, il potere di adottare tutte le misure necessarie per sostenere ed attuare le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza, a cominciare dalla risoluzione 660. Queste misure comprendono, secondo quanto previsto nell'articolo 2 dello Statuto, l'obbligo degli Stati membri di fornire alle Nazioni Unite – cito testualmente – «ogni assistenza in qualsiasi azione che queste intraprendono in conformità alle disposizioni del presente Statuto». Non siamo, dunque, nell'ipotesi di guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, che l'Italia ripudia con l'articolo 11 della Costituzione. [...] Una partecipazione con gli alleati alle azioni nel Golfo è conforme alla lettera ed allo spirito dell'articolo 11 e non comporta, quindi, il ricorso all'articolo 78 della Costituzione stessa, che prevede la deliberazione da parte delle Camere dello stato di guerra.
  • Ci sorregge la convinzione che tutti gli sforzi sono stati compiuti per evitare una soluzione cruenta ed altri ancora si stanno dispiegando finché non arrivi l'irreparabile. Siamo sorretti anche dalla certezza che, in un momento in cui incominciamo ad intravvedere i contorni di un nuovo assetto internazionale, nessuno deve sottrarsi alle responsabilità che derivano dinanzi all'avvenire pacifico per le nuove generazioni. Dinanzi ai giovani noi abbiamo il diritto ed il dovere di dire che è stata proprio la fermezza delle democrazie a scongiurare nel tormentato dopoguerra i rischi di un nuovo immane conflitto ed a far maturare una stagione nuova nei rapporti internazionali. Questa è la nostra irrinunciabile carta di credito, politica e morale.

Da Tutti i segretari della mia vita Andreotti racconta 45 anni con i leader dc

Intervista di Paolo Guzzanti, La Stampa, 14 ottobre 1992.

  • [Su Aldo Moro] Aveva il senso del partito. Era intransigente, anche insofferente. Forse era meno duttile di me.
  • Di De Gasperi non è neppure il caso di parlare. È tutto nella storia.
  • Ciriaco è stato un segretario autoritario. Non è una critica, sarà anche una virtù la sua, ma è autoritario.
  • [Su Guido Gonella] Era un cattolico a 24 carati, evitò le lusinghe del mondo accademico pur avendo tutti i titoli per entrarvi, fu un antifascista vero che si troncò la carriera pur di non iscriversi al PNF.
  • [Su Benigno Zaccagnini] Eravamo tutti dell'idea di mandarlo al Quirinale, al posto che sarebbe stato poi di Pertini. [...] Lui non ne volle sapere.
  • [Su Attilio Piccioni] Fu un buon segretario. Era un cristiano scettico. Detestava il correntismo.
  • [Sulla mancata esperienza di segretario politico della Democrazia Cristiana] Me ne sono tenuto alla larga.
  • Povero Zaccagnini. Aveva un grande fascino: me lo ricordo reggente della Fuci di Ravenna, era uno che quando saliva sul podio si faceva ascoltare indipendentemente da quello che diceva.

Attribuite[modifica]

  • A pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina.[fonte 38]
[Citazione errata] La citazione viene solitamente ed erroneamente attribuita ad Andreotti, ma appartiene a Pio XI, che la espresse nella forma: «A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina». Lo stesso Andreotti, nel suo libro Il potere logora..., riferisce di averla ascoltata dal Vicario di Roma, cardinal Marchetti Selvaggiani, nel 1939, durante gli studi di Giurisprudenza all'Università Lateranense.[8]
[Citazione erroneamente attribuita] La frase venne pronunciata la prima volta da Andreotti in un dibattito parlamentare del 1951, nel quale veniva chiesto ad Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio appartenente alla Democrazia Cristiana come Andreotti, di lasciare il ruolo avendo oltrepassato i settant'anni, essendo ormai logorato dall'esercizio del potere.[9]
Andreotti non è in realtà l'autore di tale frase: la citazione completa infatti è: "Un mio amico siciliano mi diceva che «il potere logora chi non ce l'ha»",[fonte 40] probabilmente pronunciata per la prima volta dal politico francese Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord.[10]

Il potere logora...[modifica]

  • Aveva spiccatissimo il senso della famiglia. Era infatti bigamo ed oltre. (1971)
  • L'umiltà è una virtù stupenda. Ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi. (1957)
  • La cattiveria dei buoni è pericolosissima. (1970)
  • Vi è un genere pericoloso di numismatici: il collezionista di moneta corrente. (1967)

In morte di Gianni Agnelli[modifica]

  • È emerso [durante il funerale] un Agnelli silenziosamente devoto della Consolata e disponibile a prepararsi alla morte in modo edificante.
  • [Gianni Agnelli] Sia come industriale di insuperate dimensioni sia come rappresentante massimo della categoria (tanto nel periodo di presidenza della Confindustria che prima e dopo) ebbe sempre un atteggiamento corretto verso i governi e verso il mondo politico.
  • Credo non vi sia stato né vi sia un altro italiano con una rete di relazioni personali come Gianni Agnelli in tutti i continenti e negli ambienti più diversi.
  • Torino non è solo l'antica capitale storicamente in polemica con la Roma dei papi e neppure solo il più grande centro produttivo delle nostre industrie. Torino è la città di don Bosco, del Cottolengo, di san Giuseppe Cafasso, di Pier Giorgio Frassati.

L'Urss vista da vicino[modifica]

Incipit[modifica]

Non ho partecipato alla guerra di Spagna. Se un giorno vi capitasse di vedere una mia fotografia giovanile con il saluto a pugno chiuso dinanzi a un muro con la scritta VIVA EL COMUNISMO sappiate che fu scattata durante una allegra visita di universitari cattolici a Cinecittà dove si stava girando, se non ricordo male, l'Assedio dell'Alcazar.

Citazioni[modifica]

  • [Sul Holodomor] Quando da ragazzi sentivamo parlare del massacro staliniano del popolo dell'Ucraina, ritenevamo che fossero invenzioni o comunque esagerazioni della propaganda fascista; ma quando dalle memorie di Churchill e ancor più dallo sconvolgente Rapporto Kruscev si era appresa la orrenda verità, una ondata di simpatia si era creata verso le vittime di un tale genocidio ed ero lieto di trasmettere questi sentimenti del popolo italiano. (p. 102)
  • Gorbaciov non aveva solennità di Andropov né l'affaticamento di Černenko. Era ancor più giovanilmente elastico. (pp. 222-223)

Spunti di riflessione[modifica]

Incipit[modifica]

Avrei dovuto, sia pur con rammarico ma per coerente obiettività, rinunciare a partecipare a questa collana di meditazioni non avendo trovato tempo sufficiente per coordinare idee, controllare fonti e stendere senza fretta un presentabile testo. Tra i due mali – quello dell'inadempienza e quello della inadeguatezza – ho scelto tuttavia il secondo e sono qui lo stesso a dichiarare, senza esitazioni e scontando tutte le possibili critiche, che lascio aperte molte lacune e non approfondisco neppure a dovere i singoli punti che ho individuato come linee-guida di un discorso compiuto che in argomento andrebbe ben altrimenti fatto.

Citazioni[modifica]

  • In Italia vi è un'onda di corsi e ricorsi che fa passare l'opinione pubblica media, e talvolta anche quella di cospicue personalità politiche, da una autarchia avvilente e incostruttiva a una vera e propria soggiacenza alle altrui esperienze e fenomenologie. (p. 40)
  • Un punto fermo è quello della non opportuna modificabilità della costituzione. (p. 41)
  • La libertà vera ha un intrinseco contenuto di moralità, irrinunciabile. (p. 44-45)
  • Dire no alla repubblica presidenziale in Italia non significa esprimere un giudizio svalutativo sul modo di reggersi degli Stati Uniti d'America o di altri paesi. (p. 45)
  • Nella sua semplicità popolare il cittadino non sofisticato, passando dinanzi al parlamento o ai ministeri, è talora indotto a porre il dubbio se sia proprio lì che si governi l'Italia. (p. 47)
  • La stabilità è l'obiettivo naturale per ogni espressione di potere politico ed è una finalità indispensabile per una nazione che ha conosciuto cinquanta anni fa le conseguenze nefaste di un periodo di estrema debolezza governativa, crisaiola e poco concludente. (p. 49)

Sui siciliani[modifica]

[In occasione della presentazione del suo libro Cosa Loro. Visti da vicino, Rizzoli] Domanda: “Adesso con la Sicilia lei ha un pessimo rapporto. Si è fatto più prudente nei rapporti con i siciliani?” Risposta: “Beh, devo dire che non sono molto facili, perché una parte di loro, quando sta zitta, tu devi capire che cosa ha detto.” [11]

Incipit di alcune opere[modifica]

Ad ogni morte di papa[modifica]

Quando nacqui era Papa Benedetto XV, ma io non ebbi modo di accorgermene. Giacomo Della Chiesa morì quando io avevo raggiunto da otto giorni i trentasei mesi e non potevo occuparmi di cose vaticane. E per mia madre, inoltre, il Papa rimase sempre Pio X, di cui ha continuato a parlare per sessanta anni con l'immutato entusiasmo suscitato in lei da un incontro di Giuseppe Sarto con le giovani romane, se non erro nel 1905.

Ore 13: il Ministro deve morire[modifica]

Per la prima volta l'ambasciatore di Francia aveva trovato il Papa preoccupato. Gli era sembrato stanco, corrucciato, perfino meno gentile del consueto. Non che non stesse bene, no certo: la sua figura ancora aitante – cinquantasei anni, sorrise tra sé, sono una verde età per un Pontefice – era sempre quella di un uomo nel pieno vigore della salute e dell'intelletto.

Citazioni su Giulio Andreotti[modifica]

  • Alcuni personaggi sono già forme di spettacolo, Andreotti è il dramma, Berlusconi è la commedia, Bossi è la farsa. [...] Mi ha colpito Andreotti, che al processo si è lasciato dire le cose più turpi senza reazione, se non con il naso sanguinante. Deve essersi rassicurato, sanguina meno. (Dino Risi)
  • Ammiro Andreotti, lo scrittore e lo statista. Lucidità, ironia, taglio della sua prosa mi sono cari. Quel suo saper scrivere tra le righe terribili verità. [...] Io che non faccio politica ho sempre saputo perché Andreotti dura e convince gli onesti. (Vladimiro Caminiti)
  • Anche la santificazione di Andreotti non mi va giù. (Enrico Deaglio)
  • Andava anche, mi dicono, a messa insieme a lui [De Gasperi], e tutti credevano che facessero la stessa cosa. Ma non era così. In chiesa, De Gasperi parlava con Dio; Andreotti col prete. Era una divisione di compiti perfetta. (Indro Montanelli)
  • [Nel 1991] Andreotti è inadatto ad affrontare la crisi economica: è ora che se ne vada in pensione. Il segnale lo ha dato con chiarezza il Presidente della Repubblica [Francesco Cossiga] quando lo ha nominato senatore a vita. Il significato, nel modo sfumato del mondo democristiano da cui ambedue provengono, mi sembra fosse quello. (Giorgio La Malfa)
  • Andreotti è stato condannato, non assolto, per reati mafiosi caduti in prescrizione. E nonostante questo viene candidato alla presidenza del Senato? Un politico sospettato, indagato, condannato, non dovrebbe nemmeno essere candidato. (Mirko Tremaglia)
  • [Nel 1991] Andreotti è un uomo d'altri tempi. Come può rispondere ai problemi di un Paese che va verso il 2000 e verso l'Europa? In passato ha avuto la fortuna di governare gli anni facili dell'economia italiana, ma ora i tempi sono cambiati. (Giorgio La Malfa)
  • Andreotti fa quello che ha sempre fatto, un'abile comunicazione nella quale ribalta causa e effetto. (Luigi Abete)
  • Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani, dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati. E quivi accusati di una quantità sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, collaborazione con la Cia, uso illegale di enti come il Sid, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna (almeno in quanto colpevole incapacità di colpirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell'Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani, responsabilità dell'esplosione "selvaggia" della cultura di massa e dei mass-media, corresponsabilità della stupidità delittuosa della televisione.
    Senza un simile processo penale, è inutile sperare che ci sia qualcosa da fare per il nostro paese. È chiaro infatti che la rispettabilità di alcuni democristiani (Moro, Zaccagnini) o la moralità dei comunisti non servono a nulla. (Pier Paolo Pasolini)
  • Andreotti ha fatto tutte le politiche possibili e immaginabili. (Carlo Donat-Cattin)
  • Andreotti ha fatto tutto e il contrario di tutto; Forlani niente e il contrario di niente. (Gianni Baget Bozzo)
  • Avverso alle idee generali, pragmatista e realista come pochi, con una sua vena di "giolittismo cattolico". (Giovanni Spadolini)
  • Che Craxi sia uomo di grandi capacità e ambizioni, lo si sapeva. Che sia anche uomo di grande coraggio, lo si è visto ieri, quando pronunciava alla Camera il suo discorso di replica. Per due volte si è interrotto alla ricerca di un bicchier d'acqua. Per due volte Andreotti glielo ha riempito o porto. E per due volte lui lo ha bevuto. (Indro Montanelli)
  • Che io sappia, in anni molto precedenti al 1978, venne fatta qualche indagine sull'onorevole Andreotti, indagini di carattere tecnico-militare. Sanno un po' tutti dov'è che abita Andreotti, ma poi non se ne fece più niente. (Mario Moretti)
  • Diceva che i magistrati contavano sul fatto che lui morisse prima della sentenza, così avrebbero pronunciato estinto il reato per morte del reo. E allora lui se n'era fatto una questione di puntiglio: non muoio finché non finisce il processo, e così è stato. (Franco Coppi)
  • È il più intelligente della Dc, ma il più pericoloso. (Giorgio Ambrosoli)
  • È la politica che per tanto tempo ha volutamente ignorato anche delle sentenze definitive della magistratura. Le conclusioni sancite nel processo celebrato a Palermo nei confronti del sette volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti e quelle del processo Dell’Utri, che è stato condannato per concorso in associazione mafiosa, sono lì. Dovrebbero essere conosciute da tutti. E la politica le ha ignorate. (Nino Di Matteo)
  • Far valere le ragioni della politica internazionale del proprio paese in una prospettiva di medio termine, specialmente quando quelle ragioni non sono perfettamente allineate con le direttrici di marcia delle massime potenze, è compito davvero difficile da realizzare, e da mantenere a lungo. Se guardiamo alla politica dell'Italia verso i paesi arabi, vedremo che con Andreotti si è trattato appunto di questo. Se guardiamo ai nostri rapporti con la potenza sovietica e i paesi satelliti, varranno le stesse considerazioni. Se guardiamo alla nostra politica all'interno delle organizzazioni europee, con Andreotti ritroviamo le stesse direttrici di marcia. Se guardiamo alle grandi relazioni di affari internazionali, ancora di questo si è trattato. Se guardiamo poi al ruolo internazionale dell'Italia nella sua dimensione complessiva, a opera di Andreotti esso è stato da protagonista. (Nico Perrone)
  • Giulia Bongiorno dice: "Questa Lega nazionale l’avrebbe approvata anche Andreotti". È davvero cambiato il mondo: io e Bossi quelli come Andreotti li abbiamo sempre combattuti. (Roberto Maroni)
  • Giulio Andreotti. Chi non muore si risiede. (Marcello Marchesi)
  • Grande attore umorista, arguto, ironico. C'è un po' di Woody Allen. (Enrico Montesano)
  • Ieri anche l'on. Andreotti mi ha chiesto di andare [da lui] e, naturalmente, date le sue presenze elettorali in Sicilia, si è manifestato per via indiretta interessato al problema; sono stato molto chiaro e gli ho dato però la certezza che non avrò riguardi per quella parte di elettorato alla quale attingono i suoi grandi elettori. (Carlo Alberto dalla Chiesa)
  • Il servizio su Andreotti, sul quale scrivevo temi già al liceo. Il mio incubo era che i miei figli un giorno avrebbero potuto frequentare un liceo intitolato a lui. Così, per chiudere il cerchio, sono andato a trovarlo per il suo compleanno. Gli ho detto: "Il giorno che morirà sicuramente le dedicheranno una via, io ho anticipato i tempi e le mostro ora la targa che verrà utilizzata". C'era scritto: "Via Giulio Andreotti – Insigne statista che fino alla primavera del 1980 ha tenuto relazioni amichevoli dirette con personaggi mafiosi di spicco". (Pif)
  • I suoi rischi sono calcolati, le sue uscite mai improvvisate. Solo improvvise. Le sue trame sono sottili. Come le sue mani e il suo cervello. Non si vedono se non quando sono compiute. È difficile persino immaginarle e, forse per questo, quando lui – e solo lui – decide di svelarle fanno tanto rumore, danno la stura a tante polemiche, gli inimicano gli amici e gli amicano i nemici (chi siano questi e chi quelli è difficile dire, perché cambiano continuamente e mai a caso). (Roberto Gervaso)
  • In sei giorni il Signore aveva creato tutte le cose: il sole, la luna, quello scemo di Maradona, i puffi, la forfora, e tutti gli animali del creato, tranne Andreotti, che era già suo segretario da tempo immemorabile. (Giobbe Covatta)
  • La parte della prescrizione della cassazione è diversa. La sentenza della corte d'appello diceva "prima del 1980 ci sono rapporti con la mafia, dopo no." Quella della cassazione, che è il terzo grado, che nessuno vuole andare a vedere, dice che nella parte anteriore al 1980, ci sono due verità alternative: la possibilità che lui, avesse rapporti o non li avesse. C'è una situazione di dubbio, per la quale però, non ha senso tornare indietro per vedere quale delle due verità alternative, perché arrivata la prescrizione. Quindi è una cosa dubitativa. Ben diversa dalla sentenza d'appello. (Giulia Bongiorno)
  • [Sulla veridicità dei due incontri tra Giulio Andreotti e Stefano Bontate] L’ultima performance negazionista, più che parlare di innocenza in generale, si concentra su di un fatto specifico: due incontri dell’imputato Andreotti con Stefano Bontate (capo dei capi di Cosa Nostra) di cui ha parlato Pif nella serie televisiva La mafia uccide solo d’estate in onda ogni giovedì su Rai1. Sul Foglio del 12 maggio, Maurizio Crippa sostiene – in sintesi – che Pif "calpesta i fatti", perché "sta scritto nelle sentenze" ed è "sigillato nella sentenza di Cassazione" che le dichiarazioni accusatorie relative ai due presunti incontri non "erano confortate da adeguati riscontri (...) Insomma, non ci furono (...) e l’Andreotti che incontrava Bontate non è mai esistito". Peccato per Crippa che la Cassazione abbia "sigillato" una verità ben diversa. A pagina 169 la Cassazione conferma quanto aveva già stabilito la Corte d’Appello, concludendo che Andreotti i mafiosi "li aveva incontrati; aveva interagito con essi; aveva loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire a ottenere, in definitiva, che le (sue) indicazioni venissero seguite; aveva conquistato la loro fiducia tanto da discutere insieme anche di fatti gravissimi (come l’assassinio del presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; aveva omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all’omicidio Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza". Tutto ciò vien detto dopo aver premesso a pagina 156 che vi erano stati due incontri di Andreotti con Bontate "aventi a oggetto il problema rappresentato da Piersanti Mattarella", il secondo dei quali va collocato nella primavera del 1980 (data fino alla quale è stato riconosciuto come commesso il reato ascritto all’imputato). A questo punto, non si capisce proprio come si possa negare che i due incontri Andreotti-Bontate vi sono stati, per accusare invece chi ne parla di essere "un calunniatore, un mascariatore". Il fatto è che proprio i due incontri con Bontate hanno assunto una rilevanza probatoria di notevole rilievo per la responsabilità penale a carico di Andreotti ravvisata fino al 1980 dalla Corte d’Appello e definitivamente "sigillata" in Cassazione. Per cui, negare questi incontri è un po’ come ribadire senza alcun fondamento – ancora una volta – che Andreotti sarebbe stato assolto. (Gian Carlo Caselli)
  • Nicola Mancino era presente ai funerali di Giulio Andreotti. (Saverio Lodato)
  • Non c'è nessuna assoluzione con formula piena nel processo Andreotti, Andreotti fu assolto con la vecchia insufficienza di prove in primo grado, in appello gli fu peggiorata la sentenza di primo grado, ribaltandone la parte del periodo fino al 1980 e lì fu dichiarato colpevole, ma prescritto per il reato commesso di associazione a delinquere con la mafia fino alla primavera del 1980. Dopo il 1980 fu confermata l'assoluzione per insufficienza di prove, che era stata data in primo grado. La Cassazione confermò la sentenza d'appello, per cui so che è suggestivo dire "beh, ma quelli sono dei mafiosi che hanno sciolto i bambini nell'acido": è vero, infatti è proprio per quello che sono dei testimoni privilegiati per raccontare quello che succede dentro la mafia, perché loro ne hanno fatto parte [...]. (Marco Travaglio)
  • Non le basterà la cortesia diplomatica del Presidente Carter, che le dà (si vede che se ne intende poco) tutti i successi del trentennio democristiano, per passare alla storia. Passerà alla triste cronaca, soprattutto ora, che le si addice. (Aldo Moro)
  • Non voglio attaccare Andreotti, per carità, ma come dimenticare che consegnò lo Stato alla P2 nominando nel 1978 Grassini, Santovito e Pelosi capi dei servizi segreti? Tutti della P2. I tre che poi fecero le indagini sul delitto Moro. (Mirko Tremaglia)
  • Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona; qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona. (Giorgio Gaber)
  • Quando lo intervistai, Andreotti mi voleva convincere di non essere mafioso. (Saverio Lodato)
  • Ritengo infatti che si tratti di trascorsi così gravi e così inquietanti da consigliare alla classe politica e all'opinione pubblica un atteggiamento di maggior prudenza se non di diffidenza, rispetto a chi ha capeggiato una corrente politica in Sicilia fortemente inquinata da Cosa nostra, e ha avuto stretti rapporti con personaggi come Michele Sindona, Salvo Lima, Ignazio e Nino Salvo. (Nicola Tranfaglia)
  • Se è vero che il potere logora chi non ce l'ha, nessuno più di Andreotti scoppia di salute.
    È nella stanza dei bottoni dal '47, quando De Gasperi lo nominò sottosegretario alla Presidenza del consiglio. Non aveva che ventott'anni, anche se ne dimostrava qualcuno di più, come oggi, che ne ha cinquant'otto, ne dimostra qualcuno di meno.
    Nessun politico sa più di lui ciò che vuole, quando lo vuole e, soprattutto, con chi lo vuole. Più realista di Bismarck, più tempista di Talleyrand, raramente sbaglia e, se sbaglia, sbaglia sempre a ragion veduta. (Roberto Gervaso)
  • Se fosse nato in un altro Paese Giulio Andreotti sarebbe stato un grande statista. In Italia ha potuto esserlo solo a metà, dovendo impegnare l'altra metà negli intrighi, spesso loschi, che caratterizzano la vita politica italiana. Ma nell'ora della tua morte noi ti salutiamo 'divo Giulio' con rimpianto. Con te se ne va una lunga stagione della politica italiana e, visto quello che è venuto dopo, non certo la peggiore. Se esiste quel Dio in cui tu credevi, andando prestissimo ogni mattina alla Messa, ti sarà sicuramente benevolo. (Massimo Fini)
  • Se Salvo Lima non moriva avrei chiesto al Parlamento di arrestare Andreotti. [...] Nella realtà io non ho mai avuto un rapporto con Craxi. Io miravo all'ambiente malavitoso che girava intorno ad Andreotti. [...] Andreotti è stato prescritto, fino al 1980, non è che è stato assolto. E dall'altra parte ci stava il sindaco, Vito Ciancimino, e Salvo Lima. Quindi, voglio dire: quello era il potere vero. [...] Mani pulite non è stata fermata dalla politica: è stata fermata dai giudici. È una storia che va riscritta prima o poi. (Antonio Di Pietro)
  • Tornando poi a Lei, On. Andreotti, per nostra disgrazia e per disgrazia del Paese (che non tarderà ad accorgersene) a capo del Governo, non è mia intenzione rievocare la grigia carriera. Non è questa una colpa. Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. Ebbene, On. Andreotti, è proprio questo che Le manca [...] Le manca proprio il fervore umano. Le manca quell’insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve, i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo. Lei non è di questi. Durerà un po’ piú, un po’ meno, ma passerà senza lasciare traccia [...] Passerà alla triste cronaca, sopratutto ora, che Le si addice. (Aldo Moro)
  • Un accorto gestore di una democrazia malata (Giuseppe Ciarrapico)

Roberto Benigni[modifica]

  • [Nell'Assemblea Costituente della Repubblica Italiana] C'era Giulio Andreotti anche, piccolino, vabbè lui sta dappertutto, stava allo Statuto albertino, ma lo hanno visto anche dietro Mosè scrivere i dieci comandamenti.
  • De Mita ce l'ha piccolissimo, identico a come ce l'aveva da neonato. Del resto si sa, come natura crea, Ciriaco conserva. Andreotti? Oh, Andreotti il pisello non ce l'ha proprio: è diventato gobbo a forza di cercarselo.
  • Ha la stessa età di Dante ed è il presidente della Società dantesca romana: lui Dante l'ha conosciuto davvero... certamente era guelfo e ha visto da vicino pure lo schiaffo di Anagni a Bonifacio VIII.

Franco Evangelisti[modifica]

  • A 25 anni Giulio faceva già paura. Insomma, era er mejo. Me ne accorsi quando partecipai ad Assisi al primo congresso dei giovani dc. E lì iniziò il nostro sodalizio.
  • Giulio è Giulio: il più grande di tutti.
  • Uno per tutti, tutti per Giulio.

Oriana Fallaci[modifica]

  • Lui parlava con la sua voce lenta, educata, da confessore che ti impartisce la penitenza di cinque Pater, cinque Salve Regina, dieci Requiem Aeternam, e io avvertivo un disagio cui non riuscivo a dar nome. Poi, d'un tratto, compresi che non era disagio. Era paura. Quest'uomo mi faceva paura. Ma perché?
  • A chi fa paura un malatino, a chi fa paura una tartaruga? A chi fanno male? Solo più tardi, molto tardi, realizzai che la paura mi veniva proprio da queste cose: dalla forza che si nascondeva dietro queste cose. Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza.
  • L'intelligenza, perbacco se ne aveva. Al punto di potersi permettere il lusso di non esibirla. A ogni domanda sgusciava via come un pesce, si arrotolava in mille giravolte, spirali, quindi tornava per offrirti un discorso modesto e pieno di concretezza. Il suo humor era sottile, perfido come bucature di spillo. Lì per lì non le sentivi le bucature ma dopo zampillavano sangue e ti facevano male.

Giovanni Brusca[modifica]

  • Per quel che riguarda gli omicidi Dalla Chiesa e Chinnici, io credo che non sarebbe stato possibile eseguirli senza scatenare una reazione dello Stato se non ci fosse stato il benestare di Andreotti.
  • Durante la guerra di mafia c'erano morti tutti i giorni. Nino Salvo mi incaricò di dire a Totò Riina che Andreotti ci invitava a stare calmi, a non fare troppi morti, altrimenti sarebbe stato costretto ad intervenire con leggi speciali.
  • Chiarisco che in Cosa Nostra c'era la consapevolezza di poter contare su un personaggio come Andreotti.

Note[modifica]

  1. Andreotti si è rifatto a una frase di François Mauriac, pronunciata negli anni cinquanta, quando la Germania era divisa: «Amo talmente tanto la Germania che sono felice di vederne due.» Cfr. (EN) Stefano Folli, The Incarnation of Politics Is Gone, ilSole24ore.com, 7 maggio 2013.
  2. Citato in I politici disegnano Forattini, La Stampa, 5 febbraio 1983.
  3. In Libertas, n. 7 del 28 febbraio 1952; citato da Bruno Corbi nella seduta del 29 settembre 1953 della Camera dei Deputati.
  4. Citato nel film La mafia uccide solo d'estate (2013): «In realtà andai al funerale anche per chiedere al presidente Giulio Andreotti perché mi aveva fatto fare quella domanda. Come faceva a sapere che la criminalità era solo in Campania e in Calabria, era veramente sicuro? Chi glielo aveva detto? Riuscii a intravedere il segretario del Partito Socialista Bettino Craxi, il leader del Movimento Sociale Giorgio Almirante, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini e il premier Giovanni Spadolini, ma lui, Giulio Andreotti, non lo vidi. Non lo vidi semplicemente perché non c'era. E quando qualche giorno dopo qualcuno gli chiese per quale motivo non fosse andato al funerale del generale dalla Chiesa, rispose: "Preferisco andare ai battesimi."»
  5. Citato in Nicolò Zuliani, Lo chiamavano Trinità, The vision, 26 giugno 2018.
  6. Citato in Andreotti: «Ambrosoli era una persona che se l’andava cercando», ilpost.it, 9 settembre 2010.
  7. Cfr. la voce Parabola del fariseo e del pubblicano su Wikipedia.
  8. Cfr. Giulio Andreotti: le frasi celebri e gli aforismi, L'Huffington Post, 6 maggio 2013.
  9. Cfr. Giulio Andreotti: le frasi celebri e gli aforismi, L'Huffington Post, 6 maggio 2013.
  10. Cfr. Le frasi celebri di Andreotti, IlSole24Ore.com.
  11. Dall'intervista di Lillo Gullo, Tg2, Rai, 30 aprile 1996.

Fonti[modifica]

  1. Dal commento al processo di primo grado per associazione a delinquere, accusa per la quale venne assolto nel 1999. Citato in Le frasi celebri di Andreotti, IlSole24Ore.com; citato anche in Giulio Andreotti: le frasi celebri e gli aforismi, L'Huffington Post, 6 maggio 2013.
  2. Citato in Le frasi celebri di Andreotti, IlSole24Ore.com; citato anche in Giulio Andreotti: le frasi celebri e gli aforismi, L'Huffington Post, 6 maggio 2013.
  3. Da Unomattina, 14 gennaio 2010; citato in Andreotti spegne 91 candeline, Corriere della Sera, 14 gennaio 2010.
  4. Da il Tempo, 7 febbraio 2007.
  5. Dall'intervista di Giovanni Minoli per La storia siamo noi, 9 settembre 2010; citato in Le frasi celebri di Andreotti, IlSole24Ore.com.
  6. a b c Citato in Massimo Franco, Andreotti. La vita di un uomo politico, la storia di un'epoca, Mondadori, Milano, 2010, p. 218. ISBN 978-88-04-59563-2
  7. Citato in Il saluto ad Andreotti del popolo romano, IlTempo.it, 8 maggio 2013.
  8. Andreotti: se fossi nato lì sarei un terrorista, su lastampa.it, 19 luglio 2006.
  9. Da Corriere della Sera, 4 gennaio 2009.
  10. Citato in Yari Selvetella, Roma. L'impero del crimine. I padroni e i misfatti della capitale, Newton Compton, Roma, 2011, p. 123. ISBN 978-88-541-3393-8
  11. Da Lutti, 30Giorni, n. 3, 1999.
  12. Dall'intervista di Claudia Terracina, «Mia madre diceva: guardati dai gay», Il Messaggero, 1º marzo 2007, p. 2.
  13. Citato in Goffredo de Marchis, Giulio e Andreotti / Andreotti "è un film maligno non sono così cinico", la Repubblica, 15 maggio 2008.
  14. Citato in Le frasi celebri di Andreotti, IlSole24Ore.com.
  15. a b c Citato in Laura Laurenzi, Dalla Del Poggio alla Magnani, quando Giulio frequentava le dive, repubblica.it, 8 maggio 2013.
  16. Citato in Goffredo de Marchis, Andreotti: Meglio criticato che ignorato, la Repubblica, 26 maggio 2008.
  17. a b Citato in Le tante frasi celebri di (e su) Giulio Andreotti, Linkiesta, 6 maggio 2013.
  18. Citato in Gli aforismi e le frasi celebri di Giulio Andreotti, Polisblog.it, 6 maggio 2013.
  19. Da I sessantottini autocritici, Quotidiano nazionale, 12 marzo 2001.
  20. Ciato in E il Divo gli disse: non mollare la poltrona, IlTempo.it, 4 febbraio 2015.
  21. Dall'intervista di Giovanni Minoli per La storia siamo noi, 9 settembre 2010; citato in Le frasi celebri di Andreotti, IlSole24Ore.com.
  22. Citato in Iraq: Andreotti, rischiamo suicidio collettivo, Adnkronos.com, 19 marzo 2003.
  23. Citato in Roger Abravanel e Luca D'Agnese, La ricreazione è finita, Rizzoli, 2016, p. 185; citato in Renzo Rosso, Università, 'La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica'. Come?, IlFattoQuotidiano.it, 6 aprile 2016.
  24. Da De Maistre, un'utopia al negativo, Il Giorno, 29 agosto 2000.
  25. Citato in Sebastiano Messina, Inchiesta/ Come si fa un presidente, la Repubblica, 13 maggio 1999.
  26. Citato in Giulio Andreotti: le frasi celebri e gli aforismi, L'Huffington Post, 6 maggio 2013.
  27. Citato in Massimo Franco (a cura di), Sono postumo di me stesso, p. 67.
  28. Citato in Corriere della Sera, 3 maggio 1999; citato anche in Massimo Franco (a cura di), Sono postumo di me stesso, p. 38.
  29. Citato in Nando dalla Chiesa, Andreotti non andò al funerale di mio padre. Preferiva i battesimi, IlFattoQuotidiano.it, 7 maggio 2013; citato anche in Le frasi celebri di Andreotti, IlSole24Ore.com.
  30. Citato in Paolo Conti, Andreotti: gli ebrei sbagliano, questa polemica appartiene al passato, Corriere della Sera, 4 settembre 2000, p. 3.
  31. Citato in Massimo Franco (a cura di), Sono postumo di me stesso, p. 38.
  32. Dall'intervista di Renato Rizzo, «Sarei potuto diventare un terrorista», La Stampa, 7 marzo 2005, p. 11.
  33. Citato in Jacopo Iacoboni, Caro Andreotti, caro Fellini l'amicizia tra due arcitaliani, LaStampa.it, 28 marzo 2012.
  34. Citato in Roberto D'Agostino, Alta portineria. L'Italia potentona nel mirino di Dagospia, Mondadori, Milano, 2002, p. 200.
  35. Citato in Gli aforismi e le frasi celebri di Giulio Andreotti, Polisblog.it, 6 maggio 2013; citato anche in Giulio Andreotti: le frasi celebri e gli aforismi, L'Huffington Post, 6 maggio 2013.
  36. Citato in Corriere della Sera, 3 maggio 1999.
  37. Citato in Le frasi celebri di Andreotti, IlSole24Ore.com.
  38. Citato in Filippo La Porta, Mister disincanto, Il Foglio quotidiano, 2 settembre 2011.
  39. Citato in Cristiano Militello, SuperGiulietta 2004-2005, Kowalski Editore IT, 2005, p. 46. ISBN 8874967020
  40. a b Da Una "marcia" mancata, Concretezza, n. 12, 16 giugno 1959, p. 4.
  41. Citato in Paolo Cucchiarelli, Dissero: Cercate in via Gradoli. Risposero: Moro non ci serve vivo, Archivio900.it, 23 maggio 2003.

Bibliografia[modifica]

  • Giulio Andreotti, Ad ogni morte di Papa. I Papi che ho conosciuto, BUR, Milano, 1982.
  • Giulio Andreotti, In morte di Gianni Agnelli, 30Giorni, febbraio 2003.
  • Giulio Andreotti, Il potere logora... ma è meglio non perderlo, Rizzoli, Milano, 2010. ISBN 978-88-58-60736-7
  • Giulio Andreotti, L'URSS vista da vicino, Rizzoli, Milano, 1988.
  • Giulio Andreotti, Ore 13: il Ministro deve morire, Rizzoli, Milano, 1974.
  • Giulio Andreotti, Spunti di riflessione, in La repubblica probabile, a cura di Mario D'Antonio, Garzanti, Milano, 1972.
  • Massimo Franco (a cura di), Sono postumo di me stesso. Potere, Vaticano, donne, Inferno e Paradiso negli aforismi di Giulio Andreotti, Mondadori, Milano, 2013.

Voci correlate[modifica]

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