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George Sand

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George Sand nel 1864

George Sand, pseudonimo di Andine Aurore Lucile Dupin, più tardi baronessa Dudevant (1804 – 1876), scrittrice e drammaturga francese.

Citazioni di George Sand

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  • Chopin è così debole e timido da poter venir ferito persino dalla piega di una foglia di rosa.[1]
  • Esiste una sola felicità nella vita, amare ed essere amati.
Aimer, être aimée! c'est le bonheur![2]
  • [Robespierre] Il più grande uomo della rivoluzione e uno dei più grandi della storia.[3]
  • L'arte non è uno studio della realtà positiva: è una ricerca della verità ideale.[4]
  • La società non deve esigere nulla da chi non si aspetta nulla dalla società.[5]
  • Non possiamo strappare via una sola pagina della nostra vita, ma possiamo gettare il libro intero nel fuoco.
(EN) We cannot tear a single page from our life, but we can throw the whole book into the fire.[6]
  • [Fryderyk Chopin] Qui, malato da morire, ha scritto una musica da paradiso e ad un solo strumento ha dato la voce dell'infinito.[1]
  • Tutto il segreto dello studio della natura risiede nell'imparare come usare i propri occhi.
Apprendre à voir, voilà tout le secret des études naturelles.[7]
  • Vedendo Chopin rinascere con la primavera e non più bisognoso di cure intense, approvò il progetto di andare a passare qualche giorno a Genova. Fu un piacere per me rivedere con Maurice tutti i bei palazzi e i bei quadri di questa città affascinante.[8]
  • Venezia era proprio la città dei miei sogni e la realtà superò tutte le mie fantasie a ogni ora della giornata, la mattina e la sera, nella calma del sereno e nei cupi riflessi dei temporali. Amavo questa città di per se stessa ed è la sola al mondo che io abbia amato in questo modo, perché una città mi ha sempre fatto l'effetto di una prigione che sopporto a causa dei miei compagni di cattività. A Venezia si potrebbe vivere a lungo anche da soli e posso capire come ai tempi del suo splendore e della sua libertà i suoi figli l'abbiano quasi personificata nel loro amore e l'abbiano amata non come una cosa ma come un essere.[9]

La Daniella

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  • Conoscete attraverso le incisioni e i dagherrotipi la ridente entrata del porto di Genova, quel colonnato di giardini del palazzo Doria, e quella statua colossale (che non è quella di André) che, dalla collina da dove si erge da tempo sulle sue grandi gambe, sembra darvi il benvenuto con aria indulgente. A prima vista, lo sapete, la città è più strana che bella, ma la sua è una stranezza sorridente. Il Medioevo, qui, non ha lasciato nulla di imponente e nemmeno nulla di lugubre. (p. 50)
  • Come città commerciale, progredita e civile, [Genova] oggi è decisamente detronizzata da Marsiglia, ma quanto a disposizione e distribuzione pittoresca, c'è la stessa differenza che esiste tra una bella avventuriera e una bella borghese. La prima, conciata un po' follemente, mescola ornamenti di gusto a parure un po' licenziose, ma possiede le grazie che conquistano e le originalità che piacciono; l'altra è più saggia, più soggetta alla moda, decente, ricca, a modo, ma uguale a tutte le altre. (p. 51)
  • [...] l'aspetto generale di Genova non è soddisfacente, ma il particolare è spesso adorabile. Le case dipinte sono decisamente una cosa brutta, per fortuna che cominciano a non essere più di moda. La città, adagiata su piani disuguali, non ha né capo né coda, ma le belle strade sono curiose e divertenti. Qui vengono chiamate belle strade quelle che sono fiancheggiate da bei palazzi; sfortunatamente sono così strette che i bei palazzi vi sono sepolti. Si passa ammirando le porte e le parti basse delle costruzioni, ma ci si torce il collo per vedere l'edificio, e anche così, da qualsiasi parate ci si metta, non ci si fa che una vaga idea delle sue proporzioni e della sua eleganza. (pp. 51–52)
  • Bisognerebbe dedicare una giornata a ognuna di queste case di stile diverso dentro e fuori. Questa varietà colpisce, abbaglia, diverte e affatica. Ci sono molti marmi, molti affreschi, molte dorature, e tutto questo deve essere costato molti soldi. All'esterno sono piccole e graziose. Dentro le stanze sono ampie, e ci si stupisce che riescano a stare in palazzi che sembrano occupare tanto poco spazio. (p. 52)
  • Più lontano ci sono delle belle passeggiate fiancheggiate da brutte casette, da ricche chiese piene di oggetti preziosi e costosi; e poi dei sentieri scoscesi, costeggiati da orribili casermoni, passaggi scuri che all'improvviso si aprono su verzure abbaglianti; poi la roccia a picco dietro e davanti a sé; poi il mare visto dall'alto e sempre bello; fortificazioni gigantesche, interminabili; giardini sui tetti; ville buttate a caso sulle colline circostanti, profusione di casamenti chiassosi che, visti da lontano, rovinano il quadro naturale della città; insomma, è incoerente: [Genova] non è una città, è un ammasso di nidi che ogni tipo di uccello è venuto a costruire qui, facendo ognuno di testa sua e appropriandosi del luogo e dei materiali che più gli piacciono. Se non sapessi di essere in Italia, non farei fatica a credere che è tutt'altro luogo da ciò che mi aspettavo. Non bisogna pensarci, piuttosto arrendersi a questa influenza di disordine e capriccio che a prima vista fa impazzire. (p. 52)
  • Non ve lo posso confermare; ma, per riassumervi la mia impressione generale, vi dirò che qui [a Genova] tutto è affascinante sorpresa o brusca delusione. Se fossi stato in vena di lavorare, il pittoresco mi avrebbe trattenuto, dato che è ovunque in questa città che livella ogni cosa; bisognerebbe fermarsi davanti a tutte queste stradicciole che si torcono e precipitano da un piano all'altro, passando sotto molteplici arcate che collegano le case tra loro e proiettano, su quelle profondità luminose, ombre vellutate e di una trasparenza inaudite. Oh! se tutto fosse pittura, la vita intera di un artista minuzioso potrebbe consumarsi davanti a una di queste stradine dalla prospettiva movimentata! Ma si tratta di ben altro, si tratta di andare avanti, di comprendere, di vivere, se è possibile! (p. 53)

Incipit di alcune opere

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Indiana

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Una sera d'autunno piovosa e freddina, tre persone fantasticavano standosene gravemente sedute, in fondo a un piccolo castello della Brie, a veder ardere i tizzoni nel camino e camminare lentamente la lancetta della pendola. Due di quegli ospiti silenziosi pareva si abbandonassero inerti alla vaga noia che pesava su loro; ma il terzo dava segni di aperta ribellione, agitandosi sulla seggiola, sbadigliando di tratto in tratto malinconicamente, e batteva le molle sui ceppi scoppiettanti, con l'evidente intenzione di lottare contro il nemico comune.

Lo stagno del diavolo

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Avevo guardato a lungo e con profonda malinconia il contadino all'aratro[10] di Holbein e passeggiavo in campagna riflettendo sulla vita dei campi e sul destino di chi coltiva la terra.[11]

Lucrezia Floriani

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La madre del principe Karol di Roswald era appena morta, quando il giovane incontrò la Floriani.
Una tristezza profonda lo incupiva e niente gli dava sollievo. La principessa di Roswald era stata una madre tenera e perfetta per lui. Aveva prodigato per la sua debole e malaticcia infanzia le più attente cure e una dedizione completa. Educato sotto lo sguardo di questa degna nobildonna, il giovane aveva avuto una sola reale passione in tutta la vita: l'amore filiale. Il reciproco amore di madre e figlio li aveva resi esclusivisti e forse un po' troppo assoluti nella propria maniera di vedere e di sentire. La principessa era uno spirito superiore, è vero, e molto colta; la sua presenza e i suoi insegnamenti sembravano essere tutto per il giovane Karol, il cui fragile stato di salute si opponeva a quei penosi, seccamente tenaci studi classici, che non sempre hanno il valore degli insegnamenti di una madre illuminata, ma che hanno l'indispensabile vantaggio di insegnarci a lavorare, perché sono come la chiave della scienza della vita. Per consiglio dei medici la principessa aveva dovuto accantonare pedagoghi e libri e si era data a formare lo spirito e il cuore del figlio con la conversazione, i racconti, con una specie di alitazione del proprio essere morale, che il giovane aveva aspirato con delizia. Egli era moltissimo informato, senza aver imparato gran che.

Citazioni su George Sand

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  • Essa è un maschio, è artista, è grande, generosa, devota, casta; ha l'aspetto maschile: ergo, non è donna... (Honoré de Balzac)
  • Bisognava conoscerla come l'ho conosciuta io, per sapere tutto ciò che c'era di femminile nel cuore di questo grande uomo. (Gustave Flaubert)
  • George Sand. – Ho letto le prime Lettres d'un voyager: come tutto ciò che proviene da Rousseau, sono false, artificiose, gonfiate, esagerate. (Friedrich Nietzsche)
  • George Sand, la vacca bretone della letteratura. (Jules Renard)
  • George Sand non brilla né per la sua conversazione né per la sua voce. Non ha assolutamente nulla dello spirito spumeggiante delle francesi, ma niente pure del loro chiacchierio senza fine. (Heinrich Heine)
  • Le sue composizioni pel Teatro, malgrado meriti riconosciuti, non furono accolte collo stesso favore dei suoi racconti. Si pensò che l'indole del suo talento riflessivo era più propria agli sviluppi dei libri, che alla rapidità della scena. (Francesco Regli)
  • [George Sand] non è stata mai un'artista. Ha quel famoso stile scorrevole tanto caro ai borghesi. È sciocca, pesante, logorroica. Nelle sue idee morali ha la stessa profondità di giudizio e la medesima delicatezza nel sentire delle portinaie e delle mantenute. (Charles Baudelaire)
  • Non eri che mia madre. (Alfred de Musset)
  • [ da una lettera a Franz Liszt] Una sera hai riunito da te il fior fiore della letteratura francese. Certo, George Sand non poteva essere assente. Ritornando a casa, Chopin mi disse: – Che donna antipatica quella Sand... E poi è proprio una donna?... Son pronto a dubitarne... (Ferdinand Hiller)
  • Ciò che mancava ancora alla espressione suprema della vita, all'arte, George Sand ha dato. E sono le energie costitutive della dinamica umana: le passioni, le grandi salvatrici. Rousseau dal triste angolo silenzioso delle Confessions aveva ruminato il sogno di un così terribile e divino avvento. George Sand è il redentore profetato da Gian Giacomo Rousseau. Oh grandezza umana della donna! Ricordiamoci sempre della potenza affermativa della passione femminile, eredità tra le somme della rivoluzione umana, forza che ritorna dopo le epoche basse di avvilimento, di accademia, di chiesa, di moralismo borghese, di filosofia ufficiale, a scuotere dai cardini la società ripresa dal sonno torpido di una schiavitù. Il problema dei diritti della donna, il problema sanguinante del diritto femminile all'amore ed alla dignità fu acceso in terra latina da George Sand.
  • Sincerità sovrana della sua vita e dell'arte sua! Ella volle vivere ed amare, e pensò e disse che ogni diritto e la felicità stanno nella vita e nell'amore diffuso in tutte le forme del piacere e del bene, del pensiero e dell'azione. Ella fu sangue generoso e gagliardo dell'antica perenne arteria del cuore femminile di Francia. Non è essa tutta una istintiva impetuosa sincerità e un volere dispotico di vita la natura della donna francese?
  • Sino alla Sand il libero amore è ancora amorale e, cioè, dinanzi alla nostra coscienza, immorale. Con la Sand, liberatasi dal vizio di una unione legale mostruosa, si afferma una moralità alta nella libertà della passione. Poiché ella è tutta nella sua dedizione e il fuoco della bellezza e del senso non fa che alimentare l'infinito e disperato bisogno di affetto, e tutto questo incendio di piacere, di abbandono, di sogni, di tristezza e di deliri si trasfigura ancora nella idealizzazione di un'arte senza veli, di una vita senza ipocrisie.

Note

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  1. a b Citato in Nino Salvaneschi, Il tormento di Chopin, dall'Oglio Editore, 1943
  2. George Sand à Sainte-Beuve, 1831; citato in Anne-Marie de Brem, George Sand, un diable de femme, éd. Gallimard, coll. «Découvertes», 1997, p. 1.
  3. Citato in George Rudé, Robespierre, traduzione di Maria Lucioni, Editori Riuniti, 1981.
  4. Da La mare au diable; citato in Dizionario delle citazioni.
  5. Da Indiana
  6. Da Mauprat, cap. 11, ed. 1837; anche in Mauprat, traduzione di Matilda M. Hays, E. Churton, Londra, 1847, p. 121.
  7. Da una lettera a Juliette Lambert-Adam, 7 aprile 1868.
  8. Da Storia della mia vita, pp. 226-227
  9. Da Storia della mia vita, p. 119
  10. Vedi qui
  11. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia

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  • Dizionario delle citazioni, a cura di Ettore Barelli e Sergio Pennacchietti, BUR, 2013. ISBN 9788858654644
  • George Sand, Indiana, traduzione di Sandro Cassone, Sansoni Editore, 1965.
  • George Sand, La Daniella, traduzione di Romana Petri, Fazi Editore, Roma, 2005. ISBN 88-8112-664-8
  • George Sand, Lucrezia Floriani, traduzione di Marcello Ricardi, Editrice S. Marco, Esine  anno? anno?.
  • George Sand, Storia della mia vita (Histoire de ma vie), traduzione di Marina Piazza e Paola Forti, La Tartaruga Edizioni, Milano, 1994.

Voci correlate

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Altri progetti

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