Arabia

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Famiglia araba a Ramallah

Citazione sull'Arabia e sugli arabi.

Citazioni[modifica]

  • Da antichissimo passava per l'Arabia il commercio Indiano, egizio, siriaco e persiano. Nella parte meridionale approdavano le flotte indiane e persiane nei porti di Katif e Gafr, e in quelli di Aden e di Mocca, questa celebre ne' tempi più recenti pel suo caffé, quella ne' più remoti per la pesca delle perle. A Gidde facevano capo le carovane delle merci e de' pellegrini d'Africa; verso la Siria il deposito principale delle mercanzie era Dumetol-cendel, donde quelle andavano a Bassora, a Corrasch, a Damasco, a Tadmor. Madianiti e Edomiti erano i mediatori del commercio tra i Fenici e l'Egitto; le piazze principali degli Edomiti erano Aila -sull'estremità del golfo Arabico, ed Ezion -Geber situata s'un'isola vicina. Sul mercato di Mescar tutte le merci erano in prima esaminate per evitar le frodi; in quello di Iemana poi lavansi a vendere soltanto stuoie e pietre. D'una mezza dozzina d'altre fiere che tenevansi annualmente in giorni determinati, le più rinomate son quelle di Sanaa capitale dell'Iemen, e di Okas Okkuf, nobilitata nella storia dalle gare de' poeti e da' giudizi pronunciatine dalle tribù. (Cesare Cantù)
  • Da qualunque punto di vista si guardino le spiagge a est del nostro Primo Mondo, che ci si concentri sui i ragazzi che giocano a pallone lungo l'Oceano Atlantico a Casablanca, sulla speculazione selvaggia vicino ad Alessandria o sui parlamenti che si ergono nell'entroterra, sulle bombe cadute sui quartieri di Beirut o sui migranti che partono dalla Libia, il pianeta Arabia tutto è – insomma – meno che appiattito sulla questione del terrorismo. Al contrario, è come se terrorismo e scontro di civiltà fossero una cera passata su un vetro. Di là dalla finestra, in questo modo, si vedono solo ombre, e le ombre sono – il più delle volte – la rappresentazione dell'inganno. (Paola Caridi)
  • Gli Arabi si rendettero così famosi dopo l'introduzione dell'Islamismo fra di loro, tanto per la estensione delle conquiste, nel che superarono qualunque altra nazione, quanto per aver in tempi barbari essi solo coltivata l'antica letteratura, che meritano certamente d'essere meglio conosciuti. Con la gloria e la possanza del loro impero eclissarono tutti i popoli contemporanei, talché si può dire che sussista tuttora una vasta monarchia, ch'eglino con tanto coraggio e somma fortuna eressero, la quale viene ora divisa tra gli Ottomani, i Persiani, Mogolli, i Magrebiani, e cento altri minori principati; nazioni tutte che dagli Arabi trassero la loro religione e polizia, e presero tutte le sacre non meno che le civili istituzioni. (Giovanni Battista Rampoldi)
  • Gli Arabi sono per l'Africa quello che gli Ebrei sono per l'Europa. Entrano dappertutto; nei recessi più ascosi ove domina sovrana la più efferata barbarie, gli Arabi vi hanno portata la loro abilità commerciale, vi sono passati mercanti ambulanti di conterie e di curiosità europee. (Pellegrino Matteucci)
  • Il Leopardi, che fece dire al suo Arabo vagante pel deserto[1]:
    "Me, s'io seggo in riposo, il tedio assale"[2];
    non poteva scrivere cosa più lontana dal vero. L'Arabo siederebbe in riposo sua vita natural durante; senza però conoscere il tedio, nemmeno di nome. (Parmenio Bettoli)
  • Il mondo arabo è meno laico di quanto noi lo vorremmo. Anzi, di laico (nel nostro comune sentire) ha poco. Questo non significa che la sua voglia di libertà debba avere, per noi, meno valore. L'Europa può essere una vecchia madre autoritaria, che nella sua lunga vita ha commesso molti errori. E che ora osserva i propri figli, e i propri vicini di casa, crescere in un modo che non è in grado di comprendere, ma riesce invece a guardare con la stessa compassione ed empatia. (Paola Caridi)
  • Il velo, certo, non è il costume nazionale delle egiziane né tanto meno un segno fondante dell'identità araba. Eppure negli ultimi tempi si è impregnato di una carica identitaria che va oltre l'adesione fideistica all'islam, travalica i confini della religione e si getta anima e corpo nell'appartenenza a un popolo, a una regione, a un destino. (Paola Caridi)
  • La civiltà araba è l'ultima civiltà alessandrina: civiltà del commento e dell'interpretazione. (Gustav E. von Grunebaum)
  • La tenebrosa penisola è un vasto serbatoio di gente d'acciaio; gente dal sorriso infrequente, che gioca di rado, che si prende dignitosamente sul serio e che non è suscettibile di corruzione col miraggio di ricchezze materiali, perché le sue esigenze sono minime. Gente di questa fatta sono una fonte potenziale di pericolo. Soprattutto se hanno un giustificato motivo di cruccio. (Heindrik Willem van Loon)
  • Madre bella, crudele e spietata, l'Arabia accolse a turbe infinite gli uomini nel suo grembo, quando era nella sua lieta giovinezza, avvolta in manti di verzura e in molli nebbie e nubi irroratrici; ma poi invecchiata, impoverita, inaridita e riarsa, ne fece uomini nuovi, aspri, taglienti, forti d'animo e di mente, avidi nel godere, crudelissimi verso le sofferenze altrui, e quindi li cacciò da sé, gli uni appresso agli altri, minacciandoli di orribile morte se non partivano. Or questo spirito crudele, duro, egoista e superbo si rispecchiò appunto nella fede semitica: la fede d'Israele antica, di Assiria, di Babilonia, della Siria e della Fenicia è tutta imbevuta di questo poderoso egoismo, assetato di ricchezze e di godimenti, sitibondo di lotte e di sangue. (Leone Caetani)
  • Nel mondo arabo non esiste la tradizione dei partiti politici intesi come forza sociale di punta e bene organizzata. È difficile costruire un partito del genere. (Ryszard Kapuściński)
  • Pei due golfi Arabico e Persico; pei due deserti, il paese l'israelitico dal lato di Suez, e l'arabico verso l'Eufrate, è l'Arabia da terra e mare sì isolata, che i suoi geografi opportunamente la nominano isola degli Arabi. Un viaggiatore ne fa il giro in tre mesi, o cento giorni. (Cesare Cantù)
  • Quando gli Arabi compariscono nella storia, avevano già vissuto, di generazione in generazione, sì a lungo nei deserti, che la loro natura si era completamente adattata alle condizioni di quel paese; adattata al punto da apparire esso il popolo dei deserti per eccellenza, quello che meglio di ogni altro ritrae nei suoi costumi, nella sua favella, in ogni suo atto e pensiero la vita delle grandi solitudini. L'adattamento degli Arabi alle condizioni del loro paese è già sì completo fin dal loro primo comparire nella storia, che noi li vediamo, con maraviglia, anche tenacemente affezionati al loro paese, nonostante tutti i suoi orrori e terrori, e preferirlo persino a tutti gli altri della terra. Essi sono già i veri figli del deserto, foggiati da esso su di uno stampo speciale, che non ritroviamo poi altrove, presso verun popolo. (Leone Caetani)
  • Rapace, bugiardo e fraudolento nel commercio, ma prode e generoso, mite e riconoscente, e innanzi tutto ospitale e fedele alla parola anche se data ad un nemico, sobrio e continente, compagnone, spiritoso, faceto, eloquente, poetico, caldo del suo onore, e particolarmente di quello dell'harem, ha anche oggidì il Beduino i pregi e i difetti de' suoi maggiori al tempo di Maometto; lava l'oltraggio nel sangue, e ne ha sete per vendicare quel d'un parente versato dal nemico; Il fuoco, il fuoco, ma non l'obbrobrio; la vendetta, la vendetta, ma non l'ignominia é anche oggidì il grido di guerra del Beduino, combattente per l'onor suo e delle sue donne; ciò non pertanto egli é ancor più ospitale che sanguinario, più generoso che implacabile. (Cesare Cantù)

Tahar Ben Jelloun[modifica]

  • [Sul mondo arabo] Entro certi limiti si può dire che i punti comuni ai ventuno Stati che lo compongono siano pochissimi. Certo, c'è la lingua, ma è la lingua classica, letteraria, quella del Corano e non quella dei popoli. Il popolo di ogni paese arabo ha il suo proprio dialetto. Come comunicare? Per parlarsi, bisogna essere degli intellettuali. Tuttavia un elemento costante nell'atteggiamento degli arabi c'è: hanno voglia di formare un unico paese, una sola entità politica e culturale. Il capo di Stato libico lo ha capito. Ne ha addirittura fatto il suo chiodo fisso, la sua ossessione: unire gli Arabi. Che lo vogliano o no. Le unioni fallite non si contano più. Oggi il mondo arabo è più che mai diviso, forse anche più di quanto non lo fosse prima della guerra del Golfo.
  • Facciamo una diagnosi della situazione del mondo arabo: l'Algeria non va d'accordo con il Marocco; la Libia non va realmente d'accordo con nessuno Stato; l'Iraq è mal visto da tutti o da quasi tutti; la Siria non apprezza i popoli del Golfo né i giordani e ancor meno l'Iraq, suo nemico ereditario; l'Egitto rinfaccia al Sudan di aver tentato di far assassinare Mubarak; Arafat fa fatica a ristabilire le relazioni con le monarchie del Golfo che lo aiutavano finanziariamente fino al giorno in cui ha offerto il suo sostegno a Saddam... eccetera.
  • Il mondo arabo non è mai stato unito; la guerra del Golfo lo ha provato in modo eclatante e drammatico. Bisogna ammettere che questo mondo è composto da ventun paesi molto diversi fra loro, che hanno in comune una lingua e una religione. Ma questo non basta a fare un insieme omogeneo e coerente. La maggior parte di questi Stati è governata da uomini che non si preoccupano molto di legittimità e vera democrazia.

Note[modifica]

  1. Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, v. 132.
  2. Propr. "me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?"

Voci correlate[modifica]

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