Fausto Gianfranceschi

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Fausto Gianfranceschi nel 1972

Fausto Gianfranceschi (1928 – 2012), scrittore e giornalista italiano.

Citazioni di Fausto Gianfranceschi[modifica]

  • Per Praz la Storia non è quella dei fatti freddamente registrati, e così traditi, ma quella che si centellina e si fa rivivere negli stili, nelle sfumature degli stili. Una sua relazione di viaggio non ci dirà nulla di sociologicamente puntuale, ma molto di più con la penetrazione nel sottofondo culturale e artistico del paese visitato.[1]
  • [Su Indro Montanelli] È vero che ha cambiato parere politico più volte, ma sempre perché profondamente preoccupato per le sorti del paese. Ma Indro ha cambiato parere sempre meno di quei giornalisti che da Lotta Continua sono passati a Comunione e Liberazione per approdare infine a dirigere quotidiani di Stato. Senza contare tutti coloro che da stalinisti o maoisti sono diventati prima antimarxisti e ora clintoniani: Montanelli ragiona, loro vogliono avere sempre ragione.[2]
  • Forse la menzogna più grande, la malattia più acuta ma occulta del secolo è la deificazione del futuro. Tutto è costantemente rinviato al futuro, contro il piacere del presente, che invece si carica di rabbia. Il giusto e il felice si svolgeranno nel futuro, il presente è abietto. Sembra un allenamento collettivo alla nevrosi. Siamo incitati a rompere, a rivoluzionare, a compiere salti qualitativi, come unico fine gratificante della nostra esistenza, per raggiungere un domani sempre in atto alla svolta della strada e sempre differito; siamo tesi nello spasimo fra due attimi e l'uno non è meritevole di essere e l'altro non sarà, perché essi continuano a inseguirsi, e noi corriamo con loro, affannati, la lingua di fuori sino a quando non si gonfierà e non ci strozzerà.[3]
  • [...] il clima letterario dei tempi ha influenzato minimamente Palazzeschi, il quale è rimasto sempre coerente alla sua cifra, riducibile per comodità di semplificazione al "buffo" come categoria morale. In tale categoria si dilatano, traboccando dall'angustia della classificazione, la sua allegria [...] e insieme il suo umore dolcemente malinconico, il suo amore per la vita diuturnamente e infaticabilmente indagata in tutte le sue stranezze, la sua indiretta polemica con ogni forma di livellamento dell'esistenza.[4]
  • L'umiliazione e la sofferenza fatali della mia carne prepareranno, io spero, la mia resurrezione.[5]
  • [Su Juan Rodolfo Wilcock] Non si saprebbe come incasellare la sua ironia, così discreta, quasi sotterranea ma pronta a venire a un tratto alla luce, senza schiocchi, con finezza. Un'ironia che si affida non al nonsenso o all'analogia brillante, ma al delicato puntiglio col quale lo scrittore si diverte, o più spesso si amareggia, a smascherare i luoghi comuni della ragione, soprattutto di quella che, in malafede o comunque a torto, ama definirsi scientifica.[6]
  • Provando a immaginare che Praz tratti gli oggetti e le parole da cui si sente attirato come ricettacoli di riflessi dell'invisibile, forse si può comprendere meglio la misura del suo stile, rigoroso ed evocatorio insieme, animato da una curiosità che direi appassionata, capace di accostamenti tra fatti e tra idee che non rispettano gli schemi dei generi e delle specializzazioni, ma rispondono alle regole, in apparenza talvolta divaganti, di una grammatica più elevata.[7]

Aforismi del dissenso[modifica]

  • L'aforisma non è un frammento. Benché breve è già intero e compiuto in sé.[8] (p. 84)
  • L'economia è la più occulta delle scienze; perciò gli specialisti sbagliano sempre le previsioni: in fondo, non sono minimamente attrezzati.[8] (p. 84)
  • La sconfitta è elegante, la sconfitta è riposante. Mai, però, farsi sconfiggere dentro.[8] (p. 84)
  • Parlare delle piccole cose è umiliante; né si può parlare delle grandi che sono ineffabili. Non resta che tacere.
  • Se cerchi di seguire i comandamenti soltanto come obbligo morale, ti precludi di intendere che essi indicano anche la via verso la sapienza che è sopra la morale.
  • Sono eroi i combattenti che affrontano la morte in guerra. Siamo eroi anche noi vecchi che affrontiamo la morte senza bombe e senza assalti, senza fracasso e senza gloria.
  • Una qualità perduta: la noncuranza. Chi è ancora immune da cure, angosce, preoccupazioni? Familiari alla noncuranza sono il sorriso e l'ironia.[8] (p. 84)

Il reazionario[modifica]

  • Anche i non credenti sospettano che se non ci fossero i buoni in misura eroica, di cui i Santi sono gli emblemi, il mondo non si salverebbe.[9]
  • Bisogna separare la cultura dai cretini.[9]
  • Forse la vita non è altro che un rituale per tenere a bada la paura.[9]
  • La morte è l'interlocutrice che nobilita la mia sopravvivenza.[9]
  • Non bisogna temere la malinconia, perché temendola la feriamo e la rendiamo più aggressiva. Conviene accettarla educatamente, la si può persino gustare.[9]
  • Se temi la solitudine, lei ti divora. Affrontala energicamente sino a signoreggiarla: allora percepirai accanto a te una folla di presenze amiche.[9]

Citazioni su Fausto Gianfranceschi[modifica]

  • Fausto Gianfranceschi è un ottimista, come siamo tutti quelli che scriviamo: altrimenti, perché scrivere? E una prova imperdonabile di disamore [...] sarebbe l'indifferenza verso quello che ci accade intorno e che ormai non possiamo ignorare. (Juan Rodolfo Wilcock)
  • Fausto Gianfranceschi era una specie di fratello maggiore. [...] Aveva un posto importante in un giornale importante. Il Tempo conservava negli anni Settanta una deliziosa atmosfera anni Cinquanta. [...] Gianfranceschi era il capo della Terza Pagina, allora una grande Terza Pagina coronata dagli elzeviri di Mario Praz. [...] Gianfranceschi ci permetteva di collaborare, non si tirava mai indietro se ci fosse da parlare o da far parlare di qualcosa di nostro. Però forniva con la sua persona un aiuto morale ancor superiore. Bell'uomo, gioviale ed equilibrato, sicuro di sé, con una bella famiglia palesemente felice, rappresentava il contrario di molti reazionari tipici, la maggioranza, ormai a tal punto avvezzi alla condizione di paria che, liberati, l'avrebbero rimpianta. [...] Gianfranceschi rappresentava un lumicino di speranza, che non fosse destino assoluto l'essere reazionari e disgraziati. (Paolo Isotta)
  • Lei parla troppo bene di me! Racconta, sintetizza nel modo più autentico le mie storie e ne descrive il significato, o meglio la direzione. Ragione per cui la noia a cui accennavo prima non si è affacciata menomamente. E sono rimasto sinceramente sorpreso, profondamente commosso. (Dino Buzzati)
  • Lo scrittore che conosce bene e per una certa parte della sua fantasia si rifà al Buzzati ha subìto lo stesso fascino per le cose che si trasformano sotto i nostri occhi fino a diventare dei mostri. (Carlo Bo)
  • Uomo di destra, sanguigno e diretto, cattolico apostolico romano, non per modo di dire, «reazionario» [...] Polemista vivace [...] fu uno tra i primi miei riferimenti umani e culturali che conobbi sbarcando a Roma quand'ero ragazzo. (Marcello Veneziani)

Note[modifica]

  1. Da A Palazzeschi e Praz il "Premio D'Annunzio", Il Tempo, 2 luglio 1967.
  2. Citato in Giornalisti: Montanelli (3) - Gianfranceschi, Zincone, adnkronos.com, 3 marzo 1993.
  3. Da Il sistema della menzogna e la degradazione del piacere, Milano, Rusconi, 1977, pp. 38-9.
  4. Da "Il più giovane dei giovanissimi", Il Tempo, 18 agosto 1974.
  5. Citato in Marcello Veneziani, È morto Fausto Gianfranceschi, ultimo intellettuale reazionario, il Giornale.it, 20 febbraio 2012.
  6. Da Wilcock, lo scrittore argentino che è voluto diventare italiano, Il Tempo, 17 marzo 1978.
  7. Da Il neoclassico innamorato, Il Tempo, 16 dicembre 1980.
  8. a b c d Citato in Gianfranco de Turris, Gianfranceschi, i fieri aforismi dell'ultimo reazionario, il Giornale.it, 11 giugno 2012.
  9. a b c d e f Citato in Paolo Isotta, Noi, ragazzi reazionari di Piazza Colonna, Corriere della Sera, 12 novembre 1996, p. 33.

Bibliografia[modifica]

  • Fausto Gianfranceschi, Il reazionario, Antonio Pellicani editore, Roma, 1996.
  • Fausto Gianfranceschi, Aforismi del dissenso, Lucarini, Roma, 2012.

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