Gino e Michele

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Gino Vignali (1949 – vivente) e Michele Mozzati (1950 – vivente), scrittori e autori teatrali e televisivi italiani.

Citazioni di Gino e Michele[modifica]

  • [A]ndare a vedere Gaber significava confrontarsi con un linguaggio che certo non potevi pensare di riproporre al suo livello, ma che comunque era raggiungibile. Era un obiettivo realistico. Gaber è stato forse l'unico a essere contemporaneamente rivoluzionario, politico, innovatore e anche comunicatore. Nonché poeta. Un poeta che però ci si era presentato con un biglietto da visita sconvolgente.[1]
  • Berlusconi: un quasi bisnonno che non accetta l'idea di invecchiare.[2]
  • Gli azzurri a tavola sono impeccabili: Mancini mangia le banane con le posate; De Napoli invece viceversa, ma ha uno stomaco che digerisce tutto. Solo Serena, destinato alla tribuna, sputa nel piatto dove mangia. Ma è l'unico. Tacconi sputa nel piatto di Zenga, Marocchi in quello di Ancelotti e Mancini in quello di Schillaci che, tanto, abituato alle critiche più feroci, manda giù tutto.[3]
  • Il cuore di Milano è in prevalenza piccolo-borghese. Lo è da centinaia d'anni, prima ancora che nascesse la borghesia, lo sarà nel millennio futuro, con quel suo fare il proprio dovere, cercando di dare meno fastidio possibile, di non disturbare il resto del paese, o dell'impero, o del pianeta. Né troppo progressista né troppo conservatrice, né troppo buona né troppo cattiva.[4]
  • Legge di Biscardi: la porta si viola, ma va bene anche di un altro colore.[5]
  • Legge di Vicini: una porta se c'è la maniglia vuol dire che abbiamo sbagliato campo.[5]
  • Noi amavamo Tex come la cosa più normale di questo mondo. Quella striscia con quella firma inconfondibile, Galep, non ci sembrava neanche una scelta, era un obbligo per la nostra generazione.[6]
  • Sottilissimo è il filo che separa una buona battuta da una tremenda stronzata.[7]
  • Tre quarti delle menzogne che la Repubblica scrive su Berlusconi sono vere.[2]

Da Marchesi Centouno

Prefazione a Marcello Marchesi, Il dottor Divago, introduzione di Gianni Turchetta, Bompiani, Milano, 2013, pp. 7-12. ISBN 88-587-6286-X

  • D'altra parte la sua materializzazione in TV per noi è legata all'originale prima serata del Signore di mezza età, varietà ovviamente RAI datato 1963. Lui aveva poco più di cinquant'anni, noi solo tredici, età che allora non era già adolescenza ma ancora una specie d'infanzia. Eppure quell'omino tutto vestito di nero, così anomalo per essere un milanese, di certo troppo milanese per essere romano, ci colpì subito in TV , tanto che ce lo ricordiamo ancora adesso, con quella sua presenza quasi spiazzante nella pur geniale palude del piccolo schermo di quegli anni. (p. 7)
  • Marcello Marchesi ha il pregio di essere tra i rari esempi di cultura collettiva e trasversale, quella che fa l'ossatura di un popolo e di un paese. Piaccia o no, anche il comico, inteso come genere, partecipa e rafforza questo processo di maturazione. Abbiamo utilizzato il termine cultura con la dovuta premeditazione: Marcello Marchesi ha contribuito alla crescita, nel dopoguerra, di tutti noi attraverso la scrittura umoristica libraria, quella satirica periodica, quella pubblicitaria, soprattutto nei mille caroselli, quella cinematografica (basterebbero appunto solo tutti i film di Totò), quella televisiva (varietà) e quella teatrale (rivista). Quasi tutte espressioni culturali di "un dio minore" che gli intellettuali respingono solitamente con un certo sussiego e che invece spesso, proprio perché presenti in ogni radice di una storia nazionale, segnano più di ogni altra cosa un'epoca. (p. 10)
  • Che dire ancora di Marcello Marchesi... Resta una pietra miliare di chi scrive di spettacolo, a tutti i livelli, e nello specifico di chi lo fa cercando di ottenere la cosa più difficile in assoluto: far ridere la gente. Ci ha regalato una quantità spropositata di idee, battute, intuizioni, trame, calembour... Ci ha insegnato che ci si può misurare in diversi campi e su diversi piani, con lo stesso impegno e risultati comparabili. Ci ha confermato che quando si lavora per il pubblico – sia esso di lettori, o in teatro, al cinema, in TV – occorre rispettarlo e rispettarsi. (pp. 11-12)

Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano[modifica]

  • Di tutti i comici con i quali abbiamo lavorato, Paolo Rossi è certamente il più colto. Parla quattro lingue. Purtroppo tutte contemporaneamente.
  • I lombardi purosangue sono scarni, essenziali, precisi. Lavoratori miti ma indefessi. Gente dura, gente che, piuttosto che pagare una lira di tasse a Roma, si compra una Porsche Carrera.
  • Ancora scolaretto Silvio Berlusconi dà prova delle sue straordinarie qualità vendendo i "pensierini" ai compagni meno dotati. Comincia insomma a manifestarsi in lui quella particolare attenzione verso i più somari che sarà in seguito l'origine del suo successo.
  • Incidenti a Civitavecchia per un improvviso sciopero dei marinari in servizio sui traghetti per la Sardegna. Una crema Nivea, lanciata da un turista esasperato, ha colpito in pieno viso un vice questore che si è accasciato al suolo abbronzandosi sul colpo.
  • Una bellissima valletta ha rotto il fidanzamento con Berlusconi la prima volta che l'ha visto nudo. Le faceva schifo così senza portafoglio.
  • I test d'intelligenza cui venne sottoposto diedero risultati sorprendenti: messo davanti a un cubo di Rubik impiegò solo 10 secondi a inghiottirlo.
  • In Russia sta proprio cambiando tutto. Ho visto dei bambini che mangiavano i comunisti.
  • Non è vero che se Berlusconi avesse le tette farebbe anche l'annunciatrice. È vero invece che se l'annunciatrice avesse le tette se la farebbe Berlusconi.[8]

Incipit di alcune opere[modifica]

Antenna Pazza e la tribù dei Paiache[modifica]

Antenna Pazza era accovacciato su una stuoia di scorza di cedro srotolata sull'erba umida di un pianoro, appena sotto la vetta della Collina del Buon Ricordo. Le acque incantate della costa orientale del Lago Michigan gli guardavano le spalle. Attendendo il tramonto, il vecchio indiano stringeva gli occhi nel tentativo di non perdersi neanche un attimo di quello spettacolo che pure aveva avuto la fortuna di godere così a lungo.

Faceva un caldo torrenziale[modifica]

«L'Amazzonia? Son tornata ieri. Faceva un caldo torrenziale.»[9]

Neppure un rigo in cronaca[modifica]

Quel mattino al Bar dei Magutt si fermò un camion nuovo, mai visto. A ben pensarci doveva aver posteggiato con una certa solennità, perché nonostante la partita ce ne accorgemmo subito. Piantammo lì la «palla che vola» e corremmo a vedere.[9]

Note[modifica]

  1. Da Una luce sul privato; in Gaber, Giorgio, il Signor G. Raccontato da intellettuali, amici, artisti, a cura di Andrea Pedrinelli, Kowalski, Milano, 2008, pp. 75-76. ISBN 978-88-7496-754-4
  2. a b Da Le cicale 2010.
  3. Citato in Palla lunga e pedalare, p. 38.
  4. Da Neppure un rigo in cronaca, Rizzoli.
  5. a b Citato in Palla lunga e pedalare, p. 25.
  6. Da Ricordi d'infanzia, tra Tex e uno strano giro d'Italia, in Galep, Cinquant'anni di avventura a fumetti, a cura di Fabrizio Gargarone e Mario Della Casa, Edizioni Lo Scarabeo.
  7. Da Anche le Formiche... Anno Secondo, prefazione, p. 7.
  8. Cfr. Enzo Biagi: «Se Berlusconi avesse le tette farebbe anche l'annunciatrice.»
  9. a b Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Gino & Michele, Antenna Pazza e la tribù dei Paiache, Baldini&Castoldi, 1996. ISBN 8880891324
  • Gino e Michele, Matteo Molinari, Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano, Mondadori, 1997.
  • Gino & Michele, Paolo Borraccetti, Le cicale 2010, Kowalski, 2009.
  • Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, Palla lunga e pedalare, Dalai Editore, 1992, ISBN 88-8598-826-2.

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