Luciano Lama

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Luciano Lama (1986)

Luciano Lama (1921 – 1996), politico e sindacalista italiano.

Citazioni di Luciano Lama[modifica]

  • [Sul referendum sulla scala mobile] Come militante ho firmato, ma sono contrario a che la Cgil prenda posizione sul referendum. Non mi sento in contraddizione.[1]
  • [Sugli anni di piombo] L'Italia in quegli anni ha rischiato grosso... la battaglia ci ha assorbito completamente. Così, non abbiamo visto con la chiarezza necessaria il resto. (da Intervista sul mio partito; citato in Ginsborg, p. 68)
  • Sia quando fa sorridere, sia quando irrita, la satira politica, è uno stimolo per guardare dentro noi stessi e più in generale dentro quel che avviene nella società. [...] In ogni caso, anche l'attacco ingeneroso e irriguardoso è meglio di qualsiasi tipo di censura. Dal primo ci si può difendere, dalla seconda no.[2]
  • [Sulle elezioni del 1996] Voglio gridare qui, dal mio letto, la più semplice e importante lezione che mi viene dalla mia esperienza; non smettere mai di cercare le soluzioni attraverso le intese.[3]
  • [Discorso pronunciato il 16 marzo 1978, in occasione dello sciopero generale all'indomani dell'agguato di via Fani] [...] Ma in questo giorno che è un giorno di lutto, un momento drammatico nella vita del paese, in questo giorno il tumulto delle emozioni non deve dominarci, dobbiamo opporre alla violenza disumana la forma della ragione, la determinata volontà di non piegarci al ricatto degli assassini, dei nemici della democrazia e della libertà del nostro paese. Si parla di guerra civile. Noi ne abbiamo conosciute, ma in questo caso non siano di fronte alla lotta di una parte pur piccola di un popolo contro un’altra parte. Non è così. Siamo di fronte ad un pugno di professionisti del terrorismo che si accanisce contro le istituzioni e le libertà nostre, siamo di fronte ad un piccolo gruppo di assassini che attenta alle istituzioni della democrazia italiana; è vero però, è vero e dobbiamo approfittare di questa circostanza per riflettere su questa realtà , che attorno a questa minuscola banda feroce di criminali sta un certo strato di acquiescenti, di passivi, di persone che se non altro moralmente si disimpegnano o addirittura solidarizzano con i criminali, con i terroristi o che stanno a guardare. Non è questo tempo di stare a guardare, amici di Roma. Non si può essere in questo momento, in questa prova, non si può assistere passivamente di fronte allo strazio che si tenta di fare delle istituzioni, della democrazia, della libertà del nostro Paese, dei valori fondamentali della convivenza civile che abbiamo conquistato con la nostra lotta.[4]

Da Io, il Pci e il nuovo riformismo

Intervista di Salvatore Gatti, L'Espresso, 16 dicembre 1984.

  • Natta non è Berlinguer, com'è giusto che sia. Io lo apprezzo per la sua idea del carattere laico, non dogmatico, privo di schemi e di sacralità del partito.
  • Non accetteremo mai più di stare al guado: i partiti esistono per andare al potere.
  • Per me, il paese è maturo per l'alternativa basata sull'alleanza delle forze di sinistra, riformatrici e progressiste.
  • Ho dato inizialmente credito all'intenzione di De Mita di cambiare la Dc, ma quest'ultima è più forte di lui.
  • Da parte del movimento sindacale, c'è stata scarsa sensibilità intorno ai processi di innovazione, di fronte alle ristrutturazioni e alle nuove tecnologie.

Attribuite[modifica]

  • La Camera del Lavoro già al suo nascere segna il sindacalismo italiano di un tratto caratteristico che lo fa diverso dalle altre esperienze europee. Le Camere del Lavoro, infatti, superando i confini della organizzazione di mestiere, propongono il patrocinio e la tutela degli interessi di tutti i lavoratori per educarli praticamente alla fratellanza e al mutuo appoggio.
    Diventano in tal modo strumenti di lotta per la conquista di nuove condizioni di lavoro per apprendisti, per le donne e i fanciulli, per una durata di lavoro più umana, per garantire l’insegnamento professionale, l'elevazione culturale, la ricerca del lavoro e il controllo del collocamento.[5]

Citazioni su Luciano Lama[modifica]

  • Aveva il terrore delle divisioni nel sindacato. E teorizzava l'autonomia dai partiti. Oggi che i partiti non ci sono più può sembrare una discussione datata ma non lo è. (Giorgio Benvenuto)
  • [Sulla «svolta dell'EUR»] Chi se la scorda "la linea dei sacrifici". Ho sempre pensato che sia stata più disastrosa per il movimento dello stesso compromesso storico. Un suicidio. Lama può non dirselo, ma quello fu un regalo che la Confindustria neppure si sognava. (Mario Moretti)
  • Il bravo e leale segretario comunista della Cgil, Luciano Lama, sbagliò a voler entrare all'Università di Roma protetto dal suo servizio d'ordine, quel 17 febbraio 1977, ciò che non poteva non avere l'aria di un'invasione straniera. Ma a sconfiggerlo, non furono le parole d'ordine estreme di demenza e di violenza che gli ringhiarono contro quelli dell'Autonomia romana. A sconfiggerlo, a fare da dimostrazione lampante che lui era l'uomo sbagliato nel posto sbagliato, sarà l'iscrizione che sui muri dell'università avevano tracciato gli indiani metropolitani: «I Lama stanno nel Tibet». Non la forza aveva costretto Lama a cedere il campo, ma l'ironia. (Giampiero Mughini)
  • Luciano Lama ebbe in Di Vittorio un grandissimo maestro: accompagnandolo nei suoi numerosi viaggi conobbe la realtà del Mezzogiorno e comprese l'importanza del contatto diretto con le masse. (Pietro Grasso)
  • Per Luciano Lama la trattativa era il cuore del mestiere del sindacalista. Qualche volta io e Carniti, allora segretario generale della Cisl, eravamo più propensi a rompere. Lui ci diceva: "Rompere è facile, ricostruire molto più complicato. Noi dobbiamo trattare sempre. Anche se un imprenditore viene a proporti in cambio di andare con tua moglie tu, da sindacalista, devi rispondergli: discutiamone". Un paradosso, naturalmente. (Giorgio Benvenuto)

Note[modifica]

  1. Citato in Lama: "Ho firmato ma non voglio che Cgil firmi, La Stampa, 11 settembre 1984.
  2. Citato in I politici disegnano Forattini, La Stampa, 5 febbraio 1983.
  3. Citato in Che dolore non votare, La Stampa, 22 aprile 1996.
  4. Citato in Il rapimento di Aldo Moro, 16 marzo 1978.
  5. Citato da Carlo Ghezzi, Centenario della Camera del Lavoro di Pordenone, Fondazione Giuseppe Di Vittorio, su storiastoriepn.it.

Bibliografia[modifica]

  • Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, traduzione di Marcello Flores e Sandro Perini, Einaudi, 1989. ISBN 8806160548

Voci correlate[modifica]

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