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Nereo Rocco

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Nereo Rocco in panchina

Nereo Rocco (1912 – 1979), calciatore ed allenatore di calcio italiano.

Citazioni di Nereo Rocco

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  • [A un ammiratore che alla Gare de Lyon lo accolse a braccia aperte dicendogli: "Monsieur Roccò, mon ami", replicò] mona a mi?, mona a ti e anca testa de gran casso.[1]
  • [Nel 1956 alla vigilia di un Padova-Juventus, sentendosi augurare «Vinca il migliore», rispose] Ciò, sperémo de no.[2]
  • [Ultime parole al figlio Tito] Damme el tempo.[3]
  • [Frase tipica ai suoi giocatori] Mi te digo cossa far, ma dopo in campo te ghe va ti.[3]
  • [Su Luciano Chiarugi] Quando Chiarugi arrivò da noi era già famoso come calciatore e come personaggio. Aveva, però, quella sicurezza nei suoi mezzi che a lungo andare può benissimo venir scambiata con la presunzione. Il suo gioco era spesso vincente, impensabile tuttavia un suo dialogo con i compagni. Così cercai d’inserirlo in un contesto meno individualista e più collettivo, limando i tunnel e la sua ricerca del numero per far divertire la platea. Ho solo tentato, però, perché un Chiarugi o lo si ripudia, oppure lo si accetta in blocco. Con lui non esistono mezze misure.[4]
  • [Frase tipica rivolta ai giocatori più anziani] Te jèri campion, no ti pol finir bidòn.[3]
  • [Frase tipica nell'intervallo quando qualcosa non andava] Testa de gran casso ti e anca quel che t'ha messo in squadra.[3]

Attribuite

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  • A tuto quel che se movi su l'erba, daghe. Se xe 'l balon, no importa.
Colpire tutto ciò che si muove a pelo d'erba. Se è il pallone, meglio.[5]
[Citazione errata] Nel libro Nereo Rocco: la leggenda del paròn (p. 58) si legge che tra le tante frasi storiche attribuite al paròn una, indimenticabile, va cancellata e il riferimento è proprio a questa citazione. Nello stesso libro Rivera inoltre aggiunge: «Una frase come questa Rocco non l'avrebbe detta nemmeno da ubriaco [..] Io l'ho sentito un'infinità di volte raccomandare una marcatura stretta, asfissiante. Non gli ho mai sentito dire di far male a qualcuno. Sono certo che non gli è mai venuto in mente.» Aurelio Scagnellato (capitano del Padova) parla di frase attribuita che è diventata poi una leggenda metropolitana.
  • Palla lunga e pedalare.[6]

Nereo Rocco: la leggenda del paròn

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  • [Su Pelè] Mi no credevo che un omo podessi far questo. (p. 30)
  • [Su Dino Sani] Gavemo comprà un impiegà del catasto. Gipo nostro ga fato rimpatriar el nonno. (p. 89)
  • [Rivolto a Bigon] Ti te ga studià, vero? E alora mona de un dotòr, tradusi, che questi no conossi le lingue. (p. 139)
  • Io posso prendere un terzino e metterlo all'ala senza che nessuno dica niente. Ma se prendo un'ala e gli chiedo una volta, per un'emergenza, di fare il terzino ne devo render conto al sindacato? Ma andè in mona tuti quanti, Spegiorin, Campana e ti che me sta a 'scoltar a 'sta ora de note. (p. 150)
  • Me piase Santarini, el portièr e De Sisti. Pruzzo xe pesante de fianchi, tuti i altri i fa barufa a centrocampo. Tatticamente, me racomando, scrive bén, xe la storia de tuti i alenadori. Dal lùnedi al vénerdi i xe olandesi. Al sabato i ghe pensa. La domenica, giuro su la mia beltà, tuti indrìo e si salvi chi può. (p. 182)
  • [Sulla sua partecipazione alla Domenica Sportiva] Go fato 'l paiazzo per tanti ani in spogliatoio perché me divertivo. Nol poso farlo in televisiòn perché se diverta el signor Tito Stagno. (pp. 183-184)

Citazioni su Nereo Rocco

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  • [«Quando pensa all'immagine dell'allenatore, a chi pensa?»] A una foto di Rocco a Milanello, appoggiato a un bastone, con la camicia aperta sulla pancia e i calzoncini. Me lo immagino all'osteria con Brera. Questa è l'immagine dell'allenatore che amo. (Serse Cosmi)
  • Era unico, sapeva alleggerire il carico di responsabilità avvertito dai giocatori con le sue battute folgoranti. Sapeva cogliere i momenti per agire anzitutto in chiave psicologica. (Gianni Rivera)
  • Il secondo maestro è stato Rocco. Un uomo diverso da com'è stato raccontato. Timido, rispettoso. Sembrava burbero ma non lo era, ogni tanto gli scappava una battuta in dialetto ma era un uomo colto, che non diceva mai nulla di banale. Parlava volentieri con noi, ma non aveva mai il coraggio di avvertirci: oggi stai fuori. (Giovanni Trapattoni)
  • La sua bazza circonfusa da antico pelo, gli occhi cespugliosi ed un po' malandrini nonché cilestrini mi intrigano ancora. [...] Nereo era un tecnico naturale, istintivo, il suo calcio era lo stesso di Saba, masticato e bevuto in compagnia degli amici. I giocatori diventavano amici suoi nel momento stesso in cui decidevano la sua conferma e le sue vittorie. Fu il compagnone più entusiasmante, un uomo terribilmente solo senza il calcio, superfluo senza lo spogliatoio, povero senza le ciacole dette ai calciatori, spalancandosi l'eterno verde mistero della pedata davanti al suo cespuglioso malandrino cilestrino sguardo. (Vladimiro Caminiti)
  • Rocco era un autodidatta, poco democratico, ma aveva quel qualcosa che gli faceva sempre capire gli altri, in particolare i propri giocatori, tenerli carichi psicologicamente. (Sandro Salvadore)

Note

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  1. Aneddoto riferito da José Altafini, citato in Gigi Garanzini, Nereo Rocco: la leggenda del paròn continua, Mondadori, Milano, 2012, p. 28. ISBN 9788852025525.
  2. Citato in Gigi Garanzini, Nereo Rocco: la leggenda del paròn continua, Mondadori, Milano, 2012, p. 6. ISBN 9788852025525
  3. a b c d Citato in Gianni Mura, In panchina con Rocco il calcio era un romanzo, Repubblica.it, 19 febbraio 2009.
  4. Citato in Chiarugi Luciano: Cavallo Pazzo, storiedicalcio.altervista.org.
  5. Citato in Marco Sappino, Dizionario biografico enciclopedico di un secolo del calcio italiano, Dalai editore, 2000, p. 2112. ISBN 88-8089-862-0
  6. Citato in Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, Palla lunga e pedalare, Dalai Editore, 1992, p. 27. ISBN 88-8598-826-2

Bibliografia

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Altri progetti

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