Serse Cosmi

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Serse Cosmi (2003)

Serse Cosmi (1958 – vivente), ex calciatore e allenatore di calcio italiano.

Citazioni di Serse Cosmi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Milan-Perugia 1-2 del 23 dicembre 2000] Ricordo soprattutto il silenzio a fine partita, si sentivano solo i 200 tifosi perugini. Quel silenzio mi dava il senso della padronanza di una cosa troppo grande. Era dicembre, c'era la nebbiolina: San Siro appariva come dev'essere San Siro. Tutto perfetto. [...] A San Siro avevamo vinto noi. Tutto una festa. Abbracciai Di Loreto e Tardioli, che fino a pochi mesi prima battevano i campi della C con me.[1]
  • Riguardo al calcio moderno, dico che non ci sono soltanto apetti negativi, ma alcune innovazioni hanno portato beneficio a tutto il movimento. Penso alla possibilità di veder giocare tanti campioni, anche all'estero: ai miei tempi, Pelé potevamo soltanto immaginarcelo quando tiravamo calci al pallone nei cortili e nei campetti di periferia. Adesso è diverso, anche se io penso che parlare di calcio moderno e calcio nostalgico sia una forzatura: esiste il calcio e basta.[2]
  • Io ho frequentato per anni la curva dello stadio di Perugia e questo mi ha aiutato a vivere il calcio nel modo giusto. Spesso le curve sono considerate solo luoghi di violenza, invece non è così. Fra gli ultras c'è grande sensibilità per la tecnica e per la giocata di classe, molto più di quanto accada in tribuna. In curva si apprezzano i calciatori che danno tutto in campo e per i giocatori è impossibile bluffare. Ovviamente, questo discorso vale per i tifosi veri, non certo per i teppisti. [«Ci racconta di questa esperienza?»] È stato mio padre a portarmi a vedere il Perugia fin da quando ero bambino. Andavamo lungo il Tevere armati di coltello e seghetto, a scegliere le canne di bambù con cui facevamo le aste per gli striscioni. Poi tutta la settimana lavoravamo in cantina per inventarci delle frasi spiritose, preparare striscioni e bandiere con nastri di plastica colorata. Mi ricordo che al derby con la Ternana ne portai uno di cui ero molto fiero: "Urban e Traini morte ai cugini". Urban e Traini erano giocatori del Perugia di allora. Ma il più bello l'aveva pensato un mio amico, e diceva "Sbrana Grifo, Sbrana". Ne ero quasi invidioso. Poi la domenica partivamo in Cinquecento, con le aste degli striscioni che uscivano dal tettuccio apribile, e ci piazzavamo in curva. Eravamo praticamente i primi ultras, in mezzo a tifosi e sportivi in giacca e cravatta.[2]
  • [Sull'Udinese] Il segreto di questa società si chiama coerenza. Ha capito che in una città di provincia era impossibile puntare a giocatori importanti ma che i giocatori bisognava farli diventare importanti.[3]
  • [«Cos'è che ti piace di meno del calcio di questo primo decennio del 2000?»] La poca passione che manifestano coloro che sono al timone di club e federazioni. Anni fa se si fossero affacciati al mondo del calcio personaggi senza alcuna competenza calcistica ma solo provvisti di brama di guadagno, sarebbero stati additati come eccezioni. Oggi succede il contrario. Credo che, ad esempio, presidenti di Serie A che venivano considerati quasi folkloristici negli anni '80, oggi, inseriti nel contesto attuale, potrebbero sembrare dei seminaristi... Inevitabile che, a cascata, la scarsa passione per il calcio investa tutti gli addetti ai lavori, fino ai calciatori.[4]
  • [«Cosa vuol dire restare sempre e comunque uno di quelli che dice ciò che pensa e pensa ciò che dice?»] A volte viene il pensiero che convenga fare di più lo "scemo". La mia storia è l'esempio del fatto che se nel grande calcio arriva una persona normale che dice ciò che pensa, può succedere il finimondo! Ho fatto la trafila delle categorie inferiori, non ho rubato nulla di ciò che ho avuto, ho lavorato duro eppure a molti sembrava che venissi da Marte... Da un lato agli occhi di alcuni tutto ciò mi ha valorizzato, d'altro canto sono restato mio malgrado un po' ostaggio del "personaggio Cosmi" che i media avevano creato.[4]
  • I media ti appiccicano un'etichetta e tu non te la togli più. Ormai mi sono rassegnato a un certo stereotipo, alcuni presidenti mi chiamano e si aspettano di trovarsi davanti un orco o uno dei marines.[5]
  • Resto dell'idea che [nel mondo del calcio] certe curve siano molto migliori di certe tribune.[5]
  • La prima cosa che guardo in un giocatore è il suo talento. Se c'è il talento, a tutto si trova una soluzione; purché mi risolva le partite, ovviamente.[6]
  • [«Per qualcuno il calcio anticipa ciò che avviene nella società o per lo meno ne è specchio...»] No, non penso sia così. Il calcio è semplicemente un'industria enorme che ha i riflettori puntati addosso. [...] Giocatori e allenatori possono essere contestati per i loro ingaggi a volte spropositati, possono essere criticati per il loro gioco, insultati per come mettono in campo la squadra ma loro per lo meno vincono o perdono. Tutto intorno c'è una fauna di personaggi che non hanno né arte né parte: quelli pur stando dentro al calcio di sicuro non perdono mai.[7]
  • Quando debutto in una squadra mi informo subito sui gusti [musicali] dei giocatori. Se ascoltano canzoni banali non va bene, compro gli stereo e li installo nella sala massaggi così crescono meglio. Quando allenavo il Perugia, in ritiro c'erano dischi improponibili. Scherzando con Materazzi, dicevamo: "Difficile salvarsi con queste canzoni qua..."[8]
  • Il problema vero è che i mediocri hanno sempre detestato il talento, magari pensando che fosse un dono che avrebbero meritato solo loro. Magari perché hanno studiato tanto, si sono laureati col massimo dei voti, oppure hanno incarichi in società di calcio importanti dopo aver frequentato per anni i sottoscala più putridi del calcio nostrano. Invece no, il Padreterno regala questo dono pescando anche negli angoli più bui del nostro mondo.[9]
  • Credo che fare l'allenatore sia un mestiere e non un'appendice di un'altra carriera come quella di calciatore. Tutti dovrebbero avere la possibilità di mostrare il proprio valore partendo da uno stesso livello. Alcuni grandi calciatori hanno un po' saltato le varie tappe, partendo subito da panchine importanti. Questo avviene anche perché nel calcio di oggi contano molto i rapporti, le persone che conosci. A volte sono gli ex compagni a scegliere gli allenatori. Aver fatto il calciatore non dovrebbe essere un merito o un privilegio, perché per allenare si deve ricominciare.[10]
  • Con Milito lo si capisce già al primo allenamento, che si tratta di un'altra dimensione. Una qualità tecnica al di sopra della norma. [...] Il bello che con lui il gol era solo il completamento di una sua creazione, non era qualcosa di estemporaneo, era logica conseguenza di qualcosa di perfetto.[11]
  • [Su Ilario Castagner] Sportivamente è stato il più importante allenatore della storia del Perugia, il più bravo di tutti, il più iconico, quello che ha portato a far conoscere calcisticamente la città. Ma ciò è riduttivo: nel corso del tempo ho conosciuto una persona straordinaria, un signore, un uomo che mi voleva bene. [...] ora si usa il termine visionario per allenatori come Ilario ma lui lo era per davvero. Era un Perugia che giocava all'olandese, come si diceva all'epoca, e poteva contare su un gruppo di grandi uomini che lui ha saputo plasmare e mettere in condizione di far grande il Perugia e Perugia.[12]

«Voglio poter sbagliare, non siamo dei modelli»

Da un incontro con i detenuti del carcere di Spoleto; citato in Alessandra Fischi, La Gazzetta dello Sport, 25 febbraio 2003.

  • Dare calci alla panchina, sono situazioni umane. I veri problemi del calcio sono i moralisti, che fanno di queste cose una notizia. Io non voglio essere un esempio per tutti. Chiedo di poter essere una persona che sbaglia, che se vuole esultare o urlare deve essere libero di farlo. Poi, i miei errori li pago in prima persona. Non capisco perché i calciatori, o gli stessi allenatori, devono essere considerati un modello.
  • Il rapporto tra allenatore e giocatori è, prima di tutto, tra uomini. Ti confronti con culture diverse e da ognuno è possibile imparare. Conoscere gli altri ci educa.
  • Mi piace la mia vita perché ho fatto tutte le cose con passione. Riconosco i giocatori che hanno perso la passione, li vedi quando vanno in campo, sono spenti.

«Qui c'è la magia del pallone»

Intervista di Roberto Perrone, Corriere della Sera, 29 gennaio 2005, p. 45.

  • Il problema dei presidenti è che guardano la classifica. [...] La classifica è come una bella donna, pensi di poterci andare sempre, ma non è così.
  • [Su Genova] L'ho sempre vista come un punto d'arrivo, un posto magico dove si fa calcio con entusiasmo. Eppure è stata un sorpresa. Piacevole. È una città con delle qualità nascoste. Laggiù, davanti al Porto Antico, ci sono palazzi stupendi, dove, però, abitano persone con risorse economiche limitate. Penso che a Milano o a Roma non sarebbe possibile.
  • [«Quando pensa all'immagine dell'allenatore, a chi pensa?»] A una foto di Rocco a Milanello, appoggiato a un bastone, con la camicia aperta sulla pancia e i calzoncini. Me lo immagino all'osteria con Brera. Questa è l'immagine dell'allenatore che amo.
  • [«A chi dice grazie?»] A mio padre Antonio. L'ho perso quando avevo 14 anni: mi ha insegnato a vivere il calcio con questa passionalità quasi estrema.

"In campo mi trasformo"

Dall'intervista di Simone Bernabei a TMWmagazine; citato in Chiara Biondini, tuttomercatoweb.com, 8 giugno 2013.

  • A Lecce ho ritrovato il gusto di allenare. I tifosi salentini sono il massimo, meglio di qualsiasi altra tifoseria. E poi giocatori, società e la gente erano al di sopra di tutto il resto d'Italia.
  • Ero al Pontevecchio e l'ambiente era amichevole. Nella squadra giocavano 3 cugini di mia moglie e molti miei conoscenti. Venne fuori la proposta di vedere un film hard (e non porno) quasi per scherzo, era una cosa goliardica fra amici. Detto questo la squadra poi vinse, e visto che nel calcio la scaramanzia conta riproponemmo l'esperimento. Si era creata una complicità diversa, fu un modo molto utile per fare gruppo.
  • A me piace avere un rapporto diretto con i ragazzi, ma nel calcio di oggi purtroppo è sempre più difficile. [...] Il calcio è cambiato, e i giocatori sono più diffidenti. [...] Secondo me è una perdita, perché il calcio non è solo quello che si vede in campo. La tattica ormai la possono spiegare tutti, ma è l'aspetto psicologico che fa la differenza.
  • Io in campo mi trasformo e vivo tutto con la massima passione. Mi lascio trasportare dalla partita, ma fuori sono una persona normale, quasi tranquilla.
  • [«E l'omosessualità esiste negli spogliatoi di calcio?»] Non deve essere un problema. Comunque sarei preoccupato se non ci fosse.

«Gaucci? Aveva due marce in più. O'Neill era forte come Zidane, poi però...»

Dall'intervista di Walter Veltroni al Corriere dello Sport - Stadio; citato in umbria24.it, 15 luglio 2017.

  • Sono entrato nel mondo del calcio da bambino e non ne sono più uscito. Mio padre era dirigente della Pontevecchio e all'età di cinque anni ero la mascotte della società. I miei eroi erano i giocatori di quella squadra.
  • Mio padre era un grande tifoso di ogni sport e io mi chiamo Serse come il fratello di Fausto Coppi. Conservo un biglietto che il ciclista mandò a mio padre come ringraziamento per aver messo a me il nome di suo fratello defunto.
  • L'emozione non ha categorie. Ho vinto uno spareggio in Prima Categoria e come emozione è stata uguale a quando ho espugnato San Siro col Perugia.

Note[modifica]

  1. Citato in Luigi Garlando, «No, non mi sono montato la testa», La Gazzetta dello Sport, 20 settembre 2002.
  2. a b Dall'intervista in Cristiano Militello, Giulietta è 'na zoccola, Milano, Kowalski, 2004, pp. 7-10. ISBN 8874960131
  3. Citato in Alberto Costa, «Esporto in Europa il modello Udinese», Corriere della Sera, 25 agosto 2005, p. 47.
  4. a b Citato in Nicola Angione, Cosmilandia! Intervista a Serse Cosmi, filrouge.it, 9 agosto 2010.
  5. a b Da un'intervista a Teletruria; citato in Andrea Avato, Serse Cosmi a Teletruria. "Bifini come Balotelli. Le curve? Molto meglio di certe tribune", amarantomagazine.it, 28 marzo 2013.
  6. Citato in Italo Profice, Serse Cosmi: 'Il 3-5-2 di Conte somiglia al mio. Vorrei allenare in Premier o in Bundes!', tuttocalcioestero.it, 11 novembre 2014.
  7. Citato in Elisabetta Reguitti, Serse Cosmi, dal Perugia a Trapani: intervista tra calcio, politica e imitazioni, ilfattoquotidiano.it, 25 aprile 2015.
  8. Citato in Gabriella Mancini, Cosmi dj: "Si vince con la musica giusta", gazzetta.it, 1º maggio 2015.
  9. Citato in La lettera di mister Serse Cosmi a Felipe Sodinha, trapanicalcio.it, 9 gennaio 2016.
  10. Citato in Patrizio Cacciari, Intervista esclusiva a Serse Cosmi: «Vi racconto il calcio che vorrei», ilposticipo.it, 19 giugno 2016.
  11. Da un'intervista a la Repubblica; citato in Lorenzo Semino, Serse Cosmi guarda al passato: "Orgoglioso di aver allenato il Genoa", genoanews1893.it, 21 agosto 2016.
  12. Citato in Daniele Bovi, Da Cosmi a Ravanelli, a San Sisto in tanti rendono omaggio a Castagner: «Il più grande di tutti», umbria24.it, 20 febbraio 2023.

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