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Carlo Castellaneta

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Carlo Castellaneta (1930 – 2013), scrittore italiano.

Citazioni di Carlo Castellaneta

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  • La stampa ha fatto l'errore di dedicare a Bossi pagine e interviste che ci hanno sommerso da anni.[1]

Anni beati

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agosto 1957
Luna, o luna tu, luna caprese...
Non importava che una luna vera mancasse, in quelle notti, nel cielo spesso nuvoloso del Tigullio, perché la voce dei sassofoni la rendeva credibile lungo tutta la penisola, anzi da Capri veniva su fino a Paraggi, rimbalzava da qui alla riviera di Ponente, da un night all'altro, attraverso pinete che odoravano ancora di pino e scogli che sapevano di salso, di modo che anche Paola Villani, la cui foto era pubblicata da un settimanale tra le belle bagnanti di quei giorni, poteva illudersi di vederla, quella luna da canzonetta, correndo con le chiome al vento su una spider Triumph di colore bianco che raschia a ogni curva le gomme, in una fuga di fuoriserie che tornavano da Portofino, con ragazze appese alle portiere come su carri di carnevale, cantare luna caprese con la testa appoggiata alla spalla del pilota, durante una di quelle notti d'estate che sembrava non avessero mai fine.

Citazioni

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  • Era distesa al sole e lui la toccava.
    Poteva contemplare il modo in cui la sua mano si muoveva, con amorevole lentezza e infinita meraviglia, accarezzare il ginocchio e poi risalire, prendendo nota di ogni centimetro di pelle, di come il suo corpo esplodesse in piena luce; poteva soffermarsi a considerare la solidità dell'anca, la convessità del bacino, poi ridiscendere con assoluta naturalezza fino a inanellare di riccioli le sue dita, appropriandosi sempre più di lei, o meglio della coscienza di quel privilegio, dal momento che a tratti gli pareva ovvio ciò che gli veniva concesso, ma senza riuscirvi pienamente.
    Paola lasciava fare, immobile, beandosi di quel sole, indifferente a quelle carezze che subiva ad occhi chiusi.
  • Nel bacio, in quell'unico irripetibile momento, l'aveva sentita contro, quasi alla sua stessa altezza. Ma anche quel pensiero, appena formulato, si rovesciava nel suo contrario. Se ne era stato conquistato, voleva dire che c'era in lei un segno di seduzione così prepotente da giustificare qualunque cosa potesse succedere. Rendeva legittimo, se non il possesso, almeno il desiderio di averla. E che lui l'amasse sembrava ai suoi stessi occhi un privilegio offertogli dal destino, una sorte senza scampo a cui non era giusto ribellarsi. Semmai erano proprio quelle imperfezioni, che Claudio sentiva di amare maggiormente, non avendo altro fine che renderla più terrena e accessibile, mostrarla meno divina, essendo egli incapace di definire in altro modo la natura di quel fascino.

Notti e nebbie

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Forse cinquanta, cento metri. In fondo al budello di San Carpoforo, all'angolo con via mercato, il tedesco fa segno che non si passa. Ce ne sono altri, elmetto e fucile bracciarm, uno a ogni sbocco delle vie laterali. Una retata. Non vedo i camion, però. Un ufficiale attraversa la strada, lancia due colpi di fischietto. Stanno risalendo corso Garibaldi, rastrellando casa per casa, l'ortolana è venuta fuori di corsa con la spranga in mano per abbassare la saracinesca, sento ordini gridati in tedesco, dal Pontaccio vengono avanti tenendosi per mano una schiera di elmetti, devo mostrare il mio tesserino, domando se c'è stato un attentato, pare di no, è solo un rastrellamento di sorpresa, il cielo comincia a farsi scuro, dovranno sbrigarsi se non vogliono rischiare di lasciarsi sfuggire qualche pesce dalla rete, queste vecchie case, questi cortili di ringhiere nascondono facilmente disertori e ribelli, una donna con la borsa della spesa osa chiedere che succede ma il tedesco non sa rispondere, niente di strano, le spiego, una semplice operazione di polizia, controllo di documenti, non c'è da aver paura, peggio per chi non è in regola, mi ha fissato e si è allontanata diffidente, i tram erano stati fermati all'altezza di piazza del Carmine e la strada sgombra pareva un campo di battaglia, al centro l'auto dell'ufficiale tedesco messa di traverso, una motocarrozzina della gendarmeria sembrava facesse evoluzioni, frenava e ripartiva in grandi semicerchi, stavo per andarmene quando ho sentito il grido, all'angolo del Pontaccio, e poi urla, non si è capito cosa succedeva finché non si è visto un impermeabile, piccolo di statura, che correva a rompicollo rasente il muro, ha incrociato urtando la vecchia con la sporta, ho visto delle mele che rotolavano sui binari del 17, ora si allontanano anche i pochi curiosi, qualcuno se la da a gambe aumentando la confusione, il sidecar è partito all'inseguimento, urla tedesche e poi un colpo d'arma da fuoco.

Citazioni

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  • Eravamo finiti sul tappeto ai piedi del divano, e ancora resisteva, per un attimo ho avuto la sensazione d'essere vicino a una rivelazione, ma il suo volto era così acceso e straordinario, la sua bocca dischiusa nello sforzo di prender fiato, il corpo invitante di una sconosciuta posseduto con gli occhi all'alba, in quell'appartamentino popolare mentre il Fugazza saltava dai tetti, da non potermi chiedere grazia, anzi mi aiuta lei stessa a superare l'ultimo ostacolo, supina sul tappeto, ormai abbandonata, rassegnata a godere, felice di offrirsi come non s'è mai offerta, ti ha mai preso un uomo così? no, dice, nessuno; le braccia che di colpo mi rivendicano contro di sé; devi imparare ad obbedirgli quando ti cerca; sì, dice, imparerò; vergognosa di mostrarsi insanguinata alla luce del giorno, tutto il suo gran corpo sconfitto sotto di me, ormai sempre più partecipe, il campanello alla porta deve aver suonato, solo adesso lo sentiamo squillare di nuovo, limpidamente, mentre ci guardiamo sgomenti.
    «Cosa fai, non apri?»
    Un dito alle labbra mi fa segno di tacere, impudica scomposta incurante di come si mostra dopo avermi tanto resistito, una figura provocante che non avrei dimenticato, lo sguardo fisso all'anticamera nel timore di una chiave che sta girando nella serratura, strano che Pat non abbaiasse, deve averla lasciata in portineria prima di salire, un ultimo trillo del campanello le fa appena sbattere le ciglia, stringe con più forza la mano che era nella mia, finché un passo si allontana sul pianerottolo, rassegnato discende la scala. (p. 70-71)

La vita di Raffaele Gallo

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Se qualcosa che non vuol morire, dentro di noi si posa a qualcosa che sta per nascere, se malinconia e aneliti, struggimento e cupidigia si confondono, sono duri i momenti che ci aspettano. E non basta a illuderci il freddo pungente di un mattino di gennaio da affrontare con spavalderia, lungo il corso Buenos Aires, come Raffaele Gallo sta facendo con indosso il suo cappotto, la sciarpa di cachemire annodata sotto la gola, gli occhiali da sole, alta la testa a respirare il vento che vien dalle Grigne, in questa contrada fitta di passanti a ogni ora del giorno, la sua Riviera di Chiaia, unico possibile luogo lontano da Napoli dove inventarsi le giornate e trovarle accettabili, al punto da non saperne poi fare a meno di questa città e nemmeno di Porta Venezia, lui come tanti altri meridionali che fin dal primo dopoguerra si erano installati nel rione, eleggendolo a loro seconda patria.

Citazioni

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  • La prima regola di ogni predizione è che sia rassicurante. Questa è la vera funzione degli indovini: ridare fiducia in se stesso a chi l'ha perduta. (p. 168)

Incipit di Progetti di allegria

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Aprimmo in maggio, un pomeriggio in cui gli altri chiudevano per l'avvicinarsi di una manifestazione: ogni volta che la porta si apriva sentivo il coro cadenzato degli slogan e un'altra saracinesca rotolava.

Note

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  1. Citato in Corriere della sera, 15 settembre 1996.

Bibliografia

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  • Carlo Castellaneta, Anni Beati, Rizzoli, 1982.
  • Carlo Castellaneta, Notti e nebbie, Rizzoli, 1984.
  • Carlo Castellaneta, Progetti di allegria, CDE, 1978.
  • Carlo Castellaneta, La vita di Raffaele Gallo, CDE, 1985.

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