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San Pietroburgo

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San Pietroburgo

Citazioni su San Pietroburgo e i pietroburghesi.

Citazioni

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  • A Leningrado alla fine di giugno splendevano ancora le chiare notti estive. Ricordo che dal Golfo di Finlandia veniva un vento teso e tanto rabbioso da poter immaginare che fosse lui ad impedire il sopraggiungere del buio notturno. Quasi una stessa luce accompagnava tutto il giro delle ventiquattro ore: soltanto verso le dieci di sera leggermente si attenuava, rimanendo immobile sino alle sei del mattino. Era una luce fredda, lontana, quasi innaturale; pareva quella d'un crepuscolo che si era dimenticato di cedere il passo alla notte o di un'alba che non permetteva al giorno di fiorire pienamente.
    Per quasi due mesi ogni anno, di giorno e di notte, una luce monotona batte sulle pietre e sulle acque di Leningrado; ed a me, in un momento di bizzarria, parve che fosse come quell'altra monotona e simbolica luce che sempre batte sui luoghi famosi di questa città. È un'unica luce, che deve per forza chiamarsi politica. Essa illumina allo stesso modo memorie antiche e recenti, le glorie dello zarismo e quelle della rivoluzione. In nessuna altra città sovietica si vedono tanti ricordi dell'epoca tramontata e tanti ricordi di come ebbe inizio l'epoca attuale così strettamente legati gli uni agli altri; così, direi, offerti su uno stesso piatto, sotto la medesima luce. (Enrico Emanuelli)
  • A Pietroburgo ci incontreremo di nuovo | come se vi avessimo sepolto il sole, | e una beata insensata parola | per la prima volta pronunceremo. || Nel nero velluto della notte sovietica, | nel velluto del vuoto universale, | cantano sempre i cari occhi di donne beate, | sempre fioriscono fiori immortali. (Osip Ėmil'evič Mandel'štam)
  • A San Pietroburgo | La neve cade | È Dio che piange | La Storia del mondo | Perle che cadono | Come se il sangue del cielo | Coprisse il secolo rosso | Con una bandiera bianca (Damien Saez)
  • Colpita da due guerre mondiali, teatro di tre rivoluzioni, di un assedio senza uguali nella storia contemporanea (purghe, fame, devastazioni, terrore), perde infatti lo status di capitale, i suoi uomini migliori, il denaro, il potere e la gloria... Verso la metà del Novecento il mito di Pietroburgo era ormai tramontato. Della sua esistenza si poteva parlare in termini ipotetici, come se davvero si trattasse di una qualche leggendaria Atlantide. (Solomon Moiseevič Volkov)
  • Così a Leningrado, per contrasto, tutto appare più raffinato, le donne più eleganti, la lingua che si parla più pura. Forse anche a causa dello stile dell'edilizia, restaurata a meraviglia dopo la guerra, si ha qui l'impressione di trovarsi in una vecchia città europea, simpatica, raffinata, di gran classe e, grazie al suo porto, sempre aperta alla vita internazionale. La campagna non l'ha sommersa, ma forse Leningrado, nonostante la sua periferia industriale, resta un po' estranea al grandioso fenomeno di rimpasto sociale, che offre altrove già l'immagine della Russia di domani e che dà incontestabilmente a Mosca il suo tono di capitale. (Fernand Braudel)
  • E ancor oggi, se andate in un piovoso tramonto d'autunno alla periferia di Leningrado, vi sembrerà di trovarvi la luce e le immagini delle strofe blokiane. Quel sentore palustre, quella natura malinconica e singhiozzante, quel gocciolìo che cancella i contorni degli uomini. (Angelo Maria Ripellino)
  • Esistono a Pietroburgo, Nasten'ka, alcuni strani cantucci, anche se voi non li conoscete. In quei luoghi sembra che non giunga quel sole che rifulge per tutti gli abitanti di Pietroburgo, ma un altro sole, come ordinato appositamente per quei cantucci, e risplende di una luce diversa, particolare. In quei cantucci, cara Nasten'ka, sembra svolgersi una vita diversa, non somigliante affatto a quella che ribolle intorno a noi, una vita come potrebbe svolgersi nel trentesimo regno di fiaba e non da noi, nella nostra epoca così seria e così dura. Ecco, questa vita è un miscuglio di elementi puramente fantastici, ardentemente ideali e, ahimé, Nasten'ka, di elementi banalmente prosaici e abitudinari, per non dire inverosimilmente volgari. (Fëdor Dostoevskij)
  • La Russia è già Europa. San Pietroburgo può dirsi una delle città italiane più belle, se i suoi palazzi più importanti li hanno progettati Rastrelli, Quarenghi e Rossi. (Valerij Abisalovič Gergiev)
  • Le "notti bianche di Pietroburgo" così care ai nostri cuori di nordici!... La strana luce, una luce simile a nessun'altra, che dura l'intera notte: fredda, senz'ombre. Una luce che nell'indescrivibile silenzio notturno tutto pervade e incanta, in un mondo di bellezza fatata. I profili dei bellissimi edifici di Pietroburgo, come i palazzi della Nevà e la Fortezza dei Santi Pietro e Paolo, parevano la scenografia di un racconto di fate. Quelle notti bianche così diverse da essere l'antitesi delle notti del sud, profonde, vellutate, dalle stelle scintillanti, notti così oscure e calde! Notti bianche e notti oscure, ugualmente care al mio ricordo... (Varvàra Dolgorouki)
  • Quello che trovai a San Pietroburgo, seconda città più grande della Russia, fu uno Stato dentro lo Stato. Un posto dove il KGB [...] dominava in modo assoluto. I politici e i giornalisti locali ritenevano che i loro telefoni fossero sotto controllo, e pareva che avessero ragione. Un posto dove gli assassinii di personaggi della politica e degli affari erano avvenimenti correnti. Dove affari finiti male potevano facilmente lasciare qualcuno in prigione. In altre parole era molto simile a quello che sarebbe diventato l'intero paese nel giro di pochi anni, quando la Russia sarebbe stata guidata dalla gente che governava San Pietroburgo negli anni Novanta. [...] Per tutti gli anni Novanta, mentre giovani come me si davano da fare per costruirsi delle nuove vite in un nuovo paese, esisteva un mondo parallelo proprio accanto al nostro. San Pietroburgo aveva perfezionato e mantenuto molte delle fondamentali caratteristiche dello Stato sovietico: un sistema di governo che lavorava per eliminare i suoi nemici; un sistema paranoico, chiuso che teneva ogni cosa sotto controllo ed eliminava qualsiasi cosa non riuscisse a controllare. (Maša Gessen)
  • San Pietroburgo era tutto questo esattamente: un riflesso in uno specchio appannato, un miscuglio eteroclito di oggetti usati in maniera strampalata, di cose che indietreggiano più rapidamente che non avanzino, delle pallide notti grigie invece delle notti nere ordinarie. (Vladimir Vladimirovič Nabokov)
  • Se San Pietroburgo non fosse esistita, avrei inventato io questa città che sonnecchia sul fiume, come uno stato d’animo che mi corrisponde per sempre. (Jan Brokken)
  • Se una barca ci passava accanto con i suoi toni reali, i suoi alberi color salmone e i suoi dettagli nettamente stagliati, sembrava, in quell'azzurro d'elisio, un pallone fluttuante nell'aria; impossibile sognare nulla di più fiabesco di quell'infinito luminoso!
    In fondo emergeva lentamente, tra l'acqua lattiginosa e il cielo madreperlaceo, cinto dalla sua corona murale merlata di torricelle, il magnifico profilo di San Pietroburgo, i cui toni d'ametista separavano con una linea di demarcazione quelle due pallide immensità. L'oro scintillava in pagliuzze e aghi su quel diadema, il più ricco, il più bello che abbia mai portato la fronte d'una città. [...] Nulla era più splendido di quella città d'oro sull'orizzonte d'argento, dove la sera aveva i biancori dell'alba. (Théophile Gautier)
  • Sì! è lei, la nostra Palmira del nord! Tutt'attorno è possibile vedere ogni cosa, tutto è nitido, atrocemente nitido e chiaro, tutto è immerso in un triste sonno, stranamente accatastato e in risalto in quell'aria torbida e diafana. Il rossore del crepuscolo serale, un rossore febbrile, non è ancora scomparso e da quel cielo bianco e senza stelle non scomparirà fino al mattino, le sue lingue rosee si adagiano sulla superficie della Neva morbida come seta e il fiume sussurra leggermente e leggermente dondola, affrettando alla foce le sue fredde e azzurre acque... (Ivan Sergeevič Turgenev)
  • T'amo, o città di Pietro, o creatura | armoniosa, amo le tue severe | forme, del fiume il corso maestoso; | amo il granito delle tue riviere, | dei tuoi cancelli bronzei la fattura | elegante, e il crepuscolo pensoso | delle tue notti illuni trasparenti. (Aleksandr Sergeevič Puškin)
  • Un nugolo di ingegneri, architetti, pittori, artigiani, musicisti, maestri cantori e governanti si abbatté su un paese avido di apprendere e deciso a sopportare tutto per raggiungere lo scopo prefisso. Gli edifici di San Pietroburgo, dove, piccolo particolare significativo, si conserva, ancora intatta, la biblioteca di Voltaire e più ancora l'incredibile massa di corrispondenza e di pubblicazioni in lingua francese ammucchiate nei pubblici archivi, sono altrettante prove del grande cimento cui l'intelligencija russa si sottopose con entusiasmo in quel periodo. (Fernand Braudel)
  • Chi ha creato Pietroburgo? Non Pietro il Grande, non Elisabetta né Caterina: non gli architetti italiani. Un grande poeta romantico russo, una specie di Friedrich della Neva ha sognato il Sud, gli ha rubato qualche elemento, e poi l'ha trasformato in un delirio a occhi aperti, in un delirio di pietre e di neve e di verde e di celeste, e di luce radiosamente infinita.
  • Con che gioia si contemplano quei palazzi imperiali, quegli osservatori, quei conventi, quelle chiese creati per re, ma più leggeri di qualsiasi architettura regale! Il tenero azzurro, il tenero verde, il tenero rosso evocano la grazia di Napoli quando, quasi nello stesso periodo, nel cuore del diciottesimo secolo, costruiva sé stessa. Le cupolette d'oro russe, a Tzarskoe Selo, diventano un elegantissimo gioco, che la Russia rococò fa con sé stessa, prendendo a prestito e quasi irridendo un elemento sacro. I nobili palazzi neoclassici sanno di Grecia rivisitata, di squisite mondanità, di teatro, di quinte teatrali. Tra queste architetture abbiamo l'impressione che debba sciamare un corteo di maschere meridionali, Arlecchini e Colombine, guidati da qualche re della gioia.
  • Sopra tutte le cose splende una luce solare cristallina, sovrannaturale e radiosa, come nelle tele inglesi di Turner, scendendo da un cielo così immenso che nessuna galassia può contenerlo. Ascendiamo nello spazio, volteggiamo nello spazio. Non c'è più meta.
  • Il 27 maggio 2003 San Pietroburgo ha compiuto 300 anni. Mai una città così giovane è riuscita in così poco tempo a diventare una specie di museo all'aperto, un borgo in cui qualsiasi angolo è parte fondamentale della storia patria, un luogo tanto avvolto da miti e misteri. Mai una città ha cambiato tante volte il proprio nome e si è meritata le definizioni più originali.
    Magica è la zona dove il centro baltico è stato fondato nel maggio 1703: un'immensa palude lungo il corso della Nevà nel bel mezzo del Golfo di Finlandia. È proprio sulle rive di questo fiume che, nell'aprile 1242, Aleksandr Nevskij, sconfisse gli svedesi e i cavalieri teutonici in modo quasi miracoloso, fermando le invasioni straniere.
  • Le differenze di carattere con i moscoviti sono evidenti: i pietroburghesi sono più riservati e silenziosi, difficilmente danno del "tu" al loro interlocutore. La poetessa Anna Akhmatova ha scritto: «al mondo non c'è gente più dura di cuore, presuntuosa e semplice di noi». Sarà anche per la passata abitudine al potere ed ai cambiamenti più impensabili di questa città, che ha vissuto ben tre rivoluzioni e ha visto tre suoi zar assassinati, senza contare ministri e politici vari.
  • Quando si passeggia sulla Mojka sembra di essere ad Amsterdam, con i suoi edifici a strapiombo sul canale. Poi si scorgono le cupole a cipolla della "Chiesa del Salvatore sul sangue versato" sul canale Griboedov e si capisce di essersi sbagliati. L'Ammiragliato, la cattedrale di San Isacco, la fortezza di San Pietro e Paolo nonché le varie residenze imperiali e dell'aristocrazia fuori città lasciano nei visitatori impressioni uniche.
  • L'insieme degli edifici neoclassici sulle rive della Neva crea un sogno d'Eliso, ma è un Eliso a misura d'uomo.
  • Qui, sulle rive della Neva, è come se si sollevasse un velo, e si contemplasse per un momento il segreto dell'armonia delle cose, e si rimane sorpresi che la visione duri, e che un'avara dispensatrice non la sottragga un attimo dopo agli occhi abbagliati.

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