Soffocare (romanzo)

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Soffocare (Choke), romanzo di Chuck Palahniuk del 2002.

Voce principale: Chuck Palahniuk.

Incipit[modifica]

Se stai per metterti a leggere, evita.
Tra un paio di pagine vorrai essere da un'altra parte. Perciò lascia perdere. Vattene. Sparisci, finché sei ancora intero.
Salvati.
Ci sarà pure qualcosa di meglio alla TV. Oppure, se proprio hai del tempo da buttare, che so, potresti iscriverti a un corso serale. Diventare un dottore. Così magari riesci a tirare su due soldi. Ti regali una cena fuori. Ti tingi i capelli.
Tanto, ringiovanire non ringiovanisci.
Quello che succede qui all'inizio ti farà incazzare. E poi sarà sempre peggio.

Citazioni[modifica]

  • Sembrava che quel momento dovesse durare per sempre. Che bisognasse rischiare la vita per ottenere affetto. Che bisognasse arrivare a un pelo dalla morte perché qualcuno si decidesse a salvarti. (2020, p. 9)
  • Senza scherzi, la Mamma gli disse queste esatte parole: «L'arte non nasce mai dalla felicità.» (2020, p. 11)
  • Immaginati una persona che cresce tanto stupida da non sapere che la speranza non è che una delle tante fasi che prima o poi si superano. Che davvero ha pensato fosse possibile fare qualcosa, una cosa qualsiasi, che durasse per sempre. (2020, p. 13)
  • Perché a quanto si dice chi dimentica il passato è condannato a riviverlo.[1] (2020, p. 13)
  • La verità è che un figlio di madre single, sposato ci nasce. Non so, è come se finché tua madre non muore tutte le altre donne della tua vita possano essere soltanto delle amanti.
    Nella versione moderna della storia di Edipo è la madre che uccide il padre e si prende il figlio.
    E non è che puoi divorziare da tua madre.
    O ucciderla. (2020, p. 21)
  • Per un sessodipendente le tette, il cazzo, il clitoride o la lingua o il buco del culo sono una pera di eroina sempre lì, sempre pronta all'uso. Nico e io ci amiamo come un tossico ama la sua dose. (2020, p. 23)
  • Finché non trovi qualcosa per cui lottare ti accontenti di qualcosa contro cui lottare. (2020, p. 24)
  • Una cosa è certa: il peggiore dei pompini sarà sempre meglio, per dire, della più profumata delle rose… del più fantastico dei tramonti. Delle risate dei bambini.
    Io non credo che leggerò mai una poesia bella quanto uno di quegli orgasmi che ti mandano a fuoco, ti fanno venire i crampi al culo, ti inondano le budella.
    Dipingere un quadro, comporre un'opera, sono tutte cose che fai per riempire il tempo tra una scopata e l'altra. (2020, p. 24)
  • È questo il problema dei musei storici viventi. Tralasciano sempre le parti migliori. Come il tifo. E l'oppio. E le lettere scarlatte. Le messe al bando. I roghi di streghe. (2020, p. 33)
  • Ed è buffo come, quando qualcuno ti salva, la prima cosa che ti viene voglia di fare è salvare qualcuno a tua volta. Salvare gli altri. Tutti quanti. (2020, p. 42)
  • Poi accende la televisione e si mette a guardare una soap opera, avete presente, no? Gente vera che interpreta gente finta e con problemi inventati, a uso e consumo di gente vera che le guarda per dimenticare problemi veri. (2020, p. 43)
  • Se uno ti salva la vita poi ti ama per sempre. È come quella antica usanza cinese per cui se qualcuno ti salva la vita sarà responsabile di te per sempre. Come se da quel momento in poi tu fossi suo figlio. (2020, p. 51)
  • Soffocando, diventi una leggenda sul loro conto che queste persone alimenteranno e ripeteranno fino alla fine dei loro giorni. Crederanno di averti dato la vita. Potresti addirittura essere la buona azione di una vita, il ricordo che in punto di morte giustifica un'intera esistenza. (2020, p. 52)
  • La gente è pronta a fare i salti mortali se solo la fate sentire onnipotente. (2020, p. 52)
  • Esiste il contrario del déja vu. Lo chiamano jamais vu. È quando incontri le stesse persone o visiti gli stessi posti in continuazione, ma ogni volta è come fosse la prima. Tutti sono sconosciuti, sempre. Niente risulta mai familiare. (2020, p. 67)
  • «È patetico» dice Paige, «come non siamo capaci di convivere con ciò che non comprendiamo. Come ci limitiamo a negare l'esistenza di ciò che non sappiamo spiegare.» (2020, p. 85)
  • [...] l'umiliazione è vera umiliazione soltanto quando si sceglie di soffrire. (2020, p. 91)
  • «Lamentarsi non significa creare qualcosa» dice la voce fuoricampo di mia madre. «Ribellarsi non significa ricostruire. Sbeffeggiare le cose non significa cambiarle...» E la voce nell'altoparlante si allontana.
    Sul monitor compare la sala ricreazione, la donna con la testa china sul puzzle.
    E io giro la manopola, passando di numero in numero, alla ricerca.
    La sua voce rispunta sul numero cinque. «Sì, forse abbiamo fatto a pezzi il mondo» dice, «ma adesso non abbiamo idea di come ricostruirlo.» E la voce scompare, di nuovo.
    Sul monitor compaiono corridoi su corridoi, che si perdono nell'oscurità.
    La voce rispunta sul numero sette. «La mia generazione ha sempre ridicolizzato tutto quanto, ma il mondo non è migliorato di tanto così» dice. «Abbiamo passato tanto di quel tempo a giudicare quello che avevano creato gli altri che, alla fine, di nostro abbiamo creato ben poco.» (2020, pp. 105-106)
  • Per tutta la vita mia madre mi ha trattato più da ostaggio che da figlio. Da cavia per i suoi esperimenti sociologici e politici. Un topolino da laboratorio. Ora lei è mia, e non se la caverà morendo, oppure guarendo. Io voglio soltanto qualcuno da salvare. Voglio una persona che abbia bisogno di me. Che senza di me non possa vivere. Voglio essere un eroe, ma non una volta sola. Voglio essere il salvatore di qualcuno, anche se questo significa mantenerlo invalido. (2020, p. 111)
  • Se un giorno gli uomini impareranno a partorire allora sì che si potrà cominciare a parlare di parità fra i sessi. (2020, p. 112)
  • I bambini delle elementari che vengono in gita qui si divertono un sacco a visitare il pollaio e guardare le uova che si dischiudono. Eppure, una gallina normale non è interessante quanto, per dire, una gallina con un occhio solo o una gallina senza collo o con una zampa rattrappita e paralitica, perciò i bambini le uova le scuotono. Le scuotono forte, dopodiché le rimettono a posto.
    E se poi i pulcini nascono deformi o pazzi, è per scopi educativi.
    I più fortunati sono quelli che nascono morti. (2020, p. 114)
  • Le dipendenze, disse, sono solo uno dei tanti modi per curare lo stesso problema. Le droghe, la bulimia, l'alcol, il sesso, sono strumenti per trovare un po' di pace. Per sfuggire a ciò che conosciamo. A quello che ci insegnano. Al nostro boccone di mela. (2020, p. 141)
  • Le leggi che ci permettono di vivere sicuri sono le stesse che ci condannano alla noia. Se non possiamo accedere al caos autentico, non avremo mai autentica pace. Se le cose non hanno la possibilità di peggiorare, non miglioreranno. (2020, p. 149)
  • L'irreale è più potente del reale.
    Perché la realtà non arriva mai al grado di perfezione cui può spingersi l'immaginazione. (2020, p. 149)
  • «Lascia perdere il tessuto fetale. Lascia perdere il risentimento contro le donne forti.» Le dico: «Vuoi sapere il vero motivo per cui non ti scopo?»
    Abbottonandomi le braghe corte le ho detto: «La verità è che forse vorrei solo volerti bene».
    E con entrambe le mani sulla testa, sistemandosi il cervello nero di capelli, Paige ha detto: «Forse il sesso e l'affetto non si escludono a vicenda».
    E io ho riso. Con le mani che annodavano il fazzoletto da collo le ho detto: sì, invece. Sì che si escludono a vicenda. (2020, p. 155)
  • A Denny dico, testuali parole, gli dico: «Le donne non vogliono la parità dei diritti. Hanno molto più potere se vestono i panni delle oppresse. Gli uomini devono essere i nemici che tramano contro di loro. È il pilastro sul quale poggia la loro identità». (2020, p. 190)
  • Leeza, Leeza con le sue tre ore di libera uscita, si aggrappa allo scatolone di carta igienica e tossisce, colpi secchi, e con le mani sento i suoi addominali farsi di marmo a spasmi, gonfiarsi sotto le mie dita. I muscoli del suo pavimento pelvico, i muscoli pubococcigei, i cosiddetti muscoli PC, si contraggono, e la morsa che mi risucchia l'uccello è pazzesca. (2020, p. 196)
  • Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa.
    Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca. (2020, p. 199)
  • [Entrando nella Casa di riposo della madre] Appena supero le porte di sicurezza, comincia la lenta processione di vecchie pazze, le tante Irma, Laverne, Violete e Olive che mi vengono incontro con i loro deambulatori e le loro sedie a rotelle. Le spogliarelliste croniche. Le nonne buttate via e gli scoiattoli con le tasche piene di cibo masticato, quelle che hanno dimenticato come si fa a deglutire, quelle coi polmoni pieni di cibo e d'acqua. (2020, p. 209)
  • L'amore è una stronzata. Le emozioni sono una stronzata. Io ho un cuore di pietra. Sono uno stronzo. Sono un pezzo di merda egoista, e ne vado fiero. (2020, p. 211)
  • Guardo la fiamma che danzando si avvicina all'orecchio di Denny, e dico: «Se Gesù ci avesse messo anni per mettere a punto la faccenda dei pani e dei pesci? Insomma, quello che ha fatto con Lazzaro avrà pur richiesto un minimo di preparazione, no?» (2020, p. 219)
  • E dico: «Tu perché lo fai?»
    E lei dice: «Cosa?»
    Tutto questo.
    E Tracy sorride.
    La gente che lascia le porte aperte non ne può più di parlare del tempo. Non ne può più della sicurezza. È gente che ha ristrutturato troppe case. Gente abbronzata che ha dato un taglio alle sigarette, allo zucchero bianco, al sale, ai grassi e alla carne rossa. Gente che ha visto i propri genitori lavorare e studiare per una vita, e alla fine perdere tutto. Spendere tutto per sopravvivere con un sondino nasogastrico. Dimenticarsi persino come si fa a masticare e deglutire.
    «Mio padre faceva il medico» dice Tracy. «Adesso non ricorda nemmeno più come si chiama.»
    Questi uomini e queste donne che lasciano le porte dei bagni aperte sanno che una casa più grande non è la soluzione. Che un compagno più attraente, più soldi e una pelle più liscia non sono la soluzione.
    «Ogni cosa in più che possiedi» dice «è solo l'ennesima cosa che un giorno perderai.»
    La soluzione è che non c'è soluzione. (2020, pp. 234-235)
  • «La verità è che a me non interessa sapere perché faccio sesso con chi capita. Lo faccio e basta» dice [Tracy], «perché appena uno trova una buona ragione per farle, le cose perdono il loro fascino.» (2020, p. 236)
  • Perché la propria fine bisogna progettarsela.
    Perché una volta oltrepassato un limite, è impossibile fermarsi.
    E non c'è via di fuga, per chi vive in fuga. Distraendosi. Evitando lo scontro. Aspettando che passi. Masturbandosi. Negando. (2020, p. 255)
  • Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi. Stinchi di santo o sessodipendenti. Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi.
    A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro.
    Oppure possiamo scegliere da noi.
    E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito. (2020, p. 264)

Explicit[modifica]

E dopo tanto correre di qua e di là, eccoci qui: nel cuore del nulla e della notte.
E forse saperlo serve a poco.
Qui, in mezzo alle rovine e al buio, quello che stiamo costruendo potrebbe essere qualsiasi cosa.

Note[modifica]

  1. Cfr. George Santayana: «Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo».

Bibliografia[modifica]

  • Chuck Palahniuk, Soffocare (Choke, 2001), traduzione di Matteo Colombo, Mondadori, Milano 2020. ISBN 9788804710172

Voci correlate[modifica]

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