Denis Diderot

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Denis Diderot

Denis Diderot (1713 – 1784), filosofo e scrittore francese.

Citazioni di Denis Diderot[modifica]

  • Andiamo, amico mio. Smettiamola di fare gli importanti. Siamo nella natura. Ci stiamo a volte bene, altre volte male. Sappiate che coloro che lodano la natura per aver tap-pezzato la terra di verde in primavera, colore amico dei nostri occhi, sono degli impertinenti che dimenticano che tale natura, nella quale vogliono trovare la beneficenza in tutto e per tutto, stende in inverno sulle nostre campagne una coperta bianca che ferisce i nostri occhi, ci fa girare la testa e ci fa rischiare di morire assiderati. La natura è buona e bella quando ci favorisce. È brutta e cattiva, quando ci affligge. È ai nostri propri sforzi che essa deve spesso una parte del suo fascino...[1]
  • C'è chi muore oscuro perché non ha avuto un diverso teatro.[2]
Tel meurt obscur, à qui il n'a manqué qu'un autre théâtre.
  • [Sulla Russia] Colosso dai piedi di creta.[3]
C'est un colosse aux pieds d'argile.
  • Che cos'è l'animale? È una questione di fronte alla quale si è tanto più imbarazzati quante più nozioni si hanno di filosofia e di storia naturale. Se si esaminano tutte le proprietà conosciute dell'animale, non se ne troverà alcuna che appartenga a tutti gli esseri cui siamo obbligati a dare questa qualifica, o sia assente da quanti non possiamo chiamare con tal nome.[4]
  • Dal fanatismo alla barbarie c'è solo un passo.[5][6]
  • Diffidate di chi viene a mettere ordine.[7]
  • È facile criticare giustamente; e difficile eseguire anche mediocremente.[8]
  • Fare il proprio dovere più o meno come si deve; dire sempre del bene del Signor Priore; e lasciar andare il mondo a sua fantasia.[9]
  • Forse occorre una forza d'animo ancor più grande per resistere alla solitudine che alla miseria; la miseria avvilisce, la clausura deprava. È forse meglio vivere nell'abiezione che nella follia. Non sarei in grado di decidere; ma bisogna evitare l'una e l'altra.[10]
  • [Su Caterina II di Russia] Ha l'anima di Bruto e il fascino di Cleopatra.[11]
  • Ho visto [David] Garrick sporgere il capo fra i battenti di una porta, e nell'intervallo di quattro o cinque secondi fare con un giuoco di muscoli facciali i passaggi successivi dalla gioia folle alla moderata, alla tranquillità, alla sorpresa, alla stupefazione, alla tristezza, all'abbattimento, al terrore, all'orrore, alla disperazione, e risalire da quest'ultima alla prima, da cui era partito. Forse che la sua anima ha potuto provare tutte quelle sensazioni ed eseguire d'accordo col suo viso quella specie di gamma? Come non lo credo io, voi non lo crederete.[12]
  • Ho visto spesso un attore [comédien] ridere fuori dalla scena; non ricordo di averne mai visto uno piangere.[13]
  • Il buono vive in società, il malvagio da solo.[14]
  • Il Dio dei Cristiani è un padre che fa gran caso dei suoi pomi e ben poco dei suoi figli.[15]
  • Il filosofo parla molto male del prete; il prete parla molto male del filosofo; ma il filosofo non ha mai ammazzato nessun prete, e il prete ha ammazzato molti filosofi; ma il filosofo non ha mai ammazzato nessun re, e il prete ne ha ammazzati parecchi.[16]
  • Il mondo ha un bell'invecchiare, non cambia mai; può darsi che l'individuo si perfezioni, ma l'insieme del genere umano non muta né in meglio né in peggio.[17]
  • L'ignoranza è meno lontana dalla verità del pregiudizio.[18]
  • L'occhio e l'ala di farfalla bastano per annientare un ateo.[19]
  • La cosa peggiore è la postura forzata a cui ci costringe il bisogno. L'uomo bisognoso non cammina come gli altri: salta, striscia, si attorciglia, si trascina, passa la vita a prendere e a eseguire delle posizioni.[20]
  • La superstizione immagina le cose più stravaganti e grossolane, piuttosto che restare in riposo.[21][6]
  • Nessun uomo ha avuto dalla natura il diritto di comandare sugli altri. La libertà è un dono del cielo e ogni individuo della stessa specie ha il diritto di fruirne non appena è dotato di ragione. [...] Il potere acquistato con la violenza è mera usurpazione e dura solo finché la forza di chi comanda prevale su quella di coloro che obbediscono; sicché, se questi ultimi diventano a loro volta i più forti e si scrollano di dosso il giogo, lo fanno con altrettanto diritto e giustizia di chi l'aveva loro imposto. La stessa legge che ha fondato l'autorità la distrugge; è la legge del più forte.[22]
  • Non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene.[23][6]
  • Non c'è che una sola passione, quella d'essere felici.[24]
  • Non esiste in natura un atomo che sia rigorosamente simile ad un altro. E tutto in natura è connesso, senza che sia possibile un vuoto nella catena. Che cosa sono dunque gli individui? Essi non esistono affatto. C'è un solo grande individuo, ed è il tutto. [...] Dall'elefante alla pulce, e dalla pulce alla molecola sensibile e vivente, che costituisce l'origine di ogni cosa, non c'è un punto in tutta la natura che non soffra o non goda.[25]
  • Per giudicare rettamente di una produzione artistica, non bisogna riferirsi a un'altra produzione artistica.[26][6]
  • Quasi sempre ciò che nuoce alla bellezza morale raddoppia la bellezza poetica. Con la virtù si fanno soltanto quadri tranquilli e freddi; sono la passione e il vizio quelli che animano le composizioni del pittore, del poeta, del musicista.[27][6]
  • Quando si scrive delle donne, bisogna intingere la penna nell'arcobaleno e asciugare la pagina con la polvere delle ali delle farfalle.
Quand on écrit des femmes, il faut tremper sa plume dans l'arc-en-ciel et jeter sur sa ligne la poussière des ailes du papillon.[28]
  • Se la ragione ci è stata donata dal Cielo, proprio come la fede, allora il Cielo ci ha offerto due doni incompatibili e contraddittorî.[29]
  • Se un misantropo si fosse proposto di fare l'infelicità del genere umano, che avrebbe potuto inventare di meglio che la credenza in un essere incomprensibile, sul quale gli uomini non avrebbero potuto mai mettersi d'accordo e al quale avrebbero attribuito maggior importanza che alla loro stessa vita?[30]
  • Seneca si occupa, lettera 25, dei pericoli della solitudine: se l'uomo si ritira nella foresta per vanità o per misantropia, se vi porta un animo pieno di fiele, non tarderà a divenire una bestia feroce: si farà consigliare solo da un malvagio che porterà a termine il suo pervertimento.
    Un uomo simile si crede saggio, mentre in lui sonnecchia la follia.[31]
  • Si dice che il desiderio nasca dalla volontà; è il contrario: è dal desiderio che nasce la volontà.[32]
  • Si dice che l'amore toglie lo spirito a chi ne ha, e lo conferisce a quelli che non ne hanno, in altre parole, che rende gli uni sensibili e sciocchi, e gli altri freddi e intraprendenti.[33]
  • [Su Ipazia] Tutte le conoscenze accessibili allo spirito umano, riunite in questa donna dall'eloquenza incantatrice, ne fecero un fenomeno sorprendente, e non dico tanto per il popolo, che si meraviglia di tutto, quanto per i filosofi stessi, che è difficile stupire.[34]
  • [...] valorosi americani, che hanno preferito vedere oltraggiare le loro donne, trucidare i loro figli, distruggere le loro case, devastare i loro campi, incendiare le loro città, e che hanno preferito versare il loro sangue e morire, piuttosto di perdere la minima parte della loro libertà.[35]

Interpretazione della natura[modifica]

  • Finché le cose rimangono esclusivamente nel nostro intelletto, sono nostre opinioni, sono nozioni che possono esser vere o false, accettate o contraddette. Esse acquisiscono consistenza soltanto legandosi agli enti esterni. Questo legame si realizza attraverso una serie ininterrotta di esperienze, oppure attraverso una catena ininterrotta di ragionamenti, la quale dipende in parte dall'osservazione e in parte dall'esperienza.[36]
  • Lascerò che i pensieri si succedano sotto la mia penna secondo lo stesso ordine in cui si offrono alla mia riflessione, perché potranno meglio rappresentare i movimenti e l'andamento del mio spirito.[37]
  • Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L'un compito è proprio del genio che crea, l'altro della perspicacia che perfeziona.[38]
  • Un'ipotesi non è un fatto.

Jacques il fatalista[modifica]

Incipit[modifica]

Fruttero & Lucentini[modifica]

Come s'erano incontrati? Per caso, come tutti. Come si chiamavano? E che importanza ha?[39]

Paolo Quintili[modifica]

Come s'erano incontrati? Per caso, come tutti. Come si chiamavano? Cosa v'importa? Da dove venivano? Dal luogo più vicino. Dove andavano? Sappiamo forse dove andiamo? Che cosa dicevano? Il padrone non diceva nulla e Jacques diceva che il suo capitano diceva che tutto quello che ci accade di buono o di cattivo, quaggiù, era scritto lassù.

Citazioni[modifica]

  • Il mio capitano credeva che la prudenza è una congettura secondo la quale l'esperienza ci autorizza a considerare le circostanze in cui ci troviamo come cause di certi effetti, da sperare o da temere, per l'avvenire. (Jacques: p. 2329)
  • Se non si dice quasi niente, a questo mondo, che sia ascoltato come lo si dice, c'è di molto peggio, e cioè che non si fa quasi niente che sia giudicato come si lo è fatto. (Jacques: p. 2369)
  • I duelli si ripetono nella società sotto ogni tipo di forma, tra i preti, tra i magistrati, tra i letterati, tra i filosofi; ogni ceto ha la sua lancia e i suoi cavalieri, e le nostre più rispettabili, più divertenti assemblee, sono solo dei piccoli tornei in cui talvolta si portano le livree dell'amore in fondo al cuore, se non sulla spalla. Più spettatori ci sono, più la giostra è viva; la presenza di donne vi mette calore e ostinazione in misura estrema e la vergogna di aver dovuto cedere dinanzi a loro non si dimentica mai. (p. 2383)
  • Un buon narratore è un uomo raro. (il padrone: p. 2473)

Pensieri filosofici[modifica]

Scrivo su Dio; conto su pochi Lettori e non aspiro a molti suffragi. Se questi pensieri non piacciono a nessuno, non potranno che essere cattivi; li considererei però detestabili, se piacessero a tutti. (1998, p. 27)

Incipit[modifica]

La litania contro le passioni non ha mai fine: sono loro imputate tutte le pene dell'uomo, mentre ci si dimentica ch'esse sono anche la fonte di ogni suo piacere.

Citazioni[modifica]

  • La sobrietà nelle passioni rende mediocri gli uomini. (II; 1998, p. 29)
  • V'è della gente di cui non bisogna dire che teme Iddio, ma che ne ha una... paura del diavolo! (VIII; 1998, p. 33)
  • Il pensiero che Dio non esista non ha mai terrorizzato nessuno; sì invece quello che ne esista uno, tal quale me l'hanno raffigurato. (IX; 1998, p. 33)
  • Pascal era un uomo retto, ma credulo e pauroso. Elegante scrittore e profondo ragionatore avrebbe indubbiamente rischiarato l'universo, se la Provvidenza non l'avesse abbandonato a gente che sacrificò i suoi talenti ai loro odi. Quanto sarebbe stato auspicabile che avesse lasciato ai teologi del suo tempo di esaurire le loro polemiche, che si fosse dedicato alla ricerca della verità, senza riserve e senza timore di offendere Dio servendosi della straordinaria intelligenza che aveva ricevuto e, soprattutto, che avesse rifiutato di prendere per maestri uomini indegni di essere suoi discepoli. Gli si può applicare quanto l'ingegnoso la Mothe diceva di La Fontaine, di essere stato così stupido da credere che Arnauld, de Sacy e Nicole valessero più di lui. (XIV; 1998, p. 37)
  • Un giorno fu chiesto a qualcuno se credeva che esistessero dei veri atei. Rispose: perché? voi credete che esistano dei veri cristiani? (XVI; 1998, p. 39)
  • Lo scetticismo non s'attaglia a tutti quanti. Presuppone un esame profondo e disinteressato: colui che dubita, perché non conosce le ragioni di credibilità, è semplicemente un ignorante. (XXIV; 1998, p. 51)
  • Dannare un uomo a causa dei suoi ragionamenti fallaci è dimenticare che è uno sciocco, per trattarlo come un malvagio. (XXIX; 1998, p. 57)
  • Lo scetticismo è dunque il primo passo verso la verità. (XXXI; 1998, p. 59)
  • Si rischia egualmente sia a credere troppo, sia a credere troppo poco. (XXXIII; 1998, p. 59)

Trattato sul bello[modifica]

  • 7º I sostenitori del senso interno intendono per bello l'idea che certi oggetti suscitano nella nostra anima e per senso interno del bello la facoltà che abbiamo di accogliere questa idea; osservano che gli animali hanno delle facoltà simili ai nostri sensi esterni, e che anzi le hanno qualche volta superiori alle nostre; ma che non ce n'è nessuno che mostri quello che intendiamo per senso interno. Un essere, continuano, può dunque avere interamente la nostra medesima sensazione esterna, senza cogliere però le somiglianze e i rapporti tra gli oggetti; può anche discernere quelle somiglianze e quei rapporti senza sentirne un grande piacere; d'altra parte le pure e semplici idee della figura e delle forme, ecc., sono qualcosa di distinto dal piacere. Il piacere può trovarsi là dove le proporzioni non sono considerate né conosciute, e può mancare per quanta attenzione si rivolga all'ordine e alle proporzioni. Come chiameremo dunque questa facoltà che agisce in noi senza che sappiamo bene il perché? Senso interno.
    8º Questa denominazione è fondata sul rapporto tra la facoltà che essa designa e le altre facoltà. Tale rapporto consiste principalmente nel fatto che il piacere che ci fa provare il senso interno è differente dalla conoscenza dei princìpi. La conoscenza dei princìpi può accrescerlo o diminuirlo; ma questa conoscenza non si identifica con esso né è la sua causa. Questo senso dà un piacere necessario; poiché la bellezza e la bruttezza di un oggetto rimangono sempre le stesse per noi anche se abbiamo tutte le intenzioni di giudicare diversamente. Un oggetto sgradevole non ci può parere bello per il solo fatto che è utile; un bell'oggetto, anche se è nocivo, non per questo ci sembra brutto. Prometteteci il mondo intero in ricompensa per costringerci a trovare bella la bruttezza e brutta la bellezza; aggiungete al premio le più terribili minacce, voi non porterete nessun cambiamento alle nostre percezioni e al giudizio del senso interno: la nostra bocca potrà lodare o biasimare a vostro piacere; ma il senso interno rimarrà incorruttibile. (2001, pp. 18-20)
  • [...] basta un solo fatto per abbattere un sistema [...]. (Il bello assoluto secondo Hutcheson e i suoi seguaci; 2001, p. 34)
  • Bello è un termine che noi applichiamo a innumerevoli esseri; ma per quanta sia la differenza tra questi esseri, bisogna concludere o che noi facciamo una falsa applicazione del termine bello, o che in tutti questi esseri c'è una qualità di cui il termine bello è il segno.
    Questa qualità non può rientrare nel numero di quelle che costituiscono la loro differenza specifica; poiché in questo caso non ci sarebbe che un solo essere bello, o tutt'al più una sola specie bella di esseri.
    Ma fra le qualità comuni a tutti gli esseri che chiamiamo belli, quale sceglieremo per identificare la cosa di cui il termine bello è il segno? Quale? È evidente, mi sembra, che dovrà essere quella la cui presenza li rende tutti belli; la cui maggiore o minore intensità (se essa è suscettibile di maggiore o minore intensità) li rende più o meno belli; la cui assenza rende impossibile che siano belli; che non può cambiare natura senza che il bello cambi specie, e la cui qualità opposta renderebbe sgradevoli e brutti i più belli; in una parola, quella grazie alla quale la bellezza comincia, aumenta, varia all'infinito, declina e scompare. Ora, non c'è che la nozione di rapporti che abbia questa virtù.
    Chiamo dunque bello fuori di me tutto ciò che contiene in sé qualcosa che possa risvegliare nel mio intelletto l'idea di rapporti; e bello per me tutto ciò che risveglia quest'idea.
    Quando dico tutto, escludo però le qualità relative al gusto e all'odorato; benché queste qualità possano risvegliare in noi l'idea di rapporti, non si chiamano belli gli oggetti in cui esse risiedono, quando li si considera dal punto di vista di queste qualità. Diremo un cibo eccellente, un odore delizioso, ma non un bel cibo, un bell'odore. Dunque, quando diciamo questo è un bel pesce, questa è una bella rosa, consideriamo nella rosa e nel pesce qualità diverse da quelle relative ai sensi del gusto e dell'odorato.
    Se faccio distinzione tra tutto ciò che contiene in sé qualcosa che possa risvegliare nel mio intelletto l'idea di rapporti, e tutto ciò che risveglia questa idea, è perché bisogna ben distinguere le forme che sono negli oggetti dalla nozione che io ne ho. Il mio intelletto non mette nulla nelle cose e non ne toglie nulla. Che io pensi o non pensi alla facciata del Louvre, tutte le parti che la compongono hanno ugualmente questa o quella forma e questa o quella rispondenza tra loro: che ci siano degli uomini o meno, essa è bella ugualmente, ma soltanto per possibili esseri costituiti di corpo e di spirito come noi; poiché per altri essa potrebbe non essere né bellabrutta, o anzi essere brutta. Ne consegue che, benché non ci sia un bello assoluto, ci sono due specie di bello per noi, un bello reale e un bello percepito. (2001, pp. 39-41)
  • Le lingue le fa il popolo; al filosofo tocca scoprire l'origine delle cose; e ci sarebbe da stupirsi se i princìpi dell'uno non si trovassero spesso in contraddizione con la pratica dell'altro. (2001, p. 50)
  • Collocate la bellezza nella percezione dei rapporti, e avrete la storia dei suoi progressi dall'origine del mondo fino ad oggi; scegliete qualsiasi altra qualità come carattere distintivo del bello in generale, e subito la vostra nozione si troverà ad essere concentrata in un punto dello spazio e del tempo. (2001, p. 52)
  • Non ci sono forse due uomini sulla terra che percepiscano esattamente gli stessi rapporti in uno stesso oggetto, e che lo giudichino bello allo stesso grado; ma se ce ne fosse uno solo insensibile a rapporti di alcun genere, sarebbe un perfetto bruto; e se vi fosse insensibile solo in qualche ambito, questo fenomeno rivelerebbe in lui una qualche deficienza nell'economia animale; e basterebbe la condizione generale del resto della specie per tenerci sempre lontani dallo scetticismo. (Post equitem sedet atra cura; 2001, p. 61)

Incipit di alcune opere[modifica]

Il nipote di Rameau[modifica]

D'abitudine, che il tempo sia bello o brutto, verso le cinque del pomeriggio me ne vado a passeggiare al Palais Royal.[39]

La passeggiata dello scettico[modifica]

L'invidia non mi accuserà d'aver dissipato milioni dello Stato per andare in Perù a raccattare polvere d'oro, o a cercare martore e zibellini in Lapponia.[40]

La religiosa[modifica]

La risposta del signor marchese di Croismare, se mai me ne darà, mi fornirà le prime righe di questo scritto. Prima di scrivergli, ho voluto conoscerlo. È un uomo di mondo, si è distinto sotto le armi, è anziano, vedovo, ha una figlia e due figli ai quali vuole molto bene e dai quali è adorato. Di nobili natali, è uomo colto, intelligente, di umore gaio, con un gusto spiccato per le belle arti. È soprattutto una persona originale.

Note[modifica]

  1. Da Salon 1767, ne I Salons, p. 673-675.
  2. Da Les deux amis de Bourbonne.
  3. Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, pp. 337-338.
  4. Da Encyclopédie; citato in Ditadi 1994, p. 709.
  5. Da Saggio sul merito e la virtù.
  6. a b c d e Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  7. Citato in Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci, Feltrinelli, 2004, p. 73. ISBN 88-07-10368-0
  8. Da Discours sur la poésie dramatique; citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Ettore Barelli e Sergio Pennacchietti, BUR, 2013. ISBN 9788858654644.
  9. Da Il nipote di Rameau, in Opere filosofiche, romanzi e racconti, p. 2207.
  10. Da La religiosa.
  11. Citato in Caterina ingorda sovrana, la Repubblica, 20 luglio 1998.
  12. Da Paradosso sull'attor comico, traduzione di Alessandro Varaldo, Casa Editrice Sonzogno, Milano, 1909, p. 50.
  13. Da Paradosso sull'attore, p. 120.
  14. Citato in Indro Montanelli e Roberto Gervaso, L'Italia del Settecento, Rizzoli, 1971.
  15. Da Aggiunta ai pensieri filosofici, XVI. Citato in Giuliano Toraldo di Francia, Ex absurdo – Riflessioni di un fisico ottuagenario, Feltrinelli, Milano, 1997, p. 45.
  16. Da Osservazione sull'istruzione dell'imperatrice di Russia ai deputati per la elaborazione delle leggi, in Scritti politici, a cura di Furio Diaz, traduzione di Albina Maffioli Barsella, UTET, Torino, 1967, pp. 373-374.
  17. Da Avvertenza [al volume ottavo], in Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri ordinato da Diderot e d'Alembert, a cura di Paolo Casini, Laterza, Roma-Bari, 2019. ISBN 9788858137093
  18. Da Lettera sui sordi e muti a uso di coloro che sentono e parlano, in Opere filosofiche, romanzi e racconti, p. 309.
  19. Citato in Augustin Barruel, Memorie per servire alla storia del Giacobinismo, p. 31.
  20. Da Il nipote di Rameau, in Opere filosofiche, romanzi e racconti, p. 2293.
  21. Dall'Encyclopédie, articolo Aquila.
  22. Da Il pensiero politico dell'illuminismo, a cura di E. Tortarolo.
  23. Da Massime e pensieri.
  24. Da Elementi di fisiologia, in Opere filosofiche, romanzi e racconti, p. 1203.
  25. Da Sogno di d'Alembert; citato in Ditadi 1994, pp. 716-717.
  26. Da Discorso sulla poesia drammatica.
  27. Da Lettera a Sophie Volland.
  28. (FR) Da Sur les femmes (1772) in Œuvres complètes, ed. Assézat, volume II, p. 270.
  29. Dall'Aggiunta ai Pensieri filosofici, 1762.
  30. Da L'uomo e la morale, a cura di V. Barba, Edizioni Studio Tesi, 1991, p. 88.
  31. Da Saggio sui regni di Claudio e di Nerone, in Opere filosofiche, romanzi e racconti, p. 1453.
  32. Da Elementi di fisiologia, in Opere filosofiche, romanzi e racconti, p. 1203.
  33. Da Paradosso sull'attore, p. 106.
  34. Dall'Encyclopédie; citato in Silvia Ronchey, Ipazia: La vera storia, Rizzoli, Milano, 2010, p. 19. ISBN 978-88-17-04565-0
  35. Da Saggio sui regni di Claudio e di Nerone e sui costumi e gli scritti di Seneca (1782), traduzione di Secondo Carpanetto, Luciano Guerci, Sellerio, Palermo, 1987, lib. II, 5 74, pp. 327-28; citato in Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, 2005, p. 133.
  36. § 7, 1753.
  37. Da Pensieri sull'interpretazione della natura, § 1, in Opere filosofiche, romanzi e racconti, p. 407.
  38. Da Interpretazione della natura, a cura di P. Omodeo, Roma, Editori Riuniti, 1995, p. 36.
  39. a b Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.
  40. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Denis Diderot, I Salons. Edizione integrale con i Saggi sulla pittura e i Pensieri sparsi, a cura di Maddalena Mazzocut-Mis e Massimo Modica, con la collaborazione di Pietro Allia, Michele Bertolini, Lorenzo Lattanzi, Claudio Rozzoni, Adeline Thulard, Paola Vincenzi, Bompiani, Firenze-Milano, 2021. ISBN 9788858789247
  • Denis Diderot, Jacques il fatalista e il suo padrone, traduzione e cura di Paolo Quintili, in Opere filosofiche, romanzi e racconti, Bompiani, Milano, 2019. ISBN 9788858785140
  • Denis Diderot, La religiosa, traduzione di Antonio Di Giorgio, Bookking International, Classiques Francais, Parigi, 1993.
  • Denis Diderot, Opere filosofiche, romanzi e racconti, a cura di Paolo Quintili e Valentina Sperotto, traduzione di Paolo Quintili, Matteo Marcheschi, Eleonora Alfano, Valentina Sperotto, Bompiani, Milano, 2019. ISBN 9788858785140
  • Denis Diderot, Paradosso sull'attore, a cura di Andrea Tagliapietra e Valentina Sperotto, Inschibboleth Edizioni, Roma, 2022. ISBN 978-88-5529-256-6
  • Denis Diderot, Pensieri filosofici, a cura di Tomaso Cavallo, in Jacques e i suoi quaderni, n. 31, Pisa, 1998.
  • Denis Diderot, Trattato sul bello (Recherches philosophiques sur l'origine et la nature du beau, 1752), traduzione di Guido Neri, a cura di Miklos N. Varga, Abscondita, Milano, 2001. ISBN 8884160243
  • Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 2, Isonomia editrice, Este, 1994. ISBN 88-85944-12-4

Voci correlate[modifica]

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