Enzo Jannacci

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Enzo Jannacci nel 1986

Vincenzo Jannacci (1935 – 2013), cantautore, cabarettista, pianista, compositore, attore, sceneggiatore e medico italiano.

Citazioni di Enzo Jannacci[modifica]

  • Di me, una delle ultime volte che ci siamo visti, [Giorgio Gaber] disse a mio figlio Paolo: "Guarda che tuo padre quando era giovane era pazzo". Io guardai mio figlio e dissi a Giorgio: "Giorgio, io non ero pazzo, ero povero". Del resto si sa che i poveri e i pazzi sono sempre stati accomunati.[1]
  • Mi ricordo ancora piazzale Loreto e una donna che sparava alla testa di Mussolini appeso per i piedi. Spero di vederlo, anzi sono sicuro che lo vedrò ancora. Mio padre è morto per colpa dei fascisti, i fascisti non rompano.[2]
  • [Parlando di Giorgio Gaber] Non è stato facile cantare dischi insieme, malgrado la nostra sensibilità artistica fosse simile: io ho una voce meno baritonale della sua. E lui, ovviamente, con me faticava perché voleva fare tutto con precisione assoluta. Inoltre fingeva di non essere spiritoso. E io a dirgli Giorgio, tu sei spiritoso più di me, solo che vuoi farne a meno, lascia libero il tuo spirito di essere comico. Anche se con gli arrangiamenti di Battiato era difficile, in effetti![3]
Dall'intervista di Luigina Venturelli, «Su piazzale Loreto ho sbagliato. Ma questa destra...», l'Unità, 18 dicembre 2004, p. 13
  • Dovessi finire in galera, almeno portatemi le arance. Sarebbe davvero perfetto: Previti e Dell'Utri fuori, Jannacci dentro.
  • A provocazione rispondo, esagero con le parole e sbaglio, ma loro si vadano a ristudiare i libri di testo. Quella giornata è stata la conclusione della lotta di Liberazione nazionale ed ha segnato la nascita della nostra repubblica antifascista, io non la definirei una pagina vergognosa. [...] Certo non fu una bella immagine, ma i fascisti e i nazisti avevano tanto ecceduto in crudeltà verso la popolazione civile durante gli anni della dittatura, che nessuno se ne stupì. E loro dovrebbero saperlo che quando il popolo s'incazza sono dolori.
  • Sicuramente sono scemo, nel senso latino del termine: la mia intelligenza sta scemando con il passare degli anni, ma è un processo di invecchiamento che prima o poi colpisce tutti. Se però dicessi falsità o vendessi concetti gracili non si incazzerebbero così tanto. Si vede che ho beccato nel giusto. Se basta uno come me a scatenare tutta questa polemica, allora siamo ancora alla metastasi, nel senso che l'ideologia fascista non è stata per nulla archiviata.
  • [Sul premio alle madri antifasciste del Centro Sociale Leoncavallo] Il riconoscimento è giustamente andato all'associazione delle mamme antifasciste del centro sociale. La destra non si ricorda che quelle donne hanno visto uccidere dalla violenza politica due dei loro figli, Fausto e Iaio? Io sono un balordo e se me le chiedono non le mando certo a dire. Ma è la nostra stessa Costituzione a dirci che viviamo in un paese antifascista, non dovrebbe essere un reato invitare i fascisti a non rompere.
Dall'intervista di Giancarlo Dotto, "Sono pazzo? Certo, ma non scemo", Lastampa.it, 22 dicembre 2008
  • [Su Vittorio Gassman] Bravo a fare Shakespeare, ma troppo sarcastico. Si accaniva perché era più grosso, più alto, più bello... Era sempre un poco aguzzino... Mi diceva Jack Lemmon: il mio maestro è Alberto Sordi... Una volta a Vittorio gli ho tirato un bacile.
  • Mi ritrovo quasi sempre di buonumore. Mi sa che produco molta serotonina. Ho rischiato la depressione tanti anni fa... Quando sono malinconico sembro Claudio Baglioni, che per me è il più bravo di tutti... È un poeta nato, che consuma note, armonie, comunica cose di una bellezza straordinaria... Non lo sa neanche lui questo... In dieci parole sue trovi sei atmosfere poetiche. Questo modo di armonizzare che si mischia con la voce.
  • Vasco è stratosferico. Ultimamente non canta più. Prende le note fondamentali e parla dove c'è questo suono. Sembra che lo mangi e invece...
Dall'intervista di Fabio Cutri, Caso Eluana, parla l'ateo Jannacci: allucinante fermare le cure, Corriere.it, 6 febbraio 2009
  • [Alla domanda «Ma una volta che il cervello non reagisce più, l'attesa non rischia di essere inutile?»] Piano, piano... inutile? Cervello morto? Si usano queste espressioni troppo alla leggera. Se si trattasse di mio figlio basterebbe un solo battito delle ciglia a farmelo sentire vivo. Non sopporterei l'idea di non potergli più stare accanto.
  • Io da medico ragiono esattamente così: la vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa.
  • [Sulla legittimità dell'eutanasia] Sì, quando il paziente soffre terribilmente e la medicina non riesce più ad alleviare il dolore. Ma anche in quel caso non vorrei mai essere io a dover "staccare una spina": sono un vigliacco e confido nel fatto che ci siano medici più coraggiosi di me.
  • L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque.
  • Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l'alimentazione a un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale.
  • Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza.
  • Stare dove la vita è ridotta a un filo sottile è traumatico ma può insegnare parecchie cose a un dottore.

Citazioni tratte da canzoni[modifica]

Enzo Jannacci nel 1964

La Milano di Enzo Jannacci[modifica]

Etichetta: Jolly, 1964.

  • El purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu, | rincorreva già da tempo un bel sogno d'amore. | El purtava i scarp de tennis, el g'aveva du oeucc de bon, | l'era il prim a mena via, perché l'era un barbon. (da El purtava i scarp a tennis, n. 1)

Enzo Jannacci in teatro[modifica]

Etichetta: NR – Joker, 1965.

  • Veronica, se non mi sbaglio stavi in via Canonica. | Dicevi sempre: "voglio farmi monaca!" | ma intanto bestemmiavi contra i pré. | Ti ricordo ancora come un primo amore: | lacrime, rossore fingesti per me. (da Veronica[4], n. 7)
  • Come ti permetti prete sono un ex combattente... | Ho fatto la prima crociata e anche la terza... | La seconda no perché ero malato! (da Prete Liprando e il giudizio di Dio[5], n. 8)
  • No, io non ho visto niente | Non ho visto un accidente | Son venuto da Como per niente... (da Prete Liprando e il giudizio di Dio[5], n. 8)
  • Il primo furto non si scorda mai, | un vecchio ergastolano me l'ha detto, | si comincia quasi sempre dai pollai, | per fuggire con un pollo stretto al petto. (da Il primo furto non si scorda mai[5], n. 9)
  • C'è un fiore di campo che è nato in miniera | per soli pochi giorni lo stettero a guardar. | Di un pianto suo dolce sfiorì in una sera, | a nulla le nere mani valsero a salvar. (da Sfiorisci bel fiore, n. 10)

Sei minuti all'alba[modifica]

Etichetta: Jolly – Joker, 1966, prodotto da Nanni Ricordi.

  • Vott setember sunt scapà, hu finì de fa el suldà, | al paes mi sunt turnà, disertore m'han ciamà. | De sul treno caregà, n'altra volta sunt scapà, | in montagna sono andato, ma l'altr'er cui ribelli m'han ciapà. (da Sei minuti all'alba[6], n. 1)

Vengo anch'io. No, tu no[modifica]

Etichetta: ARC – RCA, 1968, prodotto da Nanni Ricordi.

  • E sempre allegri bisogna stare, | ché il nostro piangere fa male al re, | fa male al ricco e al cardinale, | diventan tristi se noi piangiam! (da Ho visto un re[5], n. 1)
  • Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale. | Vengo anch'io? No, tu no. | Per vedere come stanno le bestie feroci | e gridare "Aiuto, aiuto, è scappato il leone" | e vedere di nascosto l'effetto che fa. (da Vengo anch'io. No, tu no, n. 3)
  • Conobbe Alba, un Alba poco alba, | neppure mattiniera, anzi mulatta | che un giorno fuggi unico giorno in cui fu mattutina | per andare abitare città grande piena luci gioielli. (da Giovanni telegrafista[7], n. 4)

La mia gente[modifica]

Etichetta: ARC – RCA, 1970, prodotto da Nanni Ricordi.

  • Questo è un amore di contrabbando, | meglio star qui seduto a guardare il vino che butto giù. (da Mexico e nuvole[8], n. 12)
  • Mexico e nuvole, il tempo passa sull'America | il vento suona la sua armonica, | che voglia di piangere ho. | Mexico e nuvole, la faccia triste dell'America, | il vento insiste con l'armonica, | che voglia di piangere ho. (da Mexico e nuvole[8], n. 12)

Jannacci Enzo[modifica]

Etichetta: ARC – RCA, 1972, prodotto da Italo Greco e Paolo Dossena.

  • Sono un ragazzo padre, chiedo la carità, | io sono un peccatore per questa società, | sono un ragazzo padre, non so più dove andare, | ho chiesto anche in comune, non mi lasciano entrare. | Ho chiesto anche a mio figlio, e mi ha detto: vai! | Sei un ragazzo padre, chiedi la carità (da Ragazzo padre, n. 9)

Quelli che...[modifica]

Etichetta: Ultima spiaggia, 1975, prodotto da Nanni Ricordi.

  • Quelli che votano scheda bianca per non sporcare. (da Quelli che...[9], n. 2)
  • Quelli che quando perde l'Inter o il Milan dicono che in fondo è una partita di calcio e poi vanno a casa e picchiano i figli, oh yeh! (da Quelli che...[9], n. 2)
  • Quelli che con una dormita passa tutto, anche il cancro. (da Quelli che...[9], n. 2)
  • Quelli che fanno l'amore in piedi convinti di essere in un piedaterre. (da Quelli che...[9], n. 2)
  • Quelli che credono che Gesù bambino sia Babbo Natale da giovane, oh yeh! | Quelli che la notte di Natale scappano con l'amante dopo aver rubato il panettone ai bambini, oh yeh... Intesi come figli, oh yeh! (da Quelli che...[9], n. 2)
  • Quelli che non hanno mai avuto un incidente mortale. (da Quelli che...[9], n. 2)
  • Quelli che "l'ha detto il telegiornale". (da Quelli che...[9], n. 2)

Foto ricordo[modifica]

Etichetta: Ultima spiaggia, 1979, prodotto da Nanni Ricordi.

  • Oh, quanta strada nei miei sandali, | quanta ne avrà fatta Bartali, | quel naso triste come una salita, | quegli occhi allegri da italiano in gita, | e i francesi ci rispettano, | che le balle ancora gli girano, | e tu mi fai – dobbiamo andare al cine – | e vai al cine, vacci tu! (da Bartali[10], n. 7)

Ci vuole orecchio[modifica]

Etichetta: Dischi Ricordi, 1980.

  • E mi vieni incontro | con un ombrello | che non è quello | che ti ho regalato io. | Anche da lontano si vede, | anche da lontano si vede, | anche da lontano si vede | che non mi vuoi più bene. (da Si vede, n. 7)
  • Diceva di volere l'amore | ma finì contro il muro | e la vita finì. (da Il dritto, n. 8)

Parlare con i limoni[modifica]

Etichetta: DDD, 1987.

  • Una storia troppo bella, | una vita da balilla per volerti bene, | un telefono che suona, come dire | ti perdono ma, ma non è più | amore; Quattro passi in riva al mare, | quattro frasi senza dire che | il treno è là: come è triste quel lamento, | come anche il vento mentre questa vita va. (da Due gelati, n. 2)

Come gli aeroplani[modifica]

Etichetta: Ala Bianca, 2001, prodotto da Paolo Jannacci.

  • Come te che fai schifo e non lo sai, | mentre inneschi il mercato globale | al posto dell'altruismo, per l'umiliazione della mia gente. (da Come gli aeroplani[11], n. 2)

Citazioni su Enzo Jannacci[modifica]

  • Era il mio medico. Ma come medico era molto discutibile. Non c'era mai quando avevo bisogno di lui per una ricetta o una visita. Ma era troppo simpatico. Suonava jazz, come me, come Giorgio Gaber. E poi ha cominciato a cantare canzoni. (Lino Patruno)
  • Jannacci è stato un maestro, per me è un vero poeta, mi sento molto vicino al suo feeling. Come autore e personaggio di spettacolo è davvero grande. È uno che sa divertirsi, prendere le cose per il verso giusto e dire delle cose interessantissime. Prendi Giovanni il telegrafista, dove risulta patetico con estrema eleganza. (Rino Gaetano)
  • Il mio amico Enzo Jannacci mi ha invitato a fare un giro sulla sua barca a Bordighera… Mi sono presentato elegantissimo: pantaloni bianchi, giacca blu con bottoni d'oro, foulard con stemmi... pensavo che Jannacci, diventato ricchissimo grazie alle sue canzoni, ne avesse una di almeno 30 metri... quell'avaro armeggiava su una sgangherata barchetta di 6 metri... (Ugo Tognazzi)

Paolo Jannacci[modifica]

  • Molti chiedevano a mio padre cosa c'entrasse la carriera di medico con quella di cantante, e lui sorridente rispondeva "l'uomo bisogna conoscerlo da dentro". Di giorno era in ospedale, di notte andava a cantare. Il fatto di vedere da vicino la sofferenza poteva essere il motivo del suo abbraccio verso i poveri diavoli e della sua inquietudine verso la condizione umana.
  • Nella vita privata era estremista in tutto, o era bianco o era nero. Non scendeva mai a compromessi. Io invece vedo più grigi, sono più moderatore. Aveva avuto molti problemi per questo suo essere impulsivo e io cercavo di arrangiare, di mettere tutto a posto. Anche nella musica: lui cantava e io arrangiavo. Ma c'era sempre un punto d'incontro e ci perdonavamo gli errori l'uno dell'altro.
  • Quando Giorgio lavorava con Enzo, penso partissero sempre dall'amicizia. E poi la loro concezione artistica era qualcosa del tipo "sfruttiamo la chimica azione/reazione", quello che gli americani chiamano interplay. Credo che ogni incontro cambiasse le loro carriere, perché erano scintille che si accendevano in un discorso mai veramente interrotto, che coinvolgeva il personale in profondità. Anche se poi ognuno avrebbe proseguito con le proprie idee, i propri tempi, le proprie scelte artistiche.

Note[modifica]

  1. Citato in Pedrinelli, p. 153.
  2. Da un intervento alla cerimonia di consegna del Premi Isibardi all'associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo, in risposta alle critiche dei consiglieri di Alleanza Nazionale; citato in Leoncavallo premiato. «Ora basta polemiche», Corriere della Sera, 17 dicembre 2004, p. 52.
  3. Citato in Pedrinelli, p. 154.
  4. Testo di Dario Fo e Sandro Ciotti.
  5. a b c d Testo di Dario Fo.
  6. Testo di Enzo Jannacci e Dario Fo.
  7. Testo di Ruggero Jacobbi e Cassiano Ricardo.
  8. a b Testo di Vito Pallavicini.
  9. a b c d e f g Testo di Beppe Viola.
  10. Testo di Paolo Conte.
  11. Testo di Paolo Jannacci e Enzo Jannacci.

Bibliografia[modifica]

  • Enzo Jannacci, Oggi che non mi chiama più cialtrone; in Andrea Pedrinelli (a cura di), Gaber, Giorgio, il Signor G. Raccontato da intellettuali, amici, artisti, Kowalski, Milano, 2008 (pp. 153-154). ISBN 978-88-7496-754-4

Voci correlate[modifica]

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