Giornalismo sportivo
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Citazioni sul giornalismo sportivo e i giornalisti sportivi.
Citazioni
[modifica]- Al giornalismo sportivo di oggi, così prevedibile, così senz'anima, così inutilmente presuntuoso, mancano le immagini e gli aggettivi di Camin, il suo sguardo attento e pulito, il suo entusiasmo, la sua cultura. (Darwin Pastorin)
- [«Qualcosa dev'essere andato storto, se fino a qualche decennio fa il giornalismo italiano raccontava lo sport in una certa maniera e oggi lo racconta in un'altra, tendenzialmente più rumorosa, sciatta e brutta»] Credo che ci sia una iper-valutazione del risultato finale; cioè, il risultato finale è diventato l'unico metro di valutazione. Un aspetto che, almeno secondo me, va a braccetto col fenomeno delle scommesse sportive che negli ultimi anni ha generato un volume economico immenso, senza precedenti: se il risultato finale diventa così importante da spostare tali quantità di soldi, è chiaro che diventa l'unico argomento di cui vale la pena parlare; se non l'unico, quantomeno quello preponderante. Se il punto di vista è quello economico, non può che andare così; una sponda ideale, ovviamente, per la polemica, per il becero, per il chiacchiericcio. E invece a me piacerebbe conoscere la storia del secondo classificato, o di chi arriva a metà classifica o a metà gruppo; o la storia dell'ultimo, perché no: la bellezza, la grazia e l'armonia che le vicende dei vincitori a volte non possiedono. (Mauro Berruto)
- Ha aperto la strada a nuove formule, ha introdotto un linguaggio nuovo, popolare; è vicino alla gente, non solo perché tratta temi di evasione, ma perché sincero anche nelle polemiche legate ad interessi di parte, come può essere il tifo. È meno futile di quel che sembri, specialmente se rapportato a come lavora certa grande stampa. [...] Se gli altri sono i giornali seri, allora [...] noi [...] dello sport, siamo primi in classifica. Scusate l'immodestia. (Domenico Morace)
- Il giornalismo in cui ho sempre creduto non esiste quasi più, [...] le notizie non si trovano sul campo parlando e curiosando, ma vengono dettate dai social e poi elaborate a tavolino, con titoli a fare sensazione seguiti spesso da zero contenuti [...]. L'impressione, drammatica, è che ormai l'informazione sia manipolata, ai lettori o ascoltatori si propone solo un aspetto della realtà, un lato della medaglia, senza chiedersi se sia quella giusta da mostrare. Da parecchi anni ormai attorno alle piste dello sci eravamo quattro gatti, ma non perché mancassero risultati allo sci azzurro, anzi! È che fare il giornalista forse non serve più, le notizie arrivano da altre fonti e per condividerle basta uno smartphone sempre connesso. (Maria Rosa Quario)
- In Italia c'è sempre stato questo pregiudizio nei confronti del giornalismo sportivo come di un giornalismo minore quando in realtà da questo sono usciti alcuni tra gli esempi di scrittura più luminosa. Ne cito solo tre: Gianni Brera, Giampiero Ormezzano e Gianni Melidoni per rimanere su figure totemiche. Il motivo è molto semplice: in realtà il giornalismo sportivo è quello che racconta l'impresa, l'evento. Soltanto chi ha in dotazione una scrittura molto alta è in grado di farlo. È un giornalismo nobile perché si confronta al tema della mitologia dell'evento. Oggi si è degradato, perché a degradarsi è stato il giornalismo nel suo complesso. (Giancarlo Dotto)
- Io in effetti parlo poco con i giornalisti e sa perché? Perché sono occasioni in cui spesso sento che devo mettermi la maschera e a me non piace. [...] mi sono ritrovato sui giornali vestito di tanti abiti. Vestito e svestito innumerevoli volte: eppure io penso di essere sempre quello. (Osvaldo Bagnoli)
- Io parto dal presupposto che nello sport contano i numeri, i risultati, il tempo che fa un centometrista. Poi magari l'alone che la stampa cerca di dare a determinate situazioni le fa ricordare meglio di altre. (Dino Zoff)
- Io sono molto pessimista sul giornalismo sportivo di oggi, sul giornalismo in generale. [...] Sono pessimista innanzitutto perché c'è poca, pochissima preparazione. C'è gente che si occupa o che comincia ad occuparsi di calcio, ma che non conosce la storia del calcio. [...]. Molti si buttano, molti si inventano, con i social network si cerca di fare qualcosa che però è comunicazione, non giornalismo. [...] Fare il giornalista, oltre il dover dare la notizia e le informazioni, è la capacità, attraverso gli strumenti con cui ti formi, di interpretare e analizzare ciò che succede. Io quello che chiedo a un giornalista oggi non è avere la notizia esclusiva, ma, in un mondo di notizie rutilanti e continue, che sia in grado di spiegarmi veramente che cosa stia succedendo. Non deve vivere in un unico presente, senza avere la capacità analitica di giudicare ciò che accade. Il giornalista deve garantire una buona informazione, che significa separare le cazzate dalle cose che hanno un senso, essere capace di trattare le fonti, capire perché avvengono certi fenomeni e spiegarli a chi li sta seguendo. (Matteo Marani)
- Le cronache dello sport le fanno i giornalisti sportivi o gli ex atleti. È ovvio e giusto che le facciano loro, certo non le posso fare io che non distinguo un tuffo da un calcio di rigore. Però si dà che siano due delle categorie più analfabete del pianeta. Questo è il punto in cui in genere qualche tifoso con velleità intellettuali insorge dicendo che no, che correre più veloce degli altri o saper schiacciare la palla a canestro sono forme d'intelligenza e di cultura. Lo dice, ovviamente, per difendere sé stesso: non sono ignorante, io che mi appassiono al calcio o ai cento metri. Ma certo, pulcino. La media del giornalismo sportivo è così analfabeta che il primo che arriva e piazza due citazioni e tre svolazzi poetici passa per sofisticato intellettuale. (Guia Soncini)
- Leggere Brera farebbe bene a tantissimi e farebbe scoprire a molti che il giornalismo sportivo non è solo un genere di giornalismo e può diventare la cosa più trasversale del mondo. Brera era un grande, un intellettuale prestato al calcio. (Michele Dalai)
- Quando ero un cronista alle prime armi, lavoravo in tandem con un famoso critico il quale mi dispensava, bontà sua, consigli. Uno era questo: «Se una squadra rattoppa il risultato all'ultimo minuto, alza i voti in pagella ed esalta il cuore degli indomabili; la gente lo pretende e se non lo fai ti contesta perché resta negli occhi e nel cuore l'ultimo minuto». A me l'idea stomacava [...]; ritenevo, e ritengo, che un critico non debba essere opportunista o una banderuola che gira a seconda del vento. Purtroppo, noto che questa moda ha attecchito anche perché nella nostra categoria di don Abbondio e di mariuoli ce ne sono tanti. Il pubblico, però, ha anche le sue responsabilità. [...] non posso fare a meno di rammentare quando a San Siro il pubblico ci contestava in tribuna stampa perché, ad esempio, non avevamo criticato abbastanza Mazzola e Rivera e poi, le stesse persone, ad un gol dei suddetti, si giravano verso di noi e ci fischiavano ed insultavano perché perseguitavamo i due... Negli ultimi anni un altro problema si è aggiunto [...]: la scarsa cultura e maturità sportive di chi recensisce le partite. [...] una volta, prima di arrivare a commentare le partite di Serie A bisognava fare una dura gavetta. Oggi ragazzotti alle prime armi disquisiscono, criticano, parlano e sparlano come se fossero Cristo in terra e molte volte non conoscono neanche i fondamentali del mestiere. Colpa di chi li lancia troppo in fretta e di un mestiere che, grazie ad un sindacalismo esasperato, ha tolto molti paletti ma anche aperto voragini paurose sul piano della qualità. (Domenico Morace)
- [Sul giornalismo sportivo in Italia] Si dicono sempre le stesse cose, una noia infinita. In un anno le cose da dire saranno due o tre, solo che all'allenamento i giornalisti ci sono tutti i giorni. In Olanda non era così. [...] Da noi con i giornalisti si parla il giorno prima della partita e dopo l'incontro. È tutto. Sia chiaro che non sono impaurito da questa cosa, ma la trovo eccessiva. Tutta l'Italia in questo senso è eccessiva. Calcio, solo calcio, sempre calcio, nient'altro che calcio. Ovunque e dovunque. È veramente troppo, anche per me che lo gioco. Come fate a non stancarvi? È una stranezza a cui non mi abituerò mai. (Aron Winter)
- Una cosa ho capito [sul giornalismo sportivo]: in questo mondo non c'è equilibrio. Un giorno sei il futuro di questa squadra, il giorno dopo è crisi nera. [...] stanno tutti col fucile puntato, per vedere cosa farai. (Manuel Locatelli)
- Uno dei più grandi responsabili dello sfacelo del giornalismo sportivo è stato Aldo Biscardi. E con lui, tutte le trasmissioni simili al Processo del lunedì che sono nate successivamente. Biscardi ha trasformato il giornalista sportivo da firma in faccia. (Gianni Mura)
- Amerò sempre [...] tutti quelli che sanno essere sinceri. Ma odio e odierò sempre i superficiali, i vanotisi, i mediocri puttaneschi belli fuori e vuoti dentro, i ritaglieri, che dopo lustri di ritaglieria esibiscono sul quotidiano sportivo quella loro prosa di aria fritta al cubo con continue citazioni statistiche di cacio sui maccheroni, senza mai uno scampolo di originalità, un aggettivo verace, in perenne orgasmo e mai liberati da un'immagine catturante.
- Ho sempre creduto, lo credo fortissimamente ancora oggi, che sia indispensabile la sincerità per un vero giornalista di sport. Lo sport è gioventù, lealtà, onestà [...]. Cosa impedisce a un cronista di scrivere pane al pane e vino al vino; di dire [...] sempre tutto quello che pensa? Glielo impediscono i vizi degli uomini, le mode, la corruzione dilagante, per cui il giornalista è quel desso che chiede permesso, si avvoltola nei dubbi, ciò che è nero diventa grigio, ciò che è rosso sfuma in un colore neutro, il cinque diventa sei, nessuno è colpevole, sono tutti innocenti. Invece siamo tutti colpevoli.
- Il critico sportivo per me più che malizioso deve essere ingenuo.
- La mia «idea» sul giornalismo sportivo è che deve partecipare all'acculturamento delle masse [...]. Il giornalismo sportivo deve partecipare a mandare sugli spalti tifosi che siano anche sportivi, non dementi che tirino petardi sui giocatori. Per me il giornalismo sportivo è questo. Ed è anche genere letterario. [...] I gerghi e i tecnicismi di tanti miei colleghi che gremiscono i loro resoconti [...] di frasi fatte non mi hanno mai riguardato, e me ne vanto.
- Mi pare assurdo un giornalismo sportivo sempre così virgolettato e spoglio di idee, di pensieri, di catturanti fantasie, di storia, di contenuti.
- Un giornalismo sportivo succube all'asso, che giornalismo è? [...] Che motivo ha di esistere, dico, un giornalista sportivo reclamato dal direttore per recensire l'unghia del fuoriclasse, la finezza, la pigrizia, la Ferrari Testarossa, la testolina di divo, di dio degli stadi, la moglie un po' matta, i guadagni, le civetterie, le bizze [...]? Ha un senso vivere per fare il segugio di niente?
- Bisogna seguire il ritmo della vita di oggi: in quattro ore di diretta la gente si alza dal divano, mangia, fa il caffé, legge il giornale, consulta in telefono. Le telecronache del ciclismo e dell'atletica le vorrei come tavole imbandite dove ciascuno trova ciò che vuole, anche il silenzio delle montagne e il rombo delle moto. Due telecronisti, molte voci di contorno che si passano la palla, quel ritmo quasi musicale essenziale in una buona diretta. Basta con frasi come "Che campione!", sì a chi spiega perché è un campione.
- [«Cosa copierebbe dalle tv estere»] L'essenzialità e il minimalismo nella scelta degli studi televisivi, la fluidità dei raccordi tra i vari segmenti, la compostezza e la qualità degli interventi. Lo sport deve essere autentico, ha un rumore, un odore, un respiro. A me ha insegnato tanto il ciclismo: l'arrivo su via Roma della Milano-Sanremo, dove Merckx per sette volte ha alzato le braccia, quando l'aria si fa rarefatta, l'asfalto inizia a vibrare e inizi a vedere le ombre dei ciclisti. O l'arrivo al velodromo della Roubaix dove corri con un microfono in mano per avere una lacrima o un gesto di rabbia, dove lo sconfitto ha forse più cose da dire del vincitore.
- Ormai nelle dirette sportive le telecamere mostrano quasi tutto. Un giornalista bravo deve raccontare il "quasi" che non si vede, coltivare il silenzio, lasciare il microfono a chi gli sta a fianco senza gelosie quando serve.
- [«Le telecronache a due voci le piacciono?»] Sì se tra i due commentatori c'è sintonia, condivisione e feeling, non solo somma di analisi e di statistiche. Non bisogna sempre dire tutto, a volte le troppe parole ti fanno perdere l'azione che è già finita mentre la stai raccontando.
- Sul modo di narrare lo sport, anche nelle telecronache, vorrei più immagini e meno verbosità. Ogni sport ha una sua geografia: suoni, rumori, atmosfere. Chi guarda deve poter respirare un po' quel clima, non ha bisogno di sovrapposizioni di parole. A volte troppa voce può distrarre. [...] Il telespettatore vuole condividere, non essere sopraffatto.
- È bene ricordare che, negli anni Settanta, la stessa Gazzetta dello Sport, grazie ad un giornalista del calibro di Gino Palumbo, si fece portavoce di un'istanza di cambiamento che diede l'impulso per una rivoluzione del linguaggio dello sport in televisione: le notizie calcistiche abbondavano ma erano limitate al commento tecnico dei risultati e delle partite. Si svilupparono allora la critica e la notizia che andava oltre il dato meramente tecnico, che fossero in grado di coinvolgere gli addetti ai lavori e gli appassionati in una discussione più ampia ed interessante. Come si può scorgere bene [...] si trattò un'innovazione che nacque dall'esperienza di un giornale sportivo.
- [«Il fenomeno mediatico delle trasmissioni sportive di Telelombardia, nello specifico QSVS, ha rivoluzionato il modo di fare giornalismo sportivo in TV. Com'è nata questa rivoluzione?»] Il mio è un punto di vista limitato sulla vicenda. Quando approdai a Telelombardia, nel 1998, c'era poca tv criptata e anche per quel che riguardava le pay-per-view il ruolo era assunto principalmente da Tele+. All'inizio si è trattato di adeguarci alla realtà dei talk show sportivi già presenti, trasmessi sulle reti Rai e Mediaset. [...] molti di questi programmi sulle principali reti nazionali non esistono più, il che conferma che non hanno più funzionato e soprattutto non hanno più fatto presa sul grande pubblico. Noi siamo stati più bravi ad evolverci, adattandoci di volta in volta ai cambiamenti che si sono succeduti, senza mai perdere di vista il nostro obiettivo, ossia soddisfare i gusti e le aspettative degli sportivi e degli appassionati di calcio. Siamo ben consapevoli di non essere uguali ad altri modelli e non vogliamo nemmeno esserlo.
- Le televisioni private sono ormai de-private (scusi il gioco di parole) delle immagini. Parlare di tattica avendo pochissime immagini di partita, è quasi impossibile. Senza contare che 4 ore di discorsi tattici stroncherebbero un elefante. Noi cerchiamo un mix capace di essere interessante e divertente. Non sempre ci riusciamo, lo so. Ma almeno ci proviamo con grande entusiasmo e grande onestà.
- Oltre il numero 7 del telecomando, quello delle emittenti nazionali, la gente si aspetta un linguaggio diverso, più spontaneità, allegria, trasmissioni più vivaci, ma sempre evitando l'aggressività. La trasmissione deve restare entro certi argini, ricordando sempre che stiamo parlando di un gioco [il calcio].
- [«Pensa che il modus operandi del giornalismo politico in televisione abbia in qualche modo preso spunto dalle vostre trasmissioni?»] Sinceramente sono più propenso a pensare che sia avvenuto il contrario, ossia che lo sport abbia preso spunto dai dibattiti politici, dove spesso si verificano scambi di opinioni vivaci, molte volte polemici, in cui però la gente tende ad immedesimarsi, a seconda ovviamente dell'idea politica. Nelle trasmissioni calcistiche è avvenuta la stessa cosa. In precedenza c'erano giornalisti che si limitavano a parlare della partita, e delle singole squadre. I cosiddetti "faziosi" sono arrivati dopo. Biscardi per primo, ad esempio, ha mischiato persone secondo un principio legato alla territorialità, che vedeva contrapposti giornalisti ed opinionisti di Roma, di Torino e di Milano. Noi abbiamo proposto giornalisti ed opinionisti dichiaratamente tifosi, schierati apertamente ed in maniera manifesta con Milan, Inter e Juve. Questa è stata la nostra grande innovazione, nella quale si possono identificare i telespettatori-tifosi.
- Sono convinto che facciamo un mestiere del tutto irrilevante come dimostra la storia del giornalismo sportivo italiano. Oggi ci siamo, domani se non ci sono io c'è un altro. Non abbiamo salvato vite umane, costruito grattacieli, vinto cause che hanno migliorato destini dell'umanità. Parliamo di minchiate, dai. Tanti miei colleghi che se la tirano, sono cretini come me, come tutti. Non esiste una persona competente nel giornalismo sportivo più di un appassionato di sport che segua con attenzione gli eventi. [...] Viviamo sull'equivoco di essere persone competenti e con un prestigio che non vedo in me stesso e nemmeno negli altri.
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