Il cavaliere dalla pelle di leopardo

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Manoscritto del XVII secolo

Il cavaliere dalla pelle di leopardo (in georgiano ვეფხისტყაოსანი), poema epico nazionale della Georgia, scritto nel XII secolo da Shota Rustaveli.

Incipit[modifica]

Originale[modifica]

რომელმან შექმნა სამყარო ძალითა მით ძლიერითა,
ზეგარდმო არსნი სულითა ყვნა ზეცით მონაბერითა,
ჩვენ, კაცთა, მოგვცა ქვეყანა, გვაქვს უთვალავი ფერითა,
მისგან არს ყოვლი ხელმწიფე სახითა მის მიერითა.

Scialva Beridzè[modifica]

Io mi rivolgo a Colui che ha creato l'Universo con la Sua potenza, a Colui che ha infuso la vita a innumerevoli esseri, visibili e invisibili, a Colui, infine, che ha dato a noi questo mondo multicolore e vario, e da cui hanno origine e vita i sovrani, simili a Lui. (n. 1)

Antonio Bonelli[modifica]

Il Sommo Potere che dal nulla trasse il firmamento
ha dall'empireo celesti spiriti infuso alle creature,
e dato all'uomo di possedere il mondo e l'infinite
speci. Da Lui discende nei sovrani tutti il Suo semblante. (n. 1)

Citazioni[modifica]

Rustaveli presenta il poema alla regina Tamar, illustrato da Mihály Zichy (1881)
  • Un vero eroe si trasforma in leone, manovrando con destrezza la lancia, lo scudo e la spada. Ma come posso io lodare con la stessa destrezza la regina-Sole Thamar, le cui gote e i cui capelli sono del colore dell'agata-rubino? (n. 3; 1945)
  • La dolce parola è più efficace dell'indomita violenza. (n. 5; 1945)
  • Tenero | piombo d'incudine spezza finanche la più dura gemma. (n. 5; 1998)
  • L'arte di amare, il folle amore che ha legge e delicatezza, è difficile a comprendere: e non è in nulla dissolutezza né perversità; altra cosa è l'amore elevato, il vero affetto, altra la depravazione: una distanza enorme li separa. (n. 9; 1945)
  • L'amore vero è sì tenero che arduo è possederlo. | Nulla ha a che far con la lussuria e da spartir con essa: | quello è una cosa, questa un'altra, e li separa un baratro | profondo. Credimi se dico che insieme non fan lega. (n. 9; 1998)
  • L'innamorato deve essere paziente; le sue sofferenze devono ingigantire se l'amata è assente. Egli deve saper dominare il proprio cuore, ignorare lo sdegno e la collera. (n. 10; 1945)
  • Laido, infido e impuro non è 'sto amor ma duraturo. Lungi dall'amata, ognor sospira amante, ed è cuor dedito a donna | pronto, se del caso, a subirne l'ira e i lai. Odio l'amore | senza affetto, con i suoi baci, abbracci e rumorosi trebbi. (n. 10; 1998)
  • L'arte di amare esige anzi tutto che rimangan segrete le nostre pene; colui che ama deve essere capace di subire la solitudine, e, lungi dalla sua amata, solo a lei deve pensare. (n. 12; 1945)
  • L'amor più nobile non sfoggia ma nasconde pena. | L'onora chi da solo sa soffrir e che, solingo, da lui | cerca ristoro, ma lontananza gli è fuoco, sventimenti e | morte. Resiste all'ira dei re, ma a lei sta sottomesso. (n. 12; 1998)
  • L'amore, la bellezza, il pudore sono le tre forme sacre, i tre colori principali di ogni pura poesia. (n. 17; 1945)
  • La poesia è anzi tutto un ramo della filosofia; è la voce divina per esprimere concetti divini: non è possibile calcolare la vastità delle sue risonanze nel cuore di ogni ascoltatore. Il lungo discorso si abbrevia senza nuocere al soggetto, la più breve poesia può essere la più pregiata e bella. (n. 19; 1945)
  • La poesia non è un diletto, ma una vocazione. Destrezza e valentia occorrono ai poeti, come ai giocatori: in questo è il loro eroismo. (n. 21; 1945)
  • Dispiaceri molteplici accompagnano spesso il vero amore. (n. 27; 1945)
  • Quando la rosa appassisce, essa abbandona per sempre il giardino, né più dà segno di vita, ma un altro fiore nasce e illumina le aiuole col suo splendore. (Re Rostevan, n. 35; 1945)
  • La rosa secca e vizza muore, ma un'altra sboccia | nella serra. Volge al tramonto il sole mio | e buia e senza luna mi sta la notte innanzi. (Re Rostevan, n. 35; 1998)
  • Maschio o femmina, la prole di un leone sarà sempre leone. (n. 39; 1945)
  • Né chi nasce leonessa è men leon del maschio. (n. 39; 1998)
  • Il sole splende ugualmente sulla rosa più bianca e sulle ortiche più odiose: sii dunque ugualmente generosa per i piccoli e per i grandi.[1] (Re Rostevan, n. 49; 1945)
  • La generosità dei re è una pianta del paradiso stesso; essa tutti conquista ad essa obbedisce ognuno: anche i traditori più noti. (Re Rostevan, n. 50; 1945)
  • La dolce parola concilia tutti e tutto! (Avthandil, n. 66; 1945)
  • Troppo vanto non menar dell'arco tuo, pure a un re giova modestia. (Avthandil, n. 66; 1998)
  • Un uomo forte non si lamenta mai, ma lotta e resiste. (Thinathin, n. 107; 1945)
  • O Re, perché ti lagni di Dio e del destino? Non attribuire mai il male a Colui che è la bontà stessa. Il male è cosa estranea all'Autore delle cose, esso è ignoto all'inesaurabile natura suprema. La bontà della Provvidenza è infinita! (Thinathin, n. 112; 1945)
  • La fedeltà ai sovrani è un dovere sacro! (Avthandil, n. 153; 1945)
  • Un vero uomo non si piega mai dinanzi alla sciagura, ma lotta con coraggio e temerariamente la affronta. (Avthandil, n. 153; 1945)
  • Quando un innamorato vaga per i campi in cerca di un oggetto per l'amata, bisogna che sia solo.
    Nessun essere umano ha mai conquistato la perla preziosa senza sforzi e sacrifici! (Avthandil, n. 161; 1945)
  • Se un amante ha da correre le piane, il deve far | da solo. Perla non cade a chi senza fatica onesta la | fa sua, ma di biasimo è degno il turpe che la ottien barando. (Avthandil, n. 161; 1998)
  • Per passare dalla vita alla morte, è sufficiente una sola sciagura e non cento! (Avthandil, n. 163; 1945)
  • Meglio resistere indifferenti ai colpi del destino già ricevuti. (Avthandil, n. 47; 1945)
  • Si dice che un errore, riconosciuto da colui stesso che lo ha compiuto, è perdonabile sette volte! (Avthandil, n. 242; 1945)
Tariel, il personaggio omonimo, illustrato da Sergo Kobuladze (1935)
  • La mia sfortuna proviene dal cielo: che cosa potrei cambiare od opporre? Non spetta a me mutare il cammino del destino. Sono, è vero, divenuto selvatico e insocievole, ma tale è l'opera della sorte, favorita da mille eventi. (Tariel, n. 271; 1945)
  • Lo smeraldo è più prezioso del vetro, ma questo talora è più utile della pietra rara: i grandi hanno spesso bisogno delle minori creature. (Tariel, n. 292; 1945)
  • È tradizione naturale: l'innamorato sarà sempre capito da un altro innamorato! (Tariel, n. 293; 1945)
  • È misero, cieco è chi si lascia sedurre dai beni della terra! Certi godimenti preparano la rovina. (Tariel, n. 335; 1945)
  • Che Iddio mi risparmi tutto ciò che non mi viene da te, tutto ciò che non sia del tuo colore, o simile a te in tutto. (Tariel, n. 367; 1945)
  • Se ho avuto il sorriso sulle labbra, ho conosciuto anche i singhiozzi segreti. (Nestan Daredgian, n. 398; 1945)
  • Non si porta un'arma senza scopo né impegno! (Tariel, n. 425; 1945)
  • Un vincitore generoso fa sempre vibrare le corde del cuore! (Tariel, n. 453; 1945)
  • La menzogna da parte di un guerriero, non è delitto eguale alla menzogna di un uomo comune! Essa è doppiamente punibile. (Nestan Daredgian, n. 510; 1945)
  • Un vero cavaliere non cede mai neppure davanti alla lancia più aguzza! (Tariel, n. 580; 1945)
  • Poiché il grazioso e bel leopardo mi richiama l'immagine della mia adorata, io ammiro la pelle di questa fiera e la porto come mantello inseparabile. (Tariel, n. 639; 1945)
  • Se un medico, sia pur celeberrimo, cade ammalato, fa chiamare un altro medico che gli tasti il polso e gli domandi dove arde il fuoco del male. Il vicino conosce i vizi del vicino meglio dei propri. (Avthandil, n. 644; 1945)
  • Senza tregua l'Universo tormenta l'uomo, la vita terrena è sempre irta di spine, il rosso zafferano assume talora un cupo colore. (n. 671; 1945)
  • Se un impetuoso fato su un uomo si accanisce, canna | si fa pruno, e stinge il nobile opale in zafferano. (n. 671; 1998)
  • L'Universo, l'esistenza e l'uomo stesso non contano più per il cavaliere dalla pelle di leopardo. Un essere umano non è per lui che un bipede selvaggio; egli si aggira, come un insensato, tra fiere mai viste e piange nella sua disperata solitudine. (Avthandil, n. 680; 1945)
  • Io credo che l'amico debba affrontare per l'amico qualsiasi pericolo; egli dev'essere pronto a dare il suo cuore pel cuore del vicino: l'amicizia dirige il cammino, e l'amore è ponte per questo scambio. (Avthandil, n. 685; 1945)
  • Da duolo non rifugge amico per amore dell'amico. | Cuore per cuore e affetto per spianar la strada, dell'amato | pena dev'essere all'amante pena. Vedi: senza di lui | non v'ha gioia per me né mi cale di mia stessa vita. (Avthandil, n. 685; 1998)
  • Se bisogna provare con atti la devozione a un amico, bisogna trovare per lui un rimedio, fosse anche a prezzo di una sventura. (Avthandil, n. 688; 1945)
  • L'affetto | grande per l'amico deve te a sanarlo far solerte | fino a rischiar l'ignoto. (Avthandil, n. 688; 1998)
  • Ogni separazione è un veleno per gli innamorati! (n. 698; 1945)
  • Il cuore umano è sempre crudele, vorace e insaziabile: dimentico talore delle sciagure più gravi, è assetato di allegria.
    O cuore umano! Cieco e imprevidente in eterno, incapace di misura! La morte stessa non può dominarti, né alcun sovrano di questa terra! (n. 700; 1945)
  • Se domandiamo al Creatore il benessere e la gioia, dobbiamo saper sopportare anche le privazioni e le sventure. (Avthandil, n. 708; 1945)
  • Se al ciel | s'implora gaudio, sia il nostro capo anche al dolore prono. (Avthandil, n. 708; 1998)
  • L'uomo valoroso si rivela nella fedeltà ai suoi giuramenti. (Avthandil, n. 730; 1945)
  • È il giuramento che mette l'uomo a prova. (Avthandil, n. 730; 1998)
  • Conviene che il suddito devoto dica tutta la verità al Sovrano anche se spiacevole, ma allora la parola non deve forse essere ben misurata e giustificata? (Re Rostevan, n. 740; 1945)
  • Non deve risparmiar fastidi un servo al sire quando | stupidamente blatera discorsi sciocchi? (Re Rostevan, n. 740; 1998)
  • Il Creatore non lascia mai senza castigo l'autore di un'ingiustizia! (Avthandil, n. 756; 1945)
  • V'ha dunque menda che lasci Iddio impunita? (Avthandil, n. 756; 1998)
  • La sofferenza cagionata dalla solitudine è, certo, il martirio più acuto. (Sciermadin, n. 763; 1945)
  • La fuga è la sorte inevitabile degli innamorati; essi non hanno il tempo d'invecchiare. (Avthandil, n. 765; 1945)
  • Errante | cavaliere è sol chi ama né ama d'invecchiar oziando. (Avthandil, n. 765; 1998)
  • La menzogna è la prima causa di ogni disgrazia. (Avthandil, n. 771; 1945)
  • Spergiuro è cagion d'ogni malanno. (Avthandil, n. 771; 1998)
  • Conserviamo i nostri amici: non dimenticarli è un obbligo sacro, trattenerli nella mente non ci nuoce mai! (Avthandil, n. 779; 1945)
  • Non certo una via stretta, un roccioso cammino, potranno mettere ostacolo alla marcia fatale della morte; essa passa livellando ugualmente deboli e forti.
    La terra ci riunisce tutti; la tomba si apre infine per i giovani e per i vecchi, ma ricordati che una morte gloriosa è preferibile a una vita di vergogna. (Avthandil, n. 781; 1945)
  • La rosa più bella appassisce senza sole e perde il suo splendido colore. Così per noi: il distacco dall'amato riapre l'antica piaga e rinnova le sofferenze. (n. 811; 1945)
  • O sole, immagine dell'unità suprema, senza spazio né istante, senza limiti né tempo! Tu sei unico maestro e governatore dei mondi, e i cieli obbediscono alla tua volontà per una durata incalcolabile. (Avthandil, n. 816; 1945)
  • Chi non cerca amici è nemico di se stesso. (n. 834; 1945)
  • Causa a suo mal | è chi a cercar amici è pigro. (n. 834; 1998)
  • Un vero fratello rivela la sua fratellanza quando sovrasta il pericolo. (n. 850; 1945)
  • La conoscenza di se stesso getta l'uomo nelle braccia del dolore. (Avthandil, n. 855; 1945)
  • Si è domandato un giorno alla rosa: "Chi ti ha creato tanto graziosa e bella di colore? È gran meraviglia che tu sia sempre circondata da tante spine. Perché è tanto difficile coglierti senza ferirsi?"
    Ed essa ha risposto: "Il dolce si raggiunge attraverso l'amaro! Certo, meglio vale ciò che è raro: se la bellezza abbonda, essa non avrà più lo stesso valore." (Avthandil, n. 858; 1945)
  • Non bisogna seguire sempre il cammino difficile dei desideri che non conoscono limiti; bisogna frenare le ali del volere. (Avthandil, n. 860; 1945)
  • Scorda il disegno insano e a saggia scelta | volgi l'estro. (Avthandil, n. 860; 1998)
  • Una parola inopportuna è più acre dell'aceto. (Tariel, n. 876; 1945)
  • Prestar orecchio a ciò che udir non s'ama è più del fiele amaro! (Tariel, n. 876; 1998)
  • Una lode è sempre piacevole: la dolce parola fa uscire il serpente dalla sua tana. (n. 881; 1945)
  • Denti di perla e labbra | che, dischiuse rose, a conversari si diero di sì dolce | afflato, che pur le serpi avrebbero stanato a udirli. (n. 881; 1998)
  • L'uomo saggio ama sempre il suo educatore, solo lo sciocco lo destesta. (Tariel, n. 884; 1945)
  • Ama | il saggio il maestro, ma lo stolto con cuor offeso il fugge. (Tariel, n. 884; 1998)
  • La sciagura perseguita l'innamorato, riempie il suo cuore di amarezza, ma finalmente gli porta la letizia, se egli è capace di non soccombere ai primi colpi dell'amore. Bisogna essere innamorati, perché l'amore allevia le sofferenze di quaggiù: il dotto diviene pazzo e l'ignorante diviene dotto. (Avthandil, n. 895; 1945)
  • È bello quando l'uomo dice all'uomo cose piacevoli; le parole non vanno perdute quando il fuoco della sincerità le accompagna. È gran conforto raccontare le proprie sofferenze ad altri, se questi è buon ascoltatore. (n. 904; 1945)
  • Povero cuore! Qual sorte è la sua, se si perde e si annienta per un altro cuore! La separazione fra esseri che si amano uccide l'uomo. Solo gli stolti possono ignorare quanto questo istante sia grave e doloroso. (n. 922; 1945)
  • Il contrattempo e la menzogna: ecco il male dell'Universo. (n. 985; 1945)
  • Chi si lamenta ed esita non ricava nulla, e oltre tutto perde il suo tempo! (Avthandil, n. 1014; 1945)
  • Uomo! Non fidarti della tua forza, né vantarti come un ubriaco. La forza è vana senza l'aiuto divino. Una piccola scintilla basta a incenerire grandi alberi, un bosco intero; se Dio ti protegge, il legno diviene, in combattimento, tagliente come una spada. (n. 1024; 1945)
  • Non menare di tua forza vanto, o uomo, come chi è preda | al vino: non serve a nulla se il cielo non l'avalla. | Esile fiamma può sconfiggere un bosco e farne brace. | Se Dio t'aiuta, t'è un palo più di sciabola tagliente. (n. 1024; 1998)
  • Bisogna tenersi il più lontano possibile da una donna leggera. Carezzevole e amorosa, ella ispira dapprima fiducia ed è fiduciosa; ma poi improvvisamente tradisce, rompendo la parola data. Per questo non bisogna mai confidare un segreto a una donna. (n. 1059; 1945)
  • O sole! Dio ha voluto che tu fossi un sole sulla terra, per la gioia di coloro che vengono illuminati dai tuoi raggi e per infiammare quelli che incontri sulla tua strada. Le stelle sono felici e orgogliose di guardarti e lodarti.
    Chiunque ti veda s'innamora di te fino a venir meno. Sei una rosa, e non comprendo come gli usignoli non si posino sopra di te per cantare. I fiori appassiscono, al cospetto della tua bellezza, e la mia bellezza avvizzisce. Se i raggi del sole non mi ravviveranno a tempo, sarò perduta. (Fatman, n. 1063-1064; 1945)
  • Il corvo e la rosa non possono accordare i loro colori; solo l'usignolo canta sulla rosa le sue dolci melodie. (Avthandil, n. 1068; 1945)
  • Che ha il corvo a che fare con la rosa? Che li lega... | quando poi sopra alla rosa non anco ha l'usignolo il dolce | canto effuso? (Avthandil, n. 1068; 1998)
  • Il medico non può, egli stesso, guarire la propria ferita. (Fatman, n. 1084; 1945)
  • Non può medico sanar chi 'l proprio sangue beve! (Fatman, n. 1084; 1998)
  • La rosa non conviene al corvo né le corna all'asino! (Avthandil, n. 1144; 1945)
  • Vero è che Rosa non s'addice al corvo e all'asino le zanne! (Avthandil, n. 1144; 1998)
  • L'oro non dà una gioia continua ai suoi devoti ammiratori.
    L'amore della ricchezza provoca odio, al quale seguono il male e la disgrazia. L'oro è in continuo moto: viene e va; la sua potenza è effimera. Esso inchioda l'anima alle cose terrene e paralizza ogni slancio. (Avthandil, n. 1175; 1945)
  • L'uomo si disonora quando è senza cuore, la donna quando si vende. (Avthandil, n. 1182; 1945)
  • Come si disonora l'uomo | se è codardo, così la donna quando libertina. (Avthandil, n. 1182; 1998)
  • È scritto nei grandi libri che un amico malevolo è peggiore di un nemico dichiarato. (Avthandil, n. 1189; 1945)
  • O universo, uguale a Satana per la menzogna! Nessuno saprebbe indovinare la tua essenza e dove tu ordisci i tuoi tradimenti. (n. 1191; 1945)
  • Staccato dalla mia amata, io sono un usignolo sdraiato nel sudiciume come un corvo! (Avthandil, n. 1231; 1945)
  • Mirate amanti: [...] ha l'usignol 'na rosa, | ma da lei lungi siede come cornacchia sui rifiuti! (Avthandil, n. 1231; 1998)
  • Se il corvo trova una rosa, crede di essere un usignolo! (n. 1232; 1945)
  • Credesi usignolo il corvo che posi sulla rosa. (n. 1232; 1998)
  • Certo, l'inverno uccide le rose, sfogliandone i petali; anche il sole estivo brucia se è accompagnato dalla siccità, ma i dolci trilli dell'usignolo si fanno sentire sulle loro corolle. (n. 1323; 1945)
  • Vizze fa l'inverno rose e di petali le spoglia. | L'abbrucia d'estate l'impietoso sole, sicché piangono | l'arsura e dolce su di loro alza il lamento l'usignolo. | Brucia del pari una ferita per l'afa e per il gelo. (n. 1323; 1998)
  • Quando le nubi si sciolgono in pioggia, i torrenti rovinano già dalle montagne, e un terribile frastuono rieccheggia nelle gole; ma quando raggiungono il mare ritornano calmi. (n. 1386; 1945)
  • All'acqua fan pensar che, dalle nubi scesa, | dai monti irrompe e nelle strette valli rumoreggia | e semina scompiglio oltre a frastuono, ma cheta | è come l'olio quando nel mar s'adima. (n. 1386; 1998)
  • Un vero uomo non fa festa prima di aver superato i dolori! (n. 1555; 1945)
  • Non sa goder di gioia chi di dolor non ha contezza. (n. 1555; 1998)

Explicit[modifica]

Scialva Beridzè[modifica]

Per cantare la gloria del celeste Davide dei Karthveli, sposo di Thamar, a cui obbedisce il sole stesso, ho messo in versi questo racconto per loro diletto. Dall'Oriente all'Occidente egli scaglia i suoi fulmini per folgorare i traditori, per incuorare i fedeli.
Posso io emulare l'arpa dell'antico Davide e la sua armoniosità? Ho trovato e messo in versi queste meravigliose storie di sovrani stranieri, le loro usanze, le loro gesta, le loro lodi: questa è stata la mia fatica.
Tale è l'Universo: guai a chi in esso confida. L'esistenza è un attimo, più breve di un batter di ciglia. Che cosa cercate e a che pro? Il destino dirige tutto! La sorte è mutevole, buona oggi, è cattiva domani: non sorride mai interamente.
Amiran, figlio di Daredgian, fu cantato da Mosè Khoneli; Abdul Messia fu cantato da Schavtheli, i cui versi raccolsero tante lodi; Dilargueth fu cantato da Sarghis Thmogveli, la cui eloquenza era inesaurabile; Tariel, infine, fu cantato dal suo Rusthaveli, il quale ha versato per lui lagrime senza fine. (n. 1573-1576)

Antonio Bonelli[modifica]

Io, un certo Mèskian, del borgo di Rustàvi bardo, ho scritto
questi versi per lo svago di Tàmar, dea della Georgia | cui Davide, suo sposo e sole, china devoto il capo: | per lei che ai quattro venti esige riverenza: per lei che estermina chi la tradisce ma chi le è ligio innalza.
Sui suoni dolci e limpidi dell'arpa del Salmista vorrei | cantar 'ste fiabe esotiche di re foresti e mitici! | Usanze e imprese d'altri tempi mi sono trovato in mano: | le ho messe in rima. Così, tanto per fare...
Tale è il mondo, nessuno può contarci: un battito | di ciglia; forse meno. Di chi vai in cerca o di che cosa? | In che t'affanni? Il fato ti sbeffeggia. Lieto è soltanto | chi da lui non è fino all'estremo dì deriso.
Mòse di Khoni cantò Amiràn, di Darejàn il figlio; | Sciavteli, poeta raffinato, Abdùl Mesìa; | Sarghìs Tmogvèli, con musa inesauribile, Dilàrghet; | e Rustavèli, tra lacrime inesauste, il tuo Tarièl. (n. 1572-1576)

Citazioni su Il cavaliere dalla pelle di leopardo[modifica]

  • Arriveremo davvero a una educazione adatta al mondo della globalizzazione quando il 99 per cento degli europei colti ignora che per i georgiani uno dei poemi più grandi di tutta la storia letteraria è stato quello di Rustaveli, "L'uomo dalla pelle di pantera", e non ci siamo neppure messi d'accordo (controllate su Internet) se in quella lingua dall'alfabeto illeggibile si parlava di una pelle di pantera o non piuttosto di tigre o di leopardo? O continueremo a domandarci "Rustaveli, chi era costui?". (Umberto Eco)
  • C'è, nel poema, qualche cosa di affine alle grandi creazioni del Rinascimento, di cui per altro non ha né la sensualità né lo scetticismo. Esso è orgoglio e gloria della Georgia, e resta unico testimone di quel che fu questo paese nel secolo d'oro della zarina Tamara. (Vladimir Saveljevič Vojtinskij)
  • Crede che io, con i miei quadri, o lei, con i suoi sforzi, possiamo insegnare al popolo che creò Il guerriero dalla pelle di tigre? (Pentimento)
  • È un'opera ispirata, ridondante, un cosmo a parte. Lo snodarsi di un complicato intreccio ci trasporta fino ai confini del mondo, ci fa conoscere città popolose e miseri romitaggi, le corti orientali e i banchi dei cambiavalute, la guerra e la caccia, l'intero catalogo dei comportamenti, dei desideri e delle passioni umane. Se ne trae una lezione di patriottismo, di fedeltà e di coraggio, ma anche un'elementare gioia di vivere. (Wojciech Górecki)
  • Questo poema è un incomparabile monumento della letteratura georgiana. Attraverso i secoli trascorsi dal giorno in cui il cantore lo dedicò, tributo d'ammirazione e d'estasi, alla bellissima e saggia zarina Tamara, esso è penetrato nell'animo del popolo, centinaia e migliaia de' suoi versi sono ripetuti come detti e proverbi, come espressione della saggezza popolare. (Vladimir Saveljevič Vojtinskij)

Note[modifica]

  1. Cfr. Gesù, Discorso della Montagna: «Siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti».

Bibliografia[modifica]

  • Sciotha Rusthaveli, La pelle di leopardo, traduzione di Scialva Beridzè, Bianchi-Giovini, 1945.
  • Sciota Rustaveli, L'uomo dalla pelle di leopardo, traduzione di Antonio Bonelli, Editrice Letteraria Internazionale, 1998.

Altri progetti[modifica]