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Seconda guerra in Ossezia del Sud

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Carro armato georgiano distrutto a Tskhinvali

Citazioni sulla seconda guerra in Ossezia del Sud.

Citazioni

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  • Il presidente georgiano Saakashvili si aspettava di aver il sostegno incondizionato dell'Occidente perché l'Occidente gli aveva dato buone ragioni per crederlo. Ora sia Tbilisi sia i suoi sostenitori dovrebbero rivedere le loro posizioni. (Michail Gorbačëv)
  • In sé, come ho detto, la guerra in Georgia non è così importante dal punto di vista economico. Ma essa segna la fine della Pax Americana, dell’epoca nella quale gli Stati Uniti avevano più o meno mantenuto il monopolio dell’uso della forza militare. Il che apre qualche domanda sostanziale sul futuro della globalizzazione. (Paul Krugman)
  • L'invasione russa in Georgia ha riaperto la stagione della Guerra fredda, contribuendo a mettere per un attimo di lato il gran dibattito politico e intellettuale sullo scontro di civiltà con l'islam radicale. [...] Per i neoconservatori, intanto, questo ritorno al clima della Guerra fredda non è affatto una sorpresa. In questi anni, infatti, non hanno mai smesso di avvertire l'opinione pubblica americana del pericolo autoritario e pseudozarista di Vladimir Putin, come dimostrano le ormai consolidate posizioni di McCain, il politico americano che dagli anni Novanta in poi si è più servito della consulenza degli analisti neocon. (Christian Rocca)
  • La posta in gioco è il controllo su alcune aree di importanza geostrategica ed economica, che vanno al di là della Georgia, e che in questo caso riguardano l’area caucasica e quelle contigue del Mar Nero e dell’area caucasica. Si tratta di aree di interesse mondiale, in particolare per la Russia. Tanto più che accanto alla questione georgiana per Mosca ne esiste una ancora più importante: la questione ucraina. (Vittorio Strada)
  • Non bisogna mai dimenticare che quando i carri armati russi sono entrati in Georgia, i nostri partner hanno impedito che un risultato tragico diventasse ancora peggiore. Nicolas Sarkozy, in nome della presidenza francese dell'UE, ha mediato – con l'appoggio degli Stati Uniti – un accordo che ha impedito ai russi di addentrarsi ulteriormente nel territorio georgiano. La reazione dell'Europa potrebbe essere stata insufficiente non imponendo costi maggiori alla Russia, e ci rendiamo conto che oggi, se non fosse stato per l'Europa, la stessa Tbilisi avrebbe potuto essere occupata. Dal 2008, la missione di monitoraggio dell'Unione Europea è stata anche una presenza preziosa sulla linea di occupazione, agendo come controllo sulle attività destabilizzanti della Russia. (Salomé Zourabichvili)
  • Oggi la Georgia, domani l'Ucraina, dopodomani i Paesi baltici. E poi, chissà, magari toccherà anche alla Polonia. (Lech Kaczyński)
  • Per anni noi abbiamo detto alla Turchia, alla Germania, agli Stati Uniti... Non armate la Georgia! Perchè la Georgia le armi non le userà contro la Russia - non può nemmeno pensare di farlo - le userà contro gli osseti, e contro di noi. Questo è successo, e quei Paesi hanno la responsabilità morale per quello che è successo. La Georgia ha sfidato Mosca dicendo di avere dietro l'America. Che sciocchezze! Alla Russia non puoi parlare così, soprattutto adesso che é tornata grande e forte. (Sergej Bagapš)
  • Quello che è successo la notte del 7 agosto è al di là di ogni comprensione. I militari georgiani hanno attaccato la capitale dell' Ossezia del sud Tshkhivali con lanci di razzi multipli con enorme portata di devastazione. La Russia doveva rispondere. Accusarla di aggressione verso "un piccolo paese indifeso" non è solo ipocrita, mostra una mancanza di umanità. Montare un attacco militare contro una popolazione innocente è stata una decisione avventuristica le cui tragiche conseguenze sono ora davanti agli occhi di tutti. La leadership georgiana ha potuto farlo solo perché riteneva di essere sostenuta da una forza molto più potente. (Michail Gorbačëv)
  • Se la Russia intende ed è capace di usare la forza per far valere il suo controllo nei confronti della sua auto-dichiarata sfera di influenza, gli altri non vorrano fare lo stesso? Si pensi soltanto allo sconvolgimento economico globale che seguirebbe alla decisione della Cina di far valere con la forza le sue pretese su Taiwan, nel momento in cui la Cina sta sorpassando l’America come più grande nazione nella produzione manifatturiera. (Paul Krugman)
  • Se la stragrande maggioranza della popolazione dell'Ossezia e dell'Abkhazia è di etnia russa perché dovrebbe far parte della Georgia e non della Russia? (Francesco Cossiga)
  • Allora il mondo non lo ha capito. Non ha voluto capirlo. Ha scelto la via di una codarda pacificazione delle «parti in conflitto» invece di reagire con il massimo rigore contro l'aggressore e invasore. Invece di dargli una bella lezione, introdurre severissime sanzioni, chiamare le cose con il loro nome e, di conseguenza, optare per una strategia di confronto diretto, ha preferito le trattative e i guanti di velluto.
  • È stata una guerra che più autentica non si può. La prima delle guerre putiniane di nuovo tipo, in tutto e per tutto ipocrite, infami, di conquista. Proprio in quell'occasione è stato testato l'insieme di tecnologie che osserviamo ora, durante l'annessione della Crimea, durante l'operazione del Donbass e i bombardamenti in Siria.
    Omini verdi, quasi-Stati fantoccio interamente diretti, controllati e riforniti dalla Russia, le menzogne folli e sfrenate della zombo-tivvù, l'impazzimento di una nazione e la schedatura dei ragazzini georgiani nelle scuole, i primi «bambini crocifissi», il primo fascismo georgiano, reo di avere ammazzato duemila civili, la prima vera e propria trasformazione, senza titubanze, dei mass media in tecnologie di zombizzazione e omicidio... sono cose che si è iniziato a fare apertamente allora.
  • I primi bambini in mutandine crocifissi: quando la televisione russa ha incominciato a mentire apertamente, senza esitazioni, mettendo da parte in sostanza tutte le convenzioni a cui bene o male aveva provato ad attenersi fino a quel momento. Menzogne riguardo all'attacco proditorio, menzogne in merito alla città pacifica cancellata dalla faccia della terra, menzogne sui duemila morti ammazzati, menzogne sull'aggressione da parte della Georgia: menzogne, menzogne, menzogne. Nient'altro che menzogne. Un flusso ininterrotto. Una deliberata strategia per fare impazzire la nazione e trasformarla in una massa di aggressivi Erectus, disposti a cercare nelle scuole i ragazzini georgiani e a deportarli come essere umani di seconda qualità. E la popolazione che per la prima volta si mostrava pronta a rispondere a questi appelli della zombo-tivvù. Sì, non tutta quanta. Sì, allora c'era ancora una resistenza piuttosto attiva alla disumanizzazione. Ma sono trascorsi altri sei anni e questa resistenza è stata totalmente dissolta, ridotta alla monolitica follia del grido «la Crimea è nostra».
  • La fulminea risposta della Russia, nonché la quantità di equipaggiamenti e di soldati ammassati nella zona del conflitto permettono di supporre che Mosca non solo si aspettasse l'attacco, ma che l'avesse addirittura provocato. In luglio, in Abkhazia aveva stazionato un reparto del genio ferrovieri; dei binari riparati si sarebbero serviti in seguito i reggimenti penetrati dall'Abkhazia nelle città georgiane di Poti, Zugdidi e Senaki. Già in agosto, alla vigilia della guerra, era stata trasferita in Ossezia del Nord una serie di unità della 58ª armata russa stazionante nel Caucaso settentrionale. Bastava attraversare la frontiera. Tutto sta a indicare che una parte dei soldati l'avesse attraversata prima ancora che i georgiani attaccassero Tskhinvali.
  • La guerra dei cinque giorni, sebbene iniziata come un conflitto georgiano-osseto poi trasformandosi in russo-georgiano, è stata un aspetto della rivalità della Russia con gli Stati Uniti (e con una parte dell'Unione Europea). Il vero oggetto del contendere sono stati il controllo sulle vie di comunicazione e sui percorsi degli idrocarburi, le influenze sulla zona tra il Mar Nero e il Caspio (o addirittura su una zona molto maggiore, comprendente anche le regioni limitrofe di questa parte del mondo) e la garanzia di una sicurezza, soprattutto energetica.
  • Saakašvili aveva indubbiamente agito in modo irresponsabile, tuttavia la risposta della Russia era stata un'aggressione in piena regola contro uno Stato sovrano.
  • Berlusconi ha riconfermato più volte in modo imbarazzante, anche perché sempre sorridente e faceto trattando una questione di una gravità morale gigantesca, la sua amicizia con Putin ed ha detto che il suo amico Putin, che deve essere un omonimo di quello che comanda a Mosca, non ne poteva più di udire i racconti strazianti di madri schiacciate dai carri armati (georgiani), donne violentate (dai georgiani) poveri soldati uccisi (russi) e così – quando ce vo' ce vo' – ad un certo punto anche un sant'uomo come lui ha perso la pazienza e ha fatto ciò che ha fatto Hitler con la Polonia.
  • L'Italia non reagiva: l'Europa politicamente non esisteva, gli americani erano dell'idea che fosse meglio non impicciarsi più di tanto. Gli ingelsi erano i più preoccupati, ma gli italiani non avvertivano l'enormità del fatto mai accaduto prima: un esercito varca le frontiere di un altro Paese per appropriarsi di alcune parti di esso.
  • La mia rottura con Berlusconi avvenne proprio durante l'invasione russa della Georgia nel 2008, quando convocò nella sala del Mappamondo i deputati e i senatori della maggioranza del governo di cui era presidente, per metterci al corrente delle iniziative politiche del governo. Poi, in fine di seduta, annunciò che il suo amico Vladimir Putin stava per «inchiodare per le palle a un albero il presidente georgiano Saak'ashvili». Io mi alzai in silenzio e me ne andai.
  • Vi rendete conto che invadendo la Georgia abbiamo assistituo al ripugnante spettacolo di uno Stato Europeo che fa parte del Consiglio d'Europa il quale invade col proprio esercito un altro Stato europeo indipendente che fa parte del Consiglio d'Europa? Vi rendete conto che è come se la Germaina avesse invaso la Svizzera, o la Francia il Belgio?
  • La Georgia ha iniziato l'aggressione, questa è la conclusione più importante. Questo non può essere cancellato dalla storia.
  • La Russia ha ricevuto una cosa importante: la pace. Siamo stati in grado di proteggere i nostri cittadini, e sono molti, che vivono in Abkhazia e nell'Ossezia meridionale. Non abbiamo il rompicapo di un possibile altro attacco in cui dovremo intervenire, proteggere i nostri cittadini, proteggere la nostra sicurezza e dare una risposta. Nella regione è tutto chiaro. E questa è la cosa più importante.
  • Le mie valutazioni rimangono le stesse: senza la condotta irresponsabile, immorale e criminale di Saakashvili e dei suoi seguaci, non ci sarebbe stata alcuna guerra.
  • Nella notte dell'8 agosto 2008 Tbilisi ha fatto la sua scelta, iniziando la guerra contro il popolo sudosseto il quale - stando alle dichiarazioni di Saakashvili - è considerato una parte del suo Stato. Con il suo ordine criminale di iniziare la guerra, il presidente georgiano ha cancellato di propria mano tutte le speranze per il ristabilimento dell'integrità territoriale e la coesistenza pacifica di sudosseti, abkhazi e georgiani in un unico Stato. I popoli dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud si sono espressi più volte con referendum a favore dell'indipendenza delle proprie Repubbliche. Ciò che è successo in Ossezia del Sud e si stava pianificando di fare anche in Abkhazia ha fatto traboccare il vaso della pazienza.
  • I giornalisti occidentali, sono persone di vero talento. Sono capaci di convincere la gente che il nero è bianco e viceversa. Per fare un esempio, in eventi tragici come l'assalto in Ossezia del Sud, Saakashvili ha detto pubblicamente di avere lui stesso ordinato alle truppe di agire. Uno dei suoi dignitari ha persino parlato in TV confermando la stessa cosa. Capirà quindi la mia incredulità quando ho sentito che i media accusavano la Russia dell'attacco. E milioni di telespettatori nel mondo ci hanno creduto. È sbalorditiva, questa capacità che hanno i giornalisti americani ed europei. Davvero un grande talento. Ma quando i nostri giornalisti tentano di proteggere gli interessi nazionali russi, quando prendono posizione, vengono subito accusati di essere i portavoce della propaganda del Cremlino, con mio grande disappunto.
  • Il presidente Saakashvili ha ordinato alle sue truppe di attaccare il territorio dell'Ossezia del Sud. Durante il primo attacco che hanno sferrato, hanno distrutto lo spazio dedicato ai peacekeepers, i mediatori di pace russi. In quello scontro sono morte dieci o quindici persone. Le truppe georgiane hanno utilizzato diversi lanciarazzi e la gente non ha avuto nemmeno il tempo di uscire dagli alloggi. Dopo di che la Georgia ha eseguito un assalto militare su larga scala. Mi piacerebbe sentir dire dai rappresentanti di altri paesi cosa farebbero dopo aver ricevuto un attacco che ha ucciso tutti i loro pacieri. Quindi, è vero che abbiamo aiutato l'Ossezia del Sud, ma stavamo anche, e voglio sottolinearlo, svolgendo i nostri doveri di tutori della pace. E, a parte questo, abbiamo subito delle perdite ingiustificate. Potevamo considerarlo come un attacco alla Federazione Russa.
  • La Russia aveva dimostrato moderazione, pazienza, anche durante l'attacco armato contro i nostri pacieri e l'uccisione di persone innocenti. In seguito, e mi ripeterò, è venuto fuori che nessuno stava provando a fermare quell'agente provocatore. Alla fine il presidente Medvedev ha preso la decisione giusta.
  • È un'invasione classica che non ha niente a che vedere con il diritto internazionale moderno. Si sta cercando di soffocare il diritto delle nazioni.
  • Gli americani pensavano che dopo la fine della Guerra fredda la Russia non avrebbe invaso nessuno. Il pensiero strategico era che non sarebbe più stato possibile. Anche se nel nostro caso è iniziata una storia diversa.
  • I russi ci accusano di aver provocato il conflitto, ma in 12 ore hanno mobilitato 500 carri armati e 25mila uomini. La loro aggressione era premeditata. Vogliono rovesciare il potere in Georgia perché non sopportano un governo democratico e indipendente ai loro confini. Quel che ci sta accadendo ricorda il '68 in Cecoslovacchia e il '56 in Ungheria. La Russia vuole impadronirsi delle rotte energetiche del Caucaso.
  • Immediatamente nel 2008 la Russia non ottenne proprio niente oltre all'occupazione di alcune decine di villaggi georgiani al prezzo di enormi perdite umane e di reputazione. In quel momento non riuscirono a cambiare il mio governo e il corso politico.
  • In Ossezia del Sud tutti i separatisti importanti hanno scelto di avere contatti con la Georgia, ma i russi hanno inviato generali russi che si sono proclamati governo dell'Ossezia del Sud e ora dicono che sono dei separatisti e che la Georgia non può recuperare quei territori.
  • L'Ossezia del sud è solo un pretesto. La Russia vuole impadronirsi dell'intera Georgia e infatti il suo esercito ha già superato i confini di quella regione fatta di piccoli villaggi, che già da tempo era stata trasformata in un grande campo militare, con amministratori scelti da Mosca e gli unici posti di lavoro legati alla cosiddetta missione di "peace-keeping" russa.
  • Mosca vuole conquistare l'intera Georgia. Già dall'inizio della primavera i russi hanno rinnovato a fondo una linea ferroviaria nella provincia separatista dell'Abkhazia, e così hanno potuto trasportare sul posto una quantità enorme di carburante. Ora sappiamo che ne avevano bisogno per le loro truppe.
  • Ne sento tutta la responsabilità. E, chiaramente, questa per me è un'esperienza molto dolorosa, una tragedia mortale. Ma d'altro canto allora c'erano solo due soluzioni: arrendersi o combattere. Non mi sarei potuto permettere di non combattere. Odio la guerra e ho odiato ogni secondo di quella guerra. Quando dirigevo l'esercito percepivo la perdita di ogni soldato come una tragedia personale.
  • Siamo tornati alla politica del XIX secolo, anzi, dell'età della pietra. I miei amici occidentali mi rassicuravano: "Mosca non arriverà fino a questo punto". Oggi invece sto vivendo il peggiore degli incubi.
  • Le forze armate georgiane sono in rotta; Putin viene osannato in Russia come uno zar trionfatore, avendo vinto in cinque giorni la prima guerra esterna che i russi combattevano dal Natale 1979, quando avevano invaso l'Afghanistan; l'America conosce l'ennesimo scacco degli otto anni di George W. Bush. Putin aveva teso a Mikhail Saakashvili una trappola perfettamente congegnata, e il georgiano vi s'è ficcato senza esitare. Da quando la loro "intelligence" aveva capito che il bollente georgiano aveva deciso di muovere il suo esercito, i russi avevano ammassato truppe, spostato aerei, sul confine tra Russia e Ossezia meridionale. Si spiega così la fulminea controffensiva di giovedì 7 agosto con cui hanno sbaragliato i georgiani, facendo durare la guerra (come volevano, in modo da evitare una troppo rumorosa reazione internazionale) soltanto cinque giorni. Mentre quel che non si spiega è come mai i servizi d'informazione americani, presenti da tempo in Georgia, non abbiano fermato in tempo Saakashvili.
  • Le legittime pretese dei georgiani di ristabilire la propria sovranità sulle province secessioniste, Ossezia del sud e Abkhazia, si sono a questo punto dissolte. Il precedente del Kossovo verrà usato dal Cremlino per tacitare le proteste degli occidentali, e le due province non rientreranno più nella Georgia. Quanto a Saakashvili, per ora i russi eviteranno di buttarlo giù in modo da evitare che li si accusi d'una manovra di "regime change" come quella con cui gli americani liquidarono Saddam Hussein.
  • Se avverrà, l'uscita di scena dell' incauto Saakashvili sarà poi colma di significati per ogni altro governante dei paesi ex sovietici. Essa vorrà infatti dire che non ci si può fidare degli abbracci americani, dei prematuri inviti ad entrare nella Nato, perché i russi si sono dimostrati chiarissimi: quei paesi sono nella loro zona d'influenza, e la loro libertà di movimento è relativa.
  • Sembra d'essere tornati all'Ottocento? Sì, ed facile spiegare perché. Svuotata della zavorra ideologica, la rivalità tra Russia e Stati Uniti si configura ormai come pura politica di potenza, anche se resa meno pericolosa dalle esigenze dell'economia globalizzata.

Voci correlate

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