Arthur Rimbaud: differenze tra le versioni

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==''Lettera del Veggente''<ref>Spedita a Paul Demeny il 15 maggio 1871. Questa lettera, del 15 maggio 1871, è la più importante, in realtà ne esiste un'altra detta ugualmente del ''Veggente'', spedita, sempre da [[Arthur Rimbaud|Rimbaud]], a Georges Izambard, due giorni prima, il 13 maggio del 1871</ref>==
==''Lettera del Veggente''<ref>Spedita a Paul Demeny il 15 maggio 1871. Questa lettera, del 15 maggio 1871, è la più importante, in realtà ne esiste un'altra detta ugualmente del ''Veggente'', spedita, sempre da [[Arthur Rimbaud|Rimbaud]], a Georges Izambard, due giorni prima, il 13 maggio del 1871</ref>==
*Io dico che bisogna esser ''veggente'', farsi ''veggente''. Il Poeta si fa ''veggente'' mediante un lungo, immenso e ragionato ''disordine di tutti i sensi''. (da ''Lettera del veggente'', in ''Opere'', 1969)
*{{NDR|Sulla creazione di una "nuova lingua"}} Questa lingua sarà dell'anima per l'anima, riassumerà tutto: profumi, suoni, colori; pensiero che uncina il pensiero e che tira. (da ''Lettera del veggente'')
*{{NDR|Sulla creazione di una "nuova lingua"}} Questa lingua sarà dell'anima per l'anima, riassumerà tutto: profumi, suoni, colori; pensiero che uncina il pensiero e che tira. (da ''Lettera del veggente'')
*Tutta la poesia antica sfocia nella poesia greca; Vita armoniosa. – Dalla [[Grecia]] al movimento romantico, – medioevo, ci sono stati letterati, versificatori. Da [[Ennio]] a Turoldo, da Turoldo a [[Casimir Delavigne]], tutto è prosa rimata, un gioco, infiacchimento e gloria di innumerevoli generazioni idiote: [[Jean Racine|Racine]] è il puro, il forte, il grande. – Ancorché si fosse soffiato sulle sue rime, ingarbugliando i suoi emistichi, questo Divino Sciocco sarebbe tuttoggi altrettanto ignoto che il primo autore di ''Origini''. – Dopo [[Jean Racine|Racine]], il gioco ammuffisce. È durato mille anni!<br /> Né scherzo, né paradosso. La ragione m'ispira più certezze sul soggetto di quanta rabbia avrebbe mai potuto avere una giovane Francia. Del resto, liberi i nuovi di esecrare gli antenati: si è a casa propria e si ha tutto il tempo.
*Tutta la poesia antica sfocia nella poesia greca; Vita armoniosa. – Dalla [[Grecia]] al movimento romantico, – medioevo, ci sono stati letterati, versificatori. Da [[Ennio]] a Turoldo, da Turoldo a [[Casimir Delavigne]], tutto è prosa rimata, un gioco, infiacchimento e gloria di innumerevoli generazioni idiote: [[Jean Racine|Racine]] è il puro, il forte, il grande. – Ancorché si fosse soffiato sulle sue rime, ingarbugliando i suoi emistichi, questo Divino Sciocco sarebbe tuttoggi altrettanto ignoto che il primo autore di ''Origini''. – Dopo [[Jean Racine|Racine]], il gioco ammuffisce. È durato mille anni!<br /> Né scherzo, né paradosso. La ragione m'ispira più certezze sul soggetto di quanta rabbia avrebbe mai potuto avere una giovane Francia. Del resto, liberi i nuovi di esecrare gli antenati: si è a casa propria e si ha tutto il tempo.

Versione delle 17:11, 7 nov 2010

Arthur Rimbaud nel 1872

Jean Nicolas Arthur Rimbaud (1854 – 1891), poeta francese.

Citazioni di Arthur Rimbaud

  • È ritrovata? | Che? – L'Eternità | È il mare andato | Con il sole. (da L'Eternità, in Ultimi versi, Opere, 1969)
  • Quando hai diciassette anni non fai veramente sul serio. (da Roman, v. 1)

Senza fonte

  • M'annoio molto, sempre; non ho mai conosciuto nessuno che si annoiasse così tanto come me. (da una lettera alla famiglia, Harar)

Lettera del Veggente[1]

  • [Sulla creazione di una "nuova lingua"] Questa lingua sarà dell'anima per l'anima, riassumerà tutto: profumi, suoni, colori; pensiero che uncina il pensiero e che tira. (da Lettera del veggente)
  • Tutta la poesia antica sfocia nella poesia greca; Vita armoniosa. – Dalla Grecia al movimento romantico, – medioevo, ci sono stati letterati, versificatori. Da Ennio a Turoldo, da Turoldo a Casimir Delavigne, tutto è prosa rimata, un gioco, infiacchimento e gloria di innumerevoli generazioni idiote: Racine è il puro, il forte, il grande. – Ancorché si fosse soffiato sulle sue rime, ingarbugliando i suoi emistichi, questo Divino Sciocco sarebbe tuttoggi altrettanto ignoto che il primo autore di Origini. – Dopo Racine, il gioco ammuffisce. È durato mille anni!
    Né scherzo, né paradosso. La ragione m'ispira più certezze sul soggetto di quanta rabbia avrebbe mai potuto avere una giovane Francia. Del resto, liberi i nuovi di esecrare gli antenati: si è a casa propria e si ha tutto il tempo.
  • Perché Io sono un altro. Se il rame si sveglia tromba, egli non ne ha nessuna colpa. Questo mi pare evidente: assisto allo sbocciare del mio pensiero: lo guardo, l'ascolto: dò un colpo d'archetto: la sinfonia si sommuove nel profondo, o salta fuori sulla scena.
  • Se i vecchi imbecilli non avessero trovato dell'Io che il falso significato, noi non avremmo da spazzare questi milioni di scheletri che, per un tempo infinito, hanno accumulato i prodotti del loro guercio intelletto, proclamandosene autori!
  • Funzionari, scrittori: autore, creatore, poeta, quest'uomo non è mai esistito!
  • Il primo studio dell'uomo che voglia diventare poeta è la sua propria conoscenza, intera; egli cerca la sua anima, l'indaga, la tenta, la impara. Dopo averla conosciuta, la deve coltivare; ciò sembrare facile: in tutti i cervelli accade un sviluppo naturale; tanti egoisti si proclamano autori; si tratta di ben altro che attribuirsi il proprio progresso intellettuale! – Si tratta di fare l'anima mostruosa: come i comprachicos, insomma! Imaginate un uomo che si impianta e coltivi verruche sul viso.
  • Io dico che bisogna essere veggenti, farsi veggente.
    Il Poeta si fa vegente mediante una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; egli cerca sé stesso, esaurisce in lui tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza.
    Ineffabile tortura dove egli ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovraumana, dove egli diventa fra tutti il grande malato, il grande criminale, il grande maledetto, – e il supremo Sapiente! – Poiché è arrivato all'ignoto! Dopo avere coltivato la sua anima, già ricca, più di chiunque altro! Egli arriva all'ignoto, e quando, impazzito, finirà per perdere l'intelligenza delle sue visioni, le ha pur viste! Che crepi nel suo salto verso le cose inaudite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti dove l'altro si è accasciato!
  • Trovare una lingua; In attesa, domandiamo ai poeti del nuovo, – idee e forme. Tutte le persone abili credono subito di aver soddisfatto a questa domanda. – Non è questo! I primi romantici sono stati veggenti senza rendersene ben conto; la cultura delle loro anime è cominciata dagli incidenti: locomotive abbandonate, ma brucianti, rimaste ancora sulle rotaie. – Lamartine è a volte veggente, ma soffocato da una forma vecchia. – Hugo, troppo caparbio, ha del veduto negli ultimi volumi: I Miserabili sono una vera poesia. Ho I Castighi sottomano; Stella dà pressappoco la misura della veduta di Hugo. Troppo Belmontet e Lamennais, Jehova e colonne, vecchie enormità crepate.
  • Musset è quattordici volte esecrabile per noi, generazioni dolorose e in preda alle visioni, – con quella sua pigrizia d'angelo insulsa! Oh! i racconti e i proverbi insipidi! oh le notti! oh Rolla, oh Namouna, oh la Coppa ! tutto è francese, vale a dire odioso al sommo grado; francese, non parigino! Ancora un'opera di questo odioso genio che ha ispirato Rabelais, Voltaire, Jean La Fontaine, commentato da M. Taine! Primaverile, lo spirito di Musset! Delizioso, il suo amore! Ed ecco, della pittura a smalto, della poesia solida! Si gusterà per molto tempo la poesia francese, ma in Francia. Ogni garzone pizzicagnolo riesce a sbobinare un'apostrofe in stile Rolla; ogni seminarista ne porta le cinquecento rime nel segreto di un taccuino. A quindici anni, questi slanci di passione mettono i giovani in foia; a sedici anni, si accontentano ormai di recitarle con cuore; a diciotto anni, a diciasette ugualmente, tutti i collegiali che ne hanno modo, fanno il Rolla, scrivono un Rolla! Qualcuno ne muore ancora forse. Musset non ha saputo fare niente: aveva delle visioni dietro il velo delle tende: egli ha chiuso gli occhi. Francese, fiacco, trascinato dal caffè alla cattedra di collegio, il bel morto è morto, e, ormai, non diamoci nemmeno più la pena di ridestarlo con il nostro abominio!
  • I secondi romantici sono molto veggenti: Théophile Gautier, Leconte de Lisle, Théodore de Banville. Ma indagare l'invisibile e intendere l'inaudito è ben altra cosa che riprendere lo spirito delle cose morte, Baudelaire è il primo veggente, re dei poeti, un vero Dio. Ancorché vissuto in ambiente troppo artistico; e la forma così vantata è in lui meschina: le invenzioni dall'ignoto richiedono forme nuove.
  • Rotta alle vecchie forme, tra gli innocenti, A. Renaud, – ha fatto il suo Rolla; L. Grandet, – ha fatto il suo Rolla; i gallici e i Musset, G. Lafenestre, Coran, Cl. Popelin, Soulary, L. Salles; gli scolari, Marc, Aicard, Theuriet; i morti e gli imbecilli, Autran, Barbier, L. Pichat, Lemoyne, i Deschamps, i Desessarts; i giornalisti, L. Cladel, Robert Luzarches, X. de Ricard; i fantasisti, C. Mendès; le bohêmes; le donne; i talenti, Léon Dierx e Sully-Prudhomme, Coppée, – la nuova scuola, detta parnassiana, ha due veggenti, Albert Mérat e Paul Verlaine, un vero poeta. – Ecco. Così lavoro per rendermi veggente.

Una Stagione in Inferno

Incipit

Diana Grange Fiori

Un tempo, se ricordo bene, la mia vita era un festino in cui tutti i cuori si aprivano, tutti i vini scorrevano.
Una sera, ho fatto sedere la Bellezza sulle mie ginocchia. – E l'ho trovata amara. – E l'ho insultata.
Mi sono armato contro la giustizia.
Sono fuggito. Oh streghe, miseria, odio, a voi, è stato affidato il mio tesoro!

Ivos Margoni

Io pervenni a far svanire dal mio spirito tutta la speranza umana. Su tutte le gioie per strangolarle ho fatto il balzo sordo della bestia feroce.
Ho invocato i carnefici, morente, per mordere il calcio dei loro fucili. Ho invocato i flagelli, per soffocarmi con la sabbia, col sangue. La sventura è stata il mio Dio. Mi sono disteso nel fango. Mi sono asciugato all'aria del crimine. E ho giocato ottimi tiri alla follia.

[Arthur Rimbaud, Oeuvres/Opere, a cura di Ivos Margoni, Feltrinelli, quinta ed. 1978, prima ed. 1961, Milano]

Citazioni

  • Adesso posso dire che l'arte è una sciocchezza. (Minute per Una Stagione in Inferno)
  • Adesso sono maledetto, detesto la patria. Il meglio, è un sonno proprio da ubriaco, sul greto. (Sangue cattivo)
  • Credo d'essere in inferno, dunque ci sono. (Notte dell'inferno)
  • I criminali sono disgustosi come i castrati: io, sono intatto, e per me fa lo stesso. (Sangue cattivo)
  • I Galli erano scorticatori di bestie, bruciatori d'erbe: i più inabili del loro tempo. (Sangue cattivo)
  • Il malanno è stato il mio dio. («Un tempo, se ricordo bene...»)
  • Io capisco, e siccome non mi so spiegare senza parole pagane, vorrei tacere. (Sangue cattivo)
  • L'inferno non può intaccare i pagani. (Notte dell'inferno)
  • La mia razza non si è mai ribellata se non per predare: come i lupi con l'animale che non hanno ucciso. (Sangue cattivo)
  • La morale è la debolezza del cervello. (Alchimia del Verbo)
  • La morte, raggiungila con tutti i tuoi appetiti, e il tuo egoismo e tutti i peccati capitali. («Un tempo, se ricordo bene...»)
  • La teologia è seria, certamente l'inferno sta in basso – e il cielo in alto. (Notte dell'inferno)
  • La vita è la farsa che dobbiamo recitare tutti. (Sangue cattivo)
  • Mi sono disteso nel fango. Mi sono asciugato al vento del delitto. E alla follia ho giocato qualche brutto tiro. («Un tempo, se ricordo bene...»)
  • Non credo di essermi imbarcato per uno sposalizio, con Gesù Cristo per suocero. (Sangue cattivo)
  • Scrivevo silenzi, notti, segnavo l'inesprimibile. Fissavo vertigini. (Alchimia del Verbo)
  • Soltanto l'amore divino concede le chiavi della scienza. (Sangue cattivo)
  • Sono nel profondo dell'abisso, e non so più pregare. (Vergine folle)

[Arthur Rimbaud, Una Stagione in Inferno, traduzione di Diana Grange Fiori, Oscar Biblioteca, Arnoldo Mondadori Editore, 1972.]

Illuminazioni

Incipit

Non appena l'idea del Diluvio si fu seduta,
Una lepre sostò fra lupinelle e campanule ondeggianti e disse la sua preghiera all'arcobaleno attraverso la tela del ragno.
Oh! le pietre preziose che si nascondevano, – i fiori che già guardavano.
Nella grande strada sporca i banchi si drizzarono, e le barche vennero trascinate verso il mare a scaglioni lassù come nelle stampe.
Corse il sangue, da Barbablù, – ai mattatoi, – nei circhi, dove il sigillo di Dio fece livide le finestre. Il sangue e il latte scorrevano.
I castori costruirono. I mazagrans fumarono nelle bettole.
Nella gran casa di vetro ancora grondante i bambini a lutto guardarono le splendide immagini. [Arthur Rimbaud, Illuminazioni, traduzione di Diana Grange Fiori, Oscar Biblioteca, Arnoldo Mondadori Editore, 1972.]

Citazioni

  • Ho steso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d'oro da stella a stella, e danzo. (Mondadori, 1972)
  • La musica sapiente vien meno al nostro desiderio. (Mondadori, 1972)
  • Nelle ore d'amarezza immagino sfere di zàffiro, di metallo. Sono padrone del silenzio. Perché mai una parvenza di spiraglio dovrebbe illividire all'angola della volta? (Mondadori, 1972)
  • Non appena l'idea del Diluvio si fu placata, una lepre si fermò tra il trifoglio e le mobili campanelle e disse la sua preghiera all'arcobaleno attraverso la tela del ragno.
    Oh! le pietre preziose che si celavano, – i fiori che già guardavano.
    [...] Sgorga, stagno, – schiuma, riversati sui ponti, e al di sopra dei boschi; – drappi neri ed organi, – lampi e tuoni – salite e scorrete; – Acque e tristezze, salite e rialzate i Diluvi.
    Che da quando si sono dissolti, – oh le pietre preziose interrate, e i fiori aperti! – è una noia! e la Regina, la Strega che accende la sua brace nel vaso di terra, non vorrà mai raccontarci ciò che ella sa, e che noi ignoriamo. (Feltrinelli, 1978)
  • Quest'idolo, occhi neri e crine giallo, senza parenti né corte, più nobile di una favola, messicana e fiamminga; il suo dominio, azzurro e verzura insolenti, si stende su spiagge nomate, da onde senza vascelli, con nomi ferocemente greci, slavi, celtici.
    [...] giovani madri e grandi sorelle dagli sguardi colmi di pellegrinaggi – sultane, principesse dall'incedere e dai costumi tirannici, piccole straniere e persone dolcemente sciagurate.
    Che noia, l'ora del "caro corpo" e del "caro cuore". (Feltrinelli, 1978)
  • [...] Fiori magici ronzavano. I pendii li cullavano. Bestie di una eleganza favolosa circolavano. Le nubi si addensavano sull'alto mare fatto di una eternità di calde lacrime. (Feltrinelli, 1978)
  • [...] I sentieri sono aspri. Le colline si ricoprono di ginestre. L'aria è immobile. Come sono lontani gli uccelli e le fonti! Non può esserci che la fine del mondo, più in là. (Feltrinelli, 1978)
  • [...] La musica sapiente manca al nostro desiderio. (Feltrinelli, 1978)

Citazioni su Arthur Rimbaud

  • Ho avuto la fortuna di vedere Radiguet scrivere il suo libro come un compito, durante le vacanze del 1921. Lo dico perché questo ragazzo prodigio stupisce per la sua mancanza di mostruosità. Rimbaud può venir spiegato dai suoi incubi infantili. Mi domando dove ficca le mani codesto prestigiatore. Radiguet lavora in pieno giorno con le maniche rimboccate. Rimbaud soddisfa l'idea drammatica, breve e folgorante, che la gente si fa del genio. Radiguet ha avuto la fortuna di nascere dopo l'epoca in cui una luce opaca attraeva il fulmine. Egli ci sorprende dunque per la sua scipitezza. Sono molti a esprimersi in tal modo. Il foglio trasparente dello scandolo c'impedisce ancora di ammettere che alla nostra epoca l'anarchia si presenti sotto forma di colomba. (Jean Cocteau)
  • Iddio sia mille volte benedetto! Io ho provato domenica la più grabde felicità che possa avere in questo mondo. Non è più un povero e infelice reprobo che sta morendo vicino a me: è un giusto, un santo, un martire, un eletto! (Isabelle Rimbaud)
  • Si può affermare, quasi senza metafora, che Rimbaud è l'essere esente dal peccato originale... (Jacques Rivière)
  • Come Iddio, come la Natura, Rimbaud ci scoraggia per il suo mistero. (J.P.Vaillant) [2]
  • Lo si è detto convertito al cristianesimo. Nessuna singola formula religiosa, fosse pure la cattolica, era capace di includere le sue colossali e inaudite misticità. (Paterne Berrichon)
  • Mistico allo stato selvaggio. (Paul Claudel)
  • Un giovane grande e robusto, dalla faccia rubiconda, un contadino... Gli occhi erano azzurri, molto belli, ma avevano una espressione cupa... I calzoni corti lasciavano vedere dei calzerotti di colore turchino lavorati a maglia. (Matilde Verlaine[3])
  • Un temperamento metafisico – fra i più eccessivi – in carne di poeta, e la lotta di questo temperamento, che come tale non si conosce, per trovare nel sistema chiuso del fatto d'arte uno sfogo che finisce con lo spezzare con la sua fronte. (Benjamin Fondane)
  • Vorrei anch' io poter dire con Rimbaud: «Volo alto sopra l'azione». No, non volo, ma mi sforzo di distinguere la verità dall'evidenza, e dico che la verità è problematica, è coperta, mentre l'evidenza è più semplice e semplicemente dovrebbe rivelarsi al solo suo apparire. (Raffaele La Capria)

Henri Daniel-Rops

  • Arturo Rimbaud ha potuto, nei delirii della sua collera e nella frenesia del suo orgoglio, lanciare alla Notte parole che sembrano escludere ogni perdono. [...] egli ha saputo combattere la sola battaglia che merita di essere combattuta, «quella battaglia spirituale che è brutale quanto la battaglia fra uomini».
  • Ogni uomo, degno di questo nome, conosce in sé, nel più profondo del suo essere, il dramma che Rimbaud ha sofferto e del quale ci ha lasciato la testimonianza.
  • Ritrovare la purezza non nella coscienza ma in ciò che la nega: questo è stato il tentativo di Rimbaud, come di qualcun altro del suo stampo.
  • Il vero dramma di Rimbaud, esattamente uguale sul piano umano a quello in cui ci parlano i testi, è dunque, a mio parere, il dramma di Satana ribellatosi a Dio e gettato nelle tenebre eterne.

Paul Verlaine

  • Angelo in esilio, Satana adolescente.
  • Era un uomo alto, ben piantato, quasi atletico, dal volto perfettamente ovale di angelo in esilio, con capelli castano chiari in disordine e due occhi di un blu pallido inquietante. Ardennese, egli possedeva, oltre a un accento campagnolo troppo presto perduto, il dono della pronta assimilazione, propria delle genti di quel paese – e questo può spiegare il rapido inaridirsi, sotto il sole scialbo di Parigi, della sua vena, per dirla come i nostri avi, il cui linguaggio diretto e corretto non aveva sempre torto, in fin dei conti.
  • [...] la parola Illuminations è inglese e significa incisione colorata, «coloured plates»: è il sottotitolo medesimo che Rimbaud aveva dato al suo manoscritto».
  • Non ha fatto altro che viaggiare terribilmente e morire giovanissimo.
  • Una specie di dolcezza splendeva sorridente in quegli occhi crudeli azzurro-chiari e su quella bocca vigorosa, rossa, dalla piega amara.

Note

  1. Spedita a Paul Demeny il 15 maggio 1871. Questa lettera, del 15 maggio 1871, è la più importante, in realtà ne esiste un'altra detta ugualmente del Veggente, spedita, sempre da Rimbaud, a Georges Izambard, due giorni prima, il 13 maggio del 1871
  2. citato in Henri Daniel-Rops, Rimbaud, p. 11
  3. Citato in Henri Daniel-Rops, Rimbaud, p. 21.

Bibliografia

  • Arthur Rimbaud, Opere, a cura di Ivos Margoni, Feltrinelli, 1969.
  • Arthur Rimbaud, Lettera del Veggente, contenuto in Opere, a cura di Ivos Margoni, Feltrinelli, quinta ed. 1978, prima ed. 1961, Milano
  • Arthur Rimbaud, Opere, a cura di Diana Grange Fiori, introduzione di Yves Bonnefoy, Mondadori, 2006. ISBN 8804560231
  • Arthur Rimbaud, Una Stagione in Inferno (Une Saison en Enfer), traduzione di Diana Grange Fiori, Oscar Biblioteca, Arnoldo Mondadori Editore, 1972.
  • Arthur Rimbaud, Illuminazioni (Illuminations), traduzione di Diana Grange Fiori, Oscar Biblioteca, Arnoldo Mondadori Editore, 1972.
  • Arthur Rimbaud, Illuminazioni (Illuminations), contenuto in Opere, a cura di Ivos Margoni, Feltrinelli, quinta ed. 1978, prima ed. 1961, Milano.
  • Henri Daniel-Rops, Rimbaud, traduzione di G.L. Pizzolari, Morcelliana, Brescia, 1947.

Voci correlate

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