Vladimir Nabokov

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Vladimir Nabokov nel 1973

Vladimir Vladimirovič Nabokov (1899 – 1977), scrittore, saggista, critico letterario, entomologo, drammaturgo e poeta russo naturalizzato statunitense.

Citazioni di Vladimir Vladimirovič Nabokov[modifica]

  • Certe persone – e io sono di quelle – odiano il lieto fine. Ci sentiamo truffati. Il fallimento è la norma.[1]
  • Ci troviamo di fronte a un interessante fenomeno: un eroe letterario che gradualmente perde contatto col libro che l'ha prodotto; che abbandona la patria, che abbandona lo scrittoio del suo autore per vagabondare nell'universo dopo aver vagabondato per la Spagna. In definitiva, don Chisciotte è più grande oggi di quanto lo fosse nel grembo di Cervantes. Ha cavalcato per trecentocinquanta anni nelle giungle e nelle tundre del pensiero umano – guadagnando in vitalità e statura. Non ridiamo più di lui. Il suo blasone è la pietà, il suo vessillo la bellezza. L'unica cosa che conta è il suo essere gentile, generoso, puro, solitario e valoroso. La parodia è diventata pietra di paragone.[2]
  • Il compiacimento è uno stato d'animo che è autentico solo se visto in retrospettiva: lo si deve infrangere prima di poterlo constatare.[3]
  • La disperazione umana di rado conduce alle grandi verità.[1]
  • La satira è una lezione, la parodia è un gioco.[4]
  • Lo stile e la struttura sono l'essenza di un libro; le grandi idee sono inutili.
Style and Structure are the essence of a book; great ideas are hogwash.[5]
  • Mi sembra che nella scala delle misure universali vi sia un punto in cui s'incrociano l'una con l'altra l'immaginazione e la conoscenza, un punto dove si raggiunge il rimpicciolimento delle cose grandi e l'ingrandimento di quelle piccole: è il punto dell'arte.[6]
  • Non sono colpevole di imitare «la vita reale» più di quanto «la vita reale» sia responsabile di plagio nei miei confronti.[7]
  • Penso come un genio, scrivo come un autore eminente e parlo come un bambino.[4]
  • Quando leggete Turgenev, sapete che state leggendo Turgenev. Quando leggete Tolstoj, lo leggete perché non potete smettere.[8]
  • Sapere che si ha qualcosa di bello da leggere prima di coricarsi è una delle sensazioni più piacevoli della vita.[9]
  • [...] San Pietroburgo era tutto questo esattamente: un riflesso in uno specchio appannato, un miscuglio eteroclito di oggetti usati in maniera strampalata, di cose che indietreggiano più rapidamente che non avanzino, delle pallide notti grigie invece delle notti nere ordinarie.[10]
  • Un pensiero, quando è scritto, è meno opprimente, benché si comporti talvolta come un tumore maligno: lo asporti, lo strappi via, e si sviluppa di nuovo peggio di prima.[6]

Cose trasparenti[modifica]

  • Quando noi ci concentriamo su un oggetto materiale, ovunque esso si trovi, il solo atto di prestare ad esso la nostra attenzione può farci sprofondare involontariamente nella sua storia.
  • E questa, io credo, è la cosa: non l'angoscia della morte fisica, ma gli incomparabili tormenti della misteriosa manovra mentale necessaria per passare da uno stato di esistenza ad un altro.
    Bisogna andarci, vede figliolo, piano.

Fuoco pallido[modifica]

  • Lo spazio è uno sciame dentro gli occhi; e il tempo | un canto nelle orecchie. (vv. 215-216; p. 37)
  • Pure, se in precedenza | questa vita ce la fossimo mai immaginata, | quale folle, ineffabile, stravagante, | mirabile nonsense ci sarebbe sembrata! (vv. 217-220; p. 38)
  • Nella Russia d'oggi [del 1959], le idee sono blocchi rifilati a macchina e prodotti in colori uniformi; la sfumatura è dichiarata illegale, l'interstizio murato, la curva ridotta rozzamente a gradino. (p. 239)
  • Le somiglianze sono l'ombra delle differenze. (Shade; p. 261)
  • La solitudine è terreno di caccia di Satana. (2014)
  • La vita è una grande sorpresa. Non vedo perché la morte non potrebbe esserne una anche più grande.
  • Un sillogismo: sono gli altri a morire; ma io | non sono un altro; quindi non morirò.[11]

Il dono[modifica]

Incipit[modifica]

In una giornata dal cielo coperto ma luminosa, qualche minuto prima delle 4 pomeridiane del 1° aprile 192... (un critico straniero ha fatto rilevare che molti romanzi, per esempio tutti quelli tedeschi, iniziano con una data, ma solo gli autori russi, in virtù dell'originale onestà della nostra letteratura, tacciono l'ultima cifra), all'altezza del n. 7 di Tannenbergstrasse, in un quartiere occidentale di Berlino, si fermò un furgone per traslochi molto lungo e molto giallo, aggiogato a un altrettanto giallo trattore affetto da ipertrofia delle ruote posteriori e con le forme impudicamente esposte.[12]

Citazioni[modifica]

  • «A proposito di capolavori, oggi sul "Giornale" mi è capitata sotto gli occhi una poesia, ora non ricordo più il nome del peccatore: "Prendi, o mio Dio, tutto il mio odio". Verso blasfemo, oltre che di sublime volgarità».
    «Ci sarebbe anche una variante canina: "Prendi, o Signore, tutti i miei ossi"...».
  • Ci sono aforismi che, come gli aeroplani, stanno su solo quando sono in movimento.

La vera vita di Sebastiano Knight[modifica]

  • D'un tratto, per qualche motivo imponderabile, mi sentii profondamente addolorato per lui e bramai di poter dire qualcosa di reale, qualcosa con ali e cuore, ma gli uccelli che desideravo, si posarono sul mio capo soltanto più tardi quando fui solo e non avevo più bisogno di parole.
  • Ella era entrata nella sua vita senza bussare alla porta, come chi penetra nella stanza sbagliata a causa della sua rassomiglianza con la propria. Era rimasta lì, dimenticandosi di uscire, lentamente abituandosi alle strane creature trovate lì dentro e trattandole cordialmente a dispetto delle loro sorprendenti fisionomie.
  • Ella non serbava memoria di suo padre; anche sua madre era morta, e il patrigno s'era risposato, cosicché il vago concetto di famiglia che quella coppia le suggeriva poteva paragonarsi al vecchio sofisma del coltello dal manico cambiato a cui viene cambiata la lama, benché certo lei non potesse aspettarsi di ritrovare e riunire le parti originali – o almeno questo aspetto dell'eternità.
  • Sono nato in un paese dove l'idea della libertà, il concetto di diritto, la consuetudine di umanità e gentilezza erano cose tenute in freddo dispregio e brutalmente proscritte. Di tanto in tanto, nel corso della storia, accadeva che un governo ipocrita dipingesse le pareti della nostra immensa prigione di bei colori e proclamasse la garanzia dei diritti, familiari in altre nazioni più felici della nostra; ma, o questi diritti venivano goduti esclusivamente dai carcerieri, o altrimenti contenevano qualche vizio occulto che li rendeva più amari delle grida della dichiarata tirannia... ogni uomo era uno schiavo o un sopraffattore; dato che l'anima e qualsiasi cosa con essa collegata non erano ammesse nell'uomo, le pene corporali erano considerate le sole atte a governare e guidare l'umana natura... Di tanto in tanto accadeva una cosa chiamata rivoluzione, che trasformava gli schiavi in sopraffattori e viceversa... Una fosca contrada, un luogo d'inferno, signori miei, e se vi è cosa di cui son certo è che per nulla al mondo cambierei la libertà del mio esilio per la bassa parodìa di patria...
  • Non essere sicuro di apprendere il passato dalle labbra del presente. Non fidarti neanche del mediatore più onesto. Ricorda che ciò che ti vien detto ha sempre un triplice aspetto: riceve una certa forma da chi racconta, è rimodellato da chi ascolta ed è occultato a entrambi dal morto di cui si narra la storia.
  • Questo stato di costante vigilanza era estremamente penoso non solo in se stesso, ma anche per i suoi diretti risultati. Ogni atto ordinario che dovevo compiere assumeva un aspetto così complicato, generava una tale moltitudine di associazioni di idee nella mia mente, e queste associazioni erano così subdole e oscure, così inutili in pratica, che o evitavo di muovermi o, se mi muovevo, combinavo un'ira di guai a causa del nervosismo. [...]Conoscendo gli alti e i bassi della mia consapevolezza, temevo di veder gente, di ferire la loro sensibilità o di rendermi ridicolo ai loro occhi. Ma gli stessi pregi o difetti che tanto mi tormentavano, se confrontati con quello che si chiama il lato pratico della vita, diventavano uno strumento di squisito godimento ogni qualvolta mi abbandonassi alla mia solitudine.
  • Era fornita di immaginazione -il muscolo dell'anima- [...]
  • Possedeva anche quell'autentico senso della bellezza che piú che una faccenda d'arte è una prontezza a discernere l'aureola intorno a un tegame o la rassomiglianza tra un salice piangente e uno skye terrier.
  • Non sapeva che farsene delle frasi bell'e fatte poiché le cose che aveva da dire erano di struttura eccezionale e d'altro canto egli sapeva che nessuna vera idea può esistere senza le parole create appositamente. Sicché (per usare una similitudine più calzante) il pensiero in apparenza ignudo domandava solo che gli abiti che indossava diventassero visibili, mentre le parole appiattite lontano non erano quei vuoti gusci che sembravano, ma aspettavano soltanto che il pensiero che già nascondevano dentro le riscaldasse e le mettesse in moto.
  • Ma una lingua è una cosa fisicamente viva da cui non ci si può sbarazzare così facilmente.
  • "Ho finito di creare un mondo."
  • [...] vorrei precisare che Caleidoscopio può essere gustato a pieno quando si è compreso che gli eroi del libro sono quelli che in parole povere possono chiamarsi "sistemi di composizione". Come se un pittore dicesse: Attenzione ora vi mostrerò non il quadro d'un paesaggio, ma il quadro delle diverse maniere di dipingere un paesaggio, e spero che la loro armoniosa fusione vi riveli il paesaggio come vorrei lo vedeste.
  • "Ma non riesci a vedere," egli bisbigliò, "non riesci a vedere che la felicità alla meglio non è altro che il buffone della sua stessa caducità?"
  • In realtà io credo che affidare al "sesso" una posizione importante nell'affrontare un problema umano, o peggio ancora, lasciare che l'"idea sessuale", se mai esista, pervada e "spieghi" tutto, è un grave errore di ragionamento. "Il frangente di un'onda non può spiegare l'intero mare, dalla sua luna al suo serpente; ma lo stagno in una conca di roccia e la immensa increspata via per il Catai sono acqua tutt'e due."
  • L'amore fisico non è che un'altra via per dire la stessa cosa e non una nota particolare che una volta udita echeggia in ogni altra regione dell'anima.
  • Ma essendo insoddisfatto delle cose in genere, può darsi che fosse insoddisfatto anche del suo romanzo d'amore.
  • La vita con te è stata un sogno- e quando dico un sogno, intendo colombi e gigli, e velluto, e quel roseo "V" nel mezzo e il modo che avevi di arricciare la lingua nel pronunciare quella lunga languida 'l. La nostra vita insieme era fatta di allitterazioni, e quando penso a tutte le piccole cose che morranno, ora che non possiamo più condividerle, mi sembra d'essere morto anch'io. E forse lo siamo.
  • Vedi, più aumentava la nostra felicità e piú nebbiosi diventavano i suoi contorni, come se il suo profilo si confondesse, ed ora si è dissolto del tutto. Non ho cessato di amarti; ma qualcosa è morto in me, e non riesco più a vederti nella nebbia...
  • Non c'è nulla di più vile di un poeta che batte la macchia.
  • Non posso far a meno di sentire che c'è qualcosa di essenzialmente errato nell'amore. Degli amici possono bisticciare e lasciarsi, anche delle vecchie e salde amicizie, ma non c'è mai questo spasimo, questo pathos, questa fatalità che avvinghia l'amore. L'amicizia non ha mai quest'aria di condanna. Perché, quale ne è la causa? Non ho cessato di amarti, ma poiché non posso continuare a baciare la tua seria cara faccia, dobbiamo separarci, dobbiamo separarci. Perché ciò? Cos'è questa misteriosa esclusività? Si possono avere migliaia di amici, ma soltanto un'amata. Gli harem sono un'altra cosa: sto parlando di danza e non di ginnastica. O ci si può immaginare un terribile turco che ami tutte le sue quattrocento mogli come io amo te? Se avessi detto "due" avrei cominciato a contare e non si finirebbe più. C'è un solo numero vero:Uno. E l'amore, in apparenza, è il migliore esponente di questa unicità.
  • Sarebbe grottesco s'io cercassi di persuaderti che tu fosti il puro amore, e che quest'altra passione non sia che una commedia della carne. Tutto è carne e tutto è purezza. Ma una cosa è certa: sono stato felice con te ed ora sono infelice con un'altra.
  • Dimenticami ora, ma ricordami poi, quando l'amaro si sarà sciolto.
  • Le lettere d'amore vanno sempre bruciate. Il passato è un ottimo combustibile.
  • [...] le disse sprezzantemente che lei era frivola e vana, e allora la baciò per assicurarsi che non fosse una statua di porcellana. Be', non lo era mica. Ed allora egli s'accorse di non poter vivere senza di lei, e lei s'accorse di averne abbastanza di sentirlo parlare dei suoi sogni, e dei sogni nei suoi sogni, e dei sogni nei sogni dei suoi sogni.
  • E come il significato di tutte le cose irraggia dalla forma, molte idee ed eventi che erano parsi della massima importanza degenerarono non a cose insignificanti, poiché nulla può essere ora insignificante, ma allo stesso livello che altre idee ed eventi, un tempo destituiti d'importanza, hanno ora raggiunto.

Lezioni di letteratura[modifica]

  • [...] i grandi romanzi sono grandi fiabe [...]. (p. 32)
  • Un buon lettore, un grande lettore, un lettore attivo e creativo è un «rilettore». (p. 33)
  • La letteratura non è nata il giorno in cui un ragazzo, gridando al lupo al lupo, uscì di corsa dalla valle di Neanderthal con un gran lupo grigio alle calcagna: è nata il giorno in cui un ragazzo arrivò gridando al lupo al lupo, e non c'erano lupi dietro di lui. Non ha molta importanza che il poverino, per aver mentito troppo spesso, sia stato alla fine divorato da un lupo. L'importante è che tra il lupo del grande prato e il lupo della grande frottola c'è un magico intermediario: questo intermediario, questo prisma, è l'arte della letteratura. (p. 35)
  • La ragazza Emma Bovary non è mai esistita: il libro Madame Bovary esisterà per tutti i secoli dei secoli. Un libro vive più a lungo di una ragazza. (p. 167)
  • C'è in questo libro [Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde] un delizioso sapore di vino; in effetti nel corso del racconto si beve una notevole quantità di vino vecchio e pastoso; si ricorderà quello che sorseggia così confortevolmente Utterson. Queste spumeggianti e confortanti sorsate sono molto diverse dai gelidi spasimi provocati dal camaleontico intruglio, dal magico reagente che Jekyll distilla nel suo polveroso laboratorio. Tutto viene espresso in modo estremamente stuzzicante. Gabriel John Utterson di Gaunt Street proferisce le sue parole con grande sonorità; c'è un sapore stuzzicante nella fredda mattina londinese e c'è persino una certa ricchezza di tono nella descrizione delle orribili sensazioni patite da Jekyll durante le sue hydizzazioni. Stevenson doveva puntare moltissimo sullo stile, per risolvere i due maggiori problemi che gli si presentavano: 1. fare della pozione magica una droga plausibile, basata su ingredienti chimici e 2. dare credibilità al lato cattivo di Jekyll prima e dopo la hydizzazione. (p. 226)

Lolita[modifica]

Incipit[modifica]

Oddera[modifica]

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null'altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita.

Arborio Mella[modifica]

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.
Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.

Citazioni[modifica]

  • Una sua simile l'aveva preceduta? Ah sì, certo che sì! E in verità non ci sarebbe stata forse nessuna Lolita se un'estate, in un principato sul mare, io non avessi amato una certa iniziale fanciulla. Oh, quando? Tanti anni prima della nascita di Lolita quanti erano quelli che avevo io quell'estate. Potete sempre contare su un assassino per una prosa ornata.
    Signori della giuria, il reperto numero uno è ciò che invidiarono i serafini, i male informati, ingenui serafini dalle nobili ali. Guardate questo intrico di spine. (1993, p. 17)
  • Alzai gli occhi dalla lettera e feci per... Nessuna Lo in vista. Mentre ero assorto nella stregoneria di Mona, Lo aveva fatto spallucce ed era svanita. «Ha notato per caso...» chiesi a un gobbo che spazzava il pavimento vicino all'ingresso. Disse di sì, il vecchio satiro. Gli pareva che Lo avesse visto un'amica e fosse corsa fuori. Corsi fuori a mia volta. Io mi fermai – lei non lo aveva fatto. Corsi un altro po'. Mi fermai di nuovo. Era successo, infine. Se n'era andata per sempre. (1993, pp. 279–280)
  • Ecco qualcosa che composi durante il mio ritiro:
    Ricercata: Dolores Haze. Non è più qui. | Labbra scarlatte. Capigliatura bruna. | Età: cinquemilatrecento dì. | Professione: «stellina» o nessuna. (1993, p. 319)
  • Nei suoi slavati occhi grigi, stranamente occhialuti, il nostro povero romanzo d'amore fu riflesso, ponderato e scartato come una festa noiosa, come un picnic sotto la pioggia a cui abbiano partecipato solo i più barbosi scocciatori, come un compito monotono, come un pezzetto di fango rinsecchito che inzaccherasse la sua infanzia. (1993, p. 339)
  • Da qualche parte, dietro la baracca di Bill, una radio accesa dopo il lavoro aveva cominciato a cantare di fato e di follia, e lei era lì, con la sua bellezza distrutta, le mani strette e le vene in rilievo, da adulta, e le braccia bianche con la pelle d'oca, e le orecchie appena concave, e le ascelle non rasate, era lì (la mia Lolita!), irrimediabilmente logora a diciassette anni, con quel bambino che già sognava, dentro di lei, di diventare un pezzo grosso e di andare in pensione intorno al 2020 – e la guardai, la guardai, e seppi con chiarezza, come so di dover morire, che l'amavo più di qualunque cosa avessi mai visto o immaginato sulla terra, più di qualunque cosa avessi sperato in un altro mondo. Di lei restava soltanto il fievole odor di viole, l'eco di foglia morta della ninfetta sulla quale mi ero rotolato un tempo, con grida così forti; un'eco sull'orlo di un precipizio fulvo, con un bosco lontano sotto il cielo bianco, e foglie marrone che soffocano il ruscello, e un solo ultimo grillo fra le erbacce secche... ma grazie a Dio io non veneravo soltanto quell'eco. Ciò che solevo vezzeggiare fra i tralci intricati del mio cuore, mon grand péché radieux, si era ridotto alla propria essenza; il vizio sterile ed egoista, quello lo cancellai e lo maledissi. Potete anche schernirmi e minacciare di far sgombrare l'aula, ma finché non sarò imbavagliato e mezzo strangolato urlerò la mia povera verità. Insisto perché il mondo sappia quanto amavo la mia Lolita, quella Lolita, pallida e contaminata, gravida del figlio di un altro, ma sempre con gli occhi grigi, sempre con le sopracciglia fuligginose, sempre castano e mandorla, sempre Carmencita, sempre mia; Changeons de vie, ma Carmen, allons vivre quelque part où nous ne serons jamais séparés; Ohio? Le plaghe desolate del Massachusetts? Non importa, anche se quei suoi occhi si fossero sbiaditi come quelli di un pesce miope, e i suoi capezzoli si fossero gonfiati e screpolati, e il suo adorabile, giovane delta vellutato e soave si fosse corrotto e lacerato... anche così sarei impazzito di tenerezza alla sola vista del tuo caro viso esangue, al solo suono della tua giovane voce rauca, Lolita mia. (1993, pp. 345–346)
  • «No,» dissi «non hai capito niente. Voglio che tu lasci il tuo occasionale Dick, e questa topaia orrenda, e che venga a vivere con me, e a morire con me, e tutto con me». (1993, p. 347)
  • Ciò che udivo era soltanto la melodia dei bambini che giocavano, soltanto quello, e l'aria era così limpida che in mezzo a quel vapore di voci mescolate, maestose e minute, remote e magicamente vicine, schiette e divinamente enigmatiche, si poteva udire di tanto in tanto, come liberato, uno zampillo quasi articolato di vivide risa, o il colpo di una mazza, o lo sferragliare di un camion giocattolo, ma era tutto troppo lontano dagli occhi perché si potesse distinguere un movimento nelle strade appena tratteggiate. Rimasi ad ascoltare quella vibrazione musicale dall'alto del mio dirupo, quegli sprazzi di grida isolate che avevano per sottofondo una sorta di schivo mormorio, e allora capii che la cosa disperatamente straziante non era l'assenza di Lolita dal mio fianco, ma l'assenza della sua voce da quel concerto di suoni.
    Questa, dunque, è la mia storia. L'ho riletta. C'è rimasto attaccato qualche brandello di midollo, e sangue, e mosche bellissime d'un verde brillante. A questa o quella delle sue svolte sento che il mio essere vischioso mi sfugge, scivola in acque troppo profonde e troppo oscure perché io possa sondarle. (1993, p. 382)
  • Venerdì. Mi chiedo che cosa direbbero i miei editori accademici se citassi nel mio testo «la vermeillette fente» di Ronsard, o «un petit mont feutré de momse délicate, tracé sur le milieu d'un fillet escarlatte» di Remy Belleau, e così via. Se resto ancora in questa casa avrò probabilmente un altro esaurimento nervoso – lo sforzo di questa tentazione intollerabile accanto al mio tesoro... mio tesoro... mia vita e mia sposa. Chissà se madre natura l'ha già iniziata al Mistero del Menarca? Senso di gonfiore. È arrivato il marchese. Le cose. Piove in casa. «Il signor Utero (cito da una rivista per ragazzine) comincia a costruire una parete spessa e soffice, nell'eventualità che debba fare da culla a un bambino». Il minuscolo pazzo nella cella imbottita. (2012)
  • Sono abbastanza orgoglioso di saper qualcosa da poter ammettere modestamente di non saper tutto. (2012)
  • Il mio trastullo ormai son solo le parole! (2012)
  • Io muoio, se tu mi tocchi. (2012)
  • La polvere correva e si contorceva sulla precisa lastra di pietra dove, quando avevano sollevato il plaid, mi si era rivelata Charlotte, raggomitolata, gli occhi intatti, le ciglia nere ancora umide e appiccicate, come le tue, Lolita. (2012)
  • Che invidia avrebbe provato quel tizio libidinoso, chiunque fosse, se avesse saputo che ogni mio nervo era ancora cinto e consacrato della sensazione del suo corpo– il corpo di un demone immortale vestito da bambina. (2012)
  • Era davvero speciale, quella sensazione: un disagio atroce e opprimente, come se fossi a tavola col piccolo fantasma di una persona che avevo appena ucciso. (2012)
  • Era innamorata di mio padre, e lui ne aveva spensieratamente approfittato in un giorno di pioggia, per poi dimenticarsene al primo raggio di sole. (2012)
  • Spinsi, spinsi, tirai ed entrai. (2012)
  • Finis, amici miei. Finis, demoni miei. (2012)
  • Il mio dolce amore americano, morto ed immortale. (2012)
  • Era amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista. (2012)
  • Tra i limiti d'età di nove e quattordici anni non mancano le vergini che a certi ammaliati viaggiatori, i quali hanno due volte o parecchie volte il loro numero di anni, rivelano la propria reale natura: una natura non umana, ma di ninfa (vale a dire, demoniaca). Orbene, io propongo di chiamare "ninfette" queste creature eccezionali. (1966)
  • So anche che lo choc della morte di Annabelle consolidò la frustrazione di quell'estate da incubo, ne fece un ostacolo permanente frapposto ad ogni nuova avventura sentimentale nel corso dei gelidi anni della mia giovinezza. L'elemento spirituale e l'elemento fisico si erano fusi in noi con una perfezione che deve riuscire incomprensibile ai giovani d'oggi, così positivi e rozzi, la cui intelligenza è così standardizzata. Molto tempo dopo la morte di Annabelle, continuai a sentire i suoi pensieri insinuarsi nei miei. Molto tempo prima di esserci conosciuti, avevamo fatto gli stessi sogni. Raffrontavamo i nostri ricordi e vi trovavamo singolari affinità. Nello stesso mese di giugno dello stesso anno (il 1919), un canarino sperduto era volato nella casa di lei e nella mia, in due Paesi molto lontani. Oh, Lolita, se anche tu mi avessi amato così! (1966)
  • E dopo non molto guidavo nella pioggerellina del giorno morente, coi tergicristalli in piena azione ma incapaci di tener testa alle mie lacrime.
  • Oggi mi sorprendo a pensare che il nostro lungo viaggio abbia solo sfregiato con una linea di fango la magnifica, enorme terra che per noi era solo un insieme di cartine con le orecchie, guide strampalate, pneumatici consunti e i suoi singhiozzi nella notte – ogni notte. – appena io fingevo il sonno.
  • Cercava le parole. Gliele fornii mentalmente. ("Lui mi ha spezzato il cuore, tu hai solo spezzato la mia vita").
  • Ahimè. Fui incapace di trascendere il semplice fatto umano che qualunque conforto spirituale potessi trovare, qualunque litofanica eternità fosse stata preparata per me, nulla avrebbe potuto far dimenticare alla mia Lolita l'immonda lussuria che io le avevo inflitto.

Explicit[modifica]

Arborio Mella[modifica]

Così, nessuno di noi due sarà vivo quando il lettore aprirà questo libro. Ma mentre il sangue pulsa ancora nella mano che uso per scrivere, tu sei parte della benedetta materia quanto lo sono io, e posso ancora parlarti da qui all'Alaska. Sii fedele al tuo Dick. Non lasciarti toccare dagli altri. Non parlare con gli sconosciuti. Spero che vorrai bene al tuo bambino. Spero che sarà un maschio. Spero che quel tuo marito ti tratti sempre bene, altrimenti il mio spettro si avventerà su di lui come fumo nero, come un gigante forsennato, e lo dilanierà nervo per nervo. E non ti commuovere per la morte di C.Q. Si doveva scegliere tra lui e H.H., e si doveva lasciar esistere H.H. per un altro paio di mesi almeno, in modo che egli potesse farti vivere nella coscienza delle generazioni successive. Penso agli uri e agli angeli, al segreto dei pigmenti duraturi, ai sonetti profetici, al rifugio dell'arte. E questa è la sola immortalità che tu e io possiamo condividere, mia Lolita.

Citazioni su Lolita[modifica]

  • Dopo trentasei anni, rileggo Lolita [...] Trentasei anni sono moltissimi per un libro. Ma Lolita ha, come allora, un'abbagliante grandezza. Che respiro. Che forza romazesca. Che potere verbale. Che scintillante alterigia. Che gioco sovrano. Come accade sempre ai grandi libri, Lolita si è spostato nel mio ricordo. Non mi ero accorto che possedesse una così straordinaria suggestione mitica. (Pietro Citati)
  • Dovrebbe essere raccontato a uno psicanalista, e probabilmente è stato fatto, ed è stato trasformato in un romanzo che contiene alcuni passi di bella scrittura, ma eccessivamente nauseante… Raccomando di seppellirlo per mille anni. (Rapporto di lettura su, Lolita, 1955)[13]
  • Lo scandalo di Lolita in realtà precede l’uscita del libro stesso. Nabokov non riusciva a pubblicarlo. Era già un romanziere affermato, anche se non aveva mai ottenuto le tirature che avrebbe fatto con Lolita, ma fu costretto a pubblicare il libro con una casa editrice abbastanza equivoca, che giocava appunto sulla possibile lettura morbosa del romanzo. (Stefano Bartezzaghi)
  • Lolita è, in gran parte del romanzo, un mistero. È come la lepre che fugge dietro al branco che la insegue. Noi lettori non riusciamo mai a catturarla davvero. È un personaggio ambiguo, enigmatico, proprio nella sua apparente sfrontatezza, le bugie che dice alla madre e poi il rapporto di sotterfugi che usa, prima per avvicinarsi ad Humbert Humbert, e poi per allontanarsene. Trame complicate di bugie che non vengono mai rivelate compiutamente al lettore. C’è uno scioglimento, quando Lolita lascia Humbert Humbert e insegue questo suo misterioso ammiratore e lì molte cose si viene a saperle, ma sembra attraverso gli occhi di Humbert Humbert e la possibilità che lui si sia ingannato. (Stefano Bartezzaghi)
  • Lolita non compare con il nome da sposata fino alla pagina 266 del libro (a pochi capitoli dalla fine): non è previsto che chi legga il libro distrattamente per la prima volta si ricordi del suo inatteso necrologio a pagina due. Qualsiasi altro scrittore avrebbe scommesso alla pari, utilizzando un' espressione del tipo "La Signora Richard F. ' Dolly' Schiller". Ma non Nabokov. Qualcosa gli fece intuire che Lolita sarebbe stato riletto e ri-riletto. (Martin Amis)
  • Se c'è un libro che più di tutti ha portato, come dire, all'estrema conseguenza la giocosità della letteratura, la determinazione di uno scrittore a ingannare il lettore, be', io credo che quel libro sia proprio Lolita. (Alessandro Piperno)

Ada o ardore[modifica]

Incipit[modifica]

"Tutte le famiglie felici sono più o meno dissimili; tutte quelle infelici sono più o meno simili" dice un grande scrittore russo all'inizio di un romanzo famoso (Anna Arkadievic Karenina, trasfigurato in inglese da R. G. Stonelower, Mount Tabor Ltd., 1880). Questa asserzione ha scarsi rapporti, o nessuno, con il racconto che sta per seguire, una cronaca familiare, la prima parte della quale è, forse, più vicina a un'altra opera di Tolstoj, Diestvo i Otrocestvo (Infanzia e patria, Pontius Press, 1858).

Citazioni[modifica]

  • Durante la sua prima vacanza estiva, Van lavorò alle dipendenze di Tjomkin nella famosa clinica Chose, a una dissertazione ambiziosa che non completò mai: Terra: Realtà eremitica o sogno collettivo? Intervistò numerosi nevrotici, tra i quali v'erano artisti di varietà e letterati, e per lo meno re cosmologi intellettualmente lucidi, ma spiritualmente "smarriti", i quali o erano in collusione telepatica (non si erano mai incontrati e non sapevano nemmeno della reciproca esistenza) oppure avevano scoperto, nessuno sapeva come o dove, per mezzo, forse, di "ondule" proibite di qualche specie, un mondo verde ruotante nello spazio e spostantesi a spirale nel tempo, che in termini di materia-e-spirito era come il nostro e che essi descrivevano con gli stessi specifici particolari con cui tre persone intente a guardare da tre finestre diverse avrebbero descritto una sfilata carnevalesca nella stessa strada.

Nikolaj Gogol'[modifica]

Incipit[modifica]

Nikolaj Gogol', poeta in prosa singolarissimo tra quanti ne siano mai comparsi in Russia, morì a Mosca la mattina del giovedì quattro marzo milleottocentocinquantadue, poco prima delle otto. Aveva quasi quarantatré anni: un'età che, nel suo caso, può dirsi discretamente matura, avuta presente l'assurda brevità di vita che toccò in genere agli altri grandi russi appartenenti alla sua stessa, miracolosa, generazione di scrittori.

Citazioni[modifica]

  • Žukovskij, splendido traduttore, le cui versioni delle poesie di Seidlitz e Schiller superano gli originali, e poeta minore fra i più grandi che siano mai esistiti (p. 36)
  • Per il mio gusto, non c'è niente di più monotono e fastidioso del folclore romantico o delle gioviali storielle su boscaioli o su uomini dello Yorkshire, o su paesani francesi, o sui bravi compagni ucraini. Per questo motivo, i due volumi delle Veglie, come i due della raccolta di racconti intitolata Mirgorod e comprendente, tra l'altro, Vij, Taras Bulba, Possidenti di antico stampo, che seguirono nel 1835, mi lasciano del tutto indifferente. Tuttavia, questo era il genere di racconti, opere giovanili del falso umorista Gogol', che i maestri delle scuole costringevano i ragazzi a mandar giù. Il vero Gogol' s'intravvede oscuramente negli ineguali Arabeschi (comprendenti La Prospettiva Nevskij, Diario di un pazzo e Il ritratto), e vien fuori in piena luce con L'ispettore generale, Il cappotto e Le anime morte. (p. 39)
  • Strana questa morbosa soddisfazione che ricaviamo dal fatto (generalmente falso e sempre irrilevante) che un'opera d'arte si possa far risalire a una «storia vera». (pp. 49-50)
  • Il lavoro di Gogol' [L'Ispettore generale] è poesia in atto, e dicendo poesia intendo i misteri dell'irrazionale percepiti attraverso parole razionali. La vera poesia di tale specie suscita — non il riso, non le lacrime — bensì un sorriso gioioso di contentezza, una soddisfazione che gli fa far le fusa — e può essere orgoglioso di sé a buon diritto lo scrittore che riesce a soddisfare e far sorridere così i suoi lettori, o alcuni di essi. (pp. 64-65)
  • In molte lingue, le vecchie traduzioni delle Anime morte non valgono assolutamente niente, e dovrebbero essere eliminate dalle biblioteche pubbliche e universitarie. (p. 73)
  • Il pošlust’ impersonato da Čičikov è uno degli attributi principali del diavolo, nella cui esistenza, ci sia lecito aggiungere, Gogol' credeva molto più seriamente che in quella di Dio. (p. 85)
  • Roma e Russia formavano nell'irreale mondo di Gogol' un insieme molto profondo. A lui Roma offriva un incantesimo fisico che il nord gli negava. I fiori dell'Italia (dei quali disse «Io rispetto i fiori cresciuti spontaneamente su di una tomba») gli facevano desiderare violentemente di essere un Naso: perdere qualsiasi altra parte del corpo, gli occhi, le braccia, le gambe, ed essere solo un enorme Naso (p. 134)
  • In Russia, l'opinione pubblica era essenzialmente democratica (con una profonda ammirazione per l'America, sia detto per inciso). Non ci fu zar capace di spezzare questa spina dorsale: solo molto più tardi doveva riuscirci, forse, il regime sovietico. (p. 138)
  • Così, per riassumere, il racconto [Il cappotto] procede in questo modo: borbottio, borbottio, onda lirica, borbottio, onda lirica, borbottio, onda lirica, borbottio, crescendo fantastico, borbottio, borbottio, e rientro nel caos da cui tutti erano derivati. A questo livello d'arte altissimo, la letteratura naturalmente non si preoccupa di compassionare l'oppresso o di maledire l'oppressore. Si richiama a quella profondità segreta dell'anima umana in cui passano le ombre d'altri mondi come ombre di navi silenziose e senza nome. (p. 160)
  • Mentre tentavo di far capire il mio atteggiamento nei confronti della sua arte, non ho esibito alcuna prova della sua peculiare esistenza. Posso solamente mettermi la mano sul cuore e dichiarare che non ho inventato Gogol'. Egli veramente scrisse, veramente visse. (p. 161)

Explicit[modifica]

Certi critici russi pronti a tutto, cercando di scovare un influsso per classificare nel loro bravo buchino i miei romanzi, hanno cercato una o due volte di trovarmi dei legami con Gogol'; ma quando sono tornati a guardare, io avevo slegato i nodi, e la cassetta era vuota.

Parla, ricordo[modifica]

Incipit[modifica]

La culla dondola su un abisso, il buonsenso ci dice che la nostra esistenza è soltanto un fuggevole spiraglio di luce tra due eternità di tenebre. Benché le due eternità siano gemelle identiche, l'uomo di norma, contempla l'abisso prenatale con più serenità di quanto non contempli quello verso il quale è diretto (a circa quattrocentocinquanta battiti cardiaci orari). Io so, tuttavia, di un giovane sensibile che provò qualcosa di simile al panico, quando vide per la prima volta alcuni vecchi film girati in famiglia poche settimane prima della sua nascita. Contemplò un mondo in pratica immutato – la stessa casa, le stesse persone – e si rese conto allora che non vi era esistito affatto e che nessuno aveva pianto la sua assenza. Ad atterrirlo in modo particolare fu la vista di una nuovissima carrozzella per bambini che se ne stava là sulla veranda con l'aspetto compiaciuto e invadente di una bara; anche quella era vuota, come se, nel corso a ritroso degli eventi, le sue stesse ossa si fossero disintegrate.

Citazioni[modifica]

  • La natura vuole che l'uomo adulto accetti i due neri vuoti, a prora e a poppa, con la stessa solida flemma con la quale egli accetta le straordinarie visioni intermedie.
  • Avevo imparato a contare e a parlare più o meno contemporaneamente, e la rivelazione che io ero io e i miei genitori erano i miei genitori fu direttamente legata alla scoperta della loro età in rapporto alla mia.
  • L'immaginazione, delizia suprema dell'immortale e dell'immaturo, andrebbe tenuta a freno. Per goderci la vita, non dovremmo godercela troppo. (2015)

Incipit di alcune opere[modifica]

Invito all'esecuzione[modifica]

Secondo la legge di Cincinnato II, comunicarono la condanna a morte sottovoce.[6]

L'occhio[modifica]

Conobbi quella donna, quella Matilda, durante il primo autunno della mia vita di émigré a Berlino.[14]

La difesa di Luzin[modifica]

Più di tutto lo colpì il fatto che da lunedì egli sarebbe stato Luzin.[6]

Re, Regina, Fante[modifica]

Sul quadrante del grande orologio la lunga e nera lancetta dei minuti è immobile, in quest'istante. Ma sta per scattare. E questo scatto scatenerà un intero mondo di cose.[15]

Citazioni su Vladimir Vladimirovič Nabokov[modifica]

  • Nabokov era un entomologo molto esperto, in tutti i suoi libri ci sono farfalle. Aveva progettato una ricerca sulle farfalle che poi non ha portato a termine. Ha fatto una volta una viaggio in Italia, cercando in tutti i musei rappresentazioni di farfalle nei grandi quadri della tradizione artistica italiana. Ha anche dato un nome a delle farfalle da lui scoperte, come usa tra gli entomologi, e una di queste aveva nel nome un riferimento chiaro a Lolita: mi sembra ci fosse dentro la parola ninfetta, nel nome latino inventato da Nabokov. (Stefano Bartezzaghi)
  • Utile contro le strumentalizzazioni ideologiche, scientifiche e scolastiche della letteratura, l'estetica di Nabokov, quando si manifesta in affermazioni generali, fa un'impressione abbastanza misera. Dimostra tra l'altro la sua natura puramente reattiva. [...] La letteratura è un imbroglio, il romanzo è una fiaba, dice Nabokov. Ma che bisogno c'è di fare generalizzazioni così discutibili dopo essersi dichiarati irriducibili avversari di ogni idea generalizzante? [...] Nell'intento di trasformarci in lettori del tutto privi di pregiudizi, Nabokov ci regala i suoi pregiudizi, quelli di cui è più fiero. (Alfonso Berardinelli)

Note[modifica]

  1. a b Da Pnin.
  2. Da Lezioni sul Don Chisciotte, a cura di Fredson Bowers, traduzione di Edoardo Albinati, Garzanti, Milano, 1989, pp. 150-151. ISBN 88-11-59964-4
  3. Da Lolita (sceneggiatura), traduzione di Ugo Tessitore, Bompiani, Milano, 1997, p. 24. ISBN 88-452-2602-6
  4. a b Da Intransigenze.
  5. Da un'intervista a The Paris Review, in Aa. Vv., Writers at Work, quarta serie, a cura di George Plimpton, Viking, New York, 1976; citato in Margaret Miner, Hugh Rawson, The Oxford Dictionary of American Quotations, Oxford University Press, 2006.
  6. a b c d Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  7. Da Nota bibliografica a «Nabokov's Dozen» (1958), in Una bellezza russa e altri racconti, a cura di Dmitri Nabokov e Anna Raffetto, traduzione di Dmitri Nabokov, Franca Pece, Anna Raffetto, Ugo Tessitore, Adelphi, 2015.
  8. Da Anna Karenina, in Lezioni di letteratura russa, Milano 1987, p. 169.
  9. Citato in Selezione dal Reader's Digest, agosto 1965.
  10. Citato in Angelo Maria Ripellino, L'arte della fuga, introduzione cura di Rita Giuliani, Guida, Napoli, 19882, p. 319.
  11. Traduzione di Anna Raffetto, Adelphi, Milano, 2014, p. 20. ISBN 9788845974083
  12. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  13. Citato in Storia della bruttezza, a cura di Umberto Eco, Bompiani, Milano, p. 393. ISBN 978-88-452-7389-6
  14. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  15. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

Bibliografia[modifica]

  • Vladimir Nabokov, Cose trasparenti, traduzione di Dmitri Nabokov, Adelphi, Milano, 1972.
  • Vladimir Nabokov, Fuoco pallido, a cura di Anna Raffetto, traduzione di Franca Pece e Anna Raffetto, Adelphi, Milano, 2002. ISBN 88-459-1732-0; Adelphi, Milano, 2014.
  • Vladimir Nabokov, Il dono, a cura di Serena Vitale, Adelphi, Milano, 2012.
  • Vladimir Nabokov, Intransigenze, traduzione di Gaspare Bona, Adelphi, Milano, 2015.
  • Vladimir Nabokov, La vera vita di Sebastiano Knight, traduzione di Giovanni Fletzer, Bompiani, Milano, 1980.
  • Vladimir Nabokov, Lezioni di letteratura, a cura di Fredson Bowers, Introduzione di John Updike, traduzione di Ettore Capriolo, Garzanti, Milano, 1982.
  • Vladimir Nabokov, Lolita, traduzione di Bruno Oddera, Mondadori, Milano, 1959.
  • Vladimir Nabokov, Lolita, traduzione di Giulia Arborio Mella, Adelphi, Milano, 1993; Adelphi, Milano, 2012.
  • Vladimir Nabokov, Lolita, traduzione di Bruno Oddera, Mondadori, Milano, 1966.
  • Vladimir Nabokov, Ada o ardore, traduzione di Bruno Oddera, Mondadori, Milano, 1969.
  • Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol', traduzione di Annamaria Pelucchi, Mondadori, Milano, 1972.
  • Vladimir Nabokov, Parla, ricordo, traduzione di Bruno Oddera, Mondadori, Milano, 1984.
  • Vladimir Nabokov, Parla, ricordo, a cura di Anna Raffetto, Adelphi, Milano, 2015.
  • Vladimir Nabokov, Pnin, traduzione di Elena De Angeli, Adelphi, 2014.

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]