Achille Campanile

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Achille Campanile

Achille Campanile (1899 – 1977), scrittore, drammaturgo e critico letterario italiano.

Citazioni di Achille Campanile[modifica]

  • Agosto, moglie mia non ti conosco.[1]
  • Da che mondo è mondo perché si fanno le guerre? Per assicurarsi la pace. È raro che si faccia una guerra per arrivare alla guerra. [...] Se per assicurarsi la pace occorre fare la guerra, non sarebbe meglio rinunziare alla pace? Almeno non si farebbero le guerre. No! Perché se non si fanno le guerre che servono ad evitare le guerre, vengono le guerre. (da una conferenza tenuta al Circolo Ufficiali il 16 dicembre 1950[2])
  • Giornalismo – Un tempo toglieva uomini alle lettere; oggi – il che è più grave – ne dà. (da Opere: romanzi e racconti, 1924-1933)
  • Io penso sempre alla crisi del teatro e mi scervello per trovare il mezzo per risolverla. Si può dire che non penso ad altro. Giorno e notte rifletto sulla difficile questione e consulto le opere dei nostri sommi, che si sono occupati di essa. [...]. Non già perché mi stieno tanto a cuore le sorti del teatro. Ma mi affatico per risolvere questa benedetta crisi nella speranza che, una volta risolta, non se ne parlerà più. (da Poltroni numerati, Il Mulino)
  • L'umorista tra l'altro è uno che istintivamente sente il ridicolo dei luoghi comuni e perciò è tratto a fare l'opposto di quello che fanno gli altri. Perciò può essere benissimo in hilaritate tristis e in tristitia hilaris, ma se uno si aspetta che lo sia, egli se è un umorista, può arrivare perfino all'assurdo di essere come tutti gli altri in hilaritate hilaris e in tristitia tristis perché, e questo è il punto, l'umorista è uno che fa il comodo proprio: è triste o allegro quando gli va di esserlo e perciò financo triste nelle circostanze tristi e lieto nelle liete.[3]
  • La fortuna viene dormendo, chi s'alza presto le taglia la strada. (da Opere: romanzi e racconti, 1924-1933)
  • Le donne ci piacciono perché sono meravigliose, o ci sembrano meravigliose perché ci piacciono? (da La moglie ingenua e il marito malato, Rizzoli)
  • Silenzio, comincia la trasmissione. Appare sul teleschermo un signore giovialotto, cordialotto, il Luigi Silori di cui sopra. Presso di lui c'è la simpatica attrice Carla Bizzarri, pronta a dare la mano. Silori, con voce baritonale: "Cominciamo col libro della settimana. Questa volta è un libro di viaggi. Va a ruba. Ha un successo di vendita strepitoso. Eccolo qua." Prende dalla scrivania un volume, lo esamina, lo mostra ai telespettatori. Con voce baritonale: "S'intitola Orario generale delle Ferrovie dello Stato". È un'operetta preziosa, che non dovrebbe mancare nella biblioteca di qualsiasi persona colta; si raccomanda per la sua veste e il suo contenuto, e non soltanto ai bibliofili, ai cultori del libro come oggetto d'arte. Ma del resto, adesso parleremo con l'editore che abbiamo voluto ospite nostro questa sera perché ci parli di questa sua creatura."
    Entra il signor Pozzo (o il signor Grippaudo). Silori, con voce baritonale: "Caro Pozzo (o: caro Grippaudo), noi vorremmo sapere da lei quali sono gli intendimenti artistici perseguiti da questa fortunata opera letteraria." "Le dirò, riguarda lo sviluppo della cultura differenziata da caso a caso." [...] "E mi dica, i ritardi?" "I ritardi no, non sono indicati. C'è comunque un'edizione integrale e ci sono delle edizioni ridotte." "Direi quasi regionali. A carattere etnografico?" "Direi di sì. Direi di sì." "Ed è un libro che va molto?". "Direi che è una delle opere più vendute." "Un best seller, insomma.". (da La televisione spiegata al popolo, 1989, Bompiani)
  • Un giorno, avendo bisogno di quattrini, mi presentai allo sportello di una banca e dissi al cassiere: "Per favore, mi potrebbe prestare centomila lire?". Il cassiere mi disse: "Ma sa che lei è un umorista". Così scopersi di esserlo.[3]

Acqua minerale[2][modifica]

  • Il cameriere: Acqua minerale?
    Il cliente: Naturale
    Il cameriere: (prendendo nota) Acqua naturale.
    Il cliente: Ho detto minerale
    Il cameriere: Veramente, mi scusi, ma lei ha detto naturale
    Il cliente: Intendevo: "naturale, acqua minerale". Non le sembra naturale che io beva acqua minerale?
  • Il cameriere: Anche la signora acqua minerale?
    La cliente: Naturale
    Il cameriere: (prendendo nota) Minerale.
    La cliente: Ho detto naturale
    Il cameriere: Credevo che intendesse come il signore: "naturale, acqua minerale". Invece intende: "naturale, acqua naturale".
  • Il cameriere: (angosciato) Signora! Ho famiglia. Un figlio.
    Il cliente: (commosso) Legittimo?
    Il cameriere: Naturale …
    Il cliente: E non può legittimarlo?
    Il cameriere: Perché dovrei legittimarlo, se è già legittimo.
    Il cliente: Ha detto che è naturale
    Il cameriere: No. Intendevo: "naturale, è legittimo".

Agosto, moglie mia non ti conosco[modifica]

Incipit[modifica]

«Figliuolo».
«Papà».
«Questo mi pare proprio l'albergo che fa per noi».
«Te lo stavo per dire».
«Pulito. Elegante. Almeno a giudicare dall'esterno. Ci staremo come papi. E di': sei contento di questo matrimonio?».
«Se sei contento tu, sono contento anch'io».
«Ma sei tu che devi sposare, figlio mio».
«Sono io? Oh, credevo che fossi tu».
«Figlio mio, sono sei mesi che se ne parla, abbiamo combinato tutto per lettera, hai avuto perfino la fotografia della fidanzata, che arriva stasera dall'America, e ancora non hai capito che lo sposo sei tu? Mi fai cadere le braccia».

Citazioni[modifica]

  • Così sono le donne. Prima di sposarlo, vogliono che il marito sia un genio. Quando l'hanno sposato, vogliono che sia un babbeo. (p. 8)
  • Gianni Gianni nel fisico era un Leonardo da Vinci più grasso, più basso, calvo, senza barba, più giovane e non somigliava affatto a Leonardo da Vinci. (p. 18)
  • Nessuno si fida di mangiare il pesce in uno stabilimento dove non si veda almeno un polpo ucciso sotto gli occhi dei clienti. Qui, poiché non si può ogni giorno pescare un polpo diverso, la direzione ha pensato di usar sempre lo stesso polpo, che dopo essere stato sbatacchiato per un certo tempo e prima che esali l'ultimo respiro, viene di nuovo gettato nel mare, in un recinto chiuso, dove è facile pescarlo a ogni occorrenza. (pp. 55-56)

Gli asparagi e l'immortalità dell'anima[modifica]

  • [...] non tutti credono nell'immortalità dell'anima, mentre che degli asparagi e della loro esistenza tutti sono certi, nessuno ne dubita. Eppure la verità è proprio l'opposto: si può dubitare dell'esistenza degli asparagi, non dell'immortalità dell'anima. (p. 64)
  • Per concludere e terminarla con un'indagine che la mancanza di idonei risultati rende quanto mai penosa, dobbiamo dire che, da qualunque parte si esamini la questione, non c'è nulla in comune fra gli asparagi e l'immortalità dell'anima. (p. 65)
  • A proposito di Newton [...] il famoso fisico stava sotto un albero, quando gli cadde una mela sul capo [...]. Dunque, si mise a pensare: come mai la mela cade in giù invece che in su? (Certo, per fare queste grandi scoperte, oltre che gran geni bisogna essere anche un po' scemi. Come può venire in mente a qualcuno che una cosa possa cadere in su?) (p. 141)
  • Non c'è alcun rapporto fra gli asparagi e l'immortalità dell'anima. ... Gli asparagi si mangiano, mentre l'immortalità dell'anima no.[4]

Il povero Piero[modifica]

Incipit[modifica]

La stanza da letto di Piero era caratterizzata dal disordine tipico delle camere dove da tempo giace un ammalato, che quasi non riceve visite, all'infuori di quella del medico a ore fisse, le quali lasciano il tempo che trovano. I primi tempi veniva anche qualche amico o, un po' meno, qualche parente. Poi, come succede, visto che la cosa prendeva per le lunghe, non venne più nessuno.

Citazioni[modifica]

  • Altro marmo, altra scritta:
    ANTONIO K.!
    DESTI DEL TU
    AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE!
    E CI HAI LASCIATO!
    «E basta?»
    «Le par poco? E guardi questa. È di un uomo addirittura importantissimo. Legga, legga.» Marcantonio lesse:
    QUI GIACE
    H. Y.
    DETTE DEL TU
    AL SIGNORE
    «A quale Signore?» domandò.
    «Al Padreterno»
    «Scusi, sa, ma tutti, in un certo senso, diamo del tu al Signore. Si dice: "Signore aiutaci"; e persino: "Cristo provvedici...".»
    «"...noi siamo in tredici – tutti a penar"; conosco.»
    «E, poi, basta vedere il Pater Noster: "Dàcci oggi il nostro pane quotidiano". Non oseremmo parlare così nemmeno al prestinaio.»
    «E per di più lo vogliamo fresco: quotidiano, non settimanale, non raffermo.»
    «E gratis.»
    «E a domicilio.»
    «Servizio completo.»
    «Ebbene, questo tale ha fatto valere la propria dimestichezza col Signore. Lei capisce, uno che dà del tu a un personaggio di quella fatta...»
  • QUI GIACE L. M. PILOTA AVIATORE CHE PRECIPITANDO A TERRA SALIVA AL CIELO.
  • Qui giace Piero d'Avenza
    cittadino integerrimo,
    lavoratore indefesso,
    sposo e padre esemplare,
    figlio amorosissimo,
    fratello discreto,
    cugino soddisfacente,
    cognato passabile,
    genero detestabile,
    prozio tenerissimo,
    biscugino senza particolare rilievo,
    nipote insignificante,
    pronipote modello,
    suocero insuperabile,
    amico pignolo,
    debitore insolvibile,
    vicino di casa un poco rumoroso,
    nonno futuro,
    antenato impareggiabile,
    morto esigente,

    Una prece!
    A lui i posteri diranno un giorno:

    Grazie, arcavolo!

In campagna è un'altra cosa[modifica]

  • Ho sempre ammirato la disinvoltura dei cani che entrano in un salotto, in pieno ricevimento. (p. 25)
  • L'umanità si divide in due categorie: quelli che s'alzan tardi e quelli che s'alzan presto. I primi se ne stanno tranquilli e buoni. Gli altri, invece, sostengono a spada tratta la necessità per tutti d'alzarsi presto. (p. 7)
  • Umorismo — Cosa che ha centomila definizioni. Non guasterà la centomillesima prima: una serie di vendette esercitate da una persona di spirito. (p. 67)
  • Vena — Alcuni scrittori, per scrivere, hanno bisogno della vena. Altri, dell'avena. (p. 67)
  • A proposito di Leopardi — sia detto senza offesa — trovo che i suoi Pensieri di bella letteratura e di varia filosofia sono quanto di meglio ci sia per prender sonno. (p. 91)
  • Secondo Leopardi, il più bel giorno della settimana non è la domenica, ma il sabato, perché precede la domenica; mentre la domenica si è tristi, pensando al lunedì. Ma ormai tutti han letto l'immortale canto, epperò il venerdì sera dicono: «Che gioia, domani è sabato, il più bel giorno della settimana!», mentre l'indomani pensano con tristezza alla domenica. Ragion per cui siamo più felici il venerdì che il sabato; e invece che Il sabato Leopardi avrebbe fatto meglio a scrivere Il venerdì, o addirittura Il giovedì del villaggio, se si pensa che il giovedì, precedendo il più bel giorno della settimana, viene ad essere esso stesso il più bello, sempre per quella teoria che la vigilia d'un lieto giorno è più bella che il lieto giorno medesimo. (p. 94)

Incipit di Ma che cos'è quest'amore?[modifica]

Alle 7 del mattino Carl'Alberto entrò nella stazione di Roma e gridò: «Facchino!».
Un facchino si voltò risentito.
«Dice a me?» fece. «Facchino sarà lei».[5]

Se la luna mi porta fortuna[modifica]

Incipit[modifica]

È un peccato che lo spettacolo della levata del sole si svolga la mattina presto. Perché non ci va nessuno. D'altronde, come si fa ad alzarsi a quell'ora? Se si svolgesse nel pomeriggio o, meglio, di sera sarebbe tutt'altro. Ma così come stanno le cose, va completamente deserto ed è sprecato. Soltanto se un geniale impresario lo facesse diventare alla moda, vedremmo la folla elegante avviarsi di buon'ora in campagna per occupare i posti migliori; in questo caso, pagheremmo persino il biglietto, per assistere alla levata del sole, e prenderemmo in affitto i binocoli. Ma per ora allo spettacolo si trova presente qualche raro zotico che non lo degna nemmeno d'una occhiata e preferisce occuparsi di patate, o di pomodori.

Citazioni[modifica]

  • La vita del nottambulo è piena di tristezza. Mentre per le vie della città la gente corre, le automobili strombettano, i tram scampanellano e gli organetti suonano, mentre nelle cucine bollono le pentole e nelle officine strepitano le macchine, il nottambulo dorme. Il rumore e il movimento crescono fino a diventare arrabbiati, le trombe delle automobili si fan rauche e il nottambulo continua a dormire. Poi, a poco a poco, la città si calma; le banche si chiudono, il sole tramonta, ne i negozi si spengono i lumi e si calano le saracinesche; tutti tornano a casa. I lavori della giornata son finiti, gli affari sono conclusi, gli appuntamenti hanno fatto il loro corso. Non c'è nient'altro da fare. È a questo punto che il nottambulo appare sulla piazza, pallidissimo. Nei locali notturni, i nottambuli non vanno per divertirsi. Ci vanno per passare il tempo. Che è, poi, il gran problema. Non bisogna credere che sia più facile passarlo dormendo. Perché in questo caso c'è il giorno, da passare, che è più lungo e lento della notte. Il giorno è fatto di mattina, ora di pranzo, pomeriggio e sera, mentre la notte è soltanto la notte. Se un nottambulo s'alza di mattina, non sa che cosa fare né dove andare; non sa dove si trova; vede facce nuove e luoghi che alla luce del giorno non riconosce. Per questo i nottambuli aspettano l'alba. L'aspettano come l'aspettavano quelli dell'anno Mille e come si aspetta l'alba dell'anno nuovo; tutti insieme, tutti svegli, ballando senza entusiasmo, con le braccia penzoloni e con la testa nei cappucci di carta velina dei cotiglioni; passano la notte come, nei transatlantici, si passa l'Equatore e, tra suoni, canti, scoppi di sciampagna, colpi di grancassa, grida e can-can, finalmente esce sul mondo il sole. Il sole che brilla sul mare, che fa scintillare le goccioline di rugiada nei prati, che invita il contadino alle opere feconde dei campi, che colora le foglie nei giardini e dà all'improvviso un'ombra lunghissima alle montagne, come se fossero queste che si stirano dopo una notte di torpore. Allora il nottambulo, intossicato, allucinato e brutto, mentre i carri già rotolano sull'acciottolato, se ne va furtivamente a dormire e vede tutto giallo. (pp. 122-124)

Tragedie in due battute[modifica]

  • La stella nell'imbarazzo [2]La prima stella: Ma che vorrà da me quell'astronomo?
    La seconda stella: Perché?
    La prima stella: Mi sta fissando da un'ora con il cannocchiale.
  • Fatalità [2]Il microbo: Papà, quando sarò grande mi regali un orologio?
    Il padre del microbo: Sciocchino, tu non sarai mai grande.
  • Mi spezzo ma non m'impiego![6]
  • L'UMORISTA

    Personaggi:
    – L'UMORISTA
    – IL NEGOZIANTE
    La scena rappresenta un negozio di «cereali, riso e pasta».

    – L'UMORISTA
    affacciandosi dalla strada nel negozio: Avete riso?
    – IL NEGOZIANTE
    Sì.
    – L'UMORISTA
    E allora l'effetto è raggiunto. Via.

    (Sipario)[6]
  • UN BRUTTO TIRO

    Personaggi:
    – IL MAOMETTANO
    – ALLAH che non parla
    La scena rappresenta un luogo di preghiera in Oriente. All'aprirsi del sipario, IL MAOMETTANO, genuflesso, prega, con tutti gli inchini, le forme, i gemiti e i sospiri che sogliono accompagnare la preghiera presso i maomettani. Egli invoca ALLAH, assorto nel pensiero di esso, e la preghiera dura ore e si ripete più volte al giorno.

    – IL MAOMETTANO
    pregando e invocando fervidamente: Allah! Allah! Allah è Allah! Allah è Allah e Maometto è il suo profeta! Allah! Allah grande! Allah di qua! Allah di là! Allah! Oh, Allah! Allah mio! Allah grande! Immenso Allah! Allah! Allah!
    – ALLAH
    non esiste.

    (Sipario)[6]
  • SORPRESA

    Personaggi:
    – IL MARITO
    – LA MOGLIE
    – L'AMANTE DELLA MOGLIE che non parla
    In una camera da letto, ai giorni nostri.

    – IL MARITO
    giungendo improvvisamente, trova LA MOGLIE intenta a tradirlo con uno sconosciuto: Ah, infame, dunque non mentiva la lettera anonima, da me ricevuta un'ora fa: tu hai un amante!
    – LA MOGLIE
    E tu stai a credere alle lettere anonime? Andiamo!

    (Sipario)[6]

Vite degli uomini Illustri[modifica]

  • Socrate si fece serio serio: «Io», cominciò «non so che una cosa sola ...» «È un po' poco» osservò il professore, rabbuiandosi e scambiando occhiate espressive coi colleghi di commissione, «comunque diccela.» «So», proseguì Socrate con grande serenità, «di nulla sapere.» «È una bella nozione» disse tra i denti uno dei professori che assistevano. (Vita di Socrate)
  • Una volta si presentarono [al pittore Antonello da Messina] un vecchio signore ignoto e un giovinotto suo figlio a chiedere d'essere effigiati. Eseguiti i ritratti, Antonello scrisse, sotto quello del vecchio: Ritratto d'Ignoto; e sotto l'altro: Ritratto di figlio d'Ignoto. Apriti cielo. Esposti i quadri, padre e figlio volevano linciare il pittore. La moglie del vecchio signore querelò Antonello per diffamazione. (Antonello da Messina)
  • E lo chiamavano [l'animaletto]: «il tasso della quercia della guercia del Tasso», mentre l'albero era detto: «la quercia del tasso della guercia del Tasso» e lei: «la guercia del Tasso della quercia del tasso» (La quercia del Tasso)

Citazioni su Achille Campanile[modifica]

  • Era il mio idolo. Ma lui era solo surreale. Non poteva fare satira di costume perché il regime non glielo permetteva. Allora inventava soluzioni geniali. (Paolo Villaggio)

Note[modifica]

  1. Titolo di un suo racconto passato a proverbio e modo di dire comunissimo.
  2. a b c d Da Umorista sarà lei – Vita ed opere di Achille Campanile, a cura di Angelo Cannatà, Silvio Moretti e Gaetano Campanile, Pubblicazione edita in occasione della Mostra Documentaria dedicata ad Achille Campanile, Napoli, 5 – 17 settembre 2005.
  3. a b Dall'intervista a Esercizi di memoria su RadioTre. (File audio 1, 2)
  4. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  5. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  6. a b c d Da Tragedie in due battute, BUR, 2013. ISBN 9788831509312

Bibliografia[modifica]

  • Achille Campanile, Agosto, moglie mia non ti conosco, Rizzoli, Milano, 1974.
  • Achille Campanile, Gli asparagi e l'immortalità dell'anima, Rizzoli, Milano, 1974.
  • Achille Campanile, Il povero Piero, Rizzoli, Milano, 1977.
  • Achille Campanile, In campagna è un'altra cosa, Rizzoli, Milano, 1961.
  • Achille Campanile, Opere, vol. II, Bompiani, Milano, 1989. ISBN 88-452-1472-N
  • Achille Campanile, Se la luna mi porta fortuna, Bur, 2013. ISBN 88-586-4236-8
  • Achille Campanile, Vite degli uomini illustri, Rizzoli, Milano, 1979.

Film[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]