Achmed Zakaev

Achmed Khalidovič Zakaev (1959 – vivente), politico russo di etnia cecena.
Citazioni di Achmed Zakaev[modifica]
Dall'intervista di Anna Politkovskaja
Maggio 2002; Anna Politkovskaja, Un piccolo angolo d'inferno (2003), traduzione di Isabella Aguilar, Rizzoli, Milano, 2023, pp. 213-224, ISBN 978-88-17-18149-5.
- Non c'è nessun dialogo, la guerra continua, e a mio parere oggi nel Governo russo non c'è nessuno che potrebbe assumersi la responsabilità di fermarla. Non può farlo Putin, e neppure il primo ministro. Nessuno può farlo. [...] Perché la situazione in Cecenia è fuori dal loro controllo. Sono i militari a dire alla Russia che cosa fare, oggi. Una differenza essenziale tra El'cin e Putin è che El'cin, nonostante tutti i problemi, aveva un consenso molto scarso ma una grande autorità, mentre Putin sembra avere un grande consenso e scarsa autorità.
- [Su Murat Magometovič Zjazikov] Si rende conto di cosa significa per l'Inguscezia avere come guida un ufficiale della Sicurezza federale proclamato presidente da Putin? Penso che si stiano preparando a provocare una "nuova Cecenia" in Inguscezia. I militari hanno bisogno di allargare il conflitto, ora che la Cecenia è stata ripulita in lungo e in largo.
- L'esercito non vuole rinunciare alla sua posizione di dominio nel Paese, e il solo modo per mantenerla è creare nuovi conflitti locali. Una nazione come la Russia, che non ha ancora rinunciato alle sue ambizioni imperialistiche o imparato a rispettare seriamente le sue leggi, ha bisogno di un nemico. Non è abbastanza forte per affrontare un nemico esterno, ma può sempre scegliersene uno all'interno della federazione. Prima erano i ceceni, e i prossimi saranno gli ingusci, che in teoria sono solidali con i primi.
- In generale non mi piace pensare a qualcuno, che sia Dudaev, Basaev o Maschadov, come a una "figura di culto". Personificare il nostro problema è solo una strategia propagandistica.
- Nell'attuale situazione cecena, con il ruolo punitivo che si sono scelti i militari, non potranno che ritirarsi. Possono tirare avanti per un altro anno o due, ma non possono sconfiggere un intero popolo. I ceceni sono sopravvissuti al momento peggiore, quando la guerra di Putin aveva il consenso dell'opinione pubblica. Ora è diventata molto impopolare, invece, e noi continueremo a sopravvivere.
- [Su Achmat Kadyrov] È contro l'usanza cecena e anche contro quella russa parlar male dei morti. E non ho niente di buono da dire.
- Kadyrov non è un problema per la Cecenia, ma per chi l'ha appoggiato e messo al potere. Oggi sta provocando la gente, sta facendo di tutto per scatenare una guerra civile contro i suoi nemici in Cecenia. Sta cercando di farlo perché un simile conflitto, una volta iniziato, gli eviterebbe di assumersi la responsabilità dei crimini atroci commessi nel Paese.
- Fino a ora, i generali russi hanno fatto avanzare le loro carriere militari e politiche sul sangue dei ceceni, prendendo medaglie, promozioni e denaro, e nessuno è mai stato considerato responsabile. Se le cose non cambiano, siamo condannati a un circolo vizioso, perché i generali russi, ormai abituati a nutrirsi del sangue ceceno, non smetteranno di loro spontanea volontà.
- Maschadov non è Basaev. C'è un'enorme differenza tra un presidente eletto dal popolo e uno imposto dall'alto. Dudaev era stato eletto, e non ha dato le dimissioni: è stato ucciso. Maschadov non scapperà, non si arrenderà e non darà le dimissioni. E se vivrà o morirà è nelle mani di Dio.
- [«Quale pensa sia stato il peggior errore di Maschadov?»]
È stato anche il nostro peggior errore, di tutti i compagni che hanno combattuto con lui durante la prima guerra: siamo caduti nell'inganno propagandistico del Cremlino, quando ha dichiarato che dopo Chasavjurt avevamo vinto la guerra. Quello è stato il nostro tragico errore e lo stiamo ancora scontando, insieme a tutto il popolo ceceno. La verità è che non c'è stata alcuna vittoria. Centoventimila morti, tutte le infrastrutture ridotte in macerie, villaggi e città cancellati dalle mappe... E noi abbiamo festeggiato, elargito medaglie e promozioni. Se invece avessimo continuato a dichiarare di essere vittime di una guerra genocida, forse non ci sarebbe stato un secondo conflitto. - Non ci sono né eroi né vincitori in questa guerra, la nazione è stata umiliata e insultata nella sua totalità, e gli eroi non permettono che questo accada al loro popolo.
Da Tutta colpa di Mosca, deve trattare con noi
Intervista con la radio Eco di Mosca, la Repubblica, 28 dicembre 2002.
- Da un lato questo tragico avvenimento, che ha purtroppo provocato tante vittime può essere interpretato come un atto terroristico. Dall' altro lato, valutandolo dal punto di vista della vita quotidiana in Cecenia, è una vendetta riuscita, una vendetta dei ceceni contro gli oppressori russi.
- Non c'è dubbio che i ceceni che vogliono la libertà e l'indipendenza del nostro popolo vedevano in quel palazzo un bersaglio importantissimo dal punto di vista strategico, il luogo dove si riunivano i più zelanti esecutori della politica anti-cecena, della guerra di sterminio che Mosca conduce contro il nostro popolo.
- Il vero terrorismo è quello di Putin contro di noi. In ogni caso posso soltanto dire che le forze armate cecene non utilizzano kamikaze.
Da «Non siamo stati noi, Putin ha tanti nemici»
Intervista di Giulietto Chiesa, La Stampa, 7 settembre 2004.
- [Sulla strage di Beslan] Abbiamo subito detto a chiare lettere che questa azione bestiale non ha nulla a che fare con noi. Non può essere giustificata in alcun modo, danneggia la causa cecena. È un atto mostruoso contro i ceceni.
- Noi siamo convinti che dietro tutti gli attacchi terroristici di questi anni, dei più sanguinosi, ci siano le tracce dei servizi segreti russi. O di parti di essi. Non siamo solo noi a dirlo. Molti osservatori lo dicono. Cominciò con l'esplosione dei palazzi di Mosca. I ceceni non c'entravano per niente, ma servì a lanciare l'offensiva militare della seconda guerra cecena.
- Putin vuole riportare la Russia ai tempi sovietici, non più - come ha fatto fin'ora - ripristinando simboli, bandiere e inni. Adesso si accinge a farlo compiutamente. Prigione di popoli era, prigione di popoli vuole che torni ad essere.
- Il fatto che Bassaev rifiuti di negoziare è una favola moscovita. Lui stesso ha dichiarato, al contrario, che se Mosca accettasse un negoziato politico e smettesse l'occupazione del paese, cesserebbe i combattimenti.
Da Zakayev: vedo arrivare altre Beslan
La Stampa, 15 settembre 2004.
- Se la politica di Putin verso la Cecenia non verrà modificata, la radicalizzazione del Caucaso raggiungerà livelli ancora maggiori e sono seriamente preoccupato che altre Beslan saranno inevitabili.
- Categoricamente rifiuto tutte le accuse da parte del governo russo che il presidente Maskhadov sia minimamente coinvolto con i fatti di Beslan. [...] Non ha ammesso alcuna giustificazione per il terrorismo e ha invitato il popolo ceceno a piangere le vittime della tragedia.
- Dal mio punto di vista Putin sta sfruttando la tragedia nello stesso modo in cui Hitler sfruttò l'incendio al Reichstag.
Da «Putin ha dato l'ordine e con lui non si tratta»
La Stampa, 10 marzo 2005.
- [Su Aslan Maschadov] Era un politico che cercava di frenare quelli che rispondevano al terrore con il terrore. E questo dava molto fastidio a Putin.
- Mashkadov era l'ultima possibilità per una soluzione pacifica del conflitto in Cecenia. Era uno dei pochi che credeva nella forza della ragione e cercava con tutti i mezzi di coinvolgere il governo russo a sedersi intorno a un tavolo.
- Oggi in Cecenia è cresciuta una generazione che non conosce niente oltre la guerra, e che non sa niente della Russia oltre alla violenza e al terrore. È improbabile che tra i giovani comandanti sul campo se ne trovi qualcuno che voglia aprire trattative con Mosca.
- Se ammazzano anche Basaev al suo posto arriveranno altri dieci nuovi Basaev.
- La mia opinione personale è che di trattative con Putin non se ne parla nemmeno. Se qualcuno coltivava l'illusione su una possibilità di pace, con l'assassinio di Maskhadov è chiaro che la guerra non finisce perché non c'è interesse a farla finire.
Dalla prima intervista di Luca Salvatori e Maxim Litvinenko
Febbraio 2007; Citato in Aleksandr Litvinenko, Perché mi hanno ucciso, AIEP Editore, 2008, pp. 131-135, ISBN 978-88-6086-011-8
- [Sull'omicidio di Aleksandr Litvinenko] Le circostanze già universalmente note consentono di nominare un committente concreto nella persona del capo del Cremlino Vladimir Putin. La pianificazione e l'esecuzione sono avvenute sotto la gestione indiretta del direttore dell'Fsb Nikolaj Patrušev.
- Per quanto riguarda i moventi, il primo di essi, anche se già questo sarebbe sufficiente, è l'abbandono da parte di Saša dell'organizzazione più sanguinaria e criminale dell'intera storia dell'umanità, che per il secondo secolo terrorizza interi popoli e Paesi. Uccidere un traditore, come lo chiamavano, era una questione, ovviamente, non di onore, cosa che i delinquenti non hanno, bensì di immagine, per non far stare tranquilli gli altri.
Il secondo movente, anche questo sufficiente, è la "violazione del segreto di stato". Proprio questa formula è riportata nelle carte ufficiali che hanno vietato in Russia il libro di Aleksandr Litvinenko "L'FSB fa scoppiare la Russia". Effettivamente, chiunque venga a toccare da vicino il "segreto di stato" dell'esplosione delle abitazioni nelle città russe, per esempio Lebed', Ščekočichin, la Politkovskaja e Litvinenko, muoiono della morte riservata ai traditori dello stato. L'isolamento di Michail Trepaškin non si può definire che come una lenta morte.
Infine, il terzo movente è la chiara attività pubblicistica di Litvinenko, che contiene una critica impietosa del regime di Putin per i crimini contro l'umanità tanto in Cecenia quanto in Russia. - Propongo di ricordare la dichiarazione di Nikolaj Patrušev dopo l'uccisione di Chattab. Il direttore dell'Fsb ha parlato con orgoglio di un certo "know-how". Adesso si può parlare coraggiosamente del fatto che questo "know-how" consiste nell'avvelenare la gente con elementi nucleari. A Patrušev e al suo "know-how", ovviamente, è riservato un posto nella storia. La domanda è se questo posto è soltanto nella storia.
Dalla seconda intervista di Luca Salvatori e Maxim Litvinenko
Londra, maggio 2007; Citato in Aleksandr Litvinenko, Perché mi hanno ucciso, AIEP Editore, 2008, pp. 15-17, ISBN 978-88-6086-011-8
- Senza esagerare, ritengo che il riconoscimento della Repubblica di Cecenia sia inevitabile. Dal punto di vista del diritto, non abbiamo alcun problema. Il popolo ceceno è autodeterminato già nel 1990, quando l'esecutivo dell'URSS venne radicalmente rinnovato. Le autorità sovietiche che fino a quel momento avevano avuto la prerogativa esclusiva di definire lo stato di Repubblica confederata all'Unione oppure l'autonomia, hanno riconosciuto la Repubblica di Cecenia Inguscia come soggetto autonomo al pari della Russia, della Georgia, dell'Ucraina e così via.
- Con il riconoscimento dell'indipendenza la Repubblica di Cecenia acquiserebbe ciò che l'Italia perderebbe qualora venisse conquistata da un numero di barbari sanguinari dieci volte superiori agli italiani stessi, armati di tutto punto.
- Ramzan Kadyrov è una creazione di Putin, che riflette esattamente tutti i risultati ottenuti dalla Russia nella pluriennale guerra anticecena.
- [«Perché i mass media internazionali forniscono così poche notizie sulla questione cecena?»] C'è solo una spiegazione: il mondo, l'occidente e l'oriente, si sono messi dalla parte della Russia e si sforzano in ogni modo di compiacere il suo regime. Solo una cosa è in grado di compiacere Putin, l'uccisione dei ceceni che da secoli sfidano l'autorità russa con il proprio amore per la libertà. Tanto sul piano culturale quanto su quello religioso, così come su quello geografico, la Cecenia si è trovata a cavallo tra le civiltà. I governi musulmani sono più vicini per animo al dittatore Putin rispetto ai ceceni, anche se condividono la stessa religione. Per i governi occidentali corrotti invece è più importante il business del petrolio e del gas con il Kgb che l'autonomia dei ceceni. Per gli USA e per l'Unione Europea, fin dall'inizio della guerra anticecena, c'è stata anche un'altra ragione per sostenere Putin. Hanno nutrito la speranza che, inghiottita la Cecenia, la Russia avrebbe abbandonato la Abchazija, l'Oscezia del Sud e la Pridnestrov'e, così che queste repubbliche, assieme alla Georgia ed alla Moldavia, si sarebbero venute a trovare sotto il loro completo controllo.
- Aleksandr era mio amico, e la mia famiglia, compresi i miei nipotini, lo considerava uno di noi. Era un mio alleato, anche politico, la sua perdita ha un valore inestimabile.
Da «Una sconfitta russa in Ucraina riaprirebbe i giochi in Cecenia»
Intervista di Francesco Insardà sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, Ildubbio.news, 2 luglio 2022.
- La guerra in Ucraina sta riaccendendo l’attenzione su quanto commesso in Cecenia e non solo. Mi riferisco anche alla Georgia e alla Siria. C’è un legame tra il mio paese e l’Ucraina. L’aver subito la prepotenza della Russia. Abbiamo subito prima dell’Ucraina le stesse violenze, molte volte nell’indifferenza della comunità internazionale.
- La Russia di Putin con la sua politica si sta muovendo verso un nuovo fascismo. Un pericolo che io ed altre persone, in tempi non sospetti, avevamo già fatto notare, ma non siamo stati molto ascoltati. È chiaro dove Putin voglia portare la Russia. Nel suo libro Anna Politkovskaja descrive proprio la deriva fascista. Ed è proprio quello che sta ripetendo adesso in Ucraina. I crimini di Bucha, per esempio, ricalcano lo stesso copione avutosi in Cecenia, la stessa terribile condotta già denunciata anni fa dalla coraggiosa Anna.
- Kadyrov è un personaggio in mano a Putin, che fa tutto quello che gli viene ordinato. Si muove a comando e ha rappresentato anche Putin in Ucraina in occasione dell'invasione. Non possiamo definirlo né un presidente né un leader.
- In passato la Cecenia è stata sacrificata nel silenzio di tutti. Ritengo che i tempi adesso siano cambiati e sono convinto che la vittoria dell’Ucraina avrà effetti positivi anche per la Cecenia.
Da Mosca si sente impero, la Cecenia e l'Ucraina sono parte della stessa storia
Intervento sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022 alla campagna "Putin all'Aia" dei Radicali italiani, Ilfoglio.it, 12 luglio 2022.
- Ho capito che tipo di minaccia fosse la Russia già prima delle guerre del 1994 e del 1999, avevo chiaro che indipendentemente dal tipo di potere che si sarebbe insediato al Cremlino, Mosca avrebbe sempre cercato di svilire il popolo ceceno. La Russia degli zar, la Russia sovietica, quella che abbiamo chiamato la Russia democratica hanno portato avanti interessi simili, minacce costanti.
- Diventare indipendenti da Mosca voleva dire che il nostro futuro, il nostro destino non sarebbero dipesi dalle relazioni con un uomo seduto al Cremlino o dal suo umore. Voleva dire la fine delle intromissioni e anche dei capricci. Per questo ho combattuto nella Prima guerra cecena: per la libertà. Ora la nostra repubblica è di nuovo occupata.
- Oggi nella guerra in Ucraina, Putin distrugge anche i ceceni. Manda la gioventù cecena nelle braccia dei cosiddetti kadyrovcy. In questo modo continua il massacro del popolo ceceno, che si è trasformato in carne da cannone. Non c'è differenza tra quello che vuole fare agli ucraini e quello che vuole fare ai ceceni. Ottiene due obiettivi: trasforma i ceceni nei nemici principali di Kyiv e continua a ucciderli.
- La Russia, nonostante sia stata dipinta spesso come democratica, continua a essere un impero che distrugge la voglia di indipendenza, distrugge le altre nazionalità portando avanti una politica di russificazione dell'impero.
- Fino a quando la Russia non rinuncerà alla sua politica imperiale non smetterà di sottomettere i popoli e questo avverrà indipendentemente da chi sarà al Cremlino. Putin sta continuando questa politica, se non fosse lui, sarebbe un altro. È il portatore di un modo di gestire il potere nato con gli zar e continuato con i sovietici. Non ha inventato nulla. Non sto facendo l'avvocato di Putin, che è un criminale di guerra, un assassino, sostengo che il problema sia più profondo. Boris Eltsin piaceva molto all'occidente, era considerato un liberale perché si opponeva al comunismo, ma è stato lui a iniziare la guerra contro i ceceni, è stato lui che ha distrutto Groznyj. Putin ha continuato. Se al Cremlino verrà qualcuno di diverso, non cambierà la Russia. Bisogna cambiare la Russia se si vuole che al Cremlino non si ripresenti un Putin, uno Eltsin o uno Stalin. Deve essere una nazione con una nuova veste.
- Da questa guerra dovrà nascere una nazione che non è più impero, che non sia più un pericolo. Il cambiamento si avrà con la sconfitta e anche portando i russi a ragionare.
- Il futuro deve passare attraverso il pentimento. Il pentimento deve portare alla purificazione e infine alla formazione di una società sana. Finché il popolo russo sarà malato di russismo, fascismo, o come volete chiamarlo, avremo sempre a che fare con una minaccia.
Citazioni su Achmed Zakaev[modifica]
- Zakaev non può scendere dalla macchina. È altamente sconsigliabile per lui andare in un caffè di Londra, perché le autorità inglesi temono che la Sicurezza federale russa lo rapisca. È proprio come nei film sulle spie sovietiche: ecco come è tornato a essere. Terribile. In che cosa ci siamo trasformati? (Anna Stepanovna Politkovskaja)
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