Arturo Graf

Arturo Graf (1848 – 1913), poeta e critico letterario italiano.
Citazioni di Arturo Graf
[modifica]- [I preraffaelliti] Essi hanno grande avversione al rinascimento classico, ma non isperano un vero rinascimento medievale, contro cui troppe forze, e irresistibili, si troverebbero collegate. [...]. I preraffaelliti, del resto, non cercano nel medio evo, mal conosciuto e peggio rassettato, se non un rifugio che li ripari dalla ingiuria de' tempi; una specie di cenobio intellettuale e sentimentale, ove a bell'agio possano, se non appagare, accarezzare quel vago bisogno d'idealità e di fede che gli affanna e gl'inquieta, e sognare in pace i loro sogni. (da Foscolo, Manzoni, Leopardi, p. 311)
- Mario Rapisardi è, nell'Italia presente, il solo poeta che abbia saputo accogliere in versi di altissimo suono e di tempra incorruttibile il grido dei tempi nuovi. (citato in Angelo De Gubernatis, Mario Rapisardi, 1912)
- Mentre giace supino, | Vede assai lungi il cielo; | Sente, fra stelo e stelo, | La terra assai vicino. (da Sull'erba, in Poesie, Edizioni Giovanni Chiantore, Torino, in Libro di poesie, a cura di Rosa Fumagalli, G. B. Paravia, Torino, 1937)
- Poeta e propugnatore | Mario Rapisardi | accolse nell'animo | espresse nel verso | i teneri e gli eroici affetti | le aspirazioni e i voti | della premente umanità | le angosce dell'inscrutabile | la religione suprema | del Tutto vivente. | Flagellatore imperterrito | di ingiustizia di viltà di menzogna | visse intemerato | morì da forte | esempio rimprovero ammonimento | a contemporanei ed a posteri. (lapide all'Università di Catania, 1912; citato in Angelo De Gubernatis, Mario Rapisardi)
- Se Dante tornasse al mondo, e riscrivesse la Commedia, si può tener per sicuro che Michele Scotto non sarebbe più posto da lui in quella bolgia, tra quei dannati, quando pure il poeta rinascesse così buon cattolico quale già fu, e così inclinato a certe credenze come un cattolico non può quasi non essere; ma dato il tempo in cui il poeta visse e fu composto il poema; data la celebrità grande di cui Michele Scotto ebbe a godere in quel tempo, e le ragioni e l'indole di tal celebrità, era assai difficile, per non dire impossibile, che il poeta non ponesse il filosofo a quella pena.[1]
- Se l'intento principale è quello che sembra indicato dal nome, il simbolismo dovrebbe, in contraddizione diretta col realismo, che considera e ritrae, o vorrebbe considerare e ritrarre, le cose ciascuna per sé e nel proprio suo essere, considerarle e ritrarle come segni le une delle altre, e più propriamente le minori delle maggiori, le materiali delle spirituali. Sì fatto intento non è già nuovo; anzi è vecchissimo; anzi non sempre fu intento, nel proprio senso della parola, ma, in età più remote, operazione dello spirito affatto istintiva e spontanea. Poesia simbolica è sempre stata nel mondo, e chi volesse andare in traccia del simbolo per entro all'arte realistica, e agli stessi romanzi del Balzac e dello Zola, durerebbe poca fatica a trovarlo. (da Preraffaelliti, simbolisti ed esteti, parte prima, pp. 40-41, in Nuova Antologia di scienze, lettere ed arti, quarta serie, volume LXVII della raccolta CLI, Forzani e C. tipografi del Senato, Roma, 1897)
- Tramonta il sole e sulla nitid'ala | Piega il cantor la testa e con l'estrema | Nota l'armoniosa anima esala. (da Il canto del cigno, in Medusa, Edizioni Giovanni Chiantore, Torino, 1890, in Libro di poesie)
Ecce Homo
[modifica]- A compiacersi del semplice ci vuole un'anima grande. (n. 931)
- Amoreggiate con le idee fin che vi piace; ma quanto a sposarle, andate cauti. (n. 275)
- Chi ha un vero amico può dire di avere due anime. (n. 243)
- Chi in un'arte è diventato maestro, può, senza danno, scordarsi le regole. (n. 107)
- Chi si fosse spogliato di tutte le illusioni, rimarrebbe nudo. (n. 455)
- Ci sono taluni ossessi di prudenza, che a furia di volere evitare ogni più piccolo errore, fanno dell'intera vita un error solo. (n. 127)
- Di là da certo segno, la ricchezza e la povertà hanno comune questa maledizione, che fanno dell'uomo uno schiavo. (n. 37)
- È assai più facile essere caritatevole che giusto. (n. 494)
- I nemici più pericolosi sono quelli da cui l'uomo non pensa a difendersi. (n. 376)
- Il sapere e la ragione parlano; l'ignoranza e il torto urlano. (n. 168)
- L'arte è, sotto certo aspetto, una critica della realtà. (n. 804)
- L'ignoranza non sarebbe l'ignoranza, se non si riputasse da più che la scienza. (n. 204)
- L'ingenuità è una forza che gli astuti hanno torto di disprezzare. (n. 211)
- La forza è confidente per natura. Nessun più sicuro segno di debolezza che il diffidare istintivamente di tutto e di tutti. (n. 95)
- La ragione non merita veramente di chiamarsi con questo nome se non il giorno in cui comincia a dubitar di sè stessa. (n. 564)
- La ricchezza può essere buon condimento nel banchetto della vita; ma tristo quel commensale cui essa sia tutt'insieme condimento e vivanda. (n. 118)
- Nel viaggio della vita non si dànno strade in piano: sono tutte o salite o discese. (n. 234)
- Se il riccio avesse un po' più d'intelligenza, non avrebbe bisogno di armarsi di tante punte. (n. 303)
- Se tu pretendi e ti sforzi di piacere a tutti, finirà che non piacerai a nessuno. (n. 386)
- Se non ci fossero tante pecore, non ci sarebbero tanti lupi. (n. 97)
- Se volessero parlare di ciò solo che intendono, gli uomini quasi non parlerebbero. (n. 486)
- Uomo su cui possa l'adulazione è uomo senza difesa. (n. 188)
Le rime della selva
[modifica]No, non è vero poeta
Chi abbia un'anima sola,
Che mutar senso o parola
A se medesima vieta.
Quegli è poeta che cento
Ne chiude ed agita in petto,
E ognuna ha vario l'affetto,
E ognuna ha proprio talento.
Citazioni
[modifica]- C'era una volta.... che cosa? | Son come grullo stasera! | Non mi ricordo; ma c'era, | C'era una volta qualcosa. (da C'era una volta...)
- Leggere vuoi? Non cercare | Nel disadorno volume | Il superesteticume, | Le preziosaggini rare. | I sensi astrusi e sconvolti, | Che per la gran meraviglia | Fanno inarcare le ciglia | Alle bardasse, agli stolti. (da Il prologo)
- Se son vivo!?... Mi sembra: | Ma forse un sogno plasma | Queste che | pajon membra; | Forse io sono un fantasma. | Sia pure. O vivo o morto, | Che fa? Dura il tormento, | Se il piacere fu corto. (da Dopo venticinque anni)
- Rifrustare il passato | È un misero conforto: | Quello ch'è stato è stato; | Quello ch'è morto è morto. (da Dopo venticinque anni)
Dello spirito poetico de' tempi nostri
[modifica]SIGNORI,
Che la poesia prenda forme diverse in tempi diversi e tra diverse genti è noto a chiunque abbia con la storia delle umane lettere alcuna benché piccola dimestichezza; ma ch'essa debba di necessità far così non è da tutti riconosciuto egualmente. E pero furono in ogni tempo, e son tuttavia alcuni, benché oggimai piuttosto singolari che scarsi, i quali, invaghitisi di una qualche particolare forma di arte, e non intendendone altra, cercarono e cercano, o con legarsi in iscuole e in oligarchie, o con bandir leggi fatte da loro, di fissare il gusto una volta per sempre, e di metter ritegno a quel mutar naturale che altro non è che un degenerare a lor giudizio.
Il diavolo
[modifica]Tutti conoscono il poetico mito della ribellione e della caduta degli angeli. Questo mito, che inspirò a Dante alcuni tra i più bei versi dell'Inferno, e al Milton un indimenticabile episodio del Paradiso perduto, fu da varii Padri e Dottori della Chiesa variamente foggiato e colorito; ma non ha altro fondamento che la interpretazione di un versetto d'Isaia e di alcuni luoghi, abbastanza oscuri, del Nuovo Testamento. Un altro mito, di carattere molto diverso, ma non meno poetico , accolto da scrittori così ebraici come cristiani, narra di angeli di Dio, che invaghitisi delle figliuole degli uomini, peccarono con esse, e furono in punizione del loro peccato esclusi dal regno dei cieli, e convertiti di angeli in demonii. Questo secondo mito ebbe nei versi del Moore e del Byron consacrazione perpetua. Cosi l'un mito come l'altro fa dei demonii angeli caduti, e la caduta rannoda a un peccato: superbia o invidia nel primo caso; amor colpevole nel secondo.
Ma questa è la leggenda, non già la storia di Satana e dei compagni suoi.
Le poesie
[modifica]Medusa
[modifica]Di notte circonfusa,
Di spavento ripiena,
Gorgo vota d'amor, muta sirena,
O Medusa, o Medusa!
Muore il giorno. In un gran ravvolgimento
D'incendïate nuvole profonde,
Il sol, come un perduto astro cruento,
Nell'alto abisso traboccò dell'onde.
Le Danaidi
[modifica]Pallide, disperate, taciturne,
Vanno per l'ombra, tra la morta gente,
E reggon l'urne, faticosamente,
Con l'erte fronti e con le braccia eburne.
Morgana
[modifica]Su verdi campi ed arenosi lidi,
O fata dai sereni occhi, Morgana,
Alto volar pel queto aer ti vidi;
Del bel colore della melagrana
Tutta vestita o con le chiome sciolte,
Ondeggianti in balìa dell'aura vana.
Per una fede
[modifica]Una fede! Ce chi l'ha, sotto una o altra forma di religione rivelata, e se ne contenta. C'è chi non l'ha, e non ne sente bisogno; anzi la stima dannosa e impossibile. C'è chi non l'ha, e sente che gli manca e, come cosa necessaria, la cerca e la vuole.
Di questi ultimi fui io medesimo.
Citazioni su Arturo Graf
[modifica]- Arturo Graf visse solitario, chino sull'io tormentato, alieno dagli sguardi e dalla lode della folla, senza mai ambire popolarità, «il plauso della folla sciocca».
Insegnante universitario fu educatore della gioventù con serietà sacerdotale, sollecito sempre di arricchire la scienza, di far trionfare il vero e il bello, non preoccupato che della raccolta intimità e della spiritualità della vita. Allontanò da sé il volgare e il basso: la sua eletta natura di spirito aristocratico, non atta a sopportare il volere e il capriccio del «gusto» dominante, della moda, o a seguire la comune corrente, schernì la nostra cultura troppo esaltata. Fu un «riottoso spirito superbo», come egli stesso si definì, e senza tregua lottò per additare a sé, alla sconcertata umanità una mèta fissa dì vita.
- Egli diede costantemente precedenza alla voce della ragione sulle esigenze del cuore. Vide anzitutto, in ogni professione di fede, la luce dell'intelletto: lodò il «Santo» del Fogazzaro, che anche sul letto di morte affermava la grande necessità della ragione per coloro che hanno le anime in cura; visse nell'idea di accogliere in sé il suo mondo logico, perfettamente indipendente dal fantastico, sì ch'egli potesse, secondo il bisogno, volgersi ora a questo ora a quello.
- Sempre stupisce, in questo poeta del dolore universale, la fredda e misurata calma con cui guarda senza affanno e senza tremito gli intravisti precipizi, i voluti annientamenti della gioia. Sebbene dica insopportabile la sua pena e il suo cordoglio, «il disperato dolor che m'urge e mi dilania il verso»; rincorra nell'ombra i più foschi lineamenti che la sua musa inspirata presta a orridi sembianti; si compiaccia dell'orrendo, nelle sue rappresentazioni: si mostri veramente più sensibile per l'illanguidire e l'estinguersi che per il fiorire e il prosperare della natura che ci circonda: canti la primavera, «intesa solo a preparar la morte», il suo tormento interiore non si acuisce mai fino a una pena dominante, ad una tenebrosità dissolvente. Gli schianti e le scissioni profonde sono risparmiate all'anima sua. Egli poteva curare e sanare facilmente, con tocco delicato, le ferite aperte. Questa vita inutile e piena di misteri gli sembrò certamente degna di essere vissuta.
Bibliografia
[modifica]- Arturo Graf, Dello spirito poetico de' tempi nostri: prolusione al corso di letteratura italiana letta addì 22 gennaio 1877 nella R. Università di Torino, E. Loescher, Torino, 1877.
- Arturo Graf, Ecce Homo, Fratelli Treves, Milano, 1908.
- Arturo Graf, Foscolo, Manzoni, Leopardi. Aggiuntovi preraffaelliti, simbolisti ed esteti e letteratura dell'avvenire, Casa editrice Giovanni Chiantore, Torino, 1920.
- Arturo Graf, Il diavolo, Fratelli Treves Editori, Milano, 18904.
- Arturo Graf, Le poesie, Chiantore, Loescher, Torino, 1922.
- Arturo Graf, Per una fede, Fratelli Treves Editori, Milano, 1906.
Note
[modifica]- ↑ Da Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, p. 337, Bruno Mondadori Editore, 2002.
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