Friedrich Hölderlin

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Friedrich Hölderlin

Johann Christian Friedrich Hölderlin (1770 – 1843), poeta tedesco.

Citazioni di Friedrich Hölderlin[modifica]

  • Chi sente soltanto il profumo di un fiore, non lo conosce, e nemmeno non lo conosce chi lo coglie solo per farne materia di studio.[1]
  • Dove c'è pericolo cresce anche ciò che salva.
Wo aber Gefahr ist, waechst das Rettende auch.[2]
  • E tuttavia quello che resta, sono i poeti che lo creano.[3]
Was bleibet aber, stiften die Dichter.
  • Essere una cosa sola con tutto ciò che vive, far ritorno, beatamente dimentichi di se stessi, nel seno universale della natura, ecco il vertice di ogni pensiero e di ogni gioia.[4]
  • Giorno e notte, un fuoco divino ci spinge ad aprire la via. Su vieni! Guardiamo nell'Aperto, cerchiamo qualcosa di proprio, sebbene sia ancora lontano.[5]
  • Il comporsi delle dissonanze in un determinato carattere non è cosa per la sola riflessione, né per il vuoto diletto.[1]
  • L'aureo splendore di tua pace angelica | spesso ho turbato. Tu molti reconditi | profondi mali della vita | hai da me appreso, essere santo! || Dimentica e perdona. Io sono simile | al nembo che trascorre su la placida | luna: passo; e tu splendi, | dopo, più bella, o dolce luce.[6]
  • Noi siamo originali solo perché non sappiamo nulla.[3]
Wir sind nur Original, weil wir nichts wissen.
  • Siamo un segno che non indica nulla, siamo senza dolore, e abbiamo quasi perso il linguaggio in terra straniera.[7]

Iperione[modifica]

Incipit[modifica]

Il caro suolo della patria mi dà gioia e dolore. Io sono ora ogni mattina sulle alture dell'istmo di Corinto e, come l'ape tra i fiori, la mia anima vola spesso or qui or là tra i mari, che a destra e a sinistra rinfrescano i piedi dei miei monti infocati. Soprattutto uno dei due golfi avrebbe dovuto allegrarmi, s'io fossi nato un migliaio d'anni avanti.

Citazioni[modifica]

  • Felice l'uomo a cui una patria fiorente dà gioia e forza al cuore. (p. 22)
  • Io non ho nulla, di cui possa dire: «è mio». (p. 22)
  • O natura felice! io non so che sia di me, quando sollevo lo sguardo innanzi alla tua bellezza, ma tutta la gioia del cielo è nelle lagrime ch'io verso innanzi a te, come l'amante dinanzi all'amata. (p. 23)
  • Essere uno col tutto, questa è la vita degli dei, è il cielo dell'uomo! (p. 23)
  • Oh! un Dio è l'uomo allorché sogna, un mendicante quando riflette; [...] (p. 24)
  • [...] un essere celeste è il bambino, finché non si camuffa nei colori camaleontici degli uomini! (p. 24)
  • Come è inetto lo zelo più volenteroso degli uomini di fronte all'onnipotenza dell'entusiasmo indiviso! (p. 29)
  • Quale squisita dolcezza, quando il nostro intimo trae forza così dal soggetto, se ne distingue e più fido vi si congiunge, e il nostro spirito man mano si addestra! (p. 30)
  • Dove potrei trovare rifugio, se non avessi i cari giorni della mia giovinezza? (p. 34)
  • [...] che cosa sarebbe la vita senza speranza? Una scintilla che sprizza dal carbone e si spegne; e come nella torbida stagione si ode una folata di vento, che spira un istante e poi va morendo, così sarebbe pure di noi! (p. 40)
  • L'albero secco e marcio non ha diritto di star dove sta: esso ruba luce e aria alla giovane vita, che sorge e matura per un mondo nuovo. (p. 46)
  • Delle loro gesta si nutrono i figli del sole, essi vivono della vittoria, nel proprio spirito si ricreano e la loro forza è la loro gioia. (p. 46)
  • Lo stato non deve pretendere ciò che non può ottenere con la forza, Ciò che però è dono o dell'amore o dello spirito non lo si ottiene a forza. . (p. 50)
  • Lo stato è il rozzo involucro intorno al nocciolo della vita e nulla più; è il muro che recinge il giardino, ove crescono i frutti e i fiori umani. (p. 50)
  • È meglio diventar ape e costruire in innocenza la propria casa, che il dominar coi signori del mondo e urlare con loro, come con lupi, che dominar popoli e macchiarsi le mani dell'impura materia. (p. 57)
  • Noi vogliamo crescer qui in alto, vogliamo là in alto spiegare rami e fronde, e terra e clima ci portano invece ove vogliono loro, e se il fulmine cade sulla tua corona e ti spacca giù fino alle radici, povero albero! che ti riguarda? (p. 58-59)
  • L'onda del cuore non si leverebbe spumeggiando sì bella e diventerebbe spirito, se non le si rizzasse contro l'antico muto scoglio: il destino. (p. 61)
  • Il fuoco si leva in forme gioiose dalla culla oscura, in cui dormiva, e la sua fiamma si innalza e ricade e nuovamente erompe e si avvolge festosa, finché la sua materia è consunta, e allora fuma e lotta e si spegne: ciò che rimane è cenere. (p. 61)
  • Vi è un oblio di quanto esiste, un ammutolito del nostro essere, in cui abbiamo l'impressione di aver tutto ritrovato. (p. 62)
  • Come un fiume che scorra fra rive deserte, ove nessuna fronda di salice si specchia nell'acqua, tale scorreva innanzi a me, disadorno, il mondo. (p. 63)
  • Nulla può crescere e nulla così profondamente dissolversi, come l'uomo. (p. 63)
  • Chi non aspira alle gioie dell'amore e a grandi cose, quando nell'occhio del cielo e nel seno della terra ritorna la primavera? (p. 63)
  • Noi compiangiamo i morti, quasi sentissero la morte; e i morti hanno pur pace. Ma questo, questo è il dolore, che non ha uguali, questo è il senso dell'annullamento totale, che non dà tregua; quando la nostra vita perde così il suo significato, quando il cuore dice in tal guisa a se stesso: «tu devi cadere e nulla rimane di te; tu non hai piantato alcun fiore, non hai costrutto nessuna casa; oh, almeno potessi tu dire: io lascio sulla terra una traccia di me! Ahi! che l'anima può essere sempre sì piena di brama e nello stesso tempo, tanto scorata!» (p. 64-65)
  • Oh, i poeti hanno ragione; nulla è sì piccola e poca cosa, di cui non ci possiamo entusiasmare. (p. 67)
  • Amo questa Grecia al di sopra di tutto. Essa porta il color del mio cuore. Ovunque si guardi, giace sepolta una gioia. (p. 69)
  • Non è l'uomo invecchiato, sfiorito, non è egli come una foglia staccata, che non ritrova più il suo albero e che ora viene sbattuta qua e là dai venti, finché la sabbia non lo seppellisce? (p. 74)
  • Non piangete, se le cose migliori sfioriscono! Presto ringiovaniranno. Non affliggetevi, se la melodia del vostro cuore si spegne! Presto si trova una mano che la ridesta. (p. 75)
  • Era qui, il divino, qui, nella sfera della natura umana e delle cose.
    Io non domando più dove sia; era nel mondo e può nel mondo tornare. Ora è soltanto più nascosto in esso. Io non domando più cosa sia: io l'ho veduto, l'ho conosciuto. (p. 76)
  • Che cosa è tutto quanto gli uomini han pensato in millenni, di fronte a un solo istante di amore? È pur la cosa più perfetta, più divinamente bella della natura! Colà guidano tutti i gradini sulla soglia della vita, di là veniamo, colà andiamo! (p. 79)
  • Non si conosce il cigno che naviga superbo, se giace sulla riva nel sonno. (p. 79)
  • È pure eternamente certo e si rivela ovunque: quanto più innocente, più bella è un'anima, tanto più intimamente vive con gli altri esseri felici, che soliamo chiamare inanimati. (p. 80)
  • Come l'onda dell'oceano avvolge le rive dell'isole beate, così il mio cuore inquieto avvolgeva la pace della celeste fanciulla. (p. 82)
  • La mia anima è fuori del suo elemento, come un pesce sulla riva sabbiosa, e si avvolge e si agita, di qua di là, finché non si dissecchi nell'ardore del giorno. (p. 83)
  • L'amore generò il mondo, l'amicizia lo rigenererà. (p. 89)
  • Suoni pure per tutte le virtù l'ora estrema! Io sento per te, te, il canto del tuo cuore, o amata! e trovo vita immortale, ove tutto si spegne e appassisce. (p. 93)
  • Se volevo cercarla con l'occhio, si faceva buio innanzi a me; se mi volevo volgere a lei con una paroletta, mi soffocava in gola. (p. 95)
  • Sì, l'uomo è un sole che tutto vede e tutto trasfigura, quando ama; e se non ama è solo un'oscura dimora, ove arde un piccolo lume fumoso. (p. 101)
  • La prima figlia della bellezza umana, della bellezza divina è l'arte. In essa l'uomo divino ringiovanisce e si rinnova. Egli vuole sentire se stesso e perciò pone di fronte a sé la bellezza. Così l'uomo si diede i suoi dei, ché nel principio l'uomo e i suoi dei erano una sola cosa, poiché, ignota a se stessa, esisteva la bellezza eterna. (p. 107)
  • La seconda figlia della bellezza è la religione. Religione è amore della bellezza. Il saggio ama proprio lei, la infinita, che tutto abbraccia; il popolo ama i suoi figli, gli dei, che gli appaiono in varie fogge. (p. 107)
  • Solo quando le case e i templi sono ben morti, si arrischiano le fiere selvaggie nelle porte e per le strade. (p. 114)
  • Vi è un tempo dell'amore come v'è un tempo in cui si vive nella culla felice. Ma la vita stessa ce ne sospinge fuori. (p. 116)
  • Vi sarà una sola bellezza, e umanità e natura si fonderanno in una universale divinità. (p. 119)
  • Chi soffre un male estremo il male gli si addice. (p. 127)
  • Solo quando la giovinezza è passata, l'amiamo, e solo quando la giovinezza perduta ritorna, colma di beatitudine tutte le intimità dell'anima. (p. 149)
  • Voi errate in alto, nella luce | su molle suolo, geni beati! | Splendenti aure divine | vi sfioran lievi, | come le dita dell'artista | sfioran le sacre corde | Sciolte dal fato, come il dormiente | poppante respirano i celesti; | pudico avvolto | in boccio timido | fiorisce eterno | a lor lo spirito | e gli occhi beati | guardano in calma chiarezza eterna. | Ma a noi è dato | in nessun luogo posare; | scompaion, cadono | soffrendo gli uomini | ciecamente | di ora in ora, | com'acqua da masso | a masso lanciata | senza mai fine, giù nell'ignoto. (p. 181-182)
  • Tutte le volte che l'uomo ha voluto fare dello Stato il suo cielo, lo ha trasformato in un inferno. (2001)
  • È bello quando due esseri uguali si uniscono, ma che un uomo grande innalzi innanzi a sé chi è inferiore a lui, è divino.

Note[modifica]

  1. a b Citato in prefazione a Iperione, a cura di Giovanni Angelo Alfero, UTET, Torino, 1931.
  2. Citato in Martin Heidegger, La questione della tecnica.
  3. a b Citato in George Steiner, Una certa idea di Europa, traduzione di Oliviero Ponte di Pino, prologo di Rob Riemen, Garzanti, Milano, 2006. ISBN 88-11-59777-3
  4. Citato in Mario Pazzaglia, Letteratura italiana, Zanichelli, 1992, vol. 3, p. 105.
  5. Da Pane e vino, ne Le liriche.
  6. Traduzione di Diego Valeri. Citato in Manara Valgimigli, Il mantello di Cebète, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1952, p. 91
  7. Da Mnemosyne, ne Le liriche.

Bibliografia[modifica]

  • Friedrich Hölderlin, Le liriche, a cura di Enzo Mandruzzato, Adelphi, Milano, 1977.
  • Friedrich Hölderlin, Iperione, a cura di Giovanni Angelo Alfero, UTET, Torino, 1931.
  • Friedrich Hölderlin, Iperione, a cura di Giovanni Vittorio Amoretti, Feltrinelli, 2001.

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