Luca Goldoni

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Luca Goldoni (1928 – 2023), giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Luca Goldoni[modifica]

  • Oggi, per trovare un paragone accettabile col sistema di corruzione italiano bisogna risalire alla Bibbia: Esaù che vende il potere per un piatto di lenticchie. Però da allora i prezzi sono lievitati.[1]
  • Prima della guerra il settanta per cento delle famiglie italiane [in città] possedeva un gatto – d'angora, o siamese, o persiano o un semplice soriano prodigo di fusa – che se ne stava sulla stufa o sull'angolo della credenza o, sistemato a scialle, attorno al collo del ragazzino che studiava algebra, nelle sere d'inverno. Era una vita sedentaria, quella che conducevamo allora e il gatto era un po' il simbolo di quest'atmosfera patriarcale.[2]
  • Pian piano scivolo dentro un film in bianco e nero dove affiorano i fantasmi dell'epoca. Le atomiche che esplodono in Russia e in America. Un' altra atomica che deflagra in tutto il mondo: Rita Hayworth. La Dama Bianca ci ruba Fausto Coppi. La senatrice Merlin chiude i casini. Le extrasistole delle platee maschili per le calze nere di Silvana Mangano in «Riso amaro».[3]
  • Chi non conosce quella rara coincidenza fra essere e dover essere, meglio che ci rinunci e si rassegni a vivere da perfetto peccatore. [4]

Dipende[modifica]

Incipit[modifica]

Un sequestro per carità. Egregio signor giudice Donato Bartolomei, i processi alla letteratura datano da tempo: basterà ricordare che sono passati per i tribunali I fiori del male di Baudelaire, L'amante di Lady Chatterley di Lawrence, Tropico del Cancro di Henry Miller. Più recenti e più note al grosso pubblico sono le disavventure giudiziarie di Pasolini, del regista Bertolucci e ora il sequestro di Vita interiore di Moravia da lei ordinato.
Ovviamente mi guarderò dal sostenere che questi grandi autori siano diventati famosi grazie al clamore giudiziario che si è creato attorno alle loro opere.

Citazioni[modifica]

  • Sono il primo a riconoscere che il fascismo fu una tragicommedia. Di più tragicomico, probabilmente, ci furono soltanto gli italiani. Non è il caso di disperarsi: anche i popoli hanno avuto un'infanzia difficile. (in prefazione, p. 8)
  • Il mondo è dei furbi e noi siamo dei poveri fessi, quando compriamo e vendiamo. (p. 30)
  • L'Italia, come dice Calvino, ricorda il lampione della storiella: l'ubriaco sta cercando la chiave sotto la lampada, un passante gli chiede se è sicuro di averla perduta proprio lì; no, risponde l'ubriaco, ma qui ci vedo. (p. 55-56)
  • I tabù no, non si riciclano, si possono soltanto superare. (Tanti si chiedono come potrà estinguersi l'umanità: carestia, catastrofe ecologica o nucleare; io credo che basterebbe cominciare a dire che anche l'omicidio, in fondo, è un tabù). (p. 70)
  • In questi giorni gli autostoppisti andavano e tornavano da Patty Smith, trentatré anni, di Chicago, «diva antidiva del rock», «sacerdotessa del punk», «microfono di Satana» e cento altre definizioni fiondate dagli smithologi. Ha cantato a Bologna, ha riempito lo stadio più di quanto non avrebbe fatto l'Inter, poi è andata a Firenze a provocare nuovi malori, sdiliquimenti, pandemoni. (p. 88-89)
  • Spiegherei il successo italiano di Patty Smith come una reazione di massa alla noia mortale che domina gli eventi politici e le dispute ideologiche del nostro Paese. (p. 89)
  • L'ultima (e bellissima) novità è che i giovani, toh, si sono accorti di Beethoven. (p. 91)
  • I giovani hanno scoperto Beethoven soltanto adesso, perché prima non gliene hanno lasciato il tempo: dai Beatles ai Rolling Stones, da Elvis Presley a Elton John, a cento altri idoli, l'industria dell'imballaggio musicale non ha dato ai ragazzi un attimo di respiro. Ma è bastato, anni fa, un successo cinematografico, L'arancia meccanica, è bastato un abile regista (Stanley Kubrick) che ha riciclato Beethoven in accordi elettronici e il gioco è riuscito. (p. 91)
  • [In concerto] Beethoven: che lo si incontri da soli o in diecimila, non si può far finta di non vederlo. (p. 93)
  • Disgraziatamente gli uomini (e le donne) sanno vivere soltanto il loro presente. Voglio dire che a cinquant'anni è molto facile dimenticarsi di come si ragionava e ci si comportava a venti. (p. 111)
  • Si dice che i vecchi sono stanchi e aspettano quel momento. Io credo che non si è stanchi mai di vivere, forse la stanchezza proviene solo da una sterminata malinconia. (p. 112)
  • Ci si ricorda della vecchiaia soltanto quando ci tocca personalmente con le sue ali fragili e bianche. Ci troviamo in quella solitudine che prima abbiamo procurato. (p. 113)
  • Il «mondo del peccato» nella nostra vita pubblica si identifica in una grigia, desolante litania di fondi neri, aste truccate, tasse evase, favori illeciti, interessi privati in atti d'ufficio, radiospie, servizi segreti: sempre soldi o potere, che malinconia. (p. 128)
  • Nessuno ha ancora intuito che forse la classe politica italiana potrebbe recuperare un po' di credibilità nella opinione pubblica se ogni tanto la caccia alla poltrona fosse sostituita da una sconveniente, ma anche liberatoria caccia al tesoro con un paio di mutandine nere. (p. 129)
  • Lo scandalo italiano va rifondato, meno appalti e più ancelle, meno fughe in avanti e più fughe a Parigi, meno corruzione e un po' di tonificante perdizione. Dobbiamo recuperare la fragilità della carne, dobbiamo recuperare l'erotismo, il peccato. È l'unica salvezza contro il vizio maniacale del potere. (p. 129)
  • Abbiamo saputo che Ciano era spesso contrario alle decisioni di Mussolini, perché lo aveva confidato al suo diario segreto. Se lo avesse pubblicato subito, ci avrebbe rimesso il posto ma forse le cose sarebbero andate diversamente. (p. 133)

Incipit di alcune opere[modifica]

Benito contro Mussolini[modifica]

«La mattina del 7 agosto non mi sentivo tranquillo» scrive Mussolini.
Eppure in quell'estate del 1941 le cose gli vanno ancora relativamente bene. Ha cinquantotto anni, un'età che per molti statisti coincide con la piena maturità e la nazione continua a credere ciecamente in lui e nella sua fortuna: l'ha identificato con lo stellone d'Italia.
La guerra? Be', c'è stato qualche neo: la magra in Grecia, la disfatta navale di Matapan, alcuni rovesci in Libia, abbiamo perso anche l'Impero; sembrano inciampi di un glorioso percorso e sono invece le prime crepe del terremoto prossimo, ma nessuno, lui tanto meno, lo sa. In compenso, abbiamo appena mandato un Corpo di spedizione a conquistare la nostra parte di Russia (che «sarà battuta in pochi mesi», l'ha promesso alla moglie) ed entro l'anno dichiareremo guerra anche agli Stati Uniti. Insomma, si prosegue verso «l'immancabile» vittoria finale, più o meno secondo «i piani prestabiliti».

Messalina una spudorata innocenza[modifica]

L'intuizione la ebbi a diciott'anni: troppo tardi per studiare la Storia con più curiosità e più partecipazione. Controllai alcune date di nascita di famiglia e mi accorsi che mio nonno probabilmente il famoso telegramma di Garibaldi «Obbedisco», l'aveva letto sul giornale. E che suo padre, da bambino, forse aveva visto Napoleone per le strade di Parma. E che il bisnonno del bisnonno di suo nonno poteva aver commentato con gli amici: «Secondo me, Cristoforo Colombo è pazzo».
La storia perdeva così la sua astratta solennità e diventava quasi una vicenda di famiglia se, incolonnando su un foglio di quaderno una ventina di trisavoli, risalivo a un ragazzo con l'elmo e la corazza che stava sul Rubicone, mentre Cesare pronunciava quella frase sui dadi.

Vita da bestie[modifica]

  • La ragione ci porta fino ai piedi di un muro e ci lascia lì. Credo che l'ultima risorsa sia lo stupore: non bisognerebbe stancarsi mai di provare un attimo di sbalordimento di fronte a quelle cose che ci paiono ovvie, il suono della propria voce, la venatura di una foglia, le stelle che cadono la notte di San Lorenzo.
  • Una ragazza delle medie una volta mi scrisse: perché sui giornali si parla solo delle cose che succedono e mai della vita? Anche la vita succede.

Note[modifica]

  1. Da Io voto per vivere non vivo per votare, Corriere della Sera, 17 maggio 1993, p. 11.
  2. Da Italia veniale; citato in Alessandro Paronuzzi (a cura di), 101 gatti d'autore. Grandi autori, da Benni a Sepúlveda, dalla Morante a García Márquez, da Eco a Twain hanno descritto un gatto, Franco Muzzio Editore, Padova, 1997, p. 85. ISBN 88-7021-844-9
  3. Da Guidavo col punta-tacco e sognavo la Hayworth, Corriere della Sera, 17 novembre 2005, p. 59.
  4. Da Messalina. Una spudorata innocenza, Rizzoli, 1992, p. 73.

Bibliografia[modifica]

  • Luca Goldoni, Enzo Sermasi, Benito contro Mussolini. Chi era veramente l'uomo Mussolini?, BUR, 1993.
  • Luca Goldoni, Dipende, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1980.
  • Luca Goldoni, Messalina una spudorata innocenza, Rizzoli, Milano, 1992. ISBN 8817812079
  • Luca Goldoni, Vita da bestie, BUR, 2001

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