Michele Ainis

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Michele Ainis al Festival dell'Economia di Trento nel 2016.

Michele Ainis (1955 – vivente), giurista e costituzionalista italiano.

Citazioni di Michele Ainis[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Sul Governo Letta] È il Governo della Morfina. Solo rinvii per le questioni spinose, qualche buffetto piacione e molti disegni di legge per far credere di essere attivi. Più che curare il Paese, Letta lo anestetizza.[1]
  • [...] se mettessimo a confronto la Costituzione timbrata nel 1947 e quella sfigurata da 15 restyling, difficilmente premieremmo la seconda.[2]
  • [...] l'Italia delle troppe leggi è un Paese senza legge. Perché nel diritto, così come nella vita, dal pieno nasce un vuoto. Se ti martellano troppe informazioni t'ubriachi, e alla fine resti senza informazioni. Se la legislazione forma una galassia, nessuna astronave potrà esplorarla per intero. E il cittadino sarà solo, ignaro dei propri poteri, alla mercé d'ogni sopruso. Succede quando nel diritto amministrativo tutto è legge, quando nel diritto penale tutto è processo. Sicché cresce la discrezionalità di giudici e burocrati: sono loro, soltanto loro, a scegliere la stella che brillerà davanti al tuo portone.[3]
  • [...] succede con ogni maxiemendamento. Perché il suo primo effetto è di trasformare il Parlamento in organo consultivo del governo:[...] una rosa che ha per spina la fiducia. Sequestrando la libertà dei parlamentari, messi davanti a un prendere (la legge) o lasciare (la poltrona). Sommando su di sé il potere esecutivo e quello legislativo, specie se il testo contiene 9 deleghe al governo, come accade per la Buona Scuola. E sfidando infine il paradosso, [...] un autoemendamento, [...] quando interviene su un progetto confezionato dallo stesso Consiglio dei ministri. Mentre emenda, il governo fa ammenda. Ma l'ammenda non corregge i difetti originari: viceversa li moltiplica, giacché converte l'atto normativo in arzigogolo, che poi ciascuno interpreterà come gli pare, come gli fa più comodo. [...] Sarà per questo che l'Italia è fanalino di coda nella classifica che misura la qualità della legislazione, 63 gradini in giù rispetto alla Germania. Sarà per questo che l'indice Doing Business 2015 ci situa al 56° posto, dietro a tutte le principali economie. [...] Il maxiemendamento è un campo di concentramento.[4]
  • Tuttavia c'è un filo di continuità nella storia italiana, un elemento che rimbalza da un secolo all'altro, indelebile come il termine che lo denota: "Trasformismo". La più vecchia fra le parole della politica, ma anche la più attuale - ancora un altro ossimoro. In origine furono spezzoni della destra di Minghetti trasmigrati nella sinistra di Depretis; poi i ribaltoni orditi da Bossi contro Berlusconi, da D'Alema contro Prodi, da Renzi contro Letta; infine una transumanza spicciola, plebea, che nella legislatura in corso coinvolge un terzo dei parlamentari, passati in un gruppo diverso da quello in cui vennero eletti.[5]
  • "È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista". In queste parole, scolpite nella XII disposizione finale della Costituzione, risuona l'eco della Resistenza all'interno della nostra Carta. [...] Quanto alle condizioni storiche della XII disposizione, potremmo richiamare gli obblighi del Trattato di pace, che impegnavano l'Italia a sciogliere le organizzazioni fasciste e a vietarne la rinascita. Ma più in generale esse s'iscrivono nel vissuto dei costituenti. Perché le galere fasciste s'aprirono per Gramsci e Pertini, ma anche per De Gasperi. Perché don Sturzo sperimentò l'esilio non meno di Togliatti. Perché a Napoli le bande fasciste devastarono l'abitazione di Croce al pari di quella di Labriola. E perché tutti loro, senza eccezioni, affrontarono la prova della guerra, subirono lutti, patirono la fame.[6]

La cura[modifica]

  • Tutte le università italiane sono uguali davanti alla legge, ma non tutte offrono lo stesso livello d'insegnamento [...] nei concorsi pubblici, si fa finta che ogni laureato abbia la stessa preparazione. Che fare, allora? In primo luogo, via il valore legale della laurea. Soluzione non particolarmente originale (ne parlava già, mezzo secolo addietro, Luigi Einaudi), ma rivoluzionaria nei suei effetti potenziali. Perché porrebbe le università in competizione fra loro [..] e perché non c'è efficienza senza concorrenza [..] In secondo luogo, via il valore legale della laurea. Mai più cattedre a vita, mai più lo stipendio a fine mese per chi non se lo suda. (pp. 104-105)
  • [L]e società moderne sono complesse e complicate, non vi si può trapiantare una regola escogitare nella notte dei tempi per piccole comunità rurali. Stabilire come nella antica Grecia che ogni carica duri un anno al massimo, e che nessuno possa ricoprirla due volte nella vita, sarebbe certamente troppo. Ma si può prendere a modello la regola vigente nella più grande democrazia di questo mondo per il suo comandante in capo: due mandati e basta. Fu introdotta nel 1951, attraverso il XXII emendamento alla Costituzione americana; non a caso, dopo i quattro mandati consecutivi ricoperti da un presidente che pure si chiamava Roosevelt. Se questa regola vale per Obama, può ben valere per un consigliere comunale, per un ministro, per un deputato. (p. 145)
  • L'ultima lama del tridente deve rivolgersi contro un eccesso normativo, anziché un vuoto di regolazione. È il troppo diritto che protegge ordini, albi, collegi, lasciando a torso nudo i giovani che s'affacciano al mondo delle professioni. Ne abbiamo in circolo settantadue […] Un lascito culturale del fascismo, dato che la legge fondamentale risale al 1938, l'anno delle leggi razziali. Una violenza semantica, oltre che economica, perché in Italia il mondo si divide fra professioni "ordinistiche" e quelle non regolamentate. Una camicia di gesso sulla libertà di concorrenza (p. 48)

Privilegium: L'Italia divorata dalle lobby[modifica]

  • L'art. 32 della Costituzione configura la salute come un diritto, non già come un dovere. Nessuno va in galera se ha messo su qualche chilo di troppo, e dunque nessuno può essere costretto a sopravvivere a se stesso. Tant'è che il suicidio non è affatto un reato. Se ci provi e poi non ti riesce, rimani a piede libero. Ma è assurdo consentirtelo quando ne hai le forze, e invece proibirtelo quando il tuo corpo è esanime, carne appesa a un ago. Per lorsignori, viceversa, puoi ucciderti soltanto se stai bene.
  • Quando i riformatori coincidono con i riformati, ogni riforma naviga sempre in alto mare. 
  • Le parole degli enciclopedisti francesi, la lotta dei borghesi contro l'aristocrazia e il clero ebbero un unico obiettivo: disboscare la selva di privilegi che rendeva ogni uomo avverso all'altro uomo, restaurare l'idea dell'eguaglianza. Insomma la fraternité, la fratellanza, in luogo dell'inimicizia.
  • I figli dei bancari ereditano il posto del padre. Le mogli dei ferrovieri viaggiano in treno gratis. I sindacalisti sono esentati dai contributi pensionistici. I docenti di religione guadagnano più di chi insegna matematica. Piccole cose? Tutt'altro: sono i segni rivelatori di una rete di privilegi e ingiustizie, in gran parte sommersa, che copre l'intero Paese.
  • Se il gioco è truccato finisci anche tu per adeguarti, e allora t'arrangi, corri fuori dalle regole.

Note[modifica]

  1. Da È il governo della morfina, Espresso.it, 12 luglio 2013.
  2. Da Quel passo indietro della politica con la rinuncia all'immunità, Corriere.it, 19 agosto 2013.
  3. Da Troppe leggi poche regole, Corriere della Sera, 30 dicembre 2013, p. 1.
  4. Da Riforma della scuola. Una legge, 25 mila parole, Corriere.it, 26 giugno 2015.
  5. Da Le parole che fanno (o disfano) la storia, Repubblica.it, 24 maggio 2017
  6. Da 25 aprile, non eravamo tutti uguali, Rep.repubblica.it, 25 aprile 2021.

Bibliografia[modifica]

  • Michele Ainis, Privilegium: L'Italia divorata dalle lobby, Rizzoli, 2012.

Altri progetti[modifica]