Protagora

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Protagora di Abdera (in greco Πρωταγόρας, 481 a.C. – 420 a.C.), filosofo e oratore greco antico.

Attribuite[modifica]

Da Teeteto di Platone
  • [Rispondendo a Socrate] [...] Ricordati ad esempio ciò che fu detto poc'anzi, che al malato paiono e sono amari i cibi che prende, e al sano poi il contrario. Ma non per questo conviene credere l'uno de'due sia più saggio dell'altro, poiché ciò non è possibile; nè si dee predicar stolto il malato, perché opina così, nè sapiente il sano, perché sente diversamente: bensì è da oprar mutazione da un abito all'altro, perché l'altro è il migliore. E così anche nella educazione si dee mutar gli uomini da un abito all'altro migliore. Senonché il medico opera un tal mutamento coi farmachi, il sofista poi co' discorsi. Ma non mai si dee dire che uno faccia poscia opinar vero chi prima opinava il falso, perocché non è possibile nè che altri opini le cose che non sono, nè che opini cose diverse da quelle che sente, e queste son sempre vere. Ma, pensomi, que' che per malvagia disposizione dell'animo opinavano cose a quella conformi, una disposizione buona li fe' opinar altre cose cotali, le quali alcuni per imperizia chiamano vere, ma io le chiamo bensì migliori le une dell'altre, ma nullamente più vere.

Citazioni di Protagora[modifica]

  • Intorno agli dèi non ho alcuna possibilità di sapere né che sono né che non sono. Molti sono gli ostacoli che impediscono di sapere, sia l'oscurità dell'argomento sia la brevità della vita umana. (citato in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, lib. IX, cap. VIII, traduzione di Marcello Gigante, Mondadori, 2009)
  • Trasformare l'argomentazione più debole nella più forte.[1]
Τόν ήττω λόγον κρείττω ποιέιν.

Frammenti di alcune opere[modifica]

Sulla verità[modifica]

  • Di tutte le cose misura è l'uomo: di quelle che sono, per ciò che sono, di quelle che non sono, per ciò che non sono. (frammento 1)

Antilogie[modifica]

  • I Macedoni credono bello che le ragazze siano amate e si uniscano con un uomo prima di sposarsi, ma brutto dopo che si siano sposate; per i Greci è brutta tanto l'una cosa che l'altra... I Massageti fanno a pezzi i genitori e li mangiano e si crede che sia una tomba bellissima venir seppelliti nei propri figli; se invece in Grecia qualcuno facesse questo, sarebbe scacciato e dovrebbe morire coperto di vergogna per aver commesso un'azione brutta e terribile. I Persiani giudicano bello che anche gli uomini si adornino come le donne e che si congiungano con la figlia, la madre e la sorella: i Greci invece giudicano queste azioni brutte e immorali; (frammento 2)
  • Riguardo agli dèi, non so né che sono, né che non sono, né di che natura sono, opponendosi a ciò molte cose: l'oscurità dell'argomento e la brevità della vita umana. (frammento 4)
  • Rispetto e giustizia sono, nel mito, la stessa cosa che l'ordine e l'adattamento sono fuori del mito. (frammento 5)
  • Intorno ad ogni oggetto ci sono due ragionamenti contrapposti. (frammento 6a)
  • Render più forte l'argomento più debole. (frammento 6b)
  • Non esiste una tangente che tocchi la circonferenza in un punto solo, come vuole la geometria. (frammento 7)
  • Se qualcuno ordinasse a tutti gli uomini di radunare in un sol luogo tutte le leggi che si credono brutte e di scegliere poi quelle che ciascuno crede belle, neppure una ne resterebbe, ma tutti si ripartirebbero tutto. (frammento 18)

Citazioni su Protagora[modifica]

  • Il termine scelto da Protagora («sofista») era largamente usato fin dagli inizi del quinto secolo, ed era in effetti uno dei molti figli e nipoti di sophós e sophía: queste parole indicavano all'inizio una «saggezza» pratica e tecnica, cosicché sophízesthai da essi derivato significava «praticare una qualche tecnica», al punto che sesophisménos venne usato da Esiodo per l'esperto di nautica e sophizómenos da Ippocrate per il medico. Allorché sophós cominciò ad assumere significati meno tecnici, il suo posto venne preso da sophistés, derivato da sophízesthai e, a quanto sembra, sinonimo di sesophisménos: il termine-nipote seguì esattamente la via del termine-nonno sophós, dato che indicò un qualsiasi esperto o maestro in una tecnica, dal poeta-musico-citaredo all'astronomo, al medico, all'indovino, all'inventore, fino ad applicarsi, dal quarto secolo, ad artigiani più modesti, quali il cuoco, il cavallaro e perfino il lamentatore dei funerali. (Antonio Capizzi)

Note[modifica]

  1. Citato in Renzo Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, Rizzoli, 1991, p. 24.

Bibliografia[modifica]

  • Protagora, Sulla verità e Antilogie, in Hermann Diels, Walther Kranz, I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di Angelo Pasquinelli, Einaudi, Torino, 1976.
  • Platone, Teeteto, trad. di Giuseppe Buroni, 1873

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