Augusto Conti
Augusto Conti (1822 – 1905), filosofo, pedagogista e politico italiano.
Cose di storia e d'arte
[modifica]- L'opere belle dell'arte manifestano sempre l'animo dell'artefice, perché non puoi scrivere, scolpire, dipinger bene senz'amore ed entusiasmo; i quali vanno a cose piacenti, e piace solo quant'è conforme alle condizioni dell'animo di ciascuno. La vita de' buoni artefici ti spiega perciò le opere loro, e le opere ti fanno penetrare nel segreto della vita. Anzi l'una conoscenza rintegra l'altra; perché la storia degli artisti palesa l'esterno dei casi e delle azioni, come il significato dell'opere apre i recessi dell'animo, e fa conversare con loro. (p. 4)
- Ne' versi della Giuseppina [Turrisi Colonna] è la donna, un abbandono di tenerezza, i santi affetti di famiglia e di patria, fra le mura domestiche, ai piedi dell'altare. Canta il padre, la madre, un vecchio zio amantissimo, i fratelli, la diletta sorella, le glorie e i dolori della sua dolce Sicilia e di tutta Italia, i Santi, la natura, l'amore; canta i misteri del cuor suo, l'anima sua pudica, pietosa, assetata d'affetto, la timidezza verginale, l'indefinito terrore di un animo puro ed inesperto, le fole, i giuochi della fanciullezza, poi lo trepide malinconie, gl'inconsapevoli desiderj, finalmente gli affanni di chi prova minori o contrarie alla speranza le realtà della vita. (pp. 5-6)
- A chi sente celebrare la fecondità del suolo, la bellezza de' luoghi, le meraviglie degli antichi monumenti, sembra che terra più lieta non debba essere sotto la volta del cielo. No, la Sicilia è un'isola mesta. Pochi anni fa vi duravano le istituzioni feudali; malefica pianta che aduggiò il famoso triangolo, come ogni luogo, dov'abbia allignato. Se lasci le bellissime coste, e t'addentri nel centro, questa contrada può dare vivo concetto della Europa baronale nel medio evo. (pp. 17-18)
- [...] quando l'ingegno siculo si sveglia, fa miracoli. Nella casa del conte Tasca vidi opere di drappi, d'intarsiature, di stipi, di cesello e di mosaico, che si lasciano addietro le vantate cose straniere. Però da tutta Italia e da tutto il mondo civile si leva una preghiera, che venga provveduto alle vie e alle industrie della Sicilia. I Siciliani, alzando gli occhi ai tempj di Agrigento e di Segesta, alle ingenti colonne di Selinunte, ed a tante altre reliquie d'antica grandezza, sentono sdegno, e angoscia della presente miseria. (p. 19)
- La Giuseppina [Turrisi Colonna] sortiva ingegno straordinario. Già ho detto, che a dieci anni componeva novelle e drammi. Con la sorella si dette agli studj filosofici, alle scienze naturali, alle matematiche, alla storia. Lo studio delle lingue, che agli animi poetici suol riuscire più degli altri spinoso e grave, fu alla nostra Giuseppina piano e dilettevole. Ottimamente s'erudiva nel latino e nel greco; la lingua alemanna e la spagnuola conobbe assai; la francese o l'inglese ebbe familiarissime. (p. 27)
- [Giuseppina Turrisi Colonna] La sua complessione fu mobilissima, e l'aria del volto anch'essa. Piccola ebbe la persona, ma ben proporzionata in tutte le membra, che agili e delicate si porgevano con garbo ad ogni moto, rendendola graziosa e piacente. Brunetta e pallida la faccia, ovale il profilo, gli occhi grandi e mesti, la bocca gentilissima, la voce soave, misto l'aspetto di dolcezza melanconica e di gravità, onde traspariva la virtù della mente. Bella infine di corpo, come d'anima la fece Iddio; ma era un'avvenenza che piace all'anime gentili. (p. 29)
- [Luigi Fornaciari] Egli, come leggesi scritto di sua mano in certi suoi quaderni, osservava nel giudicare questa norma: cercare, che il delitto non vada mai impunito, e si punisca per regola generale quanto più mitemente sia possibile e più prontamente si possa. Recava nelle sue incombenze si delicata coscienza, che più ormai non rinfrancava l'animo nelle sue care lettere e nel greco, e poco passeggiava e punto si divertiva, e parevagli perduto ogni momento, ch'ei non desse al suo ministero. Ho udito narrare ch'egli dicesse: Io non so distrarre la mente da questi miei pensieri, perché (chi sa?) forse un'ora di sollazzo potrebbe togliermi di trovare qualche argomento per salvare un innocente. (p. 139)
- Creato Avvocato regio (che a Lucca aveva in cura i pupilli ed i poveri), [Fornaciari] sperimentò sempre più per molti fatti quotidiani, gran parte dei delitti nascere da miseria e da mala educazione. E quindi con impeto di carità si mise tutto all'impresa di soccorrere il popolo minuto, segnatamente i fanciulli e gli orfani. (p. 140)
- Il Fornaciari fu prosatore di molta eccellenza. [...]. A me pare che per le doti della proprietà e della evidenza nei modi e nelle voci, per la nettezza dei costrutti, per l'arte sì necessaria di congiungere le parole, le frasi, i membri del periodo e i periodi con semplicità, con efficacia, con rigorosa precisione e insieme con franchezza, e per la grazia diffusa nei concetti, nelle immagini e nel dettato, il Fornaciari abbia tra i moderni pochi che lo eguaglino, nessuno forse che lo vinca. (pp. 140-141)
I discorsi del tempo in un viaggio in Italia
[modifica]Quanta mai fosse la trepidazione d'Italia nell'Agosto e Settembre del milleottocentosessantasei, mentre fra noi e Austria pendeva la pace, e pel poco e incerto si rischiava il molto e certo, e parve rimessa in dubbio la libertà sì desiderata, non sapranno i figliuoli nostri, se dall'affanno e dalla vergogna di mirar padrone in casa tua lo straniero, li scampi Dio e la virtù. Affinché la vista di luoghi dilettosi e la conversazione d'un caro amico gli addolcissero sì fiere dubbiezze, tal uomo, che da una cittaduzza toscana chiamerò il Samminiatese recossi a Napoli e indi a Sorrento, ove appunto dimorava un amico suo che si chiamerà il Sorrentino. E anche v'andò per altra cagione; farlo giudice di scritti ch'egli darebbe a stampa, dacché non avvi più utile cosa, né più (direi) giovanilmente lieta, del mostrare l'opere proprie ad amico vero che le approvi e corregga.
Citazioni
[modifica]- Sedevano un dì fra' boschetti d'aranci, sulla pendice a' cui piedi è Sorrento; e la brezza moveva da' rami e dalle foglie una musica di suoni e di fragranze; mentre di sotto alle verdi ombrelle rideva il golfo di Napoli, e dal cielo azzurro traluceva il Paradiso. (p. 14)
- Sfavillano di luce i firmamenti | Che il Sol tacito corre; ma nell'alte | Serenità di pure ombre ti veli, | O empireo lume: ove lo sguardo ha fine, | Non la mente che va senza riposo. | L'infinità non sei, ma il cor ne sente | Mesto ricordo in quell'ombre lontane. (Il cuore e la natura, p. 15)
- Quanti segreti ha il cor; quanti ha recessi | Natura! è sempre a noi dolce il mistero; | Presentimento d'un gran ben, che ascoso, | L'anima ne sospira ! (Il cuore e la natura, p. 16)
- Sei terribile, o mare; e sì mi piaci | Quando pugni col vento; s'erge negro | II flutto, poi rovesciasi spumoso, | Vien d'onda in onda ai liti, e vi si frange. | Notte piomba sul pelago, e incessanti | Rimugghiano le tenebre profonde; | Scroscia, avvampando, il fulmine, o fra torvo | Pallor l'acque crucciose metton lampi. | Sei terribile, o mare; e sì mi piace | La diva immensità delle tempeste. (Il cuore e la natura, p. 16-17)
- O ciel, sei bello quand'azzurro fulgi, | E se d'orror ti cinge la tempesta; | Bello se ridi, o mare, oppur minacci; | Sei bella, o terra, mentre april s'infiora | O l'estate biondeggi, e ti vendemmi | L'anno cadente, o, imperversando i venti, | Tu scintilli di neve alla montagna: | L'ombra, la luce, l'ora mattutina, | E il vespero amoroso, ah! tutto muove | Letizia mesta e arcano un desiderio; | Della pace immortal tutto è un sospiro. (Il cuore e la natura, p. 19)
- O Roma, il cui segreto nome Iddio ci ha rivelato, eterna città, o patria del cuor mio, chi ti rammenta e non s'inchina, o termine di consiglio eterno, più non intende il mistero de' secoli. Come alle forze unite una forza, e a' membri viventi l'anima, o il sole a' pianeti, e al concorde veleggiare degli astri per lo spazio interminato un'unica meta, com'a' pensieri melodiosi un'idea, e a' consorti amori un amore, o agli spiriti uno spirito che tutti gli abbraccia, tu, o Roma, sei l'unità dell' unione, centro de' tempi, universalità del genere umano. (p. 25)
- Vive nel presente ogni cosa, l'anima nel futuro: misteriosa natura! (p. 39)
- La moralità consiste nel rispettare le cose con la volontà, secondo il pregio ch'elle hanno. (p. 42)
- La verità, per essere conosciuta, vuol essere amata; chè nei giudizj entra l'affetto. (p. 56)
- Credere che il pensiero, non imputabile civilmente, sia non imputabile moralmente, è grand'inganno; quasiché le stesse passioni che, secondate, tergono l'azione, non torgano l'opinione. (p. 56)
- Come a dir bugie costa fatica, ché la parola scorre dal pensiero e bisogna sviarla per forza, così a pensare il falso si sente fatica in noi, e trasparisce nel volto. (p. 56)
- Riso è segno di piacere, pianto è segno di dolore; generalmente va cosi, ma poi, oh quanta varietà! Piangiamo anche di troppa gioia, che fa groppo al cuore; ridiamo di dolore, chi gode ad affrontarlo. E lo scetticismo ha un ridere o un piangere suoi proprj: piangono certuni, perché l'uomo spera virtù o felicità, ed è sempre (dicono) vizioso e infelice; ridono altri, dacché l'uomo pigli sul serio la vanità della vita. Il contrasto della speranza co' fatti pare o ridicolo o lacrimoso; chi sorride alla nobiltà dell'uomo com'a'vanti di nobile spiantato, e chi piange quasi a' delirj di pazzo che credasi re. (p. 64)
Bibliografia
[modifica]- Augusto Conti, Cose di storia e d'arte, G. C. Sansoni Editore, Firenze, 1874.
- Augusto Conti, I discorsi del tempo in un viaggio in Italia, M. Cellini e C., Firenze 1867.
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