Niccolò Ammaniti

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Niccolò Ammaniti (2010)

Niccolò Ammaniti (1966 – vivente), scrittore e sceneggiatore italiano.

Citazioni di Niccolò Ammaniti[modifica]

  • Bisogna scrivere sotto la pelle. Bisogna che parole d'amore si fondano con i nervi, che frasi luminose ci illuminino l'encefalo come fuochi d'artificio, che storie d'avventura ci infettino il sistema nervoso e lo stomaco. In una università americana hanno insegnato a scrivere a un "macacus resusu", con le sue mani tozze e maldestre ha vergato con fatica su un foglio una sola parola: banana. Io ogni giorno scrivo banana. Io scrivo poco, perché scrivendo tanto sbaglio. (da Fa un po' male, Einaudi)
  • Chuck Palahniuk è peggio di un polpo. Ti afferra con i suoi tentacoli e ti trascina in un buco pauroso. Lasciatelo stare se avete lo stomaco debole.[1]
  • [Su Romanzo criminale - La serie] Per la prima volta una serie italiana che non ha nulla da invidiare ai prodotti americani dell'ultima generazione. Finalmente.[2]

Dall'intervista di Giulia Mozzato

Wuz.it, 11 maggio 2001

  • Io ho un problema con gli eroi in generale: non mi piacciono. Non amo l'eroe buono, positivo, nemmeno quello mitologico che incarna in sé la morale, la giustezza della vita. Gli unici che mi piacciano sono i bambini perché sono inconsapevoli di esserlo e quindi possono "incarnare" un problema etico e nello stesso tempo risolverlo attraverso l'intuizione e il cuore.
  • Mentre nella vita di tutti i giorni quello che accade non può essere sempre plateale, nei miei romanzi non potrei mai parlare di una vita vissuta in maniera "normale" dove la normalità sia il suono del presente.

Dall'intervista di Claudia Cipriani

Il Secolo XIX, 7 novembre 2002

  • Ho difficoltà a scindere quello che penso di un film e di un libro. Vedo le storie che racconto per immagini, come un film cerebrale. Sulla carta è più evidente l'aspetto psicologico e intimista.
  • Un libro e un film non sono la stessa cosa. I libri generalmente hanno più forza dei film perché sono fatti un po' dagli scrittori e un po' dai lettori: il lettore si immagina le cose che lo scrittore gli suggerisce. Il cinema è più deciso nell'imporre la sua visione del mondo attraverso le facce dei personaggi, le luci, le ambientazioni. Libro e film sono due opere diverse e il regista interpreta il testo come vuole lui. A volte, raramente, succede che i film siano migliori dei libri perché rimaneggiano la storia che in quel modo migliora.
  • Shining di Kubrick è un film eccezionale tratto da un romanzo di Stephen King non altrettanto bello. Dentro il libro però c'era un'idea incredibile, quella di una famiglia impossibilitata a muoversi e di un albergo che trasmette il male. King guardava più al sovrannaturale. Kubrick invece si concentrò soprattutto sugli uomini.
  • Bisognerebbe avere più sceneggiatori, che in Italia mancano e spesso sono schiavi di progetti che vengono dall'alto. Ci vorrebbero più sceneggiature originali, storie che funzionino e che sappiano rappresentare l'Italia oggi. I registi inoltre non sempre dovrebbero essere autori.

Dall'intervista di Dario Zonta

l'Unità, 11 marzo 2003

  • Mi hanno colpito i film di alcuni giovani registi: penso ai bambini di Crialese a Lampedusa, ai pescatori di Marra, agli emarginati di Sorrentino. Sono storie semplici che recuperavano la marginalità, la necessità di sopravvivere, di resistere, di rimanere uomini in situazioni difficili. L'unico limite, secondo me, è che gli autori quando arrivano a un nocciolo, a un monumento duro si sottraggono. Si fermano un attimo prima come se scattasse una sorta di pudore, forse culturale.
  • Non mi interessa invece quel cinema che chiede una identificazione con i valori e i problemi della famiglia borghese. La borghesia italiana, oggi, non ha granché da dire.
  • Nel cinema italiano manca la follia, anche per i giovani registi che si fermano un attimo prima.

Dall'intervista di Loredana Lipperini

Il Venerdì di Repubblica, 25 giugno 2004

  • Ho amato molto i Marvel e in particolare gli X-Men, anche se poi sono diventati quasi incomprensibili, esibivano narrazioni così complesse, interazioni cosi ardite fra immagini e dialoghi che diventava più difficile seguirli che leggere Joyce.
  • Non è il mezzo attraverso cui passano le storie a essere importante, ma le storie stesse, qualsiasi forma prendano.
  • I videogiochi sono il mio sogno, solo che in Italia è quasi impossibile realizzarli: quando ci arriveremo, magari sarò troppo vecchio e non mi interesseranno più.
  • [Wolverine degli X-Men] È il più maledetto, perché neanche l'alcol e la droga gli fanno effetto e lo rendono meno infelice.

Anna[modifica]

  • L'elettricità presto finirà e non ci sarà più luce, più televisione, più il computer, più la musica, più il telefono, più il frigorifero. Ma non dovete avere paura. Vi abituerete presto. Gli uomini sono vissuti per tanto tempo senza l'elettricità. Gli bastava accendere un fuoco. Vivrete durante il giorno e dormirete appena fa buio, proprio come gli animali del bosco. All'alba saluterete il sole insieme agli uccelli. Sarà bello. Quando non avrete nulla da fare leggerete i libri. E la musica la farete cantando. La notte chiudetevi in casa e non uscite mai, per nessuna ragione. Usate le candele. Le pile solo in caso d'emergenza. Ma se ci riuscite provate a stare al buio.
  • Negli ultimi quattro anni di vita Anna aveva sofferto e superato dolori immensi, folgoranti come l'esplosione di un deposito di metano e che le stagnavano ancora nel cuore. Dopo la morte dei suoi genitori era precipitata in una solitudine così sconfinata e ottusa da lasciarla idiota per mesi, ma nemmeno una volta, nemmeno per un secondo l'idea di farla finita l'aveva sfiorata, perché avvertiva che la vita è più forte di tutto. La vita non ci appartiene, ci attraversa. La sua vita era la medesima che spinge uno scarafaggio a zoppicare su due zampe quando è stato calpestato, la stessa che fa fuggire una serpe sotto i colpi della zappa tirandosi dietro le budella. Anna, nella sua inconsapevolezza, intuiva che tutti gli esseri di questo pianeta, dalle lumache alle rondini, uomini compresi, devono vivere. Questo è il nostro compito, questo è stato scritto nella nostra carne. Bisogna andare avanti, senza guardarsi indietro, perché l'energia che ci pervade non possiamo controllarla, e anche disperati, menomati, ciechi continuiamo a nutrirci, a dormire, a nuotare contrastando il gorgo che ci tira giù.
  • [lettera] Amore mio,
    come stai? Qui è bellissimo e fa molto freddo. Ha nevicato per tre giorni e questa mattina la macchina era una palla bianca, ma c’era un sole meraviglioso. Sono andata a sciare con Adriana che continua a chiedermi di te. Secondo me ha paura di restare zitella. E pensa che per tutti ero io quella della famiglia destinata a restare sola. Sciare è sempre bellissimo, soprattutto oggi con la neve fresca, e mi è dispiaciuto che non ci fossi anche tu. Lo so che sei siciliano e che ti vergogni a mettere la calzamaglia, ma una volta, devi promettermelo, verrai e io ti insegnerò lo spazzaneve. Adriana dice che parlo con l’inflessione sicula, e sai una cosa, mi fa piacere. Il dialetto veneto non lo sopporto più. Ti penso e ti vorrei nel letto a scaldarmi i piedi freddi.
    In questi giorni mi sono chiesta spesso perché ti amo e ho capito che fai uno sforzo terribile per accettarmi per quello che sono. Per adattarti a me. Mi dispiace che litighiamo. Tu sei una persona speciale e voglio provare a guardare le cose con i tuoi occhi. Me lo permetterai? Non dobbiamo buttarci via. Io posso imparare a renderti felice. Hai visto che ti ho scritto una lettera con carta e penna? Sono certa che quando la troverai nella cassetta ti farà più piacere di una e-mail.
    La patata sta benissimo. A mia madre piace un sacco fare la nonna e la riempie di schifezze. Le ho detto che se quest’estate non viene a Palermo a conoscerti può scordarsi di rivederla. Come sono carina, eh?
    Ti bacio Ovunque,
    Maria Grazia.


Explicit[modifica]

Uscirono da sotto la saracinesca con ai piedi un'Adidas e una scarpa e si avviarono ciabattando. Coccolone trotterellava accanto a loro.
Il sole era scomparso dietro i palazzoni grigi, ma il cielo, in basso, ne tratteneva il rossore.
Una farfalla si levò da un carrubo galleggiando in aria controvento. Un refolo la trascinò verso i fratelli. Sfiorò i capelli di Anna e fu sospinta verso Astor, che allungò la mano, si trattene per un istante sul palmo del bambino e riprese il suo volo incerto. Poi ne arrivò un'altra e un'altra ancora, fino a che furono avvolti da centinaia di ali che riempirono la via come una nevicata gialla e nera.
Superarono le case e imboccarono la rampa d'accesso all'autostrada, che si appoggiava sul fianco di una collina tagliata dalle terrazze delle vigne.
Davanti al casello Astor si fermò, tese la gamba e si guardò la scarpa. -E se una sola non funziona?
Anna gli diede la mano e disse: – Non importa.

Branchie[modifica]

  • In segreteria ci sono due messaggi.
    Il primo è di Maria:
    -Marco, dove sei finito? Ho notizie esaltanti: stasera Paolo fa il famoso festone all'Olgiata, nella villa del padre. Ci andiamo? Richiamami dopo le otto.
    Il secondo è di mia madre:
    -Sono tua madre. Che fai? non sei andato all'appuntamento con il medico? Ti aspettava alle cinque. Mi ha detto che non sei andato neanche la settimana scorsa. Vuoi crepare come un cane?
    Non so quale dei due messaggi mi fa venire più ansia.
  • Nella vita è necessario trovare sicurezze, punti saldi. Amore e amicizia sono i sentimenti che ci distinguono dagli animali e ci fanno apprezzare la vita. In questo universo del cazzo sono i valori che permettono a milioni di persone di farsi il culo tutti i giorni ed essere felici di tornare a casa la sera sapendo di trovare qualcuno.
  • -Ragazzi, vi voglio raccontare una barzelletta, -dico mentre aspetto che il cioccolato si raffreddi.
    -Un signore al ristorante: «Cameriere, un uovo all'ostrica». Il cameriere torna e dice: «L'ostrica ringrazia».
    Si sganasciano. Sarwar con le lacrime agli occhi racconta una barzelletta indiana.
    -Lo sapete perché il bue vuole sempre sfasciarsi le corna contro i muri? - ci chiede.
    Rispondiamo che non ne abbiamo la più pallida idea.
    -Perché così si fa la bua.
    Agghiacciante!
  • Mancano pochi minuti alla fine.
    Sarwar è uno straccio, l'immagine sbiadita dell'omone di un tempo. Oswald frigna ripetendo:
    -io lo sapevo, io lo sapevo.
    -Ragazzi non so che dirvi, è stato un fallimento, ammettiamolo. Mi dispiace. Ci abbiamo provato, questo è l'importante. Vi prego, non fate così. Affrontiamo la morte con contegno. Non drammatizziamo. Sarwar, ti prego, raccontaci una barzelletta indiana!- dico cercando di tirarli su.
    -Non posso. Non ce la faccio. Non mi viene in testa nulla. La paura mi inchioda!
    -Dài, forza, ce la puoi fare!
    -Vabbe', sentite questa. Come si fa a scoprire se un rubino è autentico? […]
    –Lo si mette sotto un rubinetto e se quest'ultimo dice «papà», allora è vero.
    Pessima. Anche di fronte al mistero dell'eternità Sarwar riesce a raccontare barzellette così scarse. Incredibile.
    Eppure, stranamente, ci fa sganasciare dalle risate. Ridiamo a crepapelle, ci lacrimano gli occhi, ci fa male la pancia.
    Rimaniamo così, aspettando che tutto crolli.

Che la festa cominci[modifica]

Incipit[modifica]

A un tavolo della pizzeria Jerry 2 di Oriolo Romano erano riunite le Belve di Abaddon.
Il loro leader, Saverio Moneta detto Mantos, era preoccupato.
La situazione era grave. Se non riusciva a riprendere in mano il comando della setta, quello rischiava di essere l'ultimo raduno delle Belve.
L'emorragia era cominciata da un po'. Per primo se ne era andato Paolino Scialdone detto Il Falciatore. Senza dire una parola li aveva mollati ed era entrato nei Figli dell'Apocalisse, un gruppo satanista di Pavia. Poche settimane dopo, Antonello Agnese detto Molten si era comprato una Harley Davidson di seconda mano e si era unito agli Hell's Angels di Subiaco. E per finire Pietro Fauci detto Nosferatu, braccio destro di Mantos e storico fondatore delle Belve, si era sposato e aveva aperto un negozio di termoidraulica all'Abetone.
Erano rimasti in quattro.

Citazioni[modifica]

  • Quelle che tu chiami figure di merda sono sprazzi di splendore mediatico che danno lustro al personaggio e che ti rendono più umano e simpatico. Se non esistono più regole etiche ed estetiche le figure di merda decadono di conseguenza. (Bocchi a Fabrizio Ciba, Parte Seconda: "La festa").

Come Dio comanda[modifica]

Incipit[modifica]

«Svegliati! Svegliati, cazzo!» Cristiano Zena aprì la bocca e si aggrappò al materasso come se sotto ai piedi gli si fosse spalancata una voragine.
Una mano gli strinse la gola. «Svegliati! Lo sai che devi dormire con un occhio solo. È nel sonno che t'inculano.»

Citazioni[modifica]

  • Il mondo è fatto per la gente come te. Il mondo è fatto su misura per i mediocri.
  • Non parlare di libertà. Tutti sono bravi a parlare di libertà. Libertà di qua, libertà di là. Ci si riempiono la bocca. Ma che diavolo te ne fai della libertà? Se non hai una lira, un lavoro, hai tutta la libertà del mondo ma non sai cosa fartene. Parti. E dove vai? E come ci vai? Sai chi sono gli unici ad averla? La gente coi soldi. Quelli sì... (Rino a Cristiano)
  • Dio si accanisce sui più deboli. Tu sei medico e questo lo devi sapere. È importante, Enrico. Il male è attratto dai più poveri e dai più deboli. Quando Dio colpisce, colpisce il più debole.
  • Solo chi ha paura muore facendo stronzate come camminare su un ponte. Se a te di morire non te ne frega niente puoi stare tranquillo che non cadi. La morte se la piglia con i paurosi.

Fango[modifica]

Incipit[modifica]

Martedì 31 dicembre 199...

1. CRISTIANO CARUCCI

Ore 19:00

Cristano Carucci aveva in testa tre possibilità per sfangare quella maledettissima notte.
Uno.
Andare con gli altri della comitiva al centro sociale Argonauta. In programma quella sera c'era la megaspinellata di capodanno e il concerto degli Animal Death. Ma quel gruppo gli stava profondamente sulle palle. Dei fottuti integralisti vegetariani. Il loro gioco preferito era tirare braciole crude e bistecche grondanti sangue sulla platea. L'ultima volta che era andato a un loro concerto era tornato a casa tutto inzaccherato di sangue. E poi facevano uno schifo di rock anconetano...
Due.
Chiamare Ossadipesce, prendere la 126 e andare a vedere che si diceva in centro. Casomai imbucarsi a una festa. Sicuramente a mezzanotte si sarebbero fermati da qualche parte, nel panico del traffico, ubriachi lessi e avrebbero brindato all'anno nuovo in mezzo a un mare di stronzi sovreccitati che suonavano i clacson.
Oddio che tristezza!

Citazioni[modifica]

  • Sul tavolino, accanto al letto, la segreteria telefonica lampeggiava. Spinse il tasto del riascolto e tornò in bagno. S'infilò le autoreggenti sentendo il primo messaggio.
    Era mammina che chiamava da Ovindoli.
    «Auguri! Auguri! Auguri! Stellina mia! Auguri ancora! Spero che avrai un anno fantastico. Migliore di quello passato. Soldi, felicità, amore. Sì, soprattutto amore per la mia figlia unica e adorata! Ti voglio bene, piccina mia!» Non la poteva sentire quando parlava così.
    Una vecchia con la voce da bambina.
    Certo un anno migliore...[...]
    Il secondo messaggio era di Clemo.
    «Giulia sono Clemo. Volevo dirti che Fiorenza non viene... Ha malditesta. Si scusa moltissimo. Spero che non sia un problema...»
    Bugia! Hanno litigato ancora.[...]
    Il terzo messaggio era di Deborah.
    «Ciao Giulia, sono Debby. Non so proprio che fare. Tu come ti vest...» «Pronto!? pronto Debby! Sono Enzo.» «Enzo!?» Enzo aveva risposto a Deborah senza staccare la segreteria telefonica e quella aveva registrato la conversazione.
    «Sì. Sono io. Giulia non c'è. Che stai facendo?»
    «Niente... Che palle! Non ho nessuna voglia di venire alla cena di Giulia. Uffa! Non ce la faccio proprio stasera. Il capodanno va fatto nei paesi musulmani. Lì alle dieci tutti a letto...» Carina! Veramente carina! pensò Giulia versando la schiuma da bagno nella vasca, ma guarda un po' 'sta stronza... E poi che è tutta 'sta confidenza con Enzo?
    «Ci devo venire per forza?» «E certo. Neanche a me va, lo sai... Ma ci tocca.» Giulia rientrò in camera da letto e si sedette sul letto.
    «D'accordo, vengo. Basta che mi stai vicino. Lo faccio solo per te, Pimpi. Ora vieni un po' qua però, ho bisogno di un sacco di coccole per affrontare la serata... Mi manchi!» Ommerda!
    «Pure tu. Da morire.» Ommerda!
    Giulia sentì lo stomaco annodarsi. Spalancò la bocca e provò a fare un bel respiro ma la trachea era diventata un vicolo cieco per l'aria.
    «Va bene... Però non posso stare tanto. Giulia tornerà tra poco. Le ho promesso una mano.»
    «Va bene. Ti aspetto.» Fine della telefonata.

Io e te[modifica]

Incipit[modifica]

- Caffè?
Una cameriera mi scruta da sopra la montatura degli occhiali. In mano ha un thermos argentato.
Le porgo la tazza. – Grazie.
Me la riempie fino al bordo.- È venuto per la fiera?
Faccio segno di no con la testa. – Che fiera?
- La fiera dei cavalli.
Mi guarda. Si aspetta che le dica per quale ragione mi trovo a Cividale del Friuli. Alla fine tira fuori un blocchetto. – Che stanza ha?
Le mostro la chiave. – Centodiciannove.
Si segna il numero. – Se vuole altro caffè lo può prendere da solo al buffet.
- Grazie.
- Dovere.
Appena si allontana tiro fuori dal portafogli un biglietto piegato in quattro. Lo stendo sul tavolo.

Citazioni[modifica]

  • Lorenzo tu sei come le piante grasse, cresci senza disturbare, ti basta un goccio d'acqua e un po' di luce.
  • Senza umorismo la vita è triste.
  • Io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene o nel male, mettere a posto.
  • Tutto è filato più o meno dritto fino a quando, una mattina, ho desiderato per un istante di non essere più una mosca travestita da vespa, ma una vespa vera.
  • Tra poche ore sarei uscito da quella cantina. e sarebbe stato tutto uguale eppure sapevo che oltre quella porta c'era il mondo che mi aspettava.
  • Da solo ero felice con gli altri dovevo recitare.
  • Perché dovevo andare a scuola? Perché il mondo funzionava cosi? Nasci, vai a scuola, lavori e muori. Chi aveva deciso che quello era il mondo giusto? Non si poteva vivere diversamente? Come gli uomini primitivi?
  • Erano un po' come gli acari del materasso, esistono ma non li vedi.
  • Nella vera notte buia dell'anima sono sempre le tre del mattino.

Io non ho paura[modifica]

Incipit[modifica]

Stavo per superare Salvatore quando ho sentito mia sorella che urlava. Mi sono girato e l'ho vista sparire inghiottita dal grano che copriva la collina.
Non dovevo portarmela dietro, mamma me l'avrebbe fatta pagare cara.
Mi sono fermato. Ero sudato. Ho preso fiato e l'ho chiamata. – Maria? Maria?
Mi ha risposto una vocina sofferente. – Michele!
– Ti sei fatta male?
– Sì, vieni.
– Dove ti sei fatta male?
– Alla gamba.
Faceva finta, era stanca. Vado avanti, mi sono detto. E se si era fatta male davvero?

Citazioni[modifica]

  • Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri. (Pino: p. 54)
  • Da piccolo sognavo sempre i mostri. E anche ora, da adulto, ogni tanto, mi capita, ma non riesco più a fregarli. (p. 118)
  • Che stavo facendo? Ogni pedalata era un pezzo di giuramento che si sbriciolava. (p. 181)
  • «Giuralo sulla mia testa».
    «Te lo giuro».
    «Di', giuro sulla tua testa che non ci torno più».
    «Giuro sulla tua testa che non ci torno più». (p. 182)

Explicit[modifica]

Ho aperto gli occhi.
La gamba mi faceva male. Non era la gamba di prima. L'altra. Il dolore era una pianta rampicante. Un filo spinato che si attorciglia alle budella. Una cosa travolgente. Rossa. Una diga che si è rotta.
Niente può arginare una diga che si è rotta.
Un rombo montava. Un rombo metallico cresceva e copriva tutto. Mi pulsava nelle orecchie.
Ero bagnato. Mi sono toccato la gamba. Una cosa densa e calda mi impiastricciava tutto.
Non voglio morire. Non voglio.
Ho aperto gli occhi.
Ero in un vortice di paglia e luci.
C'era un elicottero.
E c'era papà. Mi teneva tra le braccia. Mi parlava ma non sentivo. I capelli gli brillavano mossi dal vento.
Luci mi accecavano. Dalle tenebre spuntavano esseri neri e cani. Venivano verso di noi.
I signori della collina.
Papà, stanno arrivando. Scappa. Scappa.
Sotto il rombo il cuore mi marciava nel petto.
Ho vomitato.
Ho aperto gli occhi di nuovo.
Papà piangeva. Mi carezzava. Le mani rosse.
Una figura scura si è avvicinata. Papà lo ha guardato.
Papà, devi scappare.
Nel rombo papà ha detto: -Non l'ho riconosciuto. Aiutatemi, vi prego, è mio figlio. È ferito. Non l'ho…
Ora era di nuovo buio.
E c'era papà.
E c'ero io.

La vita intima[modifica]

Incipit[modifica]

Questa storia inizia un mercoledi del decennio passato, sono le nove e quindici del mattino e Maria Cristina Palma sta facendo ginnastica. É impegnata in uno squat bulgaro, un esercizio che tonifica quadricipiti e glutei. Una gamba piegata indietro, una in avanti, flette il ginocchio fissando oltre i vetri della veranda la coltre opaca. Le polveri sottili che hanno costretto i romani a settimane di targhe alterne con la pioggia si sono abbassate. In casa fa caldo, ma dietro i doppi vetri il gelo della notte ha coperto di brina le cicas e la pergola denudata del terrazzo. Tra le colonnine della balaustra s'intravede il lungotevere intasato di auto e più in là la sagoma sgraziata di Castel Sant'Angelo, evanescente nella foschia malsana della capitale. L'attico in cui vive Maria Cristina è uno di quei paradisi che la maggioranza della gente non sogna nemmeno tanto è inarrivabile. Oltre trecento metri quadrati a due passi da piazza Navona, in un palazzo neoclassico sorvegliato giorno e notte dalle camionette della polizia.

Citazioni[modifica]

  • Secondo alcuni studi la mente registra la nostra esistenza su due nastri. Il primo, quello della memoria a breve termine, custodisce le cose che ci aiutano a districarci nel presente (dove stanno le chiavi, in quale cassetto teniamo l'aspirina, qual è il civico del dentista) e come si forma, scompare. II secondo, quello della memoria a lungo termine, trattiene le cose profonde, essenziali, che ci toccano e ci determinano in quanto individui e hanno a che fare con le emozioni: lo scodinzolare festoso del nostro cane, la morte di una persona cara. Queste due categorie di ricordi vengono elaborate in parti diverse del nostro encefalo. Nell'ippocampo memorizziamo le password, nella corteccia imprimiamo il primo bacio.

Ti prendo e ti porto via[modifica]

Incipit[modifica]

È finita.
Vacanze. Vacanze. Vacanze.
Per tre mesi. Come dire sempre.
La spiaggia. I bagni. Le gite in bicicletta con Gloria. E i fiumiciattoli di acqua calda e salmastra, tra le canne, immerso fino alle ginocchia, alla ricerca di avannotti, girini, tritoni e larve d'insetti.
Pietro Moroni appoggia la bici contro il muro e si guarda in giro.
Ha dodici anni compiuti, ma sembra più piccolo della sua età.
È magro. Abbronzato. Una bolla di zanzara in fronte. I capelli neri, tagliati corti, alla meno peggio, da sua madre. Un naso all'insù e due occhi, grandi, color nocciola. Indossa una maglietta bianca dei mondiali di calcio, un paio di pantaloncini jeans sfrangiati e i sandali di gomma trasparente, quelli che fanno la pappetta nera tra le dita.

Citazioni[modifica]

  • Una Uno turbo GTI nera (vestigia di un'epoca in cui, per qualche lira in più rispetto al modello base, ci si comprava una bara motorizzata che filava come una Porsche, beveva come una Cadillac e si accartocciava come una lattina di coca cola).
  • Mi sento come un albatros portato dalle correnti. Da correnti positive che controllo con un leggero battito d'ala.
  • L'ansia è una brutta cosa.
    Tutti, prima o poi, hanno avuto a che fare con questo spiacevole stato emotivo. Di solito è passeggera ed è legata a situazioni esterne capaci di produrla, in alcuni casi però si genera spontaneamente senza un'apparente causa. In certi individui diventa addirittura cronica. C'è gente che ci convive tutta la vita. Che riesce a lavorare, a dormire, ad avere rapporti sociali con questo senso di oppressione addosso. Altri invece ne rimangono sopraffatti, sono addirittura incapaci di alzarsi dal letto e hanno bisogno di farmaci per alleviarla.
    L'ansia ti butta a terra, ti svuota e ti inquieta, sembra che una pompa invisibile ti stia aspirando l'aria che cerchi disperatamente di ingoiare. La parola «ansia» deriva dal verbo latino angere, «stringere», ed è proprio questo che fa: ti strizza le budella e ti paralizza il diaframma, è un massaggio sgradevole al basso ventre e spesso si accompagna a brutti presentimenti.
  • Questa é la segreteria di Erica Trettel. Lascia un segreto.
  • Strana storia quella della colpa.
    Pietro non aveva ancora capito bene come funzionava.
    Dovunque, a scuola, in Italia, nel resto del mondo se sbagli, se fai qualcosa che non si deve fare, una stronzata insomma, hai colpa e vai punito.
    La giustizia dovrebbe funzionare che ognuno paga per le colpe che commette. Però a casa sua le cose non andavano esattamente in questo modo.
    Pietro l'aveva imparato da piccolo.
    La colpa, a casa sua, piombava giù dal cielo come un meteorite. Alle volte, spesso, ti cadeva addosso, alle volte, per culo, riuscivi a schivarla.
    Una lotteria, insomma.
    E dipendeva tutto da come giravano i coglioni a papà. Se era di buon umore, potevi aver fatto una cazzata grande quanto una casa e non ti succedeva niente, se invece gli giravano (sempre più, nell'ultimo periodo) anche un incidente aereo alle Barbados o la caduta del governo nel Congo era colpa tua.
  • Almeno una volta alla settimana bisogna fare la vita dei signori, sennò che si campa a fare?
  • Dentro, da qualche parte nel basso ventre, covava una roba che lo faceva stare di merda. Una di quelle robe che ti consumano piano piano, che ti ammalano come un morbo dalla lenta incubazione, e di cui non puoi parlare a nessuno perché se per caso sputi il rospo ti crolla in testa tutto il teatrino del cazzo.
  • Ha capito subito perché lo aveva fatto. Per combattere una cosa maligna che ci abbiamo dentro e che cresce e ci trasforma in bestie. Si è tagliato in due la vita per liberarsene.
  • Per Max, provarci era uguale a un tuffo da uno scoglio alto. Ti affacci, guardi sotto, torni indietro e dici chi me lo fa fare, ci riprovi, esiti, scuoti la testa e, quando tutti si sono buttati e si sono rotti di aspettarti, ti fai il segno della croce, chiudi gli occhi e ti lanci giù urlando.
  • Nella vita le cose passano sempre, come in un fiume. Anche le più difficili che ti sembra impossibile superare le superi, e in un attimo te le trovi dietro alle spalle e devi andare avanti. Ti aspettano cose nuove.
  • Non bisogna credere a quelli che ti dicono che, per apprezzare le cose della vita, bisogna farsi il culo. Non è vero. Ti vogliono fottere. Il piacere è una religione e il corpo è il suo tempio.
  • E la cosa tremenda è che più lei è stronza, e più lui l'ama.
  • La loro amicizia si era adattata alla situazione. Assomigliava a un fiume sotterraneo che scorre invisibile e compresso sotto le rocce, ma appena trova uno spiraglio, una crepa, sgorga con tutta la sua impressionante potenza.

Note[modifica]

  1. Citato in copertina a Chuck Palahniuk, Cavie, traduzione di Matteo Colombo, Giuseppe Iacobaci, Oscar Mondadori, 2006.
  2. Citato in Fiorello, fan di Romanzo Criminale: "Voglio seguirla tutta", Cinema. Sky.it, 17 novembre 2008.

Bibliografia[modifica]

Adattamenti[modifica]

  • Io e te (2012) Soggetto, sceneggiatura

Voci correlate[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]