Mario Rapisardi

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Mario Rapisardi

Mario Rapisardi (1844 – 1912), poeta e scrittore italiano.

Citazioni di Mario Rapisardi[modifica]

  • I moti dei Fasci sono per noi come una propaggine del moto del 1860, inteso come "rivoluzione incompiuta". (da una lettera a Colajanni, 1894; citato in Napoleone Colajanni, Avvenimenti di Sicilia e le loro cause, 1895)
  • La bellezza fisica della donna è uno dei più generosi spettacoli che la natura concede ai mortali, sempre deliranti fra il dolore e la morte. (citato in Commentario Rapisardiano)
  • Mario Rapisardi non iscrive nei giornali; non accetta nomine accademiche, né candidature politiche ed amministrative; non vuol essere aggregato a nessun sodalizio; non ha tempo di leggere tutti i libri che gli mandano, molto meno i manoscritti; né di rispondere a tutti coloro che gli scrivano. E di ciò chiede venia ai discreti. (il suo biglietto da visita; citato in Commentario Rapisardiano)

Citazioni tratte da poesie[modifica]

  • Ah! tu mi guardi e passi, | Mi guardi e passi, e la serena fronte | Al pianto mio s'imbruna... | E fischia il vento intanto, e dietro al monte | Cade la fredda luna. (Luna sulle nevi, da Le Ricordanze)
  • All'ipocrisia volpeggiante | fra la scuola e la sagrestia, ai conciliatori della scienza col sillabo, | all'imbestiato borghesume, che tutto falsando e trafficando, | d'ogni sacrificio eroico | beatamente sogghigna, | le coscienze, cui sorride ancora la fede | nel trionfo di tutte le umane libertà, | lanciano oggi ad una voce dalle università Italiane | una sfida solenne | a gloria della tua virtù, | a vendetta del tuo martirio | o GIORDANO BRUNO. (da Iscrizioni, in Poemetti, 1885-1907)
  • E se alle vostre piccolette gare | agli odi vostri, alme rissose, io penso | più che di sdegno di pietà sorrido. (citato in Commentario Rapisardiano)
  • I cessi catanesi in giubba e in guanti | Mi sfiatan contro il lor giudizio. Ahimè! | Io faccio uso di disinfettanti, | E il lor giudizio non arriva a me. (da Scherzi. Versi siciliani, a cura di A. Tomaselli, Etna, Catania 1933)
  • O fausto giorno | Che consentisti di venirmi a fianco! | Per incanto d'amor, giovine torno. (da Le Ricordanze)
  • Per monti e per abissi ella correa, | A la mia pace, all'amor mio rubella, | Femmina ad altri, a me regina e dea, | Ingannatrice sempre e sempre bella. (Disinganno, da Le Ricordanze)
  • Senza pianto una zolla e senza fiori | Terrà chi invan sfidò numi e tiranni. (citato in Commentario Rapisardiano)
  • Ti rapirò dove dal sen si sferra | Selvatico cavallo il genio mio, | Dove col mondo e la fortuna in guerra | Sorgo fra i lampi e sfido a morte Iddio. (da Le Ricordanze)

Atlantide[modifica]

Incipit[modifica]

Introduzione

Quasi tutte le manifestazioni della vita ideale contemporanea vanno da per tutto di male in peggio; il decadimento politico, letterario, morale e cotidiano, perpetuo, confessato ormai da' più ottimisti, lamentato dai più indifferenti.
L'indignazione degli animi onesti si sfoga in tutti i toni; la protesta contro lo sfacelo prorompe confusamente dalla coscienza dei lavoratori.
Di tale indignazione e di tale protesta vuol essere questo poema un'artistica rappresentazione: una voce del secolo che si sfascia, una voce del secolo che si rinnova; satira e lirica insieme.
Quando un ordinamento sociale, esaurite le sue forze, e dato quanto di meglio potea, non risponde più ai suoi fini, ogni nobile attività dell'uomo deve essere rivolta ad affrettarne la totale rovina, a sgombrare e preparare il campo alle nuove idee.
La poesia, in tali frangenti, suole diventare satirica; ma quando la corruzione non ha neppure il carattere della grandiosità, essa ha il diritto di ricorrere alla parodia.
Di questo diritto ha creduto giovarsi l'autore con una libertà, che gli Ateniesi non disdicevano ad Aristofane, ma che sembrerà probabilmente soverchia a questa schizzinosa morale borghese, impastata di tornaconto e d'ipocrisia.
La parodia, quando sia condotta con arte, può riuscire a far ridere e fremere al tempo stesso quanti si serbano ancor sani e incorrotti in un'età di raffinati e di sfatti: il riso, in tal caso, è principio di ribellione alle menzogne e alle turpitudini del tempo: il fremito è foriero di quel benefico temporale, che purificherà, presto o tardi, l'atmosfera morale della nazione.

Citazioni[modifica]

  • Ho creduto e crederò sino allultimo istante che flagellare i malvagi e smascherare gli ipocriti sia opera generosa e dovere massimo di scrittore civile.
  • Amate la verità più della gloria, più della pace, più della vita. Fate di essa la vostra spada e il vostro scudo.
  • O caste fogne, o verecondi truogoli, | L'Arte è raggio di sol che non s'impegola; | Il Ver non ama ambagi ed arzigogoli
  • Conosci tu il paese dei floridi aranceti | che ha su cento abitanti settanta analfabeti? | il paese poetico, dall'aure profumate | che riceve le rondini a suon di fucilate? | il paese del sole, il paese dei sogni, | dove il popol beato fa in piazza i suoi bisogni? | Dove assessor di pubblica igiene e uffizïali | di pubblica nettezza sono i polli e i maiali? | Dove sotto lo sguardo di mille indifferenti | sono esposte le bestie a' più crudi tormenti?

Frecciate[modifica]

  • Odia i luoghi comuni la contessa: | come fa dunque a non odiar sé stessa?
  • Giovincelli, | Saccentelli, | Finocchielli, | Nati apposta per rompere i corbelli. | Li sprezzi e ridi? | Metton fuor li ugnelli. | Lor mostri i denti o i dindi? | Eccoli agnelli.
  • Tu scrivi che il Carducci è un'ardua quercia | Che i fruttiferi rami all'aria spande.... | E chi tel può negare, anima lercia, | Se ingrassato ti sei con le sue ghiande?
  • Chi piaggia il vulgo reo, de' buoni a danno, | Servo è che aspira a diventar tiranno.
  • Popol, che per amor d'ozio e di pane | Tien fede all'oppressore, è popol cane.
  • Son broda i versi tuoi, bofonchia Ciacco | E nel vin tuffa il grifo impertinente. | Ma se tu ancor ne brontoli, o vigliacco, | Ben deve la mia broda esser bollente.

Lucifero[modifica]

Frontespizio di Lucifero

Incipit[modifica]

Dio tacea da gran tempo. Ai consueti
Balli moveano in ciel gli astri, e con dura
Infallibile norma albe ed occasi
Il monotono Sol dava a la terra.
Reddían le nevi a biancheggiar le spalle
Del tremante dicembre; april venia
Col suo manto di fiori; arida e stanca
Movea la bionda està giù da' falciati
Campi a cercar le vive onde marine;
E, coronato il crin d'edra e di poma,
Scendea l'autunno a ruzzar vispo e snello
Fra l'accolte alpigiane, e pigiar l'uve
Nei colmi fianchi dei capaci tini.

Citazioni[modifica]

  • AVVERTIMENTO
    Questo poema, qua e là ritoccato nella forma, rimane intatto nella sostanza, tal quale apparve la prima volta nel 1877.
    Da molte opinioni, in esso contenute, il pensiero dell'Autore s'è da molti anni dilungato, come sanno i lettori delle opere sue più recenti.
    Lo studio più ordinato, la conoscenza più genuina degli avvenimenti storici, del nostro risorgimento politico specialmente, la meditazione più tranquilla dell'età matura, gli hanno dato una visione più chiara degli umani Ideali, hanno più direttamente orientate ed atteggiato il suo spirito verso il Vero, il Buono, il Bello : trinità unica dei Monisti, per dirla con Haeckel, la quale ha illuminato il suo intelletto, acceso il suo cuore, alimentato la sua fede nella perpetua ascensione dell'umanità.
  • La libertà, sublime | Pianta che sol dov'è cultura alligna! (canto II, vv. 184-185)
  • Come nei procellosi artici mari, | quando aquilon più li flagella, a stormo | l'irte díomedèe saltan su' flutti; | gavazzano fra' nembi, e col profondo | mugghio dell'oceàn mescono il grido: | vede il nocchier fra le stridenti antenne | svolazzar le sinistre ali, e maligni | spirti le crede, e si raggriccia e agghiada; | [...] (canto X, vv. 248-255)

Pensieri e giudizi[modifica]

  • Ciò che le religioni hanno di mitico, di simbolico, di rituale o è una paurosa allucinazione dell'ignoranza, o fioritura fantastica di popoli primitivi, o speculazione interessata dell'impostura. Dio non è altro che la figurazione di quell'Ideale di amore, di giustizia, di pace che è in cima di tutte le umane aspirazioni. Far dipendere la morale da Dio è come farla dipendere da sé stessa. (I-IV)
  • La migliore azione, che possa fare un Re non amato dal suo popolo, è quella d'andarsene e di lasciarlo libero[1]. (I-XX)
  • No, no: quando la tua maschia figura sorgerà in Campo dei Fiori, o Giordano Bruno, i giovani penseranno che non è più tempo di sopportare le vigliacche transazioni di una gente che ha più paura della libertà che del disonore; si persuaderanno che, fintanto non si estirpi il prete da Roma, Roma non avrà piena coscienza dei suoi nuovi destini, l'Italia non avrà libere istituzioni, il popolo non racquisterà mai interamente la sua sovranità. (IV-II)
  • Le sonate di Beethoven c'inalzano nel regno indefinito del pensiero, agitato da occulte potenze, popolato di esseri sovrumani che parlano un linguaggio di vaticini superbi e di ricordanze sublimi. (II-VII)
  • Il regno di Bellini è tutto nell'indefinito sentimento, nella malinconia congenita della vita. L'amore e il dolore, argomenti perpetui di ogni arte, ricevono da lui un'espressione profondamente e sostanzialmente musicale. (II-VII)
  • Amo la musica sopra tutte le arti. Essa comincia dove la parola finisce: è la lingua universale di tutti i cuori che amano e dolorano sulla terra (e che altro è la vita se non amore e dolore?) ci solleva dalla realtà grigia all'impero sterminato e luminoso dei sogni; ci dà il sentimento e la nostalgia dell'Infinito. (II-VIII)
  • Quando ci diciamo cittadini del mondo, non intendiamo che l'amore della patria sia morto nell'animo nostro, vogliamo dire piuttosto che il nostro loco natío è per noi diventato ampio quanto la terra, che tutte le patrie si sono fuse in una sola, che il nostro amore si è diffuso a tutto il genere umano. (III-XI)

Incipit di alcune opere[modifica]

Africa orrenda[modifica]

Giù dai ghermiti scanni,
Razza maligna, inetta,
Che fra venali inganni
Pompeggiandoti abjetta,
Raccogli infami frutti
Dal disonor di tutti!
Ah! non bastò di questa
Patria incestare il seno?
La veneranda testa
Premer di giogo osceno?
Offrir nudo il materno
Fianco al barbaro scherno?

Della Morale Epicurea[modifica]

L'accusa principale che muovono i tartufi rimpicciottati alla scienza moderna è questa, che il metodo sperimentale, distruggendo i principi della fede e studiando le religioni come fenomeni storici, distrugge parimenti i principi della morale: non essendo per loro possibile un principio etico indipendente affatto dal religioso, né potendo essi intendere come il sentimento del dovere possa mai giungere a tale intensità da rendere inutile qualunque ordine di ricompense di là dalla vita.

Citazioni su Mario Rapisardi[modifica]

  • Al poeta della libertà e della giustizia, al flagellatore degli ipocriti, dei venduti e degli sfruttatori della patria, manda un evviva con ammirazione d'artista, con gratitudine di cittadino e con affetto d'amico. (Edmondo De Amicis)
  • Ho divorato il vostro Lucifero. L'opera grande! Voi avete scalzato l'idolo di tanti secoli e vi avete sostituito il vero. Se la metà degli italiani potessero leggerlo e comprenderlo, l'Italia avrebbe raggiunto il suo terzo periodo d'incivilimento umano. Sulla classica terra d'Archimede, voi avete sollevato un nuovo mondo. Coraggioso! All'avanguardia del progresso noi vi seguiremo; e possa seguirvi la nazione intera nella grand'opera di emancipazione morale da voi eroicamente iniziata. Accogliete un bacio fraterno dal vostro Correligionario. (Giuseppe Garibaldi)
  • J'ai lu, monsieur, votre noble pòeme. Vous ètes un prècurseur…… (Victor Hugo)
  • Mario Rapisardi è, nell'Italia presente, il solo poeta che abbia saputo accogliere in versi di altissimo suono e di tempra incorruttibile il grido dei tempi nuovi. (Arturo Graf)
  • Poeta e propugnatore | Mario Rapisardi | accolse nell'animo | espresse nel verso | i teneri e gli eroici affetti | le aspirazioni e i voti | della premente umanità | le angosce dell'inscrutabile | la religione suprema | del Tutto vivente. | Flagellatore imperterrito | di ingiustizia di viltà di menzogna | visse intemerato | morì da forte | esempio rimprovero ammonimento | a contemporanei ed a posteri. (Arturo Graf)

Note[modifica]

  1. In risposta a un referendum del «Giornale d'Italia» sul quesito: «Re Manoel di Portogallo doveva combattere l'estrema battaglia alla testa delle truppe rimaste a lui fedeli, o ha fatto bene ad abbandonare il campo?»

Bibliografia[modifica]

  • Mario Rapisardi, Africa orrenda, Catania, N. Giannotta, 1896.
  • Mario Rapisardi, Della Morale Epicurea, in Prose Poesie e lettere, A. Formica, Torino, 1930.
  • Mario Rapisardi, Lucifero, Libreria Editrice Brigola, Milano, 1877.
  • Mario Rapisardi, Pensieri e giudizi, edizione postuma a cura di Alfio Tomaselli, G. Pedone Lauriel, Palermo, 1915.
  • Mario Rapisardi, Poemetti, Remo Sandron, 1885 – 1907.
  • Alfio Tomaselli, Commentario Rapisardiano, Etna, Catania 1932.

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